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Il ponte tra la disperazione e la speranza, è una buona dormita. Poi scopri che la speranza è una buona prima colazione, ma una pessima...cena!
Qualcuno ci rammenta che il tempo passa, ma non ci accorgiamo che siamo noi a...passare.
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E CI VOLEVA IL COVID-19?
E' sorprendente come nel giro di pochi mesi e a oltre settanta anni dalla sua prima pubblicazione, un libro si riaffacci sul mercato editoriale, con prepotenza e una richiesta inequivocabile; librerie e vendite on line, testimoniano come “La Peste” di Albert Camus, sia in vetta alle classifiche di vendita. Beh, a parte il piacere personale di constatare come un capolavoro narrativo riesca, a distanza di molti anni, a far valere la sua preponderante valenza e attualità, c'è anche la spiegazione evidente di cotanto successo: ansia, paura e stretta correlazione con il momento difficile che stiamo affrontando. Il bel libro di Camus merita di essere letto, non ricordo a quando risalga la mia prima lettura (sono passati decenni) e il suo distintivo essenziale è la natura stessa del testo: saggio filosofico coniugato alla narrativa. L'uomo si rivolta contro se stesso e la storia si concentra nella cittadina di Orano (Algeria) quando, negli anni quaranta, una invasione malefica di topi mette a repentaglio la città. L’avvento della peste decimerà lentamente la popolazione che con scetticismo, in un primo momento rifiuterà di considerare l’epidemia una vera pestilenza, ma poi comincerà ad impazzire e a perdersi nelle frivolezze della vita quotidiana. In questa totale follia i personaggi e le figure poste in evidenza da Camus, impazziscono e il loro comportamento trascende: dalla negazione della peste, all'ubriacarsi per non considerare la realtà, chi tenta di scappare in Francia (l'Ageria era sotto il dominio frnacese), chi fa incetta di viveri, insomma una torre di Babele (evidente il riferimento all'antico Testamento) dove la follia umana predomina incapace di mantenere la calma necessaria. Solo un medico il dottor Rieux, resta con i piedi per terra e sa che deve compiere il suo dovere per aiutare la popolazione creando un vaccino per fermare l'epidemia. Il medico vede nella pestilenza un male universale, sociale, da affrontare da solo per tutti. La peste diviene metaforicamente una condizione di fraternità, il pretesto di solidarietà verso il prossimo. La peste è dunque la tragicità dell’esistenza e il popolo di Orano è inconsapevole del mondo. Rieux è la proiezione del filosofo portatore di un messaggio, di un esodo che sa di salvezza. Mi fermo qui, mi sembra superfluo aggiungere altro: credo sia evidente e giustificata la grande attenzione rivolta al libro e molti trarranno dalla lettura i benefici necessari per affrontare il momento che viviamo oggi. Dal suo capolavoro, viene fuori un Camus pessimista ma non totale: il male è nella vita, ma Camus vuole compiere il suo dovere e guarire se possibile il male altrui, oltre a rifiutarlo in se per non trasmetterlo ad altri in uno sforzo estremo della volontà. L’uomo è chiamato ad essere eroe, data l’emergenza del morbo (male) che infetta ogni vita. Sarà il caso che cerchi il libro posto da qualche parte a suo tempo e mai ripreso. A volte, una ripassata val bene un ...COVID-19.
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