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Un blog creato da marineblue il 30/01/2008

NONNA RACHELE

I ricordi di nonna Rachele

 
 

AREA PERSONALE

 

 

NONNA RACHELE A FESTA ITALIANA

 

7 marzo 2009
nonna Rachele intervistata
dal Resto del Carlino

Clicca qui per leggere l'intervista

 

RINGRAZIAMENTI

Grazie per il vostro affetto. Oggi grazie alla messa in onda della trasmissione FESTA ITALIANA ho ricevuto tante mail.
Cercherò di rispondere a tutti, abbiate pazienza, scrivo con un dito solo e la connessione a volte fa i capricci.
Vi abbraccio.
Nonna Rachele

 

FINALMENTE ...

Finalmente ho abbracciato due mie nipotine acquisite ...
Che gioia!!!!

Nella foto: Veronica, io, Pinu, Numottola

 

CONFIDENZE

01 ottobre 2008

Sul  Confidenze di questa settimana un articolo su NONNA RACHELE.
Potete dare un'occhiata al
PDF qui.

La foto accostata all'articolo di Nonna Rachele non raffigura Nonna Rachele.

 

NONNA RACHELE

Che fatica convincere nonna a fare una foto per il suo Blogghino!

Ma non pensate anche voi che sia una bellissima nonna?

 

 

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ASPETTANDO LA BELLA STAGIONE...

Il mio verde paradiso ...
Appena verrà la bella stagione vi scriverò da qui!
Dalla finestra della mia camera vedo questa meraviglia...


Gelso con more dal sapore delicato e dolce




Albero di cachi ... ne và ghiotta mia nipote Veronica




Cachi sotto controllo ... non ancora maturi!




Questo vaso insieme a tanti altri che circondano la casa,
li comprò mio padre 65 anni fa.
Fanno ancora la loro bella figura vero?






Mimino curioso.

 
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IN LOTTA CON PORTE E FINESTRE

Post n°89 pubblicato il 26 Maggio 2009 da marineblue

Qualche giorno fa ho salutato amici e conoscenti, avvisandoli che andavo in campagna in cerca di un improbabile fresco. Chi mi conosce sa della mia insofferenza al caldo; la mia prostrazione è totale: quando la colonnina sale io scendo a terra e non solo adesso ma anche quando ero giovane, il mio male è congenito. Mi sono sentita rispondere: beata te, che hai una casa tra il verde e mi sono sentita privilegiata. Alla meta sono arrivata stanchissima per aver fatto le valigie, desiderosa di buttarmi su una sdraio sotto un albero! Vado per aprire la porta, non si apre. portaTutta l’acqua che è venuta l’ha gonfiata; con l’aiuto di mio genero riesco ad entrare e penso con ottimismo che col sole che ci batte, prima di sera sarà ritornata alle sue naturali dimensioni. Salgo al piano superiore; le finestre della mia camera e del bagno sono docili come pecorelle, il che mi rincuora. Un’ora più tardi sono furente perché sono le uniche ad aprirsi, scendo e scopro che le altre porte si sono divise il compito: chi tocca in alto, chi in fondo. Non so con chi prendermela, mi hanno inchiodata la casa: il terremoto o l’umidità per tutta l’acqua che ci hanno propinata? Non so, ma anche lo sapessi cambierebbe poco. Comincio a guardarmi attorno: il freddo ha invitato i ragni a rifugiarsi e questi si sono sentiti in dovere di rifornirmi di ragnatele. Sono annientata, devo fare dietrofront? Se ci penso questi problemi ci sono sempre stati, però in tono minore e poi io ero molto più giovane, in quanto quest’anno con la brutta influenza che ho preso sono invecchiata in un solo botto di 10 anni. Mi sono fatta un caffè, poi con l’aiuto dei miei angeli compassionevoli ho cominciato i lavori di ripristino che ho paura dureranno la quindicina di giorni che mi separano dalla partenza per il mare, dopo di che chiuderò casa e probabilmente al mio ritorno  si ripresenteranno gli stessi problemi ( se non tutti ). Sto pensando, quando i miei amici parlavano della mia fortuna............. ma di cosa cianciavano?

NONNA  RACHELE

 
 
 

LA DISTRATTA PER ANTONOMASIA

Post n°88 pubblicato il 11 Maggio 2009 da marineblue

Avevo già scritto questo post, ma ho pensato di renderlo anonimo, per non urtare la sensibilità  dei nipoti che questa nonna adorava. Diciamo il peccato ma non il peccatore! Era una donna simpatica, intelligente, buona, e spiritosa; raccontava lei stessa le avventure  che le capitavano per la sua distrazione e ci rideva su allegramente. Famosa per questo suo difetto che non si poteva nemmeno definire tale, tanto era spassoso, io la conobbi appena sposata perché veniva spesso da mia suocera, la quale mi aveva spiegato che era così anche da giovane. Quando avevano tutte due  i bambini piccoli, la domenica l'andava a prendere per uscire insieme, ma lei non era mai pronta, però alle sue rimostranze, la rassicurava che avrebbe fatto prestissimo a prepararsi. Prendeva le scarpe del bambino, ma mentre si procurava le calze, le depositava nel cassetto e lo chiudeva e per parecchio tempo non riusciva a ritrovarle, mentre mia suocera sbuffava. Per me però la distrazione più grossa fu quando, arrivata a un semaforo rosso in bicicletta frenò, ma dimenticò di appoggiare i piedi a terra, con le immaginabili conseguenze. biciUna volta uscì da una salumeria, provò ad aprire la bicicletta ma poiché non ci riusciva chiamò un meccanico e fece rompere il lucchetto. Appena a casa vide che la sua bicicletta era in cortile e dovette tornare di corsa a restituire il maltolto e pagare una nuova  serratura alla proprietaria. Una mattina non si sentiva bene, mise il termometro e visto che segnava 39 gradi, si coricò e chiamò il medico che la trovò completamente sfebbrata dato che la temperatura era quella di un nipotino che aveva il morbillo. Al mercato frugando in un banco di cavolfiori, ne trovò uno molto bello e perché non glielo portassero via lo mise sotto una ascella, ma poi ne reperì uno ancora migliore, se lo fece pesare, pagò e stava per andarsene, quando il fruttivendolo le chiese : "e quello sotto il braccio ?" Nella piazzetta un giorno c ‘era un venditore di piccioni, chiese il prezzo e trovandolo molto conveniente, gli disse di dargliene  8 e di ucciderli. "Tutti ? "chiese il malcapitato... "Si , si" . Dopo 4, rifece la stessa domanda, e lei : "ammazzi pure , ammazzi pure….." ma quando, le presentò il conto, lei sbalordita chiese: "ma come... il prezzo non era al paio ?" Naturalmente no …..Ne prese solo  4, dato che non aveva con se  il denaro per tutti e lasciò il povero  uomo molto incavolato . Era tipico poi che al mattino una volta fatta la spesa si fermasse da noi per far vedere a mia suocera i suoi acquisti e per far due chiacchiere, quando si accorgeva che era tardi, rimetteva tutto nella borsa e partiva di corsa. A mezzogiorno però quando si doveva buttare la pasta, questa era introvabile, in compenso aveva abbandonato le bistecche. Mia suocera le telefonava arrabbiatissima di tornare  per  effettuare lo scambio. Ce ne sono certamente ancora, ma non ricordo altro al momento. Però mi sembrano sufficienti per una bella risata !

NONNA   RACHELE

 

 
 
 

I PATACCARI

Post n°87 pubblicato il 05 Maggio 2009 da marineblue

Quando sento parlare di università della terza età, sorrido: per me sarebbe proprio inutile perché dopo alcuni giorni  mi dimenticherei tutto e da una indagine presso i miei coetanei, pare non sia la sola. Ci saranno indubbiamente dei superdotati che non hanno questo difetto, beati loro. Io invece istituirei dei corsi di sfurbimento per vecchi e non. L’età è certo a favore dei pataccari, che non si fanno scrupolo di approfittarne. Ricevo qualche giorno fa una telefonata da una gentile signorina che mi dice: "signora, vedo qui che lei ha un contratto molto vecchio, adesso potrebbe averne uno molto più vantaggioso, avrebbe la possibilità di fare tutte le telefonate che vuole spendendo molto meno" . telefonoIl  "qui" mi fa pensare di parlare con la TELECOM e ne chiedo conferma; tergiversa….ma signora non deve cambiare né apparecchio, né numero e pareva volesse dire: non ha ancora capito? Mi passa un collega che comincia a registrare i miei dati per aggiornarli ….dice.
A questo punto è costretto a dire una sigla e io : allora non è la Telecom? e lui : "é la nuova è la versione per il contratto nuovo col quale spenderà solo 10 EURO al mese . ." Lo so state pensando: "e tu stupida  a crederci"; però qualche dubbio sorge  e dico che vorrei prima parlare con mia figlia. Mi rassicura che quando arriveranno i documenti potrò sempre recedere non firmando l’adesione . Questo mi tranquillizza, ma quando ne parlo con mia figlia, si mette le mani nei capelli, ha un’ amica che ha aderito all’imbroglio, che è scontenta, ma da mesi non riesce a venirne fuori. Ricevo il contratto, scopro così che devo pagare  50  euro per l’installazione e  10 euro sono il canone al quale devo aggiungere 15 cent.  ogni risposta più 15 al minuto. Queste quisquiglie avevano dimenticato di dirle. Non c’è nessuna carta da firmare, ci sono allegate  4 pagine scritte talmente in piccolo che oltre agli occhiali mi occorre la lente. Con pazienza riesco a scovare il diritto di recesso.  Ho 10 giorni di tempo ma dalla data della lettera me ne rimangono solo 3. Mi precipito a fare un  FAX, dato che telefonare risulta impossibile e la mattina dopo subito la raccomandata dove specifico che desidero avvalermi del diritto di recesso,  precisando che ho 84  anni e qualche grado di sordità e non avevo capito bene. Il giorno dopo ricevo una telefonata registrata che dice: domani le installeremo la nuova linea. Accidenti! Corro a fare un nuovo FAX dove specifico che ho già data disdetta e che se continuano a fare i furbi, mi rivolgerò al mio avvocato e che non pagherò nessuna bolletta. Poi nuova raccomandata con fotocopia della ricevuta della precedente che avevo mandata nei termini di legge. Corro anche in Banca ad avvisare di non pagare le richieste di pagamento che nel frattempo arrivassero, nella speranza che non ricevendo compenso alcuno avrebbero finito per abbandonarmi. Intanto il telefono funziona quando gli pare, gracchia, c’è un ritorno di voce e questa eco infastidisce enormemente. Mi arriva una telefonata sempre registrata che mi dice che la linea è perfettamente funzionante…se lo dicono loro. Intanto mia figlia è giunta al giusto punto di incavolatura, si mette all’apparecchio e dopo quasi un’ ora riesce a parlare con un funzionario che precisa che i  10  giorni di recesso non partono dalla data della lettera ma dalla telefonata.  Per un pelo ci stiamo ugualmente dentro e mia figlia pretende anche che le sia ripristinata la Telecom, mentre io faccio disperati segni per dire che non importa purché si tolgano dai piedi. A questo  punto abbiamo avuto la fortuna di capitare con una persona corretta. Ho di nuovo la Telecom  e ho persino ricevuto sul cellulare un messaggio che mi rassicura in tal senso ed è per questo che non ho fatto il nome della ditta.  State attenti ! Ne esistono parecchi di questi benefattori dell’ umanità.

 NONNA RACHELE

 
 
 

RITORNO PROBLEMATICO

Post n°86 pubblicato il 24 Aprile 2009 da marineblue

Rapallo ci ha accolto con la solita profusione di fiori e di colori: traboccava di glicine e le aiuole ci stordivano col profumo intenso dei giacinti. Io e mia cugina abbiamo passato nove giorni di sole e di clima primaverile, abbiamo fatto lunghe passeggiate e respirato un’ aria impagabile; poi c’è stata una giornata di pioggia, vento e grandine, ma possiamo  accontentarci perché gli ultimi giorni sono stati discreti. E’ stata veramente una vacanza che ci voleva perché ci ha risanate entrambe e ci ha risollevato lo spirito. Tutto bene? Non precisamente dato che un diavoletto dispettoso ha giudicato che fosse troppo per noi e si è attivato per procurarci qualche imprevista noia. Il viaggio di ritorno è stato……. ve lo racconto… giudicate voi. Sono venuti a prenderci Eros e Valeria ( genero e figlia di mia cugina ) due persone carine e gentili. Hanno preso la macchina grossa per farci viaggiare comode in quanto mia cugina Mariola ha comprato parecchie cose visto che i prezzi sono più convenienti che da noi. auto

Domenica alle 14,30 siamo partiti. Io che ho paura delle gallerie e non vedo l‘ora di uscirne vedo che Eros rallenta e non capisco perché. Appena fuori accosta il più possibile e la macchina si ferma. Valeria indossa rapidamente il blusotto giallo e di corsa va a posizionare il triangolo. Poi cominciano a consultare le istruzioni che in teoria dovrebbero risolvere il problema; staccano tutti gli oggetti metallici dal portachiavi: niente da fare. C’era traffico, per fortuna non viaggiavano i camion, ma i pullman si. Finalmente il motore sembra rinsavito. Veloce corsa di Valeria a recuperare il triangolo e si parte. Io sempre più spaventata di rimanere in galleria, dato che la padrona dell’ albergo mi aveva raccontato che venti giorni prima era bruciato un mezzo in galleria e aveva coinvolto alcune macchine. Non c’erano stati né morti né feriti, ma la macchina di sua nuora era andata in fumo. Facciamo dieci chilometri e siamo di nuovo fermi: Valeria corre a rimettere il triangolo . Togli la chiave, rimetti la chiave, aspetta un po’ ….si parte. meccanicoEros decide di uscire dall’autostrada per essere meno in pericolo. Dopo tre chilometri, si ripete puntualmente la storia per parecchie volte. Devo dire che Eros e Valeria sono persone uniche, perché oltre ad essere molto educati hanno i nervi d’acciaio perché, almeno in apparenza, non davano nessun segno di nervosismo. A pezzi e bocconi arriviamo a La Spezia nella vana speranza di trovare un meccanico, ma la giornata festiva era tale anche per gli altri. Eros allora telefona al fratello: "Fausto sarebbe molto scomodo per te venirci a prendere a La Spezia?" Poi gli ha precisato di prendere la macchina grossa perché eravamo in quattro e con molti bagagli. Ci siamo messi ad aspettare, ma Reggio non era dietro l’angolo. Finalmente è arrivato il nostro salvatore con la moglie Oriana. Siamo partiti, i due fratelli davanti e noi donne pressate dietro tipo sardine. Ero felice che avessero risolto il problema, ma mi dispiaceva che le  altre fossero scomode e di aver disturbato tante persone per noi e poi ora Eros dovrà pure tornare a La Spezia a recuperare la macchina. Guarda un po’ se due vecchie signore devono procurare tante seccature! Alle ventitré siamo arrivati sani e salvi a casa.
Grazie Valeria, grazie Eros, grazie Fausto , grazie Oriana.

NONNA   RACHELE

 
 
 

LE BISNONNE DI MIA FIGLIA

Post n°85 pubblicato il 25 Marzo 2009 da marineblue

  1. Quando mi sono sposata, mio marito aveva ancora le due nonne. Nonna  Maddalena era la mamma di sua madre; era una donna molto buona che aveva  allevato tre figlie e un figlio, pur lavorando come sarta per contribuire al mènage famigliare. Quando una nipote, rimasta orfana da bambina, a 18 anni uscì dal collegio e non sapeva dove andare, l’accolse in casa. Era una bravissima ragazza, che pur di avere il calore di una famiglia  che aveva tanto desiderato  e mai avuto, si accollava alcuni lavori al posto delle cugine; riuscì  in questo modo a placare le inevitabili gelosie e ad installare un buon rapporto. Trovò subito lavoro presso un forno e dopo qualche anno sposò il fornaio, ma restò sempre molto legata alla zia e alle cugine e sempre pronta a dare una mano. Si sposarono anche le figlie, poi il figlio che portò in casa una donna dolcissima e bravissima: Rosina. Nonna Maddalena ho già detto che era buona, ma Rosina era una nuora, che forse perché aveva perso la mamma da bambina, l’amò e l’accudì  fino  all’ ultimo giorno.  Nonna Berta era la mamma del papà di mio marito. Si sposò a 16 anni; al primo parto ebbe un’infezione, che non so come finì in un ginocchio, le irrigidì una gamba e la rese zoppa. ( Allora si riteneva che il parto fosse una cosa  naturale e non si chiamava nemmeno il medico. ) Questa menomazione faceva vergognare il marito che non la portava mai fuori con se e lei si era persuasa di essere colpevole di questo stato di cose e stava sempre in casa ad accudire i figli che nel frattempo era diventati cinque. Avevano una rivendita di vini che riforniva i ristoranti di Reggio e Provincia. Al marito questa attività non piaceva molto, preferiva le partite a carte, le corse dei cavalli e lunghi soggiorni a Montecatini, a sentir lui per salute….Nonna Berta era una donna molto intelligente: s’improvvisò manager, enologa e si mise a dirigere l’azienda che rifiorì. Quello scricciolo di donna, tutta nervi e cervello, era in realtà  molto abile, anche se si teneva nell’ombra, facendo apparire il marito a capo di tutto. Si prese in casa una sorella nubile per aiutarla ad accudire la casa e i figli . Il marito godeva di questo benessere e di tutta la libertà di cui usufruiva, senza mai lodarla. Una sera però tornò con la luna storta (non mi risulta che bevesse ) non so per quale ragione la schiaffeggiò, lei afferrò il classico mattarello e gliele suonò di santa ragione. Fu molto salutare perché oltre a non alzare più le mani, le dimostrò maggior rispetto. Ma…siamo sicuri che il perdono è la miglior vendetta? La nonna lavorò molto e subì lo strazio di perdere due figli : uno di 12 anni e l’altro , durante la guerra, di 44 anni . Non fu facile risollevarsi, ma lo fece per la sua famiglia. Quando la conobbi capii subito che era una donna unica che voleva molto bene ai figli e ai nipoti e che mi aveva accolta sotto la sua ala. Ogni anno a Natale ci regalava una faraona e diceva: ragazzi ormai sarà l’ ultima! Invece ne mettemmo arrosto parecchie, infatti riuscì a diventare trisavola quando nacque Veronica. A volte ricordo queste nonne alle quali ho voluto bene e dalle quali ho avuto molte apprezzate lodi, di cui ero carente in casa mia .

  2. NONNA RACHELE

 
 
 

LA TATA E GLI OCCHIALI

Post n°84 pubblicato il 16 Marzo 2009 da marineblue

I Rossi erano due coniugi entrambi medici, lontani parenti ma soprattutto grandi amici dei miei genitori. Quando ebbero un figlio,Alberto, assunsero una Tata che lo allevasse perché erano occupatissimi nel campo della ricerca. La Tata era simpaticissima ed amava i bambini; così era felice quando andavamo a tener compagnia al suo adorato tesoro (eufemismo in quanto era un gran birichino ). Ricordo che a Carnevale ci offriva  montagne di intrigoni con panna montata e si faceva una gran baldoria. Non so se per scarsa avvenenza o per affezione  verso Alberto, non si sposò. Noi ormai grandi continuavamo a frequentare la casa e a godere anche  della benevolenza della Tata. Appena il suo cocco si iscrisse a giurisprudenza, la Tata continuò a dargli del tu, a redarguirlo e a dargli anche qualche scappellotto, ma lo chiamò rigorosamente: avvocato. Quando il suo tesoro sedeva in salotto a leggere lei fingeva di riordinare e gli svolazzava intorno chiacchierando ininterrottamente. I suoi discorsi risultavano dei monologhi, in quanto Alberto interloquiva a intervalli regolari con poco compromettenti: ah, si ?  Un giorno però, pur non ascoltando capì che qualcosa in quei discorsi non quadrava. Depose il libro: cosa dici ? Dico che le mie braccia sono diventate troppo corte. Ma troppo corte per cosa? Per leggere. Lui scoppiò a ridere: hai bisogno di un paio di occhiali e domani andiamo a comprarli. Indescrivibile la felicità  della Tata quando tornò a casa; credo sia stato il giorno più bello della sua vita. Andava a far la spesa e ficcava il suo prezioso bene  in fondo alla borsa per paura di perderli o di venir derubata. Ma qui cominciarono i guai: tutti gli occhiali che incontrava sul suo cammino venivano scambiati per i suoi e razziati. Al ritorno trovava mezza borsa di occhiali, si disperava ed essendo scrupolosamente onesta, ripartiva a restituire il maltolto con tante scuse. Tutto filava liscio se gli occhiali appartenevano al bottegaio, ma se erano stati momentaneamente abbandonati sul banco da qualche fiducioso cliente, la restituzione diventava più complicata e a volte impossibile.  Allora la Tata in preda alla disperazione deponeva gli orfani sul comò con le stangette  verso di lei come indici accusatori e si lambiccava per giorni nella ricerca mnemonica  del luogo dove aveva compiuto l’involontario furto. L’avevamo soprannominata la cleptoocchialomane . Riversava anche su di noi i suoi rimorsi e allora li facevamo sparire e dicevamo che era venuto il padrone a prenderli mentre lei era fuori. Un paio  giaceva sul comò da tempo e lei aveva  persino sognato il proprietario che era un povero pensionato. Così in  gramaglie non ci piaceva perché oltre a farci compassione no si dedicava ai dolci per noi. Un giorno in cui era uscita, al ritorno la consolammo dicendo che erano  venuti a prenderli. Ahimè, il diavolo ci mise la coda, la Tata ci interrogò separatamente; le descrizioni risultarono contrastanti. Quello che invece risultò uguale, furono gli scapaccioni  che ci buscammo. 

NONNA    RACHELE

 
 
 

I BACHI DA SETA

Post n°83 pubblicato il 06 Marzo 2009 da marineblue

Passando davanti ad un negozio di filati ho visto in vetrina un magnifico poster con una cascata di  bozzoli di bachi da seta. Ho sorriso e mi sono tornati vivi i ricordi di quando ero bambina. A quei tempi le donne si industriavano moltissimo per portare a casa un po’ di denaro che permettessero loro anche qualche extra. Verso la fine d’aprile andavano tutti a dormire al piano terra, in cucina o nel fienile; liberavano le camere al primo piano e vi sistemavano dei graticci appesi al soffitto. Andavano poi nel giorno convenuto in paese ad acquistare i bacolini neonati da un uomo che arrivava su un calesse pieno di scatole coperte da fitti veli, li portavano a casa e li sistemavano sui graticci cosparsi di foglie di gelso tritate. Era incredibile come i bachi si mettessero subito a mangiare con foga. Io seguivo con interesse tutto il ciclo andando ogni giorno a casa della Tata Luisa. Le donne li tenevano puliti e fornivano loro tutti i giorni il cibo fresco andando a pelare la foglia dei gelsi che allora erano lungo i fossati e nei campi sostenevano la vite. L’allevamento durava una quarantina di giorni e si componeva di cinque cicli: ogni sette o otto giorni i bachi facevano la muta, perdevano la pelle come fossero vestiti divenuti stretti  e poi riprendevano a mangiare. Entrando nelle camere si sentiva un brusio ininterrotto prodotto da questi voraci animali. Crescevano a vista d’occhio ! Mi facevano un po’ schifo, ma non volevo essere da meno degli altri bambini  che li maneggiavano con delicatezza e disinvoltura. Ricordo ancora la loro pelle vellutata. Quando smettevano di mangiare si diceva che volevano salire al bosco e venivano subito forniti di rametti sui quali si arrampicavano e cominciavano ad avvolgersi attorno la bava che diventando un sottilissimo filo e formavano un bozzolo ovale dorato. Finita questa operazione venivano staccati con delicatezza, posti in grandi cesti e portati in paese dove li venivano a comprare e li spedivano subito in treno alle seterie, presumo, del Comasco. La fretta era dovuta al fatto che dovevano essere buttati in pentoloni di acqua bollente entro una quindicina di giorni perché se la farfalla fosse uscita avrebbe rovinato il bozzolo e di conseguenza il filato. ( Poverini però ) Il danaro guadagnato veniva in genere lasciato alle donne che organizzavano una festa: una cena a base di carne e di dolci .Usciva poi una fisarmonica e ballavano. Col resto del denaro fornivano la famiglia del necessario e se avevano delle bambine compravano lino e canapa, che filavano, tessevano e la tela veniva trasformata in lenzuola, che le bimbe già a dieci anni ricamavano per il loro corredo. Ma perché vi ho raccontato tutto questo ? Mi sorge un dubbio: ma interesserà a qualcuno?      

NONNA RACHELE

 
 
 

GIOVANE INCOSCIENZA

Post n°82 pubblicato il 22 Febbraio 2009 da marineblue

Questo racconto è una postilla al precedente: LA MIA FAMIGLIA.  

Vi narrerò qui uno scherzo che ideò mio  padre insieme al cugino con l’inconscia crudeltà dei 15 o 16 anni. Nelle famiglie patriarcali di quei tempi vigeva l’abitudine di assoldare due volte l’anno per una quindicina di giorni un sarto che veniva ad aggiustare gli abiti e sistemava quelli dei figli grandi per i più piccoli. Questo compito era ambito, considerato una specie di vacanza; dormivano e mangiavano ( bene ) alla tavola dei loro datori di lavoro che non si sognavano nemmeno di spronarli e li pagavano con generosità, almeno in casa di mia nonna. In un sonnolento pomeriggio estivo papà e Ettore idearono qualcosa che almeno per loro era divertente. Tenete presente che non c’erano né Radio né TV, si ballava poche volte l’anno e i divertimenti più grossi, solo quando c’era la Fiera in paese, era: La giostra trainata da un somaro e il tiro a segno.  Il sarto  dormiva in una camera col letto a baldacchino che era l’ideale per ciò che avevano inventato. Il lavoro era un po’ complicato e andarono a chiamare Marigildo, figlio dei contadini e loro grande amico, sempre pronto ad aiutarli  nelle loro malefatte e molto abile nei lavori manuali. Dal padre gli fu dato il permesso di assentarsi perché disse che quelli che allora venivano chiamati  i padroni  avevano bisogno di lui. Andarono in solaio e con un trapano a mano fecero quattro buchi nel pavimento vi infilarono delle corde e le passarono in una carrucola fissata ad una trave. Si recarono poi in punta di piedi nella camera del sarto e annodarono bene le corde al letto. Uomo che russaAspettarono che il poveretto si coricasse e poiché sapevano che russava, a turno si misero  a origliare davanti alla porta per essere sicuri che dormisse. Poi piano piano, dal solaio alzarono il letto di mezzo metro  e si acquattarono pazientemente soffocando le risa per quanto sarebbe accaduto. Verso mezzanotte il sarto avendo un bisogno fisico che a quei tempi si soddisfaceva mediante il classico vaso da notte locato nel comodino, precipitò dal letto e mentre lui sbalordito cercava i fiammiferi per accendere la candela, loro fecero scendere il letto. Il povero uomo penso non riuscì mai a dare una spiegazione al fatto e non ne parlò con la nonna perché lei non desse la colpa alle libagioni. Il giorno dopo smontarono il marchingegno prima che il nonno che a volte andava in solaio se ne accorgesse e tapparono i buchi. Loro tre però risero per mesi ricordando la loro notte brava e Marigildo non riusciva a non ridere tutte le volte che incontrava il sarto che lo aveva etichettato come lo SCEMO .

NONNA  RACHELE

 
 
 

LA MIA FAMIGLIA

Post n°81 pubblicato il 14 Febbraio 2009 da marineblue

Di persona non ho mai conosciuti i nonni paterni, erano morti da parecchi anni quando nacqui, però attraverso i racconti di papà li ho molto amati e li ricordo ancora con affetto. Mio nonno era un signorotto di campagna che viveva di rendita. La nonna Paolina e sua sorella si erano sposate ed erano andate a stare insieme coi mariti in una grande villa nella bassa Reggiana. Nella casa rurale abitavano i contadini ,una ventina di persone che lavoravano un vasto appezzamento di terreno.
Mio padre (con me nella foto) papà e me crebbe in una grande famiglia con il fratello Alfredo col quale però non aveva dimestichezza essendo nato diciassette anni dopo di lui. Era invece affratellato coi cugini Cesira, Aurelio e Ettore col quale viveva addirittura in simbiosi; oltre ad essere coetanei si assomigliavano fisicamente ed erano due emerite canaglie. Mio nonno amministrava i beni che avevano in comune, poiché il cognato pur essendo molto più ricco di lui, non sapeva né leggere né scrivere. Mi sono chiesta come passasse il tempo questo zio di mio padre; probabilmente era un esteta : si sedeva in giardino e si lasciava vivere. Aveva degli strani principi : criticava mio nonno che dava la paghetta ai figli; diceva che era un errore fornire loro del denaro che avrebbero certamente speso male, però pagava senza fiatare i conti del sarto e del calzolaio. Ettore che divenne poi in seguito un integerrimo Notaio,aggiungendo a questa dote capacità e forse furbizia, in combutta con  la fertile immaginazione di mio padre, aggirò l’ostacolo: si faceva fare tre vestiti e uno lo vendeva a buon prezzo al cugino . Idem per scarpe ed altri indumenti e persino con la prima bicicletta alla quale non teneva tanto e di cui si liberò dopo poco. Questi racconti mi interessavano molto da bambina, seppi le birichinate dei due cugini, in quanto Aurelio era troppo piccolo per seguirli e Cesira fino a vent’anni sempre a letto malata. Non impietositevi per lei perché questo non le impedì di vivere fino a  104 anni e a  90 di andare con la figlia a fare il giro d’ Europa ed era lei che spronava gli altri ad alzarsi. Diceva:dormiamo poi a Reggio ! La storia di Aurelio mi aveva fatto piangere e non me ne accennarono più , ma me la ricordo ancora. Morì a venti anni spezzandosi  la colonna vertebrale in una caduta da cavallo. Io ho un albero genealogico dal  1400 e so molto della famiglia di mio padre Ferrari Negri di Carpi. Per esempio so che un mio antenato fu il medico personale di Pico della Mirandola ed esiste nell’ Archivio Nobiliare di Carpi una lettera della moglie che ringrazia il Dott. Ferrari per le premurose cure dedicate al marito. Invece non so niente della famiglia della nonna Paolina. Mio padre si chiamava Ciro che è un nome prettamente meridionale e può darsi che lei venisse dal Sud . Naturalmente adesso un titolo nobiliare non è più di moda, infatti io non lo uso e molti non hanno mai saputo che lo possegga. E’ servito solo a mio cugino che era in diplomazia;è stato alla NATO  e in seguito console e ambasciatore in varie parti del mondo e solo in quell’ambiente ha una certa importanza. Per me quello che conta è l’ integrità  morale che a volte si trova proprio nelle persone più umili che io apprezzo molto.

 

        NONNA  RACHELE

 
 
 

SCHERZETTI

Post n°80 pubblicato il 03 Febbraio 2009 da marineblue

Per accontentare Veronica racconterò qualche trovata che ho avuto da giovane. In verità non ne ho fatti molti e non certo elaborati come quelli di mia figlia Marina, che sembrano sanciti da un provetto regista. Vediamo…può darsi che qualcuno ve l'abbia  già raccontato in un altro post, portate pazienza! Ne ho fatto uno a mamma, che aveva tanto criticato un profumo francese che mi aveva regalato il mio fidanzato. Diceva che era troppo intenso, poi quando andava in visita dalle amiche si cospargeva a iosa. Lo travasai in un’altra boccetta che nascosi e lo sostituii con acqua. Papà era una buona spalla e lo pregai di dire a mamma  quanto fosse profumata, infatti al suo passaggio lo sentii declamare : oh ! ma si scuotono cespugli di rose! Dopo ci facemmo matte risate .  Un ‘altro, sempre ai danni di mamma: mi ero accorta che ispezionava i miei cassetti; preparai un pacchetto legato con tanto di nastrino e sulla carta disegnai due cuori intrecciati. Naturalmente non seppe resistere alla tentazione e ci trovò dentro un biglietto con scritto : ai curiosi caschi il naso !  Ripristinò il tutto  e non mi disse niente. In questo modo ebbi un posto sicuro per i miei piccoli segreti ; non lo toccò più. Io e papà le sostituivamo i sonniferi coi confettini acquistati in drogheria , ma questo era solo perché esagerava a somministrarseli e a lungo andare le avrebbero fatto male. Il difficile era non ridere quando c’era il rito serale ; ho così constatato come possa essere efficace l’ effetto placebo, andava a letto tranquilla e dormiva . Povera mamma non lo seppe mai ….A scuola invece c’era il solito pezzo di creta lanciato al soffitto; quando si seccava cadeva in  testa al malcapitato. Ormai non faceva più ridere, però è uno scherzo che è sopravissuto negli anni , perché in seguito lo fecero anche mia figlia e i suoi compagni. Per variare ne inventai uno che però mandammo in porto una volta sola, per prudenza. Avevamo un Prof che era il vero artista sempre trasognato e avevo notato che come arrivava appoggiava le mani aperte sul piano della cattedra ( che era nero ) , poi si sedeva e si prendeva il viso tra le mani . Allora fregando la mina di grafite di una matita sulla carta vetrata fabbricammo della polvere nera che spargemmo sul piano della cattedra. Era un abitudinario: arrivò,e tutto procedette come il solito, solo che quando si alzò sembrava un indiano sul sentiero di guerra . Trattenerci dal ridere fu un’ impresa epica, tanto che Corrado per aiutarci fece finta di cadere dal banco e ci fu la scusa per sfogarci . Durante l’intervallo sentimmo i suoi colleghi sghignazzare e chiedergli cosa avesse fatto, mentre intanto noi pulivamo tutto alla perfezione, perché per quanto distratto ,qualche dubbio avrebbe potuto venirgli.  Un altro sempre in ambiente scolastico : tutte le mattine compravamo nel forno vicino un pezzo di gnocco squisito, però una volta, forse avevano pulito gli ingranaggi dell’impastatrice col petrolio ed era immangiabile. Ci giocammo un po’ a calcio poi lo infilai nella bocca di un mascherone di gesso . Il  giorno dopo si svolgeva un concorso di disegno e venivano ragazzi dalle altre scuole . Non si poteva uscire fino alle  14  , noi ci eravamo portati un panino , ma gli altri ignari della cosa, già a mezzogiorno sbadigliavano per la fame…Ebbi un’idea e aiutata dai miei compari , andai a ricuperare lo gnocco, lo spolverai, lo divisi in  4  parti che vennero avvolti in carta immacolata. Tirammo a sorte e toccò a Corrado andarlo a vendere ai vaneggianti per la debolezza . Lo comprarono ….al doppio del prezzo pagato, ma noi avevamo lavorato…. Ci ringraziarono e placarono di gusto i morsi dello stomaco senza fare nessuna obiezione . Non me ne ricordo altri , allora abbiamo riso molto, ma sono conscia che non possono certo competere  con quelli di Marina .

     NONNA  RACHELE

 
 
 

NOI, GLI INSOPPORTABILI

Post n°79 pubblicato il 30 Gennaio 2009 da marineblue

Si è vero! Mi sono resa conto che è vero, spesso lo siamo…..Sono molto obiettiva e ho cominciato ad analizzare me e i miei coetanei. O ci mancano gli argomenti o non conosciamo il senso della misura. Così quando gli amici mi hanno infastidita con le descrizioni dettagliate delle anamnesi riguardanti la loro salute, quella dei parenti o di persone che nemmeno conosco; poi medici consultati, terapie e medicinali, mi sono ridimensionata, ho solo accennato al male di cui soffrivo e se ho notato che rompevo le scatole ho tagliato corto. Mia figlia è stata danneggiata: è diventata il mio capro espiatorio, perché con qualcuno devo sfogarmi ! Però se decido di essere boy scout  per un giorno, la risparmio in modo da non dovere poi andare a recuperarla a CHI L’HA VISTO. La frequentazione coi miei giovani amici blogger ha cambiata la mia ottica. Osando potrei dire che sono migliorata ? No, sono diventata una disadattata. Mia figlia ride quando dico che sono troppo giovane per la mia età, ma è così. Quando con pazienza ascolto un mio coetaneo che non ha avuto il mio ardire o meglio la mia presunzione e saggiamente non si è buttato nella mischia dei giovani e mi racconta tutti i dettagli di malattie e di morti, ne esco distrutta, sbuffante come la ventenne che non sono. Insomma sono un ibrido né carne né pesce e non ho una collocazione ideale. Per quanto la mia volontà di migliorare, sono troppo vecchia per i giovani e troppo giovane per i vecchi. Ma quando mai ebbi la dabbenaggine di credere che sia possibile invecchiare più lentamente ? Anche perché  se dentro mi sento mi sento giovane, fuori c’è un incarto che denuncia l’età meglio di un documento. Mi sono rimaste due amiche che sarebbero in grado di seguirmi e avventurarsi nell’ informatica, ma non sono così pazze per farlo. Ne ho altre che invece mi angosciano, ci sono solo in apparenza, dicono cose strane,una parla del marito morto da parecchi anni e brontola perché è già buio ed è ancora fuori con questo freddo. Un’altra non sa più telefonare, una non sa leggere e si giustifica dicendo che non ci vede….una se esce di casa non sa più tornare. Dio mio! Sarò così anch’io fra poco? Meglio non pensarci e vivere alla giornata. Mi congratulo con me stessa….perché quest’ ultima frase è basilare.

NONNA  RACHELE

 

 

 
 
 

NELLO

Post n°78 pubblicato il 23 Gennaio 2009 da marineblue

L’uomo più buono e gentile che ho conosciuto. Arrivò da noi 40 anni fa a fare il contadino;veniva dalla montagna e non so se aveva fatto la terza elementare. Quello che è certo è che sapeva far tutto ed era molto intelligente. Se mio marito gli chiedeva di fare una cosa, la faceva immediatamente anche se non gli era stata fatta nessuna fretta. Naturalmente lavorava bene la terra e teneva un bellissimo orto, ma era esperto anche come falegname, muratore, meccanico, fabbro e lattoniere. Allevava poi animali da cortile con grande perizia. Parlava sempre in dialetto, ma esprimeva concetti che io apprezzavo molto;c’ era da assorbire da lui la grande saggezza del mondo contadino. Era un uomo premuroso e in estate quando mi alzavo trovavo sul tavolo di pietra davanti alla cucina la verdura e le uova fresche. Veronica forse lo ricorda ancora perché gli saliva sulle ginocchia e gli faceva lunghe chiacchierate .Lui sapeva che a lei piaceva lo zabaione, andava nel pollaio , le portava l’ ovetto appena deposto e lei che aveva imparato a farselo da sola se lo gustava. La sera in campagna si cenava fuori e mio marito lo invitava perché venisse a bere un bicchiere di vino con noi ; lui veniva, era sempre molto educato e si vedeva che gli piaceva essere considerato della famiglia. Mi ricordo la serenità di quei tramonti vissuti con le persone care che ora purtroppo non ci sono più. Quando fu costretto a letto , io leggevo la disperazione sul suo viso; aveva paura di finire in una casa di riposo, di abbandonare il luogo amava tanto e in cui si trovava così bene. Per fortuna aveva una moglie e un figlio che non avrebbero potuto essere migliori è che lo hanno curato con amore e abnegazione fino alla fine. Il momento in cui se ne andò ,per me e mio marito fu un grande dolore. Forse non dovrei ricordare queste cose che mi danno ancora un nodo alla gola.

        NONNA RACHELE

 
 
 

I  LILLIPUZIANI

Post n°77 pubblicato il 14 Gennaio 2009 da marineblue

Erano venuti ad abitare in paese due persone piccole, marito e moglie o fratello e sorella, non so . Non erano due nani, ma perfettamente proporzionate ,solo che erano alte come me che avevo otto anni. Per andare a scuola passavamo davanti a casa loro e ci fermavamo a guardar dentro perché eravamo tutti affascinati a guardare dei deliziosi mobili che parevano fatti su misura per noi. Essendo falegname ,lui aveva creato un arredamento adeguato a loro. Lei era molto gentile e vedendoci a bocca aperta ci invitava ad entrare , ci faceva sedere in quelle belle seggioline, a volte ci offriva le caldarroste o un profumato biscottino appena uscito dal forno. Per noi era un tuffo nel paese dei balocchi, dove tutto era della nostra misura;c’era pure una graziosa libreria ed io le regalavo a volte uno dei miei libri di fiabe. Lo strano era che nei paesi dove tutti sanno tutto di tutti , di loro non si seppe mai niente,neppure da dove venissero. Lui era molto bravo e aveva sempre lavoro, lei sferruzzava tutto il giorno e faceva dei maglioncini che vendeva a prezzo equo. Erano di gran buon gusto e mamma ne comprava per lei e per me; io prediligevo quelli ricamati che formavano l’ ammirazione delle mie amiche quando andavo a trovarle in città. Le facevo da sponsor e le portavo delle clienti . Non   so che nome avessero perché venivano chiamati la magliaia e il falegname. Salutavano ,erano gentili con tutti, ma non avevano fatto amicizie. Lui non andava all’ osteria per una partita a carte come tutti gli uomini del paese e lei non lavorava fuori dalla sua porta ma in casa o sul retro nell’orto giardino. Nel tempo libero leggevano, cosa inconsueta in quei tempi. Passò qualche anno e quando ormai la curiosità nei loro confronti era scemata, una sera lei si coricò e non si svegliò più. Dopo pochi giorni lui andò dal padrone di casa a pagare l’affitto, tornò con un  carro trainato da un cavallo,vi caricò i mobili e se ne andò senza salutare nessuno. Non si seppe più niente di lui ed io che ero una lettrice accanita di fiabe ci fantasticavo e risolvevo il mistero attingendo le  spiegazioni da Maghi e Fate.

       NONNA  RACHELE

 
 
 

I MIEI TERREMOTI

Post n°76 pubblicato il 05 Gennaio 2009 da marineblue

Forse non valeva la pena di dedicare un post a questi delinquenti. Io confesso ho avuto paura e penso che chi proclama di non averne sia un gran bugiardo.

Il mio primo terremoto l’ho vissuto molto bene perché ancora non capivo perché mia madre mi avesse preso in braccio e fosse corsa in giardino. Il secondo ero una ragazzina, era estate e avvenne nelle prime ore del giorno; finimmo la notte sulle sdraie in giardino. Io però di soppiatto rientrai e portai fuori i miei vestiti ai quali tenevo molto. Mi riaddormentai e ricordo che quando aprii gli occhi la prima cosa che vidi furono i miei abiti illuminati dal sole ancora basso, attaccati al filo di ferro della vigna .

Ne subii uno al ritorno da un lungo viaggio, ma ero così stanca o così giovane che gli occhi si richiusero subito e dormii profondamente. Un altro: ero in giardino, non sentii la terra muoversi ma l’ombrellone sotto il quale stavo, oscillava malgrado non vi fosse un alito di vento. Mio marito venne a prendermi e mi condusse in città per andare a controllare a casa; era caduta una bellissima statuetta che mi aveva regalato mio padre, che era appartenuta alla casa di Milano e che mi era molto cara. Tengo ancora i pezzi in un sacchetto e non riesco a gettarli. Adesso non usa più la scala Mercalli, forse per  impressionare meno….però io ricordo bene quando ero in cucina, in città e mi capitò quello del settimo grado che mi fece fare le scale al volo insieme agli altri, che colti sul fatto non poterono affermare di non aver paura. Pensavo di aver già avuto la mia dose, quando debilitata e vecchia, mi è capitato questo,  in un momento in cui dovevo risolvere altri guai e l’ho presa veramente male. Le scosse di assestamento non mi permettevano di dimenticarlo e mi condizionavano. Una sera ero perplessa, faccio il bagno o no? Fuggire avvolta in un telo non era piacevole. A parte il pudore avevo l’impressione che mi sarei congelata appena fuori dal portone di casa. Mi sono lavata velocemente ed è andata bene ! Il giorno di Natale alle 4 c’è stata l’ ennesima scossa, fu brevee non molto intensa….o mi stavo abituando?

Ma che sono questi in confronto ai terremoti che ti vengono propinati e che ti devastano la vita sottraendoti le persone a te care? 
Nonna Rachele

 
 
 

CASUALITA'

Post n°75 pubblicato il 23 Dicembre 2008 da marineblue

Questo post ha le tinte del drammone ottocentesco, ma è accaduto realmente.  

Giorgio era l’imbianchino che  bazzicava a casa nostra perché a mamma piacevano i muri puliti. Era bravissimo e ci sono ancora le rose che papà mi aveva fatto dipingere sapendo la mia predilezione  per questo fiore. La moglie aveva un negozietto dove vendeva quaderni, matite e mille altre cosette che piacevano a noi bambini. Io la frequentavo molto perché tra le sue attrazioni c’erano dei rotolini di cartone che si chiamavano sorprese e che forse fabbricava lei stessa. Ci spendevo buona parte della mia paghetta per procurarmi una Pasqua continua, perché per me, come nell’uovo, l’importante era appunto la sorpresa. C’era dentro quanto di più inutile potesse esistere a parte 3 caramelline. Distribuivo poi tutto ai miei compagni di scuola in base ai loro gusti che conoscevo ed ero soddisfatta per aver appagata la mia curiosità e la loro che assistevano all’apertura a bocca aperta. La moglie di Giorgio la chiamavano la Giorgia, in onore al marito che era istruito ( si fa per dire ) ma molto intelligente senz’altro. Giorgio era cresciuto in un orfanotrofio essendo stato abbandonato alla nascita . Un giorno andò in città per procurarsi materiale per la sua attività ed incontrò Mario, compagno di collegio che gli disse stava andando in un paese dove c’era una signora che cercava il figlio. Lo pregò di accompagnarlo perché era molto timido. Presero un trenino locale e rintracciarono  la sontuosa villa ove risiedeva questa signora. Furono introdotti  dalla cameriera , Mario si presentò; la signora scosse la testa e lo lasciò senza fiato dicendo : mio figlio si chiama Giorgio Fabbi. Sono io Giorgio Fabbi !Se vi aspettate scene di baci , abbracci e lacrime, resterete delusi. Era  una donna dura con l’abitudine al comando, gli intimò : torna domani da solo. Non ho avuto notizie di cosa si dissero, ma  il tempo di cedere il negozietto e si trasferì con  moglie e figlio in una casa vicino alla villa.

Ebbe il posto di fattore con un ottimo stipendio e si mise ad amministrare con perizia la proprietà della madre. Si era procurato una datrice di lavoro molto generosa, ma non ebbe mai una mamma. Lei forse si sentiva in colpa, ma non riusciva a chiedergli perdono, né a giustificarsi. Gli dava del tu, era sempre gentile, ma mai affettuosa. Lui quando le parlava per affari evitava sia il lei che il tu. La Giorgia era trattata bene, riceveva regali e le si era affezionata . Chi invece l’adorava era il bambino che aveva sempre invidiato un amico vicino di casa che viveva con la nonna che lui non aveva mai potuto avere dato che i nonni materni erano morti prima che lui nascesse. Era ricambiato oltre misura in quanto la signora con lui si trasformava nella nonna più affettuosa che potesse esistere. Andava da lei a fare i compiti e come arrivava le saltava al collo e la riempiva di baci. Quando l’età la costrinse a letto , la famiglia si trasferì da lei che accettò una volta tanto con riconoscenza. Il bambino ormai cresciuto continuò ad amarla tanto; faceva i compiti vicino al suo letto e si faceva aiutare col latino anche se non ne aveva bisogno perché con la sua sensibilità capiva che le faceva piacere. Per anni non ebbi più notizie, poi mi dissero che i due Giorgi avevano ereditato un grosso patrimonio e che lui visitava spesso orfanotrofi per aiutarli finanziariamente ma anche per portare un po’ d’amore.  Queste figure del passato mi tengono compagnia nelle notti insonni e scacciano pensieri  dolorosi e malinconie. 

NONNA  RACHELE

 
 
 

I GIORNI DELLA MERLA....E GLI ALTRI

Post n°74 pubblicato il 08 Dicembre 2008 da marineblue

Per farvi dimenticare la storia terribile, cerco di farvi stare allegri  raccontandovi le mie vicende estive. Questo è il mio regalo di Natale e guai a non ridere, i vecchi sono permalosi…….Dunque in inverno esistono i giorni della merla, a luglio pare invece ci siano quelli della m…da. Già al mio arrivo in campagna ho avuto qualche preoccupante divergenza di opinioni col water e notavo che l’attrito si aggravava. Una mattina mi sono alzata e pareva una comune, noiosa giornata da passare nella beata pigrizia, finchè non sono andata in cantina e tutto si è improvvisamente vivacizzato. La   m…da  correva sul pavimento e ho avuto l’ impressione che lo facesse con compiacimento emanando effluvi concentrati che non avevano niente a che fare con CHANEL N. 5. Le parolacce che la distinta signora Rachele ha esternato, per fortuna solo fra i denti, facevano concorrenza a uno scaricatore del porto. ( Quando ce vò ,ce vò ! )Questo mio insolito linguaggio però non ha fermato il torrente. Meno male che posseggo un idraulico, anzi due perché ha un socio. Mi precipito e spiego il problema a una indifferente segreteria telefonica, fredda alla mia dissertazione. A mezzogiorno mi raggiunge la gentile consolante voce dell’ incauto che mi prometteva al più presto una sua graditissima visita. Intanto armata di ramazza, secchio e detersivo ho tentato  di  rendergli la visuale accettabile. Tutti sanno quanto sono schifiltosa e mi veniva voglia di buttarmi nel pozzo che c’è a poca distanza…..ma non avevo il costume. Alle 16 puntuale e gentile come sempre arriva il salvatore, il socio scaltro aveva annusato a distanza e sarebbe arrivato in seguito, diciamo a cose fatte. Lo scarico  sta in uno sgabuzzino buio, perciò ho dovuto mettere in ballo la mia bella potente torcia. Smonta il tubo, lo trova  praticamente pieno ed io rivedo ciò di cui credevo essermi liberata. Lo fornisco di guanti  e lui inginocchiato toglie la rimanenza dalla curva, dove si era graziosamente intrecciata a radici di piante golose. Naturalmente per vederci era costretto a lordare la mia torcia, poi la appoggiava su una panchina, inquinando anche quella e in seguito la gomma per innaffiare ebbe lo stesso trattamento. Infine col socio arrivato, stabilirono che per proseguire coi lavori, doveva essere vuotato il pozzo nero, che si era riempito coi copiosi lavaggi. Partiti loro, mi sono infilata i guanti di lattice da chirurgo e versatile come sono, mi sono appropriata del ruolo di purificatrice. Badile per trasferire ciò che tanto mi nauseava, ma che era tanto gradito ai miei fiori. Poi secchio, ramazza e candeggina, alla fine tutto era terso e splendente; nel frattempo ciò di cui è argomento questo post si era asciugato su tutto quanto era stato toccato. Per la gomma e la panchina non ci sono stati problemi: acqua, detersivo, stracci e alla fine alcool. La torcia invece, forse in base al suo nome, mi ha dato parecchio filo da torcere. Ho dovuto prima asportare il grosso con un pezzo di legno, poi ho cominciato con stracci e detersivo, sciacquata bene, asciugata bene. Alla prova naso, risultò ancora puzzolente. Occhiali ed esame hanno rilevato due zigrinature laterali ancora piene del solito materiale. Nuovi stracci, stuzzicadente per passare riga per riga e abbondante detersivo, nuova sciacquatura, disinfezione con alcool. Alla fine un grande sacco per la spazzatura pieno di stracci da buttare, la torcia recuperata, ma io talmente distrutta e nauseata da non riuscire a cenare. Telefono all’uomo dell’autobotte e lo scongiuro di venire presto a vuotare il pozzetto. Viene il giorno dopo proprio mentre sta arrivando una mia carissima amica col figlio; non sono stati molto fortunati nel scegliere il momento per respirare i profumi della campagna! Spero che per il giorno dopo sia tutto ripristinato. Intanto però il mattino all’alba, scendo in giardino, scavo un buco e vi verso dentro il contenuto di un mio vecchio vaso da notte. Spero non mi abbiano vista, ma poi mi convinco che data l’età possano perdonarmi certe stranezze. FINE .

Ridete pure, non c’è comprensione per le mie ambascie! Se devo essere sincera, una volta a che tutto era tornato a posto, ero così contenta…. Strano che la felicità possa dipendere anche da un tubo di scarico !

                                       NONNA  RACHELE

 
 
 

INDIFFERENZA

Post n°73 pubblicato il 01 Dicembre 2008 da marineblue

C'era in paese una famiglia composta dalla madre, un figlio e una figlia. ( Del  padre non ho mai sentito parlare, probabilmente era morto da tempo .) Erano talmente buoni che per definirli userò un eufemismo: erano strani. In campagna a quei tempi non si usavano i cognomi ma solo SCOC =MAI ( Soprannomi ) e quelle persone venivano chiamati: I BAMBASOUN dal dialetto, che mi dispiace tradurre, diciamo ingenui…… Abitavano in un piccola casa con un appezzamento di terreno adibito ad orto. La madre aveva alcune particolarità: preparava  tutti i lunedì  un pentolone di minestrone che doveva durare fino al sabato. Ve lo immaginate, non esisteva il frigo e d’estate non so…..La domenica veniva sempre santificata con un pezzo di carne e i quadrettini in brodo, il pane però lo cuoceva e poi lo nascondeva, in modo diceva, che duro se ne mangiasse meno. La casa era così pulita da far invidia ad una camera operatoria, i vetri talmente tersi che parevano inesistenti. Tutto il giorno, quando non coltivava l’orto, puliva e lustrava, però se non pioveva e anche se faceva freddo dovevano mangiare e lavarsi fuori casa, per non sporcare. Il figlio Pieretto lavorava come bracciante e tutti erano molto contenti di lui, era un po’ lento ma  prendeva ciò che gli davano e ringraziava sempre. La figlia Teresa andava a giornata da tutti, veniva anche da noi ad aiutare quando c’erano le pulizie di Pasqua . La Tata era contenta, ma doveva spiegarle sempre cosa doveva fare poi ricordarsi di andarla a fermare perché altrimenti continuava a pulire il pulito. Ricordo ancora i MALEGRESA’ (accidenti ) che lanciava la Tata, che l’aveva dimenticata e lei erano due ore che lucidava i candelieri. Povera Teresa così buona, peccato non avesse un  timer, perché una volta programmata sarebbe stata perfetta. Sono stata cattiva non ho rinunciato alla battuta ! Pieretto aveva molti amici della sua età ed era felice che lo accettassero anche se lo prendevano in giro, lui non era permaloso e se qualche adulto li sgridava prendeva la loro difesa. Gli facevano degli scherzi, ma sono certa che non avrebbero mai pensato che uno di questi potesse finire in tragedia . C’era una ragazza  molto bella e molto capricciosa; figlia unica di contadini abbienti si divertiva a tenere sulla corda i pretendenti. Pieretto l’adorava, ma si accontentava di guardarla a bocca aperta e mai si sarebbe sognato di avvicinarla se i suoi amici   d’accordo con lei non gli avessero detto che si era innamorata  di lui e di farsi avanti. Balbettando per l’emozione cercò di parlarle. Lei stette al gioco per un po', ma poi si stancò e gli disse che aveva scherzato. Il giorno dopo quando Susanna aprì la finestra, lo vide impiccato  a un albero. Questo per me era già tremendo, ma il seguito  mi fa ancora più male. Il povero ragazzo venne fatto scendere dall’albero, caricato su una carriola e portato a casa da alcuni ragazzetti che ridendo salmodiavano  imitando il prete ai funerali.  Quello che mi indigna è che nessun adulto sia intervenuto a mettere fine a questo scempio…..ma avevano fretta di liberarsene. Ecco Ale, l’ho raccontato, però adesso sto male e sono passati più di settant’anni  e questa storia non piacerà a nessuno. Allora perché l’hai fatto….? Perché vorrei essere assolta da voi. Io ho sentito i ragazzi  cantare e mi sono arrabbiata perché pensavo facessero il funerale ad un animale e non sono andata a  vedere non tollerando questo trattamento nemmeno per un cane o un gatto.

NONNA RACHELE

 

 
 
 

CHEOPE

Post n°72 pubblicato il 22 Novembre 2008 da marineblue

Portava con dignità  il nome che le avevano dato, indifferente al fatto che fosse appartenuto ad un antico Re Egizio o probabilmente nemmeno lo sapeva. Era la cameriera della Contessa; l'avevano assunta a dodici anni ed aveva acquisito i modi raffinati della casa in cui era cresciuta. Era intelligente e passava le ore libere in biblioteca a leggere. Diventò così una vera signorina di buona famiglia educata e gentile oltre che di una bellezza aristocratica. Quando andavo al Castello coi miei genitori a volte la raggiungevo in cucina e chiacchieravo con  lei. per la quale avevo una gran simpatia . Gli anni erano passati e lei era diventata grande e molto graziosa. Nella casa colonica abitavano i contadini; il podere era molto grande e la famiglia composta da parecchie  persone. Il ragazzo più giovane era molto bello  e cominciò a corteggiare Cheope che ebbe il classico colpo di fulmine. La Contessa l’amava come una figlia, l’avvisò che non era il ragazzo per lei, che era delicata e sposandolo non avrebbe resistito alla dura vita di lavoro che l’aspettava. Fu l’unica volta in cui le disobbedì. Durante l’estate si sposò felice il suo Giuseppe! La Contessa si rassegnò, le fece il corredo e la riempì di regali. La prima  sera che tornando dai campi si sedette alla lunga tavola con i suoi acquisiti parenti, la suocera  riempì  i piatti di minestrone che aveva un buon profumo e lei affamata cominciò a mangiare. Le imposte erano accostate per difendere la casa dal caldo e dall’eccessivo riverbero  del sole. Nella penombra vedeva i cognati che mettevano sull’orlo  del piatto  i fagioloni neri e non capiva come a loro non piacessero. Mentre sparecchiava però ebbe modo di osservare meglio quanto era disposto intorno al piatto e scoprì che erano scarafaggi. Soffocò conati di vomito. Cominciò così ad alzarsi nel cuore della notte per lavare di nascosto il pentolone che la suocera metteva sporco sotto il  lavandino e si riempiva di scarafaggi e formiche alle quali quando lo riprendeva  non faceva caso. Nella nuova famiglia veniva trattata molto male, la chiamavano con ironia la signorina  e riservavano a lei i lavori più pesanti e repellenti i modo che si abituasse come dicevano le cognate che si sentivano spalleggiate dalla suocera. Questo trattamento non ebbe sosta neppure durante la gravidanza. Non poteva sfogarsi coi genitori e i nove fratelli perché era uscita di casa da tanto tempo che quando andava a trovarli si sentiva un’estranea. La Contessa che la vedeva magra e sciupata la interrogava, ma lei con molta dignità diceva di star bene. Il marito era molto buono, ma appunto per questo non in grado di difenderla. Lo so ci sarebbe voluto più grinta, ma lei non ci pensava nemmeno a ribellarsi. Tutto andò avanti così finche non vide che anche suo figlio veniva trattato diversamente dagli altri nipoti. Allora  prevalse l’istinto della tigre che abbiamo noi mamme nel difendere i nostri cuccioli. Cheope andò a piangere dalla Contessa e vuotò come sul dirsi il sacco, non solo venne consolata ma ebbe la promessa che il suo calvario stava per finire. Parlò col Conte e le sistemarono un appartamentino al Castello e trovarono un lavoro a Giuseppe in una delle prime fabbriche  che stavano sorgendo e la famigliola  si trasferì. La povera ragazza emanava felicità ! Ebbe la nomina a giardiniere e custode con un buon stipendio- Cheope rifiorì insieme col giardino, come tutte le cose amate; mentre zappava, trapiantava e innaffiava…..cantava con la sua tenue vocina la ritrovata voglia di vivere. La sua felicità raggiunse il colmo quando le fu possibile mandare suo figlio all’ università. Non si sentirono mai da lei parole cattive per i suoi carnefici, restò buona, ma non abbastanza per perdonarli completamente e  non rimise più  piede in quella casa.         

NONNA   RACHELE

 
 
 

SOPRAVVISSUTA

Post n°71 pubblicato il 13 Novembre 2008 da marineblue

Cara Nemesi, tu sei senz’altro una persona molto accurata nel selezionare ciò che mangi e mi sei anche molto simpatica, attenta però a non esagerare…perché si muore poi anche di fame! Una cosa però mi lascia perplessa, non parli mai di sigarette. Fumi ? Sono queste bombe a orologeria che mi hanno dato i più grandi dolori e mi hanno tolto tanto. Dico, mangiare, magari cercando di stare attenti è necessario …. Fumare NO!
Non sarebbe il caso di battere su questa verità che tutti conoscono ma troppo pochi mettono in pratica? Io ho dietro le spalle una lunga vita, ho visto molte cose e mi sono fatta la convinzione che ai veleni che ci propinano, piano,piano ci abituiamo e li combattiamo con gli anticorpi  che si formano in noi. Certo se qualcuno avesse ibernato una persona duemila anni fa e la scongelasse ora, nel giro di una settimana morirebbe avvelenata dal cibo e dall’aria. Comincerò col dirti che durante la guerra ero impiegata in un Mulino; entravano i contadini reduci delle stalle con le scarpe incrostate di sterco di mucca e lasciavano in giro certe cotolette che non ti dico, poi il mugnaio, una volta macinato il grano che gli avevano portato, travasava la farina nei sacchi e durante questa operazione non so  se per disattenzione o per interesse ne cadeva in terra. Partito il contadino, tutto veniva spazzato nella botola a beneficio del prossimo cliente. In paese c’ era poi un negozietto che vendeva alimentari, chiamiamoli così dato che noi li abbiamo sempre mangiati: in terra era posato un sacco di riso con dentro una tacchina che covava, il burro era in pani da un chilo, se ne comprava un etto e ricordo che la ditata per staccarlo dal coltello era scuretta e ce la portavamo a casa. Dai cassetti che contenevano pasta usciva spesso qualche farfallina e sul fondo c’erano degli insetti piccoli, neri e durissimi  chiamati  il pizzetto. Al forno  l’ impastatura era eseguita con forza dal fornaio a torso nudo che per la fatica e il caldo gocciolava copiosamente sudore nella pasta. Nessuno se ne lamentava era così … e basta. Il macellaio non aveva nessun controllo dal veterinario e poteva vendere anche un animale già morto per conto suo. La scadenza avevamo modo di verificarla quando trovavamo i bachi nel prodotto. Poi mi sono sposata e mia suocera faceva tutte le domeniche una torta con un etto di margarina che riteneva molto salutare. Non ti dico poi il detersivo che abbiamo inghiottito, in quanto sempre mia suocera ne usava molto per i piatti e dimenticava spesso di sciacquarli. Quando potevo rimediavo io di nascosto, perché si sarebbe offesa. In seguito, poiché era finita la guerra, arrivarono prodotti che erano appetitosi, ma cosa ci fosse dentro era gelosamente custodito dalle Ditte che non volevano essere copiate. Ora è obbligatorio indicare la composizione, ma no essendo laureata in chimica non so spesso di cosa si tratti. A volte trovo: senza grassi idrogenati, va bene ma quando non vengono nominati, non ci sono o è, diciamo, una dimenticanza? Ho 84 anni, ragionevolmente pare che questo regime non sia stato troppo deleterio. Sui prodotti biologici ho qualche sospetto che purtroppo qualche volta mi è stato confermato. Però sono lo stesso favorevole in quanto esiste anche l’ effetto placebo. Se ci nutriamo, senza dubbi che sia genuino, lo faremo con entusiasmo e non può fare che bene. Vuoi che proviamo, una volta tanto, a mangiare qualcosa che ci piace molto senza sezionarlo e analizzarlo?  Una cosa che non capisco però è perché le Ditte mettano veleni in ciò che producono? La domanda sembra ingenua: spendono meno e guadagnano di più! Ma se in questo modo ci uccidono, restano senza  clienti, e allora ? MAH 

 
 
 

NONNA RACHELE A FESTA ITALIANA - RAI1

Post n°70 pubblicato il 10 Novembre 2008 da marineblue

 
 
 
 

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NONNA RACHELE SU SKY

Sky History Channel sostiene la Banca della Memoria.

Nonna preparati perchè presto ti si vedrà su Sky!!!

 

QUESTO BLOG.........

......... è nato per gioco, per unire in un progetto comune Madre, Figlia e Nipote.
A neanche 24 ore dal primo messaggio postato da mia nonna, il Blog si è riempito di visite e commenti e credo che se inizialmente poteva essere titubante e confusa nel partecipare a questo “gioco”, ora grazie a voi, ne ha preso consapevolezza e imparare ad usare il computer non la trova più un’idea così terrificante. (A parte ieri sera che nello spegnere il computer continuava ad apparirle un messaggio che le diceva che aveva una finestra aperta e l’ho sentita dire “ma come ?????  Tutte le mie finestre sono chiuse !!!!” ).
Finchè lei ne avrà voglia continueremo questa avventura. Io che la conosco bene so che ha tante cose da raccontare interessanti, proprio perché a volte non è quello che si racconta, ma come lo si racconta.
Buona lettura.
Veronica, la nipote.

 

 

REGGIO EMILIA HA SCOPERTO NONNA RACHELE

Stamattina Nonna Rachele si è svegliata con una sorpresa!
Si è ritrovata insieme a sua nipote, (quella vera  ) in prima pagina sul Resto del Carlino di Reggio Emilia.

Il primo tuffo al cuore è stato quando ha visto questa:


 

Il secondo tuffo al cuore è stato quando ha visto questo:

 

 

NONNA RACHELE SU LA STAMPA

 

LIBRO DI MIA NIPOTE

Alla televisione mettono la pubblicità, sui giornali mettono la pubblicità, nella buca delle lettere mettono la pubblicità (che rabbia!!)
Perdonerete se metto sul mio Blogghino un po' di pubblicità pure io.
Per una giusta causa però!
Libro di mia nipote:

"Canto XXXV Inferno. Donne affette da Endometriosi" Di Veronica Prampolini
Edito da Mammeonline

www.donneaffettedaendometriosi.it

http://blog.libero.it/librodade/



 

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Ciao Rachele. Ti lascio un abbraccio grande e un sorriso.
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Cara Rachele, finalmente, ogni tanto andavo a sbirciare sul...
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Ciao nonnina tanti auguri di buon compleanno, io non riesco...
Inviato da: Anonimo
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