Creato da lost4mostofitallyeah il 04/03/2009
CON QUEL TRUCCO CHE MI SDOPPIA LA FOCE
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I must be hungry 'cause I go crazy
Over your leather boots
Now baby I know...
That's not normal
But I love you,
I love you
I love you
"Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta".
"Così ogni carne va al cilicio del sale: il frutto di cenere delle nostre veglie, la rosa nana delle vostre sabbie, e la sposa notturna riaccompagnata a casa prima dell'aurora...."
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Messaggi di Ottobre 2016
Post n°283 pubblicato il 27 Ottobre 2016 da lost4mostofitallyeah
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Post n°282 pubblicato il 24 Ottobre 2016 da lost4mostofitallyeah
L'astice III Ci scambiammo un rapido bacio sulle guance e lei mise subito in moto per togliersi dal formicaio che brulicava intorno alla stazione e ci infilammo in piazza dei Cinquecento e poi su viale Enrico de Nicola e via Volturno. Dopo un po' eravamo sfuggiti alla strozza micidiale del centro della città eterna. Quando fummo in via XX settembre cominciò a parlare; prima a monosillabi quasi inseguisse una frase coerente da esporre con gentilezza, poi sempre più velocemente, con tutta l'urgenza di chi ha tenuto compresso i propri sentimenti troppo a lungo. "Vedi, Joe, ho saputo della notizia da una sua cugina. Nessuno della famiglia stretta che si sia degnato di avvertirmi. Sono stata trattata peggio di un vecchio calzino e ignorata. Eppure sai quanto ho voluto bene a Gianni, quante ne abbiamo passate nel bene e nel male. Ecco, non meritavo un simile atteggiamento. Un po' di rispetto per quella che era stata la moglie del loro figlio. Non lo nego: mi aspettavo una telefonata da Greta. Non subito, certo, ma con il passare dei giorni, e invece mi ritrovo una chiamata sulla segreteria telefonica che mi avvisa che l'uomo con il quale ho condiviso tanto è morto in un incidente stradale. Il modo peggiore per sapere le cose. Squallido! Assolutamente squallido!" Eravamo sulla via Salaria e Francesca iniziava a piangere, Io sino a quel momento non avevo spiccicato una parola. Ero travolto e stanco dopo tutto il viaggio. Girai la testa di lato per osservarla: i capelli castano chiaro da gorgone, gli occhi azzurri segnati da profonde borse, il visetto affilato e gentile giusto infiacchito da qualche piccola ruga, la bocca minuta ingentilita da un discreto rossetto, gli zigomi regolari e la piccola fronte perfettamente liscia. Mi dava tenerezza. Era bassetta e determinata, e mentre le lacrime sgorgavano dalle sue ciglia alternativamente non smettevo di pensare a quanto le volessi bene. Proprio non riuscivo a immaginarmi in un letto con lei e già vi intuisco lettori, a pormi la fatidica domanda: si può essere giusto amici di una donna con cui si condivide praticamente tutto? Così, immerso nei miei pensieri non mi ero accorto che eravamo arrivati al quartiere africano, dove lei abitava, in via Tripoli. Francesca mise la macchina nel piccolo parcheggio interno del condominio ma non accennò ad aprire la portiera. Non voleva farsi trovare da sua figlia Asia, undicenne in condizioni scarmigliate. Così si ricompose mentre mi lanciava occhiate birichine in tralice, quasi giocasse al vecchio trucco della seduzione. Era un atteggiamento naturale ma che non toccava né lei né me. Semplicemente avveniva ed era parte dell'eterno rapporto fra uomo e donna. Fui Io allora ad aprire la portiera dalla parte del passeggero mentre le dicevo: "Sai bene di non essere mai stata amata dalla famiglia di lui." Erano le mie prime parole e suonavano come un rimprovero. A lei caddero le braccia ma non venne meno la lingua: "Abbiamo combattuto contro tutto e tutti, poi, alla fine, lui ha ceduto. Ancora debbo capire perché si è messo con quella rumena. Voi uomini siete strani: proprio nel momento in cui sembravamo uscire dai guai, scopro che mi ha tradito. Anzi, me lo dice lui, tranquillamente. Sembra quasi che non riusciate a stare in una situazione di stabilità e amore, sentite il dovere di ficcarvi nei guai. Mi piacerebbe capirne la ragione." La ascoltai, poi, appoggiando la testa al finestrino le mormorai: "Si chiama cupio dissolvi. L'uomo rammenta molto bene le sue radici di cacciatore e guerriero e l'abitudine di morire in uno scontro per lui è inveterata. Pace, tranquillità, quiete non significano nulla se paragonati al turbine della pugna, all'adrenalina del rischio, l'uomo è un animale estremamente competitivo, deve conquistare spazi. Ma adesso andiamo. Tua figlia è in casa?" "Dove vuoi che sia? Ha undici anni. L'ho lasciata con un'amica, Petra, saranno nella sua stanza." (Continua) |
Post n°281 pubblicato il 18 Ottobre 2016 da lost4mostofitallyeah
L'astice II Il viaggio fu abbastanza rapido con cambio batticuore alla stazione di Bologna. Tutti a correre per non perdere la coincidenza e maleducazioni assortite, poi la lunga distesa del nastro d'acciaio attraverso le colline toscane e le lievi alture delle campagne laziali. Il clima che si faceva più dolce e l'orizzonte che arrivava a toccare il sole, rimpicciolito come una palla da biliardo. Si poteva persino odorare il mare se si fosse voluto e la città eterna cominciava a dilatare le sue dita grassocce per accoglierci nella stretta. Ricordo l'immensa periferia urbana ma le luci stavano già calando e quindi si distingueva solo il dipanarsi dei graffiti e delle ruvide casette ferroviarie, nonché il reticolo labirintico degli scambi con il loro inastarsi di precisione. Ho sempre adorato l'arrivo in una nuova città, più di quanto mi abbatta l'arrivederci alla mia origine. Ho un bisogno fisiologico di stimoli e nuove impressioni, caratteri diversi dei popoli e architetture sorprendenti o banali, purché diverse. è la mia maschera d'ossigeno, la mia bombola di scorta che inalo con voluttà e piacere. Non credo a chi mi sussurra che l'uomo si modifica poco nel corso della sua vita e rimane sostanziale prigioniero dei suo primi cinque anni. No...non vi credo. Ho vissuto sulla mia pelle il turbine creato da presenze nuove e inattese, sono stato deragliato da incontri che non avevo messo in conto e piacevolmente incantato da sorprese in forma umana nelle quali non avrei mai sperato a mente lucida. Ritirarsi nel guscio significa abbandonare ogni speranza, incartapecorirsi, lasciare perdere quella che è la prima caratteristica umana: la socialità. Siamo uomini in quanto capaci di cambiare di modificarci ed è un precipuo segno terrestre quello di diventare creta modificabile sotto il tocco altrui. Riconoscere la propria friabilità ed essere pronti a gettare la corazza dei pregiudizi e delle prevenzioni quando un soffio gentile alita su di noi e ci dona nuova vita. Così ero allestito a sentirmi mentre imboccavamo il giusto sentiero per Roma Termini e, sferragliando, ci accingevamo a concludere la nostra corsa. Quando, fra stridore dei freni e oscillazioni ci apprestavamo a scendere dal convoglio una vibrazione di rapida gioia mi percorse tutto, come all'inizio delle grandi avventure. Ero arrivato! E la babele di quella Metropoli era pronta a rapirmi e ad insegnarmi nuovi, inattesi linguaggi. Scesi con il sole negli occhi malgrado fosse già calato da un paio d'ore. Spinsi il mio trolley con decisione sino a uno degli ingressi dov'ero d'accordo di aspettare Francesca e mi misi in attesa. Concionare di civiltà multiculturale può sembrare tronfio e da tromboni ma in quei momenti ebbi l'esatta impressione di essere al centro di un fuoco dal quale si dipanavano molteplici lingue: sikh, cingalesi, cinesi, giapponesi, nigeriani, ghanesi, marocchini, algerini, pakistani, indiani, filippini, senegalesi, siriani, libici mi ruotavano attorno insieme ad alcune brutte grinte locali e agli usuali tossici in opera di questua. Era tardi e la stazione cominciava comunque ad assumere una grinta poco raccomandabile con il trascorrere di ogni minuto. Non mi allontanavo un attimo dal mio trolley e posavo lo sguardo curioso sui personaggi del crepuscolo che iniziavano a popolare il posto: clochard con i carrelli della spesa, ubriaconi, borseggiatori, pattuglie di polizia, corpi di vigilanza privata, ultimi ritardatari, gruppetti di giovinastri in cerca di rogne e me stesso piazzato come un palo telegrafico poco innanzi ai gradini che digradavano sulla grande piazza colma di clacson. Ad un tratto mi giunse una telefonata che mi implorò di spostarmi verso una tavola calda thailandese alla mia sinistra. Era Francesca e in poco minuti ero al sicuro dentro la sua utilitaria in tripla fila. (Continua) |
Post n°280 pubblicato il 17 Ottobre 2016 da lost4mostofitallyeah
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Inviato da: EasyTouch
il 20/10/2023 alle 00:12
Inviato da: cassetta2
il 11/11/2020 alle 17:38
Inviato da: lost4mostofitallyeah
il 13/02/2017 alle 16:28
Inviato da: lost4mostofitallyeah
il 13/02/2017 alle 16:27
Inviato da: EMMEGRACE
il 10/02/2017 alle 18:40