« Quattro fuochi | L'amour » |
La bimba è stata messa in punizione, la bimba l’hanno chiusa sul balcone. L’hanno nascosta nel pozzo, nel secchio del pozzo; c’era una fune attaccata al secchio, una fune per scendere nel pozzo, ma qualcuno l’ha presa e se l’è messa in tasca: qualcuno se l’è presa, e ha portato via la fune.
La bimba è giù nel pozzo, la bimba è su sul balcone, messa in punizione senza una ragione.
La bimba ha gli occhi chiusi. Ha gli occhi chiusi e muove il naso: il naso non dà vertigine, il naso sente l’aria ma non vede l’alto e non vede il basso. Tutto quell’alto e tutto quel basso potrebbero spaventare, la bimba messa in punizione.
La bimba ha gli occhi chiusi e muove il naso, muove il naso e tiene le mani in grembo: è il posto più caldo il posto più sicuro che ha, il grembo; e con le mani si accarezza le mani tenendole strette, al caldo, al caldo del grembo.
La bimba è sola. È sola e muove il naso in cerca di compagnia, di un odore di quando era bimba, bimba prima della punizione. Chiusa fuori e chiusa dentro senza una ragione. Ma la bimba fa la bimba, e si fida, e non chiede spiegazione. Non urla non piange, non si lamenta dal secchio giù nel pozzo né dall’angolo su sul balcone.
Aspetta. E nell’attesa tiene gli occhi chiusi perché sa che gli occhi ingannano, che si prenderebbero gioco di lei: le farebbero credere ciò che non è, le farebbero credere che ciò che lei vede è ciò che è. Così, le farebbero credere che potrebbe cadere che potrebbe non risalire, le farebbero credere che è senza scampo, nella trappola di un pericolo ineludibile; le farebbero vedere che è piccola con le sue mani piccole, che è sporca con i suoi piedi scalzi e ferita con le sua gambe tagliate: le farebbero credere che quello che vede è quello che è. Gli occhi sono ingannatori.
Allora lei li spegne, e annusa.
La bimba è sola col suo naso, in compagnia degli odori del suo naso: l’odore avvolgente del rosmarino e quello penetrante del legno marcio. Le sue narici si dilatano per catturare effluvi, tutti gli effluvi del pozzo e del balcone, e poi altri, più lontani, per catturare tutti gli effluvi del mondo, e tutti i ricordi passati tutti i ricordi futuri; le narici si aprono si tendono ma non riescono ad accoglierli tutti; allora lei stacca le sue piccole mani dal caldo del grembo e comincia a catturare effluvi con le mani: il naso indica le mani fermano, e con le dita inizia a filare fili di odori e con le dita e con i denti ad intrecciarli, li avviluppa gli uni agli altri, e sono tanti e sono lunghissimi.
Le sue piccole mani filano una treccia lunghissima che risale il pozzo. È una treccia resistente. La carrucola inizia a cigolare, il secchio barcolla, cif ciaf fa l’acqua del pozzo e saluta il secchio, che sale, sale su.
Le sue piccole mani filano una treccia morbidissima che arriva fino a terra. È una treccia persistente. Il vento inizia a sibilare, sibila una canzone di prima della punizione, e lei ride e ad occhi chiusi scivola, ma non vede il basso, e non vede l’alto.
Lei non vede: sente.
Sente l’odore della risalita e della discesa, sente l’odore di uno spazio aperto dove correre e cadere, dove cantare e tacere. Un odore che è impossibile a dirsi, un odore nuovo, insperato: l’odore di tutti gli odori del mondo.
Quello che non vedi è tutto quello che c’è da odorare – si disse la bimba, senza chiedersi se avesse un senso, un’altezza o una profondità. Se lo disse ad occhi chiusi, lei che era in punizione senza una ragione.
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"lo non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza: se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall'essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io del resto considero degno di ogni più scandalosa ricerca."
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