RACCONTI DI ROMAAneddoti, curiosità e stravaganze della città eterna |
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"IL GIALLO DI ROMA E DEL LAZIO"
Vigilia di Natale 1939. Un libro custodito nell’Archivio Vaticano cela il segreto di un maestoso tesoro nascosto nel cuore di Roma. Tanti enigmi che si trasformano in indizi, ognuno la chiave per il successivo. Sullo sfondo dei misteri della città eterna s'incrociano le vicende di tanti personaggi: archeologi di fronte alla più grande scoperta della loro carriera, una coppia in fuga d'amore ed il cammino di redenzione di un giovane deluso dalla vita. Una caccia senza tregua attraverso le sette sfere mitraiche, una lotta contro il tempo per sventare il progetto criminale di una setta assetata di sangue ed anticipare uno spietato collezionista. Tra sensazionali rivelazioni e colpi di scena, un’avventura ad alta tensione alla scoperta di Mitra, Dio cosmico bandito dall’imperatore Teodosio nel 394, e le assonanze col culto cristiano. Semplici coincidenze o oscuri segreti nascosti per millenni dalla Chiesa?
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ROMA
Secoli di storia. Papi, artisti, imperatori, grandi condottieri. E tanti piccoli racconti che non tutti conoscono...
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Messaggi di Maggio 2007
Post n°7 pubblicato il 10 Maggio 2007 da writer_980
Ai nostri giorni il Colosseo é senza dubbio l’emblema di Roma. Nel corso della storia però ha dovuto sopportare più persecuzioni di quelle che ha realmente ospitato. Nel XVI secolo per esempio gli arconi inferiori costituivano il rifugio di banditi e meretrici. Clemente X per scacciarli ebbe un’ineffabile idea: fece chiudere quegli archi con i relativi corridoi, trasformandoli in depositi di letame che hanno funzionato fino al 1811. |
Post n°5 pubblicato il 04 Maggio 2007 da writer_980
Nel 1666 si decise di spostare un obelisco, il più piccolo di quelli giunti dall’Egitto, dal convento dei Domenicani a piazza della Minerva. La piazza non era nuova ad ingerenze egizie, al tempo dell’impero aveva ospitato la comunità discendente dei faraoni. Il caso volle che il piccolo obelisco fosse dedicato alla dea Neith, l’equivalente egizio della Minerva romana, anche se il nome Minerva deriva dalla statua eretta da Pompeo in onore di Minerva Calcidica (oggi in Vaticano). |
Post n°3 pubblicato il 02 Maggio 2007 da writer_980
Camminando tra le vie del centro, sorretto da un basamento rettangolare, s’incontra un enorme piede in marmo calzato da un sandalo, che dà il nome al vicoletto adiacente (via piè di marmo). Difficile spiegare il perché si trovi lì, le fonti storiche si accavallano confuse. La più plausibile é che si tratti del piede della colossale statua ritrovata in loco nel XVII secolo, appartenente alla decorazione dell’arco di Camigliano. Nel 1878 fu spostata da via piè di Marmo all’imbocco di via di Santo Stefano del Cacco. Molte le interpretazioni per questo "trasloco": alcuni sostengono che fu trasferita per non ostacolare il corteo funebre di Vittorio Emanuele II; altri invece che fu spostata perché a pochi metri di distanza si trovava la bottega di un calzolaio. In questa seconda ipotesi il piede di marmo potrebbe essere considerato una prima rudimentale forma di cartello pubblicitario. Il marito della vecchia che costrinse gli Altieri a cambiare i propri piani (vedi tags Palazzo Altieri, piazza del Gesù, via Santo Stefano del Cacco) era un calzolaio. Chissà che il “piedone” non sia lì in onore di un discendente che ha seguito una lunga tradizione di famiglia. Interessante anche l’origine del toponimo Santo Stefano del Cacco. Il vero nome della chiesa che si affaccia sulla via era Santo Stefano de Pinea, in virtù della pigna posta sulla sommità del campanile che dà anche il nome al rione. Successivamente il popolino la ribattezzò del Cacco in riferimento alla statua di Anubi a forma di cinocefalo e confusa con una scimmietta, più precisamente con un macaco. Da lì la storpiatura romanesca in Macacco e, in ultimo, in Cacco. |
Post n°2 pubblicato il 01 Maggio 2007 da writer_980
Se vi capita di passare nei pressi di palazzo Altieri, soffermatevi alcuni istanti sul lato che si affaccia in via Santo Stefano del Cacco. Noterete una stretta porticina e due piccole finestre che contrastano col resto della struttura. Non si tratta di una clamorosa svista dell’architetto Giovanni Antonio De Rossi che ne curò i lavori, ma di un episodio assai curioso. Nel 1650 la famiglia Altieri decise di erigere in piazza del Gesù, all’intersezione con via del Plebiscito, un palazzo che rappresentasse la nobiltà del casato. I molti edifici già presenti, poveri o ricchi, furono sacrificati per lasciar spazio alla nuova residenza signorile. Il principe non badò a spese, acquistò tutte le case che intralciavano il suo progetto e le fece abbattere. Tutte tranne una. Una vecchia signora, vedova di un calzolaio, non ne volle sapere di rinunciare alla sua modesta dimora e declinò tutte le generose offerte di acquisto. Il principe Altieri le provò tutte: preghiere, minacce, arrivò anche ad offrirle il triplo del valore della casa. La vecchia fu irremovibile, lei era nata lì e lì sarebbe morta. All’epoca non esistevano ordini di sfratto né espropriazioni per pubblico interesse, di conseguenza i lavori di costruzione subirono un brusco stop con una notevole perdita di denaro. Per risolvere la questione la nobile famiglia si appellò al Papa ed il pontefice sancì che il nuovo palazzo sorgesse rispettando l’abitazione della vecchia. L’architetto De Rossi fu così costretto ad incorporare l’umile casetta alla maestosa costruzione principesca, lasciandogli l’esposizione sulla strada ed un accesso indipendente. Il principe Altieri, a malincuore, sovvenzionò anche le spese per la ristrutturazione della casetta in modo che non stonasse col resto del palazzo. Nonostante ciò le differenze sono ancora oggi visibili ad un occhio attento. Quando vi troverete da quelle parti, dedicate un pensiero a quella povera vedova che, da sola, seppe contrastare una delle più importanti famiglie dell’epoca. |
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