RACCONTI DI ROMAAneddoti, curiosità e stravaganze della città eterna |
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"IL GIALLO DI ROMA E DEL LAZIO"
Vigilia di Natale 1939. Un libro custodito nell’Archivio Vaticano cela il segreto di un maestoso tesoro nascosto nel cuore di Roma. Tanti enigmi che si trasformano in indizi, ognuno la chiave per il successivo. Sullo sfondo dei misteri della città eterna s'incrociano le vicende di tanti personaggi: archeologi di fronte alla più grande scoperta della loro carriera, una coppia in fuga d'amore ed il cammino di redenzione di un giovane deluso dalla vita. Una caccia senza tregua attraverso le sette sfere mitraiche, una lotta contro il tempo per sventare il progetto criminale di una setta assetata di sangue ed anticipare uno spietato collezionista. Tra sensazionali rivelazioni e colpi di scena, un’avventura ad alta tensione alla scoperta di Mitra, Dio cosmico bandito dall’imperatore Teodosio nel 394, e le assonanze col culto cristiano. Semplici coincidenze o oscuri segreti nascosti per millenni dalla Chiesa?
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ROMA
Secoli di storia. Papi, artisti, imperatori, grandi condottieri. E tanti piccoli racconti che non tutti conoscono...
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Messaggi di Luglio 2007
Post n°16 pubblicato il 15 Luglio 2007 da writer_980
É ritenuto il ponte più antico di Roma. Conduce all’isola Tiberina ed il suo vero nome é Ponte Fabricio. Nella capitale però é meglio conosciuto come Ponte Quattro Capi. Una denominazione che si é diffusa nei secoli tra il popolino in virtù delle quattro teste (in realtà otto) riunite nelle due erme di pietra sui due lati del ponte. Papa Sisto V ha regnato per cinque anni, alla sua elezione aveva promesso la costruzione di cinque strade, cinque fontane e cinque ponti. Uno dei ponti in questione sarebbe proprio questo, anche se già esisteva a quei tempi. Sisto V però lo fece restaurare affidando l’incarico ai quattro migliori architetti di Roma. Durante i lavori i rapporti tra gli architetti furono tutt’altro che cristallini. Dapprima si generò una grande rivalità, poi antipatia ed infine odio feroce, sfogato con dispetti e sabotaggi. A lavoro compiuto, Sisto V si congratulò con loro per il risultato e come premio li condannò a morte per il comportamento “poco cristiano” e l’atteggiamento non consono alla loro posizione. I quattro architetti furono decapitati sul ponte e, a ricordo del fatto, Sisto V fece erigere le due erme quadrifonti con i loro visi. Ironia della sorte, loro che in vita si erano tanto odiati vennero costretti per l’eternità alla più intima vicinanza. |
Post n°15 pubblicato il 07 Luglio 2007 da writer_980
Nell’area del Foro Boario e della “Statio Annonae” sorge la caratteristica Bocca della Verità, una pietra circolare che rappresenta la bocca di un fauno urlante. In realtà sembra fosse nient’altro che il chiusino (il termine “chiusone” sarebbe più azzeccato) di una cloaca. Però, visto il fascino che ha, si preferisce credere che fosse la copertura del puteale del tempio di Mercurio in cui i commercianti andavano a giurare in sede di compravendita. Nel medioevo si diffuse una leggenda legata alle bugie. Il sospetto bugiardo veniva condotto nella piazza e costretto ad infilare la mano nella bocca del fauno. Se innocente poteva ritirare la mano indenne, se colpevole il fauno chiudeva le fauci troncando di netto la mano. Le malelingue insinuavano che quando i giudici erano certi della colpevolezza di qualcuno ordinavano al boia di nascondersi dietro e di mozzare con la spada l’arto al bugiardo, aumentando il folclore legato al monumento. Ovviamente il mascherone ebbe una grossa attività in fatto di corna, in fondo gossip e tradimenti non sono solo una questione dei giorni nostri. La tradizione vuole che per un certo periodo la bocca venisse usata solo per smascherare le adultere, finché qualcuno riuscì ad aggirare il meccanismo. Una giovane e bella donna aveva sposato un ricco vecchio, ma preferiva sollazzarsi tra le braccia di un coetaneo. Il marito sospettoso la condusse alla Bocca della Verità. Lei però ideò un piano geniale e, con la complicità dell’amante, lo mise in pratica. Poco prima di infilare la mano nelle fauci, l’amante, fingendosi pazzo si staccò dalla folla, prese la ragazza di forza e la baciò con passione. Lei poté così giurare, senza alcun rischio per la sua mano, che oltre al marito e a quel pazzo nessun altro l’aveva mai toccata. L’episodio fece il giro della città e il mascherone perse gran parte della sua suggestione. Nel 1632 fu collocato nel portico di Santa Maria in Cosmedin su un antico capitello. Dopo pochi anni fu trasferita in un museo, lasciando nel luogo originario una semplice copia. |
Post n°14 pubblicato il 01 Luglio 2007 da writer_980
A piazza del Popolo, di fronte alle chiese “gemelle” sorge la chiesa di Santa Maria del Popolo. Relativamente all’etimologia del nome “Popolo” gli studiosi hanno proposto diverse interessanti teorie. Secondo l’opinione di molti il nome deriverebbe dall’epoca imperiale, quando Nerone fece piantare in quella zona un boschetto di pioppi. Il nome “Popolo” deriverebbe quindi dal latino popolus, ovvero pioppo. Alcuni però obiettano che il pioppo non era ancora conosciuto a Roma all’epoca di Nerone. Nei secoli si diffuse un’altra teoria, più folcloristica, sempre legata a Nerone. Secondo i racconti medievali, l’imperatore fu sepolto al centro della piazza ed in suo ricordo era stato piantato un albero di noce. Le ossa di Nerone attiravano spiriti e demoni che, nel corso della notte, spaventavano i romani residenti nei paraggi. La zona era considerata dannata e quando il flagello divenne intollerabile il popolo chiese aiuto al Papa. Era il 1099, il Pontefice Pasquale II prescrisse come misura curativa tre giorni di digiuno. Egli si ritirò a pregare in clausura e durante una veglia gli apparve la Madonna che gli suggerì la soluzione: l’unico modo per liberare la zona dai demoni era abbattere il noce, disseppellire Nerone, bruciare le ossa e disperderle nel Tevere. La terza domenica dopo i tre giorni di digiuno Pasquale II fece quanto suggerito dalla Vergine, liberando per sempre la piazza dagli spiriti demoniaci. Su richiesta del popolo, dove prima sorgeva l’albero di noce, sorse una cappella commemorativa dedicata a Maria. Nel 1472 Papa Sisto V la sostituì con l’attuale chiesa, che prese il nome di Santa Maria del Popolo (dal latino populus = popolo) in ricordo della volontà del popolo che si era prodigato per avere un santuario che ricordasse l’allontanamento dei demoni. Curioso anacronismo sull’arco che sovrasta l’altare maggiore: in uno dei bassorilievi é ritratto Papa Pasquale II che abbatte l’albero di noce circondato dalle guardie svizzere, nonostante la Guardia Svizzera sia stato istituita solo 400 anni dopo, nel 1505. |
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