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La porta della speranza

Post n°7 pubblicato il 22 Luglio 2009 da rausvas
 

Stasera un medico italiano, della Comunità di S. Egidio, mi ha scritto un'e- mail e mi ha raccontato una storia. Col suo permesso, copio e incollo.

"Oggi eravamo a Mtendere, un villaggio in mezzo al bush, a circa 2 ore dalla capitale del Malawi che si chiama Lilongwe. Qui, a Mtendere, la Comunità di Sant’Egidio ha aperto un centro DREAM che seppur aperto da poco conta già oltre 500 pazienti in cura per l'AIDS. Molte sono donne, in cinta. Il capo villaggio, assieme alle religiose della missione (sono suore teresiane)  del villaggio di Mtendere e ad un'attivista di DREAM girano incessantemente nella vasta area limitrofa che ha un territorio molto ampio, senza strade asfaltate, recandosi nei villaggi, molto distanti l’uno dall’altro. Spiegano cosa è l’AIDS, che si tratta di una malattia che si cura con le medicine, e che queste, al centro Dream, vengono date gratis (fino a poco tempo fa queste erano a pagamento; il sistema sanitario  è fatiscente, si paga tutto, anche l’acqua e il sapone durante il ricovero in ospedale, ma questo è un altro discorso) come anche tutta l’assistenza medica e gli esami del sangue necessari. Si spiega alla gente che l'AIDS non è frutto di un incantesimo, e che le tante persone che muoiono, non muoiono per una maledizione, per un malocchio, una magia o cose del genere. Prova ad immaginare persone che vivono da sempre isolate da tutto e da tutti, in villaggi dove l'energia elettrica e l’acqua corrente non esistono, vivono in capanne di mattoni fatti col fango, il tetto di paglia, non esiste TV nè informazione, non esistono mezzi per coltivare la terra se non la zappetta, il terreno viene bagnato portando a mano l’acqua dal più vicino corso d’acqua. La gente vive dei propri prodotti. Potrebbe sembrarci un grande vantaggio. E in parte lo è. A questo punto prova ad immaginare se la stagione secca non porta la quantità minima di pioggia e di acqua, oppure se un parassita distrugge il già esiguo raccolto. Insomma vivono grazie ad un sostentamento molto precario. E infatti, periodicamente, ci sono delle gravissime carestie, con migliaia di persone che sprofondano in una condizione severa e penosa di malnutrizione. I più deboli ne risentono in modo particolare: bambini, anziani, malati, orfani, donne che vivono da sole con tanti figli (vengono in mente i racconti di Pollicino). Dream non offre solo medicine, ma anche assistenza domiciliare, esami di laboratorio ad alto livello (i laboratori di Dream sono spesso e per scelta, costruiti nel bush), visite mediche, informazione e formazione igienico-sanitaria, tutto gratis.  Offre anche un’integrazione alimentare, cioè dona alle persone in stato di bisogno (famiglie numerose, con tanti bambini, anziani e malati, orfani, donne in cinta etc) un pacco alimentare completo di tutti i nutrienti necessari, studiato da docenti nutrizionisti appositamente per i malati di AIDS.

 Insomma, questo è il presupposto. Ero arrivato da poco al centro Dream di Mtendere (il chichewa, che nella lingua del Malawi vuol dire libertà): c’erano come sempre tante persone, oltre cento, in attesa di fare visite, controlli , esami del sangue, scorta di farmaci, scambiare due parole con le nostre attiviste, ricevere un po' di affetto e calore umano per non sentirsi sole.. C’era anche una donna, per arrivare al centro ha camminato per oltre 3 ore, si è alzata alle 4 per arrivare alle 8 all’appuntamento al centro Dream. Porta in braccio un bambino di 1 anno, si chiama Mike. Ha gli occhi nerissimi, un viso dolcissimo. È avvolto in un telo, come usano le donne africane per portare sulla schiena i loro piccoli. Quando la donna toglie il telo, si vede quello che non si vorrebbe mai vedere: un piccolo scheletro, appesantito da una pancia gonfia a causa dei parassiti intestinali. Mike ha lo sguardo spento. Deve fare dei prelievi; la donna che lo ha con sè deve prelevare anche il pacco alimentare che pesa oltre 20 Kg. Le donne portano questo pacco sulla testa  e i loro bambini, avvolti nei teli, dietro le spalle e camminano per chilometri e chilometri, nel bush. Una vita dura. Dove la sopravvivenza è l'unica preoccupazione. La speranza di un cambiamento non rientra nella genetica di queste donne. Non ne hanno idea. Ma chi gliene parla?

Mike è sieropositivo, ha l’AIDS. Ha contratto la malattia dalla madre, durante la gravidanza o l’allattamento. Il virus si trasmette ai bambini tramite la madre inconsapevole o malcurata. E’ venuto il momento del prelievo. Mike piange. Vuole la sua mamma. La donna che lo accompagna non è la sua mamma. Ma lui si stringe ugualmente alla donna. Sua mamma è sieropositiva. È in cura al centro Dream da qualche mese. Ha soli 18 anni, e Mike è il suo primo ed unico figlio. La donna ci racconta che oggi la madre non ha potuto portare Mike al centro poiché doveva recarsi in un ufficio legale per le pratiche di divorzio. Ci immaginiamo il dolore di questa giovane donna: ora è ammalata e sola con il suo unico figlio cui ha trasmesso il virus. Due persone fragili, indifese.

Al centro Dream oggi c’è stata una riunione, per Mike. Mike e la sua mamma entreranno nel programma “home care”, cioè di assistenza domiciliare, grazie al quale un'attivista di Dream andrà a casa di Mike almeno una volta alla settimana a verificarne le condizioni, che le medicine vengano date con regolarità rispettando dosi ed orari, che l’integrazione alimentare venga impiegata correttamente e che non venga impiegata dalla povera mamma per fare quadrare il bilancio familiare vendendone parte al mercato.

Oggi per Mike e per la sua mamma si è aperta una porta, la porta della speranza."

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