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è pur sempre agosto.
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Filosofia del viaggio
Il viaggio fornisce l'occasione per dilatare i cinque sensi: sentire e comprendere in modo più profondo, guardare e vedere in modo più intenso, assaporare e toccare con maggiore attenzione. Teso e pronto a nuove esperienze, il corpo in subbuglio registra più dati rispetto al consueto.
Viaggiare intima il pieno funzionamento dei sensi.
Emozione, affezione, entusiasmo, stupore, domande, sorpresa, gioia e sbalordimento, ogni cosa si mescola nell'esercizio del bello e del sublime, dello spaesamento e della differenza.
Michel Onfray
James Michener
Man learns what he sees
and what he learns
influences what he sees
Visto da vicino, nessuno è normale.
Strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci, è difficile fermarsi. È come essere alcolizzati. |
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« Revolutionary Road | Strike » |
Ricordo la prima volta che lo vidi, avevo 8 anni. Venne a trovarci con mia zia “di Roma”, ma non era suo marito, perché una moglie l’aveva già. Abbronzato, capelli lunghi, pantaloni rossi, camicia blu aperta sul petto, catena d’oro e una 850 spider color giallo dispetto. Siccome era targata Roma – ché a quell’epoca le targhe indicavano ancora la provenienza – il mattino dopo la trovò con le quattro gomme tagliate, così, in segno di affetto ed ospitalità. Mio padre, fratello maggiore della zia, lo accompagnò da un suo amico gommista e nel mentre lo prese in disparte e gli disse di non prendere in giro sua sorella, giusto per mettere in chiaro le cose. Mia madre non diceva niente, come sempre. Si sarebbe espressa soltanto quando gli ospiti se ne sarebbero andati. Poi, qualche tempo dopo fummo noi ad andare a Roma. La zia abitava dalle parti di piazza Bologna, e in quei giorni lei e Vinicio ci portarono in giro per Roma, che io non avevo mai visto. Ricordo che rimasi impressionata dalla maestosità delle colonne dell’altare di San Pietro, ma per il resto non ho grandi ricordi, a parte il fatto che la zia, che non aveva figli, mi riempì di regali.
Non tornammo più a Roma per anni, con gli zii romani ci si incontrava a Reggio Emilia, dai nonni. Poi loro lasciarono la città per trasferirsi in campagna, in una splendida villa di 3 piani nella Sabina. Sono andata a trovarli spesso, perdendomi immancabilmente lungo le strade sterrate che portavano a casa loro, e sono stata bene in loro compagnia. Poi la malattia della zia, e loro che parlavano di matrimonio, con lei che mi chiedeva di organizzarle il viaggio di nozze, perché io ero l’unica nipote che aveva viaggiato... Ma quel viaggio non c’è mai stato, e l’unico viaggio che hanno fatto da “sposati” è stato quello verso il piccolo cimitero di Passo Corese. E Vinicio che mette in vendita la casa, che era già enorme per 2 persone, figuriamoci per un uomo solo. E cambia casa, e viene a trovarci. Col cane, un pincher isterico che ha costretto alla latitanza il mio gatto per una settimana... Poi l’incidente di mio padre, e le telefonate quasi quotidiane di Vinicio, per sapere. E il giorno del funerale la sua telefonata “non riesco a venire, mi dispiace”. E poi il silenzio. Più nulla. Nessuna notizia di Vinicio da quel giorno di novembre del 2007. Fino a ieri, quando ha telefonato, come nulla fosse accaduto, dicendo: “sono a Milano (‘sti cazzi, ho detto io), che strada devo fare per venire lì?”.
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il 12/04/2022 alle 11:51
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