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Filosofia del viaggio
Il viaggio fornisce l'occasione per dilatare i cinque sensi: sentire e comprendere in modo più profondo, guardare e vedere in modo più intenso, assaporare e toccare con maggiore attenzione. Teso e pronto a nuove esperienze, il corpo in subbuglio registra più dati rispetto al consueto.
Viaggiare intima il pieno funzionamento dei sensi.
Emozione, affezione, entusiasmo, stupore, domande, sorpresa, gioia e sbalordimento, ogni cosa si mescola nell'esercizio del bello e del sublime, dello spaesamento e della differenza.
Michel Onfray
James Michener
Man learns what he sees
and what he learns
influences what he sees
Visto da vicino, nessuno è normale.
Strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci, è difficile fermarsi. È come essere alcolizzati. |
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Che al giorno d’oggi trovare un ciabattino non è mica così facile.
Intendo uno di quelli come una volta, con la bottega un po’ impolverata con scarpe che sembrano abbandonate lì dalla seconda guerra mondiale.
Certo, in ogni centro commerciale ci sono gli stand “tacco espresso”, dove ti risuolano di tutto nell’arco di tempo in cui tu vai a fare la spesa. Ma io – che sono all’antica e alle mie scarpe ci tengo - preferisco affidarmi all’esperienza artigianale. Cosa che diventa sempre più difficile.
Ma ho trovato il mio.
Età indefinibile, ma comunque dai 70 agli 80, di chiare origini siciliane, in quanto nei suoi discorsi riesce sempre a infilare qualche parola in dialetto, ha una bottega vicino alla mia massaggiatrice. Quindi è pure comodo perchè, almeno una volta alla settimana, ci passo davanti.
Quest’inverno gli ho portato un paio di stivaletti che mi vanno stretti, chiedendo se era possibile metterli in forma per allargarli.
Li guarda, e mi dice che no, non si può, perche essendo senza cerniera non entrano nella forma. Ma mi dice che posso prendere della bambasc imbevuta d’alcool e strofinarla all’interno: così facendo dovrebbero allargarsi. E aggiunge “Sai cos’è la bambasc, no?” Lo guardo un po’ perplessa e abbozzo “Bambagia?”
“Eh. Bambasc!”.
Appunto.
La settimana scorsa, in occasione di un paVty, ho indossato un delizioso paio di babouches viola acquistate durante il mio recente viaggio in Marocco. Peccato che il tacco fosse in cuoio non trattato, e venerdì sera avesse piovuto. E, come ben saprete, l’accoppiamento cuoio-acqua non produce risultati entusiasmanti. Infatti a fine serata il tacco era visibilmente bisognoso di cure e affetto.
Lunedì vado dal prode ciabattino, e gli chiedo se mi può rifare il tacco.
“Ne hai urgenza?”
“Mah, sì, ma non eccessiva.”
“Allora passa domani sera, che mercoledì è festa!”
“Oh, grazie!”
Martedì sera passo, entro, saluto e gli dico che sono venuta a ritirare le scarpe.
Le prende, mi fa vedere il lavoro (ben fatto, come sempre), guarda le scarpe, le ripone in un sacchetto, e poi mi dice: “Certo che son proprio brutte!!!”
Ci son rimasta malissimo.
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