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Messaggi del 30/05/2023

 

Indagine al buio (13)

Post n°3076 pubblicato il 30 Maggio 2023 da paperino61to

Riassunto: Nonostante l'handicap del commissario Berardi dopo uno scontro a fuoco, con i suoi colleghi riesce a dipanare una matassa intricata. Un omicidio di una persona di cui non si sa nulla. Unico segno eventuale di riconoscimento un tatuaggio con su inciso il nome Adua. Grazie anche a dei biglietti anonimi Berardi capisce che l'uomo è stato ucciso perchè ha visto qualcosa che non doveva vedere. Tirdi e Perino riescono a risalire all'autrice dei biglietti è Clara Rista moglie di un soldato morto ad Adua e infermiera all'ospedale dove era ricoverato il commissario. Con molte difficoltà riescono a risalire agli autori dell'omicidio: il tenente Vettini e l'attendente Ciardi, creduti morti nella battaglia contro gli uomini del Negus. La vedova Rista riconosce nelle fotografie il Vettini che ora si fa chiamare Lodigiani. I due "disertori" hanno anche una complice, la donna lavora anch'essa come infermiera ed è lei che ha cancellato le prove della presenza della vittima. Beradi combatte anche un'altra battaglia, quella per recuperare la vista e nonostante le pressioni di Maria a non intraprendere nessuna indagine ma stare a riposo come consigliato, capisce che il commissario ha una sua etica morale e professionale che non lo può esimere dall'andare avanti. 

 

Forse un modo ci sarebbe di farli uscire allo scoperto, piuttosto rischioso lo ammetto, specialmente nella mia condizione attuale.

“Perino prendi carta e penna e scrivi…”.

“Ai signori Vettini e Ciardi, appuntamento sabato alle 15 nel cortile lato via Genova, il silenzio va pagato. Decidete in fretta! Mettilo in una busta e sopra scrivi il nome di Lodigiani”.

“Gliela consegneremo oggi stesso”.

“Bisogna sperare che i pesci abbocchino, ma mi domando tra me e Tirdi chi farà da esca?”.

“Nessuno dei due, l’esca sarò io!”.

I due rispondono all’unisono un forte NO!

“Non se ne parla commissario è troppo rischioso”.

“Riflettete un attimo, chi avrebbe paura di un cieco? Quale pericolo potrei rappresentare per quei due? Nessuno”.

“Mettiamo che ci caschino, noi dovremmo essere nascosti nei paraggi per intervenire”.

“Sicuramente, potreste prendere un paio di colleghi, ovviamente vestiti in abiti civili e mescolarvi alla gente che vi sarà in ospedale per non dare troppo nell’occhio”.

“Potrebbe anche funzionare, ma se qualcosa andasse storto, lei rischierebbe la vita”.

“Lo so, ma conto su di voi perché questo non accada”.

Ora bisogna solo attendere che arrivi sabato, ma il tempo seppur sembra trascorrere lentamente di fatto non lo è, basta osservare come invecchiamo da un anno all’altro.

Alla visita mi accompagna Maria, mentre Tirdi e Perino sono nascosti da qualche parte senza farsi vedere da lei.

“Buongiorno commissario, ci si rivede, si ricorda di me?”.

“Come non potrei ricordarmi di lei cara Luisa”.

 

 

 

 “Venga il dottor Sommi la sta aspettando”.

E prima di entrare nella stanza mi sussurra: “In bocca al lupo”.

“Si accomodi signor Berardi, innanzitutto come si sente?”.

“Bene, ma i miei occhi…”.

“Ora vediamo...”.

La visita dura parecchio, e quando esco dalla stanza:” Mi raccomando dottore, mi fido di lei”.

“Stia tranquillo commissario e…a dopo allora, mi faccia sapere”.

Quest’ultima frase è appena sussurrata.

Sento Maria alzarsi e venirmi incontro, mi abbraccia e domanda al dottore come sto.

“Adesso lo mandiamo a fare degli accertamenti, chiedo all’infermiera di accompagnarlo, lei signora se vuole può aspettarlo nella sala d’attesa, le posso solo dire che sono esami lunghi”.

“Mio Dio…allora Marco…”.

“Non è detto signora, si fidi di me, venga l’accompagno io nella sala”.

Sento prendermi sottobraccio, dalla voce riconosco la signora Rista, rimango stupefatto.

“Non ce l’ho fatta commissario, mi perdoni ma non riesco ad ubbidirle, lei rischia la vita e io dovrei stare solo a guardare?”.

Niente da fare con le donne non la si spunta, oramai dovrei averlo capito da tempo.

“D’accordo però mi accompagni alla panchina ammesso che ve ne sia una e se ne vada, almeno questo me lo promette? Non sono solo, ci sono i miei colleghi con me”.

“Io non vedo nessuno!”.

“Ovvio che non si fanno vedere, ma si fidi, non sono stupido a non prendere le mie precauzioni”.

La donna mi fa accomodare sulla panchina e poi se ne va, prima di andarsene le chiedo l’ora.

“Manca mezz’ora alle tre”.

 

Ora devo solo aspettare, non sento molta gente passare da quel cortile. Un signore mi domanda se ho bisogno di aiuto e rispondo di no.

Una mano mi tocca la spalla, capisco che i due sono arrivati.

“Vettini e Ciardi suppongo?”.

Posso immaginare i loro volti nel vedere un cieco.

“Chi sei?”.

“Chi sono io non ha importanza, quello che conta è che voi abbiate i soldi per il mio silenzio”.

“Perché dovremmo pagarti? Per cosa poi’”.

“Lo sapete perché: diserzione, mandato al massacro il suo plotone, assassino di un testimone che vi ha riconosciuto. C’è n’è abbastanza per finire davanti alla corte marziale o sbaglio?”.

“Senti…”.

“Calmati Ciardi, il nostro amico ha ragione, meglio pagare. I soldi però non gli abbiamo con noi. Tu aspettaci qui che torniamo, Mille cinquecento lire ti vanno bene?”.

“Facciamo il doppio e non mi vedrete più ne sentirete parlare del sottoscritto”.

“Potresti anche mentire”.

“Non mento mai…tremila o non se ne fa nulla…e vengo con voi!”.

Sento i due confabulare poi uno dei due mi aiuta ad alzarmi.

“D’accordo vieni con noi, però cerca di non fare scherzi o sei morto”.

Rientriamo in ospedale, spero solo che Tirdi e Perino non siano lontani e che ci seguano.

Camminiamo lungo i corridoi, sento aprirsi diverse porte.

“Ora scendiamo nei sotterranei, non aver timore, non abbiamo intenzione di ucciderti”.

Non dico nulla, che continuino a credimi uno stupido cieco.

Il fresco e il silenzio mi fa capire che siamo arrivati.

“Bene, ora aspetta qui, arriviamo subito con i soldi”.

 (Continua)

 

 

 
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