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Post N° 96

Post n°96 pubblicato il 09 Dicembre 2006 da scurerossa

L’uomo che dava da mangiare alle papere.

 

Il laghetto del parco è il luogo dove spesso i bambini vanno a vedere le papere.

Qualcuna è più intraprendente delle altre ed è la prima ad accorrere quando qualcuno getta del pane.

Stavo facendo una passeggiata quella mattina di dicembre, il tempo era clemente e ci stava regalando una domenica di sole, di certo non faceva contenti gli albergatori della Majella, ma io non potevo permettermi da un pezzo di andare a sciare, nemmeno di fare fondo ormai e così la cosa non mi toccava.

Lo vidi che stava gettando il pane e riusciva a fare in modo che fossero le papere più piccole a mangiare per prime.

Non lo avevo riconosciuto subito, alto robusto con quel suo modo unico di muoversi.

- ciao, sai che non ti avevo riconosciuto?-

L’uomo si voltò sorridendo, si era anche tagliato la barba.

- ciao Pino, non mi hai riconosciuto per i capelli vero? Sai non si usa più portarli lunghi.-

Il suo sorriso era spettacolare e notai con piacere che aveva anche qualche dente annerito, almeno non aveva una dentatura perfetta, forse persino qualche carie.

- certo che a te il pane non finisce mai.-

Gli dissi sorridendo.

Lui mi guardò scuotendo la testa.

- Pino non cambi mai.-

Aveva un maglione colorato, non certo di marca e jeans strappati in fondo, ma strappati per il consumo non per moda.

Alcuni bambini stavano giocando e un pallone finì in acqua.

-dai vallo a riprendere.- gli dissi con aria strafottente.

- che scemo che sei !- mi rispose ma mi diede una gran botta sulla spalla e si mise a ridere come un matto.

- non ti vanno bene le cose vero Pino? Un casino il lavoro e il resto.-

Sollevai le spalle e quasi m’intristii.

- già lo sai, a te non si può certo nascondere nulla.-

Intanto i ragazzi avevano recuperato il pallone grazie ad un lungo bastone.

Il sole stava tramontando e si stava abbassando la temperatura, in fin dei conti eravamo in dicembre.

- finirai all’inferno Pino, all’inferno.-

Lo riguardai con la mia solita faccia indisponente e sorridendo gli risposi.

- non credo proprio, ho amici sai? Sono raccomandato?-

Lui scoppiò in una sonora risata, molti si voltarono a guardarlo, nessuno poteva immaginare.

- dai andiamo a prendere un caffè o preferisci andare a messa?-

Gettò, le ultime briciole di pane alle papere e mettendomi una mano sulla spalla mi rispose.

-vada per il caffè, debbo anche andare al bagno così ne approfitto, in fin dei conti sono umano sai?.-

 
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Post N° 95

Post n°95 pubblicato il 05 Dicembre 2006 da scurerossa

Eppure ho vissuto

 

Eppure ho vissuto,

tra le felci dorate di un fiume nascosto.

 

Sotto una luna crudele che non lasciava scampo,

mangiando datteri con la regina del deserto.

 

Lo scorpione non perdona quando ama.

 

Eppure ho vissuto,

sulle balze delle montagne in seta rossa.

 

Sotto il campo delle marmotte,

bevendo grappa davanti alla grande valle.

 

La vipera cornuta non perdona chi tradisce.

 

Eppure ho vissuto,

guardando la cupola dal pallido sole  illuminata.

 

In una piazza della verdura,

mangiando pizza e alici salate davanti la fontana dei 4 fiumi.

 

La nutria morde ed infetta chi non segue il passo.

 

Eppure ho vissuto,

sulla sabbia dorata davanti un mare pieno di nubi.

 

Sopra la scogliera,

lanciando alla corrente e aprendo cozze crude senza limoni verdi.

 

Il peloso stacca il dito a chi non ha rispetto per il suo destino.

 

Eppure ho vissuto,

mordendo la vita e sputando le ossa in un catino.

 

Sopra il brodo del mio mondo,

pescando stelle e comete, respirando il vento delle stelle.

 

Il lupo azzanna alla gola per difendere l’amore sulla sua strada.

 

Eppure si io ho vissuto.

 
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Guido

Post n°94 pubblicato il 03 Dicembre 2006 da scurerossa

Se mai qualcuno portasse vino,

forse potremmo sentire Fabrizio,

magari preparare un volantino.

 

Enrico parla di compromessi,

loro sparano nel mucchio,

la fabbrica non sarà il loro catino.

 

Franco l’hanno denunciato,

le cinque punte cucite sul sangue,

forse non capiva nemmeno la ragione.

 

Italsider fumo sulle nuvole,

consiglio di fabbrica diviso,

il freddo inverno del settantanove.

 

Far qualcosa per gli altri,

in quella Genova di freddi fantasmi,

pugni al sole mondo migliore.

 

Che giorno è oggi? Il ventiquattro.

Un gennaio umido e piovoso,

una mattina di imboscate.

 

Cinque punte disegnate con il sangue,

per la denuncia di un fiancheggiatore,

paga il prezzo compagno Guido.

 

Genova le rosse bandiere,

i tradimenti, il sangue nero,

voli di gabbiani senza mistero.

 

La bara corre lungo lucido sentiero,

 il tuo coraggio senza vergogna,

 un fiore rosso alla tua memoria.

 

 

(dedicata al compagno Guido Rossa ucciso da banditi il 24 gennaio del 1979 nascosti dietro una stella a cinque punte)

 
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Post N° 93

Post n°93 pubblicato il 02 Dicembre 2006 da scurerossa

La Semanera

 

Aveva una camicia bianca,

che non toglieva mai,

la lavava solo

una volta a settimana.

 

Aveva una mamma,

dalle belle gambe,

mamma Celia

si faceva rispettare.

 

Puzzava anche un poco,

non amava l’acqua fredda,

colpa di quell’asma

che gli spaccava il petto.

 

Eppure a lui le donne,

non sono mai mancate,

Chinchina ancora piange,

il suo grande amore.

 

Aveva una camicia bianca,

la sua Semanera,

non si doveva,

nemmeno mai stirare.

 

I suoi libri le sue fantasie,

Sandokan e i suoi tigrotti,

Nemo sotto i mari,

don Chisciotte e i suoi mulini.

 

Aveva una camicia bianca,

macchiata dei suoi amori,

pensando a Gandhi

e alle sue rivoluzioni.

 

Ho visto i suoi sogni,

appesi in un locale,

bevendo un doppio Rum

con un sigaro cubano.

 
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Post N° 92

Post n°92 pubblicato il 29 Novembre 2006 da scurerossa

Trabocchi

 

Lancio sassi nel mare,

forse per spaventar pesci,

forse per svegliare demoni,

che di bottiglie vuote,

ne ho viste galleggiare tante.

 

I trabocchi come ragni,

guardano le mie illusioni.

Ridono della mia poesia,

i trabocchi sono tarantole velenose,

non sanno catturar pesci di luna..

 

La mia pazzia mi accompagna,

vedo nemici anche sugli scogli,

persecutorie manie adagiate sull’acqua,

 in mezzo a vestali senza verginità nascosta,

che custodiscono la tomba del vate.

 

Mentre la nipote del podestà mi scorge,

ha gambe lunghe, occhi di fiamma,

un nonno eroe di una guerra sbagliata,

un nonno con il volto spappolato,

lei che non vuole che svegli il demone del mare.

 

Ma è tardi, un sasso, l’ultimo che lancio,

quello nero e sporco di catrame,

lo desta dal finto sonno eterno,

così con ferocia assurda chiede la mia testa,

forse è un integralista suicida in un mercato.

 

Come le zampe di una zanzara,

solleva i suoi tralicci il vecchio trabocco

e con furia l’atterra, sfondando il suo petto.

La nipote del podestà mi bacia con trasporto,

ma la mia pazzia assale le onde ingarbugliate.

 

 

 
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