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bERLUSCONI DENUNCIA I GIORNALISTI

Post n°776 pubblicato il 04 Dicembre 2008 da albert.z
 

DAL SOLE 24 ORE

Perché, con tutti i mezzi a sua disposizione, Silvio Berlusconi continua a rispondere ai giornalisti che lo criticano non in televisione o sulla stampa ma con cause giudiziarie? Se lo domanda il New York Times in un articolo che illustra la preferenza del premier per le azioni legali. Il Primo ministro italiano, spiega in un ampio articolo Rachel Donadio, governa con una solida maggioranza, sorveglia la Rai, possiede le principali reti televisive private. Ha potere sui media, eppure va in tribunale.

Berlusconi – ricorda il New York Times - ha fatto causa contro l'Economist per avere scritto che era «inadatto a governare l'Italia» e contro il giornalista britannico David Lane per il suo libro del 2004, "Berlusconi's Shadow" (l'ombra di Berlusconi), in cui esplorava le origini delle sue fortune e osservava che alcuni suoi soci erano stati sotto indagine per legami con la mafia. «Berlusconi ha perso questi casi» in prima istanza ed è ricorso in appello o ha ancora la possibilità di farlo. «Ora ha puntato gli occhi su Alexander Stille», «uno dei più noti italianisti americani» e uno degli anglofoni più critici nei confronti di Berlusconi. Un tribunale di Milano si dovrebbe pronunciare oggi – scrive il quotidiano - sul caso di diffamazione presentato contro Stille da uno dei suoi più stretti collaboratori, Fedele Confalonieri.

Il premier italiano «non è il solo a fare causa contro i reporter». In Italia, politici, magistrati e figure pubbliche lo fanno così spesso che la Federazione nazionale della stampa ha un fondo per aiutarli con le spese legali. L'articolo – che si può leggere sui sito web del New York Times e dell'International Herald Tribune - cita Franco Abruzzo, professore di giornalismo, che definisce la pratica come «una delle tecniche intimidatorie della classe politica». E' uno sport "bipartisan", scrive la Donadio, ricordando la denuncia di Massimo D'Alema per una vignetta.

Ma quando il querelante è Berlusconi, la situazione «prende altre dimensioni». «Alcuni considerano le denunce come parte di un disegno più preoccupante in cui Berlusconi tenta di intimidire la stampa – anche se sostiene che gli stessi media in gran parte da lui stesso controllati gli danno contro». Il New York Times ricorda che nel 2002, dopo le critiche di Berlusconi, la Rai cancellò i programmi di Daniele Luttazzi, Michele Santoro ed Enzo Biagi. Oggi – osserva il quotidiano Usa - Sabina Guzzanti e Beppe Grillo hanno poco spazio televisivo, mentre "Striscia la notizia", che spesso prende in giro chi è al potere, viene trasmessa dalle reti Mediaset.

Quanto a Stille, Fedele Confalonieri, presidente Mediaset, denuncia vari passaggi del suo libro del 2006 sull'ascesa di Berlusconi, "Il sacco di Roma". Confalonieri obietta che Stille ha scritto che lui finì sotto indagine nel 1993 per finanziamenti illeciti al Partito socialista, senza poi scrivere che fu assolto. Contesta l'affermazione secondo cui Berlusconi «ha fuso quasi completamente business e vita privata», come dimostrato dalla nomina di Confalonieri, «suo amico d'infanzia» a guidare Mediaset. Confuta anche l'affermazione secondo cui molti suoi collaboratori basano la loro amicizia sul ricatto, perché sanno dove «sono nascosti tutti gli scheletri nell'armadio».

Essere denunciati per avere pubblicato dei fatti è «un'esperienza kafkiana», ha detto Stille. A suo parere, se davvero si voleva stabilire la realtà dei fatti, c'erano modi più semplici per farlo. Secondo Stille, il punto è di intimidire i giornalisti e gli organi di stampa con la prospettiva di processi lunghi e costosi qualora scrivano qualcosa di sfavorevole. «Il contenzioso sembra avere effetto», scrive il New York Times: David Lane, dell'Economist, sta pensando di togliere ogni riferimento a Berlusconi dall'edizione italiana (non da quella britannica) del suo imminente libro sulla mafia. «Sono stanco di spendere i miei soldi», ha detto. «Non si vincono medaglie a essere denunciati da Berlusconi».

 
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