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1,nessuno&centomila

Le mie contraddizioni: vivo spegnendo incendi con la benzina

 

 

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Post N° 835

Post n°835 pubblicato il 21 Novembre 2006 da psike830

Cammino per la salita guardando avanti, lassù, in cima, c'è quella che qui chiamano "La Rocca", un palazzo di non so quale secolo, bellissimo fuori e splendido dentro.
Di preciso non so dov'è lo studio, a  pochi metri dalla piazza vedo arrivare un funerale e il mio telefono squilla:
"
dove sei?"
"contromano in mezzo ad un funerale"
"Dai bimba...ti aspetto in piazza..."
E lo vedo da lontano, poggiato ad una macchina che si guarda intorno.
Gira la chiave nella serratura del portone, apre la porta e mi abbraccia stampandomi un bacio sulle labbra.
Gli regalo un pacchetto di pocket coffe comprati al bar a San Marco.
Sorride, in quel modo fresco e spontaneo, sembra un bambino, ha la barba un po' più lunga dell'ultima volta che ci siamo visti, me ne accorgo mentre poso il giubbotto nell'attaccapanni.
Si infila il camice, sotto ha una maglietta azzurra, comprata in Grecia quest'estate.
Tolgo la felpa e poi le sue mani scivolano sul mio collo. Sono sdraiata a pancia in su, lui mi dice che sono dimagrita, io gli dico che il soffitto non sembra molto stabile.
Mentre continua a massaggiarmi ogni tanto poggia la sua fronte sulla mia oppure mi bacia con delicatezza, come fosse una carezza.
"il tuo collo non è messo poi così male...se ti metti a pancia in sotto ti faccio un massaggio, ma attenta quando ti alzi, potrebbe girarti la testa..."
Invece la testa non mi gira, almeno non per il motivo che dice lui: è il suo odore che comincia a fare effetto.
"Dovresti togliere la maglietta.."
"Non hai mai avuto bisogno di scuse per spogliarmi, stai perdendo colpi..."

Ride, mi abbraccia, mi bacia, mi aiuta a togliere la maglietta, io rimango per un attimo a guardarlo, poi mi sdraio.
Prova a slacciarmi il reggiseno ma il primo tentativo fallisce:
"eh sì...stai proprio pedendo colpi..."
Rido io stavolta, con la testa nascosta fra le braccia, poi l'olio appena freddo sulla schiena e le sue mani, i suoi baci sul collo e le orecchie, discorsi sconclusionati su amici in comune, che fine ha fatto quello o quell'altro...e ancora le sue mani e i suoi baci.
Mi asciuga la schiena...
"la prossima volta che esco dalla doccia ti chiamo..."
"chiamami prima..."
Mi siedo sul lettino, lui accanto a me.
Mi mette una mano dietro la schiena e mi sdraia di nuovo giù, non riese a smettere di baciarmi, non riesco a smettere di baciarlo. Lascio scivolare le sue mani dove vogliono andare, poi ci tiriamo su, ci sediamo di nuovo, prendiamo fiato e ricominciamo...
"...così ti spoglio..."
"...così mi lascerei spogliare..."
Poi guardo la sua maglietta azzurra e gli chiedo del viaggio in Grecia, mi rivesto lenta, sperando che la paziente non arrivi, lui parla mentre scarta un pocket coffe ed è talmete vicino che l'odore del caffè mi arriva sul viso.
Mi avvicino, come faccio sempre, con la faccia innocente e la voglia di averlo lì, su quel lettino, mangio il pocket coffe dalla sua bocca e lui mi lascia fare seguendo i movimenti della mia lingua, leccando lo zucchero che mi è rimasto sulle labbra. Poi mi siedo e mangio anch'io un pocket coffe, lui apre l'agenda e mi dice se per me va bene martedì mattina. Io non gli ho chiesto niente, in fondo non voglio niente, se non averlo ancora tra le dita e i sospiri, come nelle nostre notti.
"Martedì...verso le dieci e mezzo...così finalmente vedo la tua stanza..."
Penso che sia pazzo e penso anche che io lo sono di più.
Mi restituisce il mio libro di De Carlo, quello che gli avevo prestato mesi fa, mi chiede scusa per le condizioni in cui è ridotto, anche se quelle in cui gliel'avevo vado non erano granchè migliori.
La paziente suona alla porta, lui va ad aprire chiudendosi dietro questa porta mentre io mi metto il giubbotto e la sciarpa leggera, quella che avevo regalato anche a lui, uguale alla mia.
Riapre la porta, mi abbraccia, mi bacia, lo spingo via dicendogli che deve lavorare e lui sorride di nuovo in quel modo.
Ora che tutti e due siamo consapevoli, ora che è chiaro quello che siamo stati e saremo...ora che so che  non è amore è bello sentirlo mio tra queste quattro mura e poi riprendere la mia strada sapendo che lui riprenderà la sua con lei o un'altra.
Passo di nuovo la lingua sulle labbra per sentire ancora il suo sapore misto a quello del caffè, poi lo saluto e torno a casa, solo con la voglia di far l'amore. Che non è amore. Che non è solo sesso.

 
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