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1,nessuno&centomila

Le mie contraddizioni: vivo spegnendo incendi con la benzina

 

 

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Necrologio.

Post n°249 pubblicato il 18 Marzo 2006 da psike830

In gabbia, di nuovo in gabbia.
Sento la morsa stringere sul cuore e attaccare l’orgoglio.
Dovrei scrollarmi tutto di dosso,
lasciar perdere che non vale la pena nemmeno pensarci.
Ma la paura di rimanere sola è più forte di tutto.
Forse è questo il motivo.
Mi sento sola.
Sola.
E lo sono davvero.
Lo sono sul serio.
L’aria che mi manca riesco a trovarla solo nelle sigarette.
Come si può non ridere di sé stessi a questo punto?
Ho bisogno di conferme.
Di qualcuno che mi confermi che esisto perché in questo momento sento di essere niente.
Il nulla.
Il vuoto.
Solo un malessere diffuso,
solo questo c’è
e non è assolutamente un buon compagno,
ma meglio questa specie di dolore all’assenza totale di sensazioni.
I pensieri s’affollano, s’accalcano e nessuno ne esce vincitore, solo la confusione.
Caos.
Mastico una gomma che non ha più sapore.
Le unghie son quasi finite ormai.
E non servirebbero comunque a saziare la mia fame.
Fame di vita o forse solo di tranquillità.
Di un minimo di stabilità, almeno emotiva senza picchi e crolli.
Sono stanca.
Qualcosa preme e fatico a respirare.
Son forse le lacrime che non riescono ad uscire?
C’è troppa aridità in me forse.
Forse è questo.
Non chiedere per paura di non ottenere, di non meritare.
Tanto non saprei comunque che domande porre.
L’anestesia totale dev’essere una roba del genere, solo che rimango cosciente
se di coscienza si può parlare in questo stato
Con un piede nella fosse e uno nel buio
almeno nel secondo caso si è incerti sull’esito finale
e io nell’incertezza c’ho sempre sguazzato
di sicurezze credo di non averne mai avute.
Vorrei solo essere ripescata da questa palude stagnante e lavarmi via questo fango.
Fango come petrolio.
Qual è il miglior solvente per il petrolio?
Forse l’acetone per le unghie?
Mi accorgo della mia vasta ignoranza e incompetenza.
Involucro di un prodotto in scadenza e fuori produzione.
Esaurimento scorte.
La tranquillità non è più in commercio,
ci scusiamo con la gentile clientela per il disagio.
Dissociazione o meglio…
derealizzazione mista a depersonalizzazione,
fuori dal mondo e dal corpo
aleggio senza meta e scopo
non posso fare altrimenti,
nemmeno i fantasmi vengono più a farmi visita.
Involucro di un prodotto in scadenza
inanimato
su qualche scaffale fuori mano
fuori vista.
Giace lì,
preda degli eventi,
aspettando l’oblio
che poi non è così lontano,
anzi…
La mente è stanca di tutta la merda
che continua a vedere e metabolizzare.
La discarica ha chiuso.
E’ fallita credo.
Per il troppo lavoro e i pochi operai
invecchiati e in sciopero per la misera paga.
Ha chiuso i battenti
senza preavviso
e non c’è cassaintegrazione o liquidazione,
si ferma tutto qui.
Qualcuno ha spinto “pause” e ha buttato via il telecomando.
Fine dei giochi.
Tutti sconfitti a tavolino
senza la possibilità di poter combattere.
I mulini a vento, da tempo immemore,
sono imbattibili.
Niente rovine,
tutto raso al suolo,
come se non fosse mai esistito,
un lavoretto ben fatto.
Lenta musica di sottofondo
mentre, altrettanto lentamente,
si chiude il pesante sipario.
Chissà chi è stato l’autore geniale di questa commedia.
Sì, commedia
perché degli sconfitti si ride, li si schernisce
oppure se ne ha pena,
il sentimento peggiore.
Qualche sadico spettatore, se potesse,
chiederebbe anche il bis.
Qualcun altro, in tribuna,
s’è addormentato svegliandosi dispiaciuto per aver perso la parte migliore.
Tanto nessuno ha pagato il biglietto.
Il conto è in rosso,
c’è il segno meno davanti all’importo dell’incasso.
Altri ancora sono un po’ stupiti, quasi pensierosi,
”se fosse successo a me…”
Tranquilli.
A voi non succedono queste cose,
sono riservate ai mediocri,
a chi,
in fondo in fondo,
c’è pure abituato.
E io son sempre stata tra questi.
Sono tra i soci fondatori,
forse li ho pure inventati io
i miei amici immaginari
per sentirmi meno sola,
per fingere di camminare affianco a qualcuno.
Ma queste cose si affrontano da soli,
è inevitabile,
inevitabile.
E se è inevitabile
devi pur star tranquillo che accadrà.
Ed è accaduto.
A chi?
A me, coglioni.

 
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