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L'utopia è come l'orizzonte: cammino due passi e si allontana di due passi. Cammino dieci passi e si allontana di dieci passi. E allora a cosa serve l'utopia ? A questo: serve per continuare a camminare.

 

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ADESSO LA MIA MACCHINA è COSì

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LA MIA MACCHINA... FINO AL 26 GENNAIO 2007

immagineIn realtà, è una foto presa in rete, raffigurante una macchina dello stesso modello e colore. 
 

LA MACCHINA CHE AVEVO...

18 novembre 2004, un cretinetti alla guida di una Golf ci si è andato a schiantare contro, sfasciandola completamente. Per quanto potesse essere bella, era del 1992. L'assicurazione del deficiente mi ha risarcito con pochi spiccioli, quanto mi è bastato per prendere una vecchia Passat SW, sempre del 1992 (senza riscaldamento), con la quale mi sono mosso fino al 26 gennaio.immagineimmagine
 

IL MITICO ESORCISTA DI DANIELE CALURI

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dal Tonight Show with Jay Leno 

Post n°321 pubblicato il 30 Aprile 2007 da kleombroto

per la serie: "Dio li fa e poi li accoppia"

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Chi va fuor del suo mestiere...

Post n°320 pubblicato il 29 Aprile 2007 da kleombroto

Chi va fuor del suo mestiere fa la zuppa nel paniere. Si tratta di un vecchio proverbio toscano. Adriano Celentano ha fatto proprio questo, ieri, nel realizzare il contributo andato in onda nel programma "Che tempo che fa". Secondo quello che ha detto Fabio Fazio, lo ha voluto montare da solo perché è "un orologiaio". Raramente ho visto qualcosa di più brutto. Le buone intenzioni c'erano, ma il montaggio è riuscito a vanificare tutto. Celentano è un genio, ma ciò non gli garantisce l'infallibilità. Se mi si rompesse l'orologio, non lo porterei certo a far riparare dall'ex ragazzo della via Gluck.

 
 
 

Ciao Alberto

Post n°319 pubblicato il 23 Aprile 2007 da kleombroto
Foto di kleombroto

Praticamente nell'indifferenza generale, Alberto Grifi ci ha lasciati. La sua creatività spaziava a 360 gradi nel mondo dell'immagine elettronica o su pellicola. Autore, assieme a Gianfranco Baruchello, della "Verifica incerta", ironico e dissacrante collage di frammenti di film ("Mentre voi avevate il settimo cavalleggeri, il napalm, e le bombe di Hiroshima e Nagasaki, noi avevamo appena una vecchia moviola in un sottoscala per farvi a pezzi..."), successivamente realizzò "Anna", primo lungometraggio italiano realizzato interamente su videotape. Chi era Alberto Grifi? Pubblico parte di un suo intervento, ripreso da http://www.albertogrifi.com:

...mentre ascoltavo gli interventi di quelli che mi hanno preceduto, mi stavo chiedendo che cos'è che sempre mi chiama in questi luoghi, le tavole rotonde, dove spesso mi sale su un sentimento di insofferenza verso le solite dichiarazioni, ambizioni e smanie produttive che tendono più a riprodurre le cazzate dei film di cassetta piuttosto che a interrogarsi sulla necessità di liquidare quei linguaggi e comportamenti che il mercato produce, ecco... poi pensavo pure che questo è comunque uno di quei luoghi dove si incrociano vite e mestieri che sono o che sarebbero quelli di ridisegnare il futuro del comunicare. Ognuno viene a raccontare qualcosa che è frutto di un lavoro collettivo ma anche di un insieme di solitudini. E mi stavo chiedendo ascoltando gli altri: e io ? Che cos'è che ho comunicato durante la mia ormai lunga vita ? Per me il cinema è stato un mestiere a cui sono stato costretto da quando ero un ragazzino per non morire di fame. Mio padre faceva questo mestiere e pure mia madre e le mie zie che suonavano pianoforte e violini nei cinema quando il cinema era muto... giravamo i titoli dei film americani in una cucina. Oltre alla macchina da presa e al carrello, c'era un tornio , una fresa, perché ... durante la guerra le fabbriche erano state bombardate, non c'erano più attrezzature, non si trovavano più i macchinari... bisognava farsi tutto da soli. Ho cominciato a lavorare a cinque anni , e tutto questo ... come dire .... mi ha aiutato a costruire alcune certezze, se non altro quella di saper maneggiare al buio la pellicola, far girare un pezzo d'ottone su un tornio e sagomarlo, farlo diventare una filettatura per gli obiettivi ... Insomma nessuna vocazione, nessuna chiamata, nessuna missione... Poi, siccome si cresce, a un certo punto ho sentito la necessità di uscire da quella cucina e darmi un'occhiata intorno. Me lo dicevano tutti, bisogna andare a trovare Zavattini ! Che era il pronto soccorso del cinema italiano! La presa di coscienza ! Così, frequentando il suo salotto, mentre inseguivo con la Vespa le dive americane per Via Veneto perché facevo il paparazzo o il fotografo dei pittori, di aereoplani o di moda, scoprivo che questo mestiere poteva anche diventare un modo di veder più chiaro là dove gli altri non volevano guardare, instupiditi dal post bomba atomica e infognati nella miseria del boom economico, quando in ogni casa c'era il frigorifero ma vuoto perché a nessuno avanzavano i soldi per comprare da mangiare... quando la Celere di Scelba sparava sui lavoratori che scendevano in piazza perché chiedevano pane e lavoro.... insomma valeva la pena di continuare a fare questo mestiere, purché "il cinema sia capace di cambiare la vita con coraggio, con la lotta appassionata, perché è la vita che dobbiamo costruire..." Una frase, quasi uno slogan, che quel gran vecchio, Zavattini, ripeteva ossessivamente saltando fino a tardi sui divani e disturbando il vicinato. Una specie di avvertimento per me, un presagio duro come la verità: infatti anni dopo ho capito alcune cose fondamentali della vita proprio in galera, cose che nelle scuole di cinema non si sognerebbero mai di insegnare... Va be', devo fare un passo indietro: negli anni '60 avevo lavorato già parecchio nella sperimentazione cinematografica. Avevo scoperto l'inconscio biologico dello sguardo, il rimosso per rileggere la ontofilogenesi, l'evolversi degli strumenti fisiologici nelle ere planetarie e delle forme cibernetiche, il meraviglioso disordine percettivo e le nuove geografie dei paesaggi interiori, nuove eppure stranamente familiari, che ci regalavano le sostanze psicotrope. Costruivo lenti e specchi da mettere davanti agli obiettivi. Sentivo che bisognava inventare linguaggi nuovi per raccontare il desiderio di trasformare i nostri corpi contro la normalizzazione dello sguardo appaltato dalle macchine da presa e dai film dei divi. Bisognava fare un cinema contro l'uomo messo "al centro dell'universo", o contro il corpo "nobilitato dal lavoro" perché ridotto dai padroni, appunto, a forza lavoro. Roma era una città eccitante, arrivava il Living Theatre, Carmelo Bene, Grotowski, il Gruppo di Musica Elettronica Viva... gli incontri erano straordinari. Era l'underground. Ma pochi si accorgevano che mentre noi progettavamo una vita nuova ci stavano dando fuoco alla casa. Arrestano Braibanti col quale lavoravo, gli montano addosso un processo per stregoneria, poi su quell'onda puzzolente arrestano un sacco di altra gente fra cui io, con motivazioni deliranti e sessuofobiche. Mettono bombe e dicono che siamo stati noi, buttano Pinelli dalla finestra... La storia è stranota e è andata avanti parecchio. Anni dopo abbiamo avuto ministri che si cimentavano col teatro di strada! Per fregare i cineoperatori degli altri canali truccavano direttamente la realtà: travestivano i pullotti delle squadre speciali da teppisti capelloni che sparavano sulla gente... su Giorgiana Masi, per esempio. E anche quando li fotografavano con le pistole d'ordinanza fumanti in mano, come le comparse vestite da antichi romani che si dimenticano di togliersi l'orologio, la facevano sempre franca. A che servivano le nostre messe in scena sulla trasformazione del mondo se le loro guittate ci spedivano nelle sale mortuarie e quando ti andava bene qualunque questurino ti poteva sbattere in galera senza nemmeno spiegarti perché? A dispetto del progetto rivoluzionario per cui "sarà la realtà stessa a divenire il luogo della creazione", era lo Stato, il nemico di classe, che rimaneva padrone delle piazze e della nostra vita ributtandoci nel buio della preistoria, mentre noi "artisti" ci baloccavamo con l'impotenza del simbolico e delle metafore. Tutta quella massa di linguaggi che noi pensavamo di trasformare in arte e vita, erano in realtà già usati dal potere per buttarci in galera. Bisognava cominciare a parlare in modo molto semplice e chiaro perchè le bugie massmediatiche erano troppe. Baraghini e Blumir già avevano battuto questa strada con Stampa Alternativa smanovellando col ciclostile. Si portavano ai grandi giornali questi foglietti per smascherare le veline della questura... e bisogna ricordare che all'epoca il mestiere di giornalista consisteva nel passare le veline della questura direttamente in tipografia... quella era l'informazione! Poi negli anni successivi, all'epoca dei cinegiornali liberi, nel fare controinformazione con la pellicola ci rendemmo conto che i costi enormemente più alti della carta da ciclostile ci costringevano a confrontarci con problemi produttivi decisamente alienanti. Solo quando è arrivato il videoregistratore abbiamo constatato che si poteva aprire una dimensione "liberata" dai costi alti.. Mi spiego: ripensando al tempo in cui non c'era che la pellicola, ci si poteva finalmente render conto che c'è un pensiero nascosto nella testa di ogni cinematografaro pronto a scattare sempre come un incubo ossessivo al momento delle riprese: quando si preme il bottone del motore che fa girare la pellicola, volano via dei biglietti da centomila lire e ci si chiede se quello che si sta filmando vale quei soldi che vengono spesi. Questo succede tanto nelle grandi produzioni che spendono un miliardo all'ora che al povero filmaker indipendente che di soldi ne ha pochi. Questo meccanismo mentale è quello che fa accettare il fatto che l'economia costringa la vita che viene filmata in una dimensione che è appunto quella consentita dal denaro. Allora ecco che la vita reale si comincia a misurare sulla falsariga dell' economia e da quel momento il linguaggio della vita si trasformerà nel linguaggio del denaro che ha la pretesa di dare significato a tutta la vita trasformandola in merce. Usando il videoregistratore abbiamo scoperto che siccome il nastro costava praticamente niente, si potevano aprire degli spazi di libertà: non solo andare a documentare le manganellate della polizia o il poliziotto travestito o insomma tutti gli inganni che avvenivano in piazza senza bisogno di correre di qua e di là a cercare i soldi per la pellicola. Si poteva fare qualcosa di più, è l'esperimento che abbiamo fatto nel '72 con Sarchielli e tanti altri compagni di strada che ormai sta scritto su svariate enciclopedie di cinema, che è questo film "Anna" in cui , diciamo così, questi spazi di libertà che si erano aperti hanno consentito di cambiare completamente la logica cinematografica che esige che il film sia precedentemente scritto, che la lavorazione deve stare in certi binari, eccetera eccetera. E' esemplare in "Anna"un episodio che ho citato fino alla nausea: un giorno l'elettricista del film, un ragazzo che era emigrato dalla Calabria a Milano, che aveva lavorato alla Bicocca, alla Pirelli, ai tempi degli scioperi selvaggi del '69, che era stato buttato fuori dalla fabbrica perché... allora per paura che gli operai saltassero addosso agli impiegati nella mensa che era comune, la direzione aveva fatto erigere una cancellata tra gli uni e gli altri e lui era tra quelli che avevano saldato i cancelli della mensa mentre gli impiegati degustavano i loro risottini, imprigionandoli praticamente nella fabbrica... va be', questo ragazzo torna verso sud, scende in Toscana, scopre le comuni di hippies, lo spinello, scopre che si poteva fare una vita umanamente più ricca e bella di quella merdosa della fabbrica. L'incontro e gli dico: vieni a fa' l'elettricista da noi così ti diverti! questo fregandosene di rispettare le gerarchie del set cinematografico che è esattamente come una fabbrichetta con in più quel tanto di sacralità imposta perché ci sono pure gli artisti in mezzo, i produttori più su, gli attori un pò più giù, poi una quantità indefinita di leccaculo, poi il direttore della fotografia, alla fine giù nei bassifondi gli elettricisti , i macchinisti e gli attrezzisti, questo ragazzo dunque accende la luce, entra in campo e fa una dichiarazione d'amore a questa ragazzina, Anna, che nel film era l'attrice principale, cioè per essere precisi, quella che fino a quel momento era stata un oggetto d'indagine antropologica. Un'altra produzione lo avrebbe cacciato fuori a calci in culo, e invece questo ha detto delle cose così vere, così belle, così imprevedibili per noi, che ha cambiato il film. Abbiamo buttato la sceneggiatura nel cesso e questo ha cambiato non solo la sua vita ma anche la vita degli altri. Così abbiamo scoperto che una troupe cinematografica poteva anche essere messa insieme non più dal produttore, così come il padrone mette insieme gli operai che non hanno nessun interesse a stare insieme altro che quello di riscuotere il salario a fine mese, ma che invece questa troupe poteva essere formata da un gruppo umano costituito da persone che cominciavano a conoscersi, ad amarsi, a stimarsi... senza chiedere il permesso al regista... insomma avere dei rapporti interpersonali autentici, per cui il film registrava quel tessuto connettivo che è quello che forma il sociale reale. Dopo questa esperienza, questa irruzione proletaria in un salotto borghese, ci sembrava chiaro come, al momento di fare controinformazione, non fosse più tanto importante filmare e contare i pugni chiusi che sfilavano per le strade ricalcando il modello di tutti i film di regime. Mi sembrava che si potesse fare una cosa ben diversa, più importante e necessaria: capire che cosa succedeva nella testa di quei compagni che scendevano in piazza... analizzare e lavorare insieme per il cambiamento dei comportamenti all'interno del progetto rivoluzionario, se era vero che la rivoluzione funzionava o no, se c'erano delle reali tendenze a sciogliere i meccanismi consolidati dal potere al livello delle strutture caratteriali, di sciogliere la famiglia perché i figli diventassero figli di tutti, perché si riuscisse a trasformare la soggettività in una dimensione politica più grande dove insieme alla capacità di lottare si diventasse anche più capaci di amare... e adesso eccoci qua, superstiti di una cultura che sembra lontanissima nel tempo, quasi mitica. Quant'è passato dal cosidetto dopomoro? Più di vent'anni... chi se lo ricorda? Criminalizzazione del dissenso e organizzazione del consenso intorno allo Stato che già si preparava a trasmettere alle nuove generazioni una memoria storica falsificata. I pompieri di regime lavorarono bene, coi giornali e la tv... eroina e galera... ormai potevano stare tutti tranquilli, ragazze e giovanotti spensierati, della generazione successiva a quella dei cattivi, ballavano travolti dalla febbre del sabato sera, le lotte giovanili non c'erano più perché "non c'era più lo sfruttamento." E nemmeno il pensiero critico. Però io che ero rimasto senza lavoro dopo le censure della rai e che mi ero messo a lavorare per una decina d'anni in Sudamerica e in Africa, vedevo che da quando il primo mondo mandava gli aiuti al terzo, questo era sempre più indebitato, sempre più armato, sempre più affamato, sempre più inquinato, sempre più derubato, sempre più malato, spesso più morto. Le forme più evidenti del vecchio sfruttamento sono state occultate esportandole.

Durante gli anni '90, in Sierra Leone, varie giunte militari mandavano in giro bande di bambini fra i 9 e i 12 anni perati con la coca e armati di machete che tagliavano le mani e i piedi della popolazione. In questo clima di terrore le giunte golpiste sono enormemente arricchite svendendoci tutto quello che riuscivano ad arraffare nelle zone minerarie del loro Paese. I diamanti a centomila lire, alla "portata di tutti", venduti dagli imbonitori delle aste notturne per tv, è da laggiù che provenivano. E chi li comprava? Le signore o i loro mariti che fino a un momento prima avevano guardato commossi al telegiornale le disgrazie lacrimose del terzo mondo. Ecco dove sono confluite le classi qui da noi, quelle classi sociali che nessuno trovava più! Come nel mucchio di ferraglie e vetri rotti in un cimitero di automobili riconosci il modello di un'auto che ti era stata cara, mi succede di riconoscere nei telespettatori tutta la gamma di esemplari dell'ex forza lavoro rottamati dal capitalismo in fuga nell'invisibile, riciclati in una nuova ricomposizione di classe direttamente produttiva, composta sopratutto da pensionati, disoccupati... che lavorano senza minimamente sospettarlo, che vengono sfruttati per il semplice fatto che guardano il televisore. Tenendolo acceso, attraverso i meccanismi del controllo della audience che conta i telespettatori, premiano le emittenti tv con l'incremento progressivo delle tariffe pubblicitarie. Più gente c'è a guardare più aumentano le tariffe! Le aziende pubblicizzate ricaricano queste spese sempre più alte sui prezzi delle merci nei supermercati, ed ecco che i telespettatori si trasformano senza saperlo in produttori di plusvalore. Più guardano la tv più aumenta il prezzo del pane. Andiamo forte! Tv e telespettatori sono la merce principale che si produce ormai qui da noi... tempo libero e suoi derivati: tette, culi, quiz, disgrazie degli altri, scorie radioattive, pezzi di scarto di animali putrefatti, acque inquinate, disastri ecologici. Un mondo che vomita e caca dappertutto, perché si è ingozzato di merda fino all'inverosimile. Mi torna in mente la frase del vecchio capo pellerossa che più o meno diceva: quando avrete sporcato tutte le acque e distrutto le praterie, quando avrete venduto tutti gli animali che avrete ucciso e sarete arricchiti, cosa vi mangerete? I soldi?
Vorrei dire qualcosa su quelli del gruppo Video City Virus, ai quali ho chiesto di intervenire a questo convegno perché: uno, il loro lavoro registra una socialità in trasformazione che produce i propri linguaggi tanto come soggetto politico che come rappresentazione mediatica di sé, nei momenti di lotta. Due, perché l'attività di questo gruppo si sviluppa dove la vecchia controinformazione si fermava: la distribuzione, oggi resa possibile dalle reti telematiche. Tre, perché spinte e modi di produzione che questo gruppo sperimenta, provengono da un'eredità che assomma senza demagogia le indicazioni delle avanguardie storiche. Infine, perché anche quando divenisse virtuale, la tensione alla libertà e alla sovversione che vive nel cuore di tutti i popoli, ma non in quello dei loro governanti, tornerà sempre ad essere reale sulle barricate. Si può dissertare all'infinito sul significato della parola libertà. Si può dire che di libertà ce ne sono tante perché tante sono le prigioni... ma quando sento le voci di giovani uomini e donne che gridano "libertà, libertà!" mentre la polizia li manganella in piazza, mi prende una commozione forte che ritrova tutto intero il desiderio di vivere di quelli che sono imprigionati nella camicia di forza del potere che si consolida nella misura in cui nega l'espandersi naturale della vita. Grida pronunciate da un vento di rivolta che mi spalanca all'improvviso ricordi di un passato dove milioni di sfruttati, quelli che costruiscono il mondo, venivano incatenati e picchiati da quelli che glielo rubano. E adesso, pensavo, ci risiamo. Eccoli i servi del potere intenti a tirare lo spago delle marionette che manganellano, i brutti mezzibusti truccati in tv da persone perbene, che arricciano il naso infastiditi se qualcuno parla dei grandi sogni, degli slanci, della vitalità, della gioia... e che ci descrivono tutta la vita come una malattia da curare, il crescere come una successione di reati da punire... eccoli che ricicciano coi loro cavilli e capoversi, con le loro campagne elettorali per vendere prigioni e manicomi, che sbavano odio razziale e propagandano lager, che ci consigliano di ingoiare merda e respirare veleni, i loro. E' su questo che fanno i loro affarucci, che fondano le loro promozioni, gli scatti di carriera, gli aumenti di stipendio... pensavo a questo schifo guardando "ocse fuck off", il documento che i ragazzi di Visual City Virus ci hanno portato, registrato a Bologna in giugno, nelle giornate in cui l'ocse, la sedicente organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che decide dove passeranno i flussi monetari sul pianeta, decretando quali popoli potranno essere in buona salute e quali creperanno di aids o di infezioni intestinali, quali avranno la possibilità di sfruttare e opprimere e quali dovranno rimanere nei campi di concentramento, quali avranno "diritto all'accesso" e quali rimarranno per l'eternità a chiedere l'elemosina ai ricchi, aveva organizzato una tavola rotonda in tutta discrezione (ma un giornale economico aveva pubblicato la notizia!) e facendosi comunque proteggere (non si sa mai!) da quattromila poliziotti. Durante quelle giornate a Bologna si concentrano pure parecchi contestatori, centri sociali... le culture emarginate, antagoniste, quelli del teatro occupato, le radio di movimento, i digei, i fotografi... e un manipolo molto nutrito (venti? trenta?) di videoteppisti che filmano tutto quello che succede. Vedi Bifo che si spoglia nudo e propone alle telecamere salari uguali per tutti anche nel terzo mondo, tra poliziotti perplessi che non riescono a classificare il reato (sarà uno streaptease che vi seppellirà) ma che comunque si danno da fare con le mani guantate davanti agli obiettivi per censurare un pò, vedi disk jockey che avanzano su un camion-gru che pompano onde di suono roboante nei cortei, vedi che mentre la polizia circonda le strade del centro i contestatori ballando ballando circondano la polizia, e ai poliziotti un mimo-orso mostra il culo ma qualcun altro offre fiori come usavano gli hippies al Pentagono e vedi qualche fessura che si apre fra gli scudi schierati perché in fondo Bologna è una città ad alto civismo e un fiore non si rifiuta, ma poi cominciano le botte! e non sono manganellate democratiche! Inefficaci però, per il fatto che piovono su corazze di gomma gonfiata, (invenzione e creatività dei frikkettoni!) che come uno sberleffo rimbalzano al mittente l'ossessione coatta del percuotere che, come i diktat, la pubblicità e la battitura delle sbarre della prigione, sembra il solo metodo che il potere di questi giorni preferisce e perpetua. Vi ricordate Thompson? "la lotta operaia è un passo di danza della liberazione, un happening creativo..." Uomini e donne di qua; dall'altra parte della barricata mostri. Ma quello di cui mi premeva mettervi al corrente è il metodo col quale l'informazione è stata fatta: ogni volta che veniva registrato materiale interessante su quello che avveniva per le strade, cinque, dieci videoteppisti correvano in non so quale casa dove li aspettavano quelli del VCV. Montavano insieme rapidamente il documento girato da quei cinque o dieci, lo codificavano perché fosse possibile trasmetterlo per internet e lo spedivano in rete. Tutto il mondo ha potuto vedere quello che l'ocse di certo non avrebbe voluto che si vedesse mai, con aggiornamenti ripetuti una quindicina di volte nella stessa giornata. Il sogno di Dziga Vertov si realizzerà ogni giorno di più, man mano che la creatività dei pirati informatici sarà capace di galoppare sull'ultima novità messa sul mercato dai padroni elettronici del pianeta. Devo ricordare che durante gli anni '7O, e poi fino al tempo in cui documentavamo lo sgombero del Leoncavallo, il problema principale era quello della distribuzione. Televisioni blindate, cinema prenotati da anni dalla programmazione dei film americani... la censura massmediatica era quasi inattacabile, a parte le volte che intervenivano "i grandi avvocati" della difesa come Dario Fo e Franca Rame, che aprivano le porte della tv riconducendo però i problemi dei centri sociali alla ritualità spettacolare. Noi stessi usavamo ancora le videocamere come qualcosa che sostituiva la vecchia macchina da presa, a parte le considerazioni sull'abbassamento dei costi che proporzionalmente apriva spazi di libertà d'informazione, perché le prospettive distributive non erano fondamentalmente dissimili... si poteva proiettare pellicola in un cinema d'essai, o un nastro alla tv o nei monitor di un centro sociale... Ma le reti telematiche e la possibilità di codificare il segnale video per essere trasmesso, aprono dimensioni assai diverse. Mai come oggi le tecnologìe comunicative, videocamere e computer, sono state simili al sistema occhio-cervello: i pixel del ccd come i fotorecettori retinici, gli integrati dei computer come i sistemi neuronali.
Con mio figlio, qualche anno fa, avevamo messo in rete le urla dei maiali elettrificati e sgozzati in un mattatoio. Contro la presunzione che il denaro ha di semiotizzare tutto l'esistente nella ridondanza elettronica di quel mercato che è internet, noi immettevamo il rumore di fondo del dolore e dello sfruttamento.
Aldo Braibanti mi spiegava che le formiche hanno la capacità di unirsi in una super-unità, formata anche da venti milioni di individui, disponendosi fra loro secondo un disegno simile a un grosso centro nervoso, producendo, esperienza a noi sconosciuta, un pensiero collettivo. Spesso sono tentato di immaginare la struttura delle reti telematiche (quelle che attualmente permettono l'invisibilità alla mondializzazione del capitalismo) "detournata" dalla sovversività e dalle tensioni della controcultura, dove l'intelligenza alternativa che oggi occupa le piazze e le "aree dismesse", sia capace di occupare le reti planetarie a un livello più alto e formare un corpo collettivo capace non solo di lottare contro il lavoro salariato e contro lo sfruttamento, ma anche capace di configurare una nuova coscienza antagonista a quella denaro-centrica, che si abitui a considerare il nostro pianeta come una creatura vivente formata da condizioni biologiche e libido differenti fra loro, tante quante sono le innumerevoli forme di vita che ne costituiscono la totalità dell'esistenza.

 
 
 

Phishing come se piovesse...

Post n°318 pubblicato il 20 Aprile 2007 da kleombroto

Sono stranieri, cercano di fregarsi dei codici inventando le scuse più assurde e i messaggi più comici, scritti in un italiano approssimativo, a volte tradotti con Babel e altri sistemi automatici reperibili online.
La cosa che mi preoccupa maggiormente è che non avevo mai ricevuto nulla di simile sino al giorno in cui ho attivato una PostePay. Chi glie l'ha detto a questi delinquenti che ero entrato in possesso di questa tesserina gialla? Naturalmente non sono così cretino da andare a comunicare via web i miei PIN etc., penso comunque che sia divertente riprodurre qui di seguito alcuni dei messaggi più ingenuamente idioti.

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Dal segmento Headlines del Jay Leno Show...

Post n°317 pubblicato il 20 Aprile 2007 da kleombroto

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Ricevo e pubblico:

Post n°316 pubblicato il 17 Aprile 2007 da kleombroto

Cari amici, parenti e conoscenti,

Come molti di voi sapete, vivo all'estero (ma non tanto lontano).

Oltre alle macchine utensili, che è il mio mestiere, mi interesso di emigranti (come me) e di "integrazione". I fatti di Milano mi hanno causato un dolore quasi fisico.
Concordo con il console cinese a Milano quando ha dichiarato di essere andato là "per capire", ma mi stupisce che la sindachessa di Milano non abbia fatto nessuno sforzo per capire. Lei sa tutto, senza sforzo di capire?

Secondo me, lì da voi, si tratta di razzismo. E' triste.

Con tristezza constato che i miei connazionali (popolo di poeti e di naviganti) non sono più né naviganti e tanto meno poeti. I poeti sono rincitrulliti e rincoglioniti davanti alle televisioni più schifose del pianeta, quanto ai naviganti, loro (forse come me) non sono mai più tornati, e probabilmente non torneranno mai più.

Dopo qualche meditazione mi sono formato l'idea che che il razzismo (nel suo senso negativo) sia determinato da questi fatti e da questi modi di fare:

a) acquisire una informazione (vera o falsa, non importa. Qualche volta è anche vera. Spessissimo è parzialmente vera).
b) estrarne un giudizio (magari corretto, limitatamente al caso specifico).
b) estendere il giudizio a un insieme o ad una categoria di persone, più estesa.

In sintesi scopro che secondo molti di voi "i cinesi sono mafiosi", per cui vanno multati (non importa se correttamente).

= = =

Dopo avere letto una infinita serie di commenti che giudico immondizie mentali in "forum" e "Chat", sedicenti "di sinistra", senza grande stupore ho trovato in un forum italiano ("Padania") un commento che trovo ragionevole e che mi permetto di
ritrasmettervi.

Io "navigante" italiano (benché non poeta) sento di poterlo condividere, almeno come base di partenza per una riflessione.

Eccolo:

"La integerrima, inflessibile polizia "padana", che fa rispettare la legge. Minchia! Le scatole vanno trasportate coi camioncini e non con le macchine. Ma se fossi un commerciante, saranno cazzi miei se le mie scatole me le trasporto in bici, a spalle, o in carriola, senza che venga la polizia a rompermele?

Sequestro dell'auto per 60 giorni! Ma per favore! Ammazzi un pedone e ti fanno appena la multa, invece trasporti una tua scatola e ti sequestrano l'auto? E nessuno di voi padani si sarebbe incazzato a quel punto, vero?

E poi naturalmente subito giù di manganelli, come e' tipico della polizia itagliana. E gli interrogatori in commissariato, mentre da altre parti della città i marocchini spacciano, i rumeni rubano... ma è più comodo prendersela coi cinesi, sono più piccoli, e poi vuoi mettere il rischio criminale di chi trasporta scatole in auto anziché su un furgoncino?

I cinesi hanno fatto bene a incazzarsi. Hanno lasciato alle spalle il comunismo e i metodi brutali della loro polizia, non vogliono ritrovarseli qui.

Piuttosto, dovrebbero essere di esempio ai padani quando la polizia li vessa allo stesso modo. Invece no, i padani chiedono più polizia, più schtato, più manganelli".

(dal sito "padania", di www.politicaonline.net)

 
 
 

No comment

Post n°315 pubblicato il 06 Aprile 2007 da kleombroto

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Anzi, un commento breve breve...
I pedofili di norma sono eterosessuali.
I pedofili omosessuali sono quasi sempre preti.
Quelli di Forza Nuova dicono di stare dalla parte dei preti.

Qualcosa non torna. Non trovate?

 
 
 

Ciao, maestro!

Post n°314 pubblicato il 06 Aprile 2007 da kleombroto

immagineRoma, 6 apr. (Adnkronos) - "Con Comencini, che oggi ci ha lasciato dopo una lunga malattia vissuta dalla famiglia con dedizione e discrezione straordinarie, perdiamo non solo una grande personalita' della cultura italiana ma anche una parte del ventesimo secolo''. Lo ha dichiarato il vice presidente del Consiglio e ministro per i Beni e le Attivita' Culturali, Francesco Rutelli, dopo aver appreso la notizia della scomparsa di Luigi Comencini.

''Eclettico, colto, immaginecoraggioso, Luigi Comencini -ha affermato Rutelli- in oltre cinquantanni di attivita' ha descritto attraverso le sue opere l'Italia fragile del dopoguerra, quella un po' superficiale del riscatto economico, cogliendo gli inevitabili cambiamenti che avrebbero trasformato alcuni aspetti della nostra societa'. Come quelli al centro di uno dei suoi capolavori, 'Lo scopone scientifico', commedia del paradosso, amara e insieme comica, in cui celebra la potenza del denaro e la grandezza della poverta' attraverso le maschere tragicomiche di tre celebri interpreti, Alberto Sordi, Silvana Mangano e una strepitosa Bette Davis. E' ancora commedia con gli irresistibili Ugo Tognazzi e Mariangela Melato ne 'Il Gatto' in cui dominano le musiche di Ennio Morricone".

"Ma Comencini affronta coraggiosamente con 'Tutti a casa' anche momenti drammatici della storia italiana: i fatti dell'8 settembre del '43. Con toni umoristici e insieme drammatici dirige di nuovo grandi attori fra cui Eduardo De Filippo. Firma anche 'Incompreso', film drammatico che ruota attorno all'eterno conflitto del difficile rapporto padre-figlio, ai silenzi e all'indifferenza che spesso isolano i nostri figli in un dolore senza fine".

Nella foto: Alberto Sordi a Livorno mentre si sta preparando per la scena del furgone carico di farina in "Tutti a casa"

 
 
 

Moby Prince,140 persone persero la vita

Post n°313 pubblicato il 06 Aprile 2007 da kleombroto

Una testimonianza di Loris Rispoli scritta l'anno scorso.
Riprodotta da
http://www.centumcellae.it/leggi.php?id=10497

15 anni sono passati da quella tragica notte.
La notte in cui 140 persone persero la vita sul traghetto Moby Prince, arsi vivi in attesa di soccorsi che non sono mai arrivati.
Una collisione, il traghetto in uscita dal porto collide con la petroliera Agip Abruzzo ancorata in rada, poi il traghetto forse per una manovra tentata dalla petroliera si sfila e si incendia, viene lanciato il mayday da entrambe le navi ma quello del Moby non lo sente nessuno, i soccorsi partono ma nessuno cerca la nave investitrice che verrà vista solo per caso dopo oltre un ora e verrà tratto in salvo l’unico sopravvissuto.
Quindici anni che abbiamo passato a chiedere Verità e Giustizia, che troppo spesso in questo Paese sono stati diritti negati.

Due procedimenti penali, uno per la collisione, l’altro per una manomissione alla timoneria successiva alla tragedia (mentre si recuperavano le salme qualcuno manometteva gli strumenti di bordo).

Il processo di primo grado assolve tutti gli imputati, quello per la manomissione di fronte al Pretore assolve ma lancia severe critiche a chi ha compiuto, ordinato e permesso la manomissione, il pretore è molto duro con i colleghi e con gli inquirenti.

Avevo fiducia nella giustizia, dicevo il nostro caso è diverso, non ci sono implicazioni internazionali come Ustica, poi la delusione, il giorno che il tribunale di Livorno assolse tutti, mi sembrò che il mondo mi crollasse addosso, mi sentivo sconfitto, solo.
Poi mi sono reso conto che quello era un processo farsa a personaggi che avevano pochissime responsabilità, i veri responsabili, quelli che continuavano a manovrare nell'ombra, non erano mai stati imputati.
La sentenza della Corte di appello di Firenze è chiara: Rolla (il terzo ufficiale dell'Agip) è colpevole, ma ben piu' gravi della sua sono le responsabilità di altri, e questi altri, meticolosamente elencati, sono gli stessi che noi familiari delle Vittime consideriamo i responsabili.
L'armatore Onorato, il comandante della Capitaneria Albanese, il comandante della petroliera Superina, sono loro che con le loro azioni, i loro comportamenti, le loro omissioni hanno permesso che quella notte sul traghetto Moby prince trovassero la morte 140 persone.
Vogliamo sapere perchè si è fatto un processo a imputati di secondo piano, e perchè in ogni caso si sono assolti tutti, vogliamo sapere se ci sono responsabilità della magistratura in merito al modo in cui si è arrivati a questo processo e alle sue conclusioni; perchè i dubbi espressi dal Pretore che ha emesso sentenza sulla manomissione alla timoneria e quelli della Corte di Appello di Firenze sono anche i nostri.
Continuo a chiedermi perchè di fronte a una sentenza accusatoria cosi chiara non si sia aperto un processo con questi imputati, non mi posso arrendere e con me non si arrendono gli altri familiari delle Vittime, lo dobbiamo a loro, che così atrocemente hanno perso la vita.

Ho fatto personalmente il riconoscimento della salma di mia sorella, e di fronte a quelle file interminabili di lenzuoli bianchi ho fatto una promessa, non avrò pace finchè non sia fatta Giustizia, continuerò e continueremo a chiedere che il processo sia riaperto, che finalmente i responsabili siano sul banco degli imputati, perchè chi ha permesso e causato la morte di 140 persone deve pagare il suo debito con la giustizia.
Quello alla Verità è un diritto e nessuno è titolato a togliercelo, questo è il Paese delle verità negate, ma vogliamo che diventi un Paese diverso.

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Loris Rispoli perse la sorella nell'incidente del Moby Prince. Liana lavorava nella boutique di bordo del traghetto. Un impiego faticosamente trovato dopo aver tentato invano di proseguire la carriera cinematografica, iniziata con una parte importante nel film "Per questa notte" di Carlo Di Carlo.

 
 
 

6 aprile 1991: i cattivi presagi del Moby Prince

Post n°312 pubblicato il 06 Aprile 2007 da kleombroto

da http://www.senzasoste.it
immagine«Il 6 aprile 1991, quattro giorni prima della tragedia, il motore numero 4 del traghetto andò in avaria, avaria che Armando Cecchelli, il macchinista rimasto per giorni nell’elenco dei dispersi ma in realtà sbarcato alle 18.00 di quel mercoledì, spiegò così: “Era un blocco sull’avviamento. Come si esce dal porto, a seconda delle condizioni, si cerca di aumentare il più velocemente possibile. C’è stato un periodo che c’era una leggerissima disfunzione sul variabile”. Come a dire che il Moby Prince non poteva accelerare molto perché, in definitiva, il motore aveva dei seri problemi. Problemi segnalati alla Navarma ma che non furono risolti in tempo. Come il difetto al portellone del garage che saliva e scendeva in ritardo.

Malfunzionamento grave che potrebbe aver influito sulla tragica fine di alcuni marittimi del traghetto: Bertrand, l’unico sopravvissuto, ricorderà infatti che la notte della tragedia si era diretto nel garage insieme ad alcuni compagni con l’intenzione di tirare giù il portellone per buttarsi a mare da dietro ma che la rampa risultava bloccata, il solito difetto. In quella notte un difetto mortale.» (da, l’Europeo dell’1/4/2006, articolo, di Roberto Bortone)  

Quello che abbiamo letto è solo un piccolo passo di questo interessante articolo (scritto ormai più di un anno fa) che ricostruisce la tragica, quanto tipicamente italica,  vicenda del Moby Prince. La sera del 10 aprile del 1991 il traghetto Moby Prince si trasforma in un agghiacciante rogo: 140 persone, tra passeggeri ed equipaggio, vi perderanno orrendamente la vita. Dopo anni di processi, come sempre accade in questi casi (Ustica su tutti), nessun reale colpevole.Così come poco chiara la ricostruzione stessa dell’incidente.Dopo un certo periodo di silenzio, la vicenda è tornata mediaticamente alla ribalta: grazie soprattutto al lavoro giornalistico d’inchiesta di Enrico Fedrighini. La vicenda assume nuovi contorni, e su quella che sembra la storia di una tragica fatalità, la nebbia, l’errore umano, si aprono scenari complessi. (questo il quadro uscito dal processo: «Dopo tre anni di processo, nella notte tra il 31 ottobre ed il 1 novembre 1997, in un aula sbigottita del Tribunale di Livorno, il presidente del collegio giudicante Germano Lamberti pronuncia la sentenza di primo grado: tutti assolti perché “il fatto non sussiste”. I vertici della Navarma, della Capitaneria e della Snam (Agip) vengono definitivamente tirati fuori dalla vicenda. L’unico che ancora rischia qualcosa è il giovane Rolla, ma il 5 febbraio 1999 la III Sezione della Corte d’appello di Firenze dichiarerà di “non doversi procedere nei confronti del Rolla in ordine ai reati ascrittigli perché estinti per intervenuta prescrizione”. Restano senza soluzione tanto i misteri relativi alla meccanica del disastro, quanto alle responsabilità.La pietra è stata rotolata, il caso è chiuso: 140 morti, nessun colpevole»).Traffici d’armi, traffici di carburante, movimenti non autorizzati in rada da parte di navi militari (usa), segreti, manomissioni, sabotaggi, false testimonianze, prove insabbiate. Un quadro talmente intricato, presentato in tv da Mixer di Minoli, da far temere a Loris Rispoli, dell’Associazione 140 (perso una sorella in quel tragico rogo), che questi scenari da fantapolitica facessero andare in secondo piano le responsabilità oggettive, ma mai accertate, dei veri colpevoli : «L'armatore Onorato, il comandante della Capitaneria Albanese, il comandante della petroliera Superina, sono loro che con le loro azioni, i loro comportamenti, le loro omissioni hanno permesso che quella notte sul traghetto Moby prince trovassero la morte 140 persone.» (da una lettera di Loris Rispoli pubblicata in http://www.archivio900.it/it/documenti/doc.aspx?id=591). È contro questi soggetti insomma che si doveva aprire un nuovo processo, non , come è successo, verso imputati di secondo piano. Insomma, la vicenda, è sicuramente complicata. Molto importante, a questo riguardo, per mettere sul tavolo e ricominciarne da capo l’analisi tutti gli elementi, lo spettacolo teatrale M/T Moby Prince (di cui abbiamo già scritto: vedere sezione Visioni, letture.. di questo sito), che sta fortunatamente girando i teatri di tutta Italia.Il 10 aprile prossimo cadrà di questa vicenda (sulla quale intanto sono state avviate nuove indagini) l’ennesimo anniversario. A questo proposito segnaliamo una tavola rotonda organizzata dall’Associazione 10 aprile – Familiari delle vittime del Moby Prince per il 10 aprile, alle ore 18 presso il palazzo Lem (P.zza del Pamiglione n.1): Moby Prince: dalle sentenze alle nuove indagini. Parteciperanno istituzioni (Sindaco di Livorno, Senatore Filippi) e giornalisti (Fedrighini, Riccardi, Masiero, che coordinerà l’iniziativa). Consigliamo di partecipare, così come esortiamo cittadini e lettori di non accontentarsi della retorica istituzionale e pretendere più chiarezza:da chi indaga, da chi governa, da chi racconta. Noi intanto ripartiamo dal 6 di aprile (un oggi di 16 anni fa). Volendo sottolineare, al di là di cosa accadde quella notte, che la Moto Nave Traghetto Moby Prince, rammentato nelle cronache successive come il “gioiello bagnarola”, probabilmente non era perfettamente idonea per la navigazione, soprattutto per quella tratta. Almeno questo bisognerebbe dirlo con più forza. Almeno su questo l’armatore Onorato (allora il padre Achille, ora il figlio Vincenzo) potrebbe spendere qualche parola: fosse solo di forma. Ci scuserà se non lo acclameremo al prossimo Trofeo Accademia Navale di Livorno. Ci scuserà se non saremo orgogliosi, come cittadini, della sua sponsorizzazione. Ci scuserà se non faremo il tifo per il.. Mascalzone Latino.  

Lucio Baoprati  

 
 
 

Post N° 311

Post n°311 pubblicato il 03 Aprile 2007 da kleombroto

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"Che il personaggio Lucarelli creasse problemi ai poteri locali l'avevamo capito fin dalla sua presentazione alle Fonti del Corallo quattro anni fa. C'era da mettere in secondo piano quanto possibile il fatto che Lucarelli non era un giocatore amato dalla curva ma "uno della curva" che ha avuto la possibilità di giocare nel Livorno. E il problema stava, e sta, tutto nel fatto che "uno della curva" a Livorno vuol dire anche una persona che allo stadio porta il calore dello sportivo comunista senza separare tra questi due elementi. Questo mentre il modello di sportivo del potere era, e resta, quello del tifoso che applaude inerte e felice per aver consumato tutti i prodotti messi in vendita come negli sport americani".

Ivano Scacciarli (Senza Soste 24/02/2007)

Con questa premessa è venuto naturale al nostro giornale chiedere a Cristiano di presentare il film in mezzo alla sua gente per poterlo vivere in maniera collettiva e non ognuno sul proprio divano a guardare il dvd (distribuito fra l'altro da Il Tirreno) come la società attuale ci ha insegnato

Questi anni di grande ascesa calcistica sono indimenticabili per la città non tanto per i traguardi sportivi, ma perchè personaggi come Lucarelli insieme alla sua curva hanno dato sempre un valore aggiunto politico e sociale alla misera e commerciale vicenda del calcio italiano.

Proprio così, il mondo del calcio, uno dei settori più conformisti e ruffiani della mediocre Italia che ben rappresenta, ha dovuto sopportare un personaggio che dal suo piccolo ha sempre creato terremoti partendo da gesti o dichiarazioni semplici.

A differenza del Comune che ha a disposizione palazzetti e stadi, per la serata abbiamo a disposizione solo una sala proiezioni da 300 posti perchè in città non esiste più un cinema grande a disposizione dopo la chiusura di Metropolitan, Odeon e Gran Guardia se si eccettuano le multisale. Il più grande il 4 Mori con i suoi 500/600 posti è occupato.

Con la casa di distribuzione e sotto consiglio di Cristiano è stato deciso di fare più di una serata per cercare di accontentare tutti. La presenza di Cristiano nelle proiezioni successive è legata ai suoi impegni anche se cercherà di esserci. 

La prima sarà a invito solo per motivi logistici, infatti i posti non sono sufficienti nemmeno per coloro che hanno partecipato sotto diversi aspetti al film, dalla redazione del giornale ai protagonisti e i realizzatori del documentario fino agli amici che con Cristiano hanno condiviso in questi anni gioie e incazzature.
Per questo il film rimarrà in sala anche la sera di martedì con il secondo spettacolo alle 23 e replicherà mercoledì alle 21 e alle 22.15

La redazione di Senza Soste 

 
 
 

Ancora una volta sul filo della memoria...

Post n°310 pubblicato il 02 Aprile 2007 da kleombroto
Foto di kleombroto

Sto cominciando a lavorare al mio terzo libro. Titolo provvisorio: "Radio LIbere", dove intendo riferirmi alle radio private nate a Livorno trenta e più anni fa. Ho anche iniziato a fare ricerche su internet e ho trovato di tutto. Ad esempio, un'immagine riguardante Nino Pirito, che fu direttore della testata TVL/Radiotelevisione Libera nel 1976/77. Prima di essere direttore di Settimana TV, con lo pseudonimo di Nino Tristano, fu cantautore (partecipò anche a Settevoci). Qualcuno su EBay si vende lo spartito di una delle sue canzoni.

 
 
 

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Post n°309 pubblicato il 02 Aprile 2007 da kleombroto

immagine Capita anche a voi di scrivere un post e poi, pubblicandolo, non trovarne traccia? A me è successo poco fa. immagine

 
 
 

Ineguagliabili cialtroni...

Post n°308 pubblicato il 23 Marzo 2007 da kleombroto

immagineimmagineSI E' A LUNGO RISO DEI TRADUTTORI AUTOMATICI E DEGLI SVARIONI CHE GENERANO QUANDO DEVONO FARE IL LORO LAVORO, E CIOE' TRADURRE... NON  SO CHI POSSA VOLER FREGARE DATI INESISTENTI DA UN CONTO CHE NON HO, MA DEVO DIRE CHE ERA DA UN PO' CHE NON RIDEVO TANTO. COPIO E INCOLLO... COSI' DIVIDO CON VOI QUESTO CAPOLAVORO DI STRAMBERIA.

Gentile Banco Poste Italiane Utente,

Eseguiamo attualmente la manutenzione regolare delle nostre misure di sicurezza. Il suo conto ? stato scelto a caso per questa manutenzione, e lei sar? adesso portato attraverso una serie di pagine di verifica di identit?.

Per eseguire la manutenzione regolare per favore scatto qui

Proteggere la sicurezza del suo Primo conto bancario di Scambio ? il nostro interesse primario, e chiediamo scusa per qualunque inconvenienza che questo pu? causare

Per favore nota:

 Se facciamo no riceve la verifica di conto appropriata entro 24 ore, poi presumeremo che questo conto ? fraudolento e sar? sospeso. Lo scopo di questa verifica ? assicurare che il suo conto non ? stato fraudolentamente usato e combattere la frode dalla nostra comunit?.

QUESTO MESSAGGIO MI E' ARRIVATO NELL'E-MAIL... CREDO CHE PIU' CRETINI DI COSI' SIA DIFFICILE TROVARNE! FATTO SALVO NATURALMENTE CHI ABBOCCA A UN MESSAGGIO SCRITTO COSI'. AH DIMENTICAVO...  MI RACCOMANDO NON "SCATTATE" LI' immagine

 
 
 

Un'altra lunghezza d'onda

Post n°307 pubblicato il 19 Marzo 2007 da kleombroto

Caro Massimo, "Max 1" ai tempi spensierati di Radio Flash, che poi erano i tempi dei nostri vent'anni... Qualche giorno fa sei andato a trasmettere su un'altra gamma di frequenze. Mi ricordo una tua telefonata (o una tua e-mail, è passato tanto tempo, confesso di non ricordare se avevo sentito la tua voce o se, attraverso un messaggio scritto, mi era parso di sentirti). Intorno al 2001, mi ero appena trasferito nel borghetto di Calcata e mi erano arrivate tue notizie. Non splendide, appunto perché mi avevi detto della tua malattia, ma sembrava che tutto fosse finito, eri guarito e pronto a vivere un'esistenza normale e serena.
Vivere e lavorare a Roma e dintorni (o in una qualsiasi grande città, lontana da quella dove si nasce), spesso, crea delle false illusioni. Sembra che tutto quello che si lascia a qualche centinaio di chilometri di distanza si "cristallizzi". E così, per me, nei miei ricordi, Massimo era quello di sempre. Guarito dalla malattia, aveva ripreso a lavorare, tutto OK. Non era vero niente, ma me ne sono accorto solo sabato scorso, in una delle mie rapide puntate a Livorno, dove un trafiletto sul giornale riportava la notizia della tua scomparsa. Un breve, commosso scritto di Massimo Suardi, "Snoopy", accanto a una vecchia foto. Se ricordo bene, fu scattata al 3B, o Babalù, di Marina di Pisa, nel 1981 o nel 1982, durante una festa di carnevale. Da qualche parte dovrei averne una copia anchio... Fortunatamente, se così si può dire, sono capitato in città proprio sabato scorso, in tempo per trovare la notizia, ma troppo tardi per correre in chiesa a darti l'ultimo saluto. Ci avrei tenuto, credimi, e invece non posso far altro che affidare queste parole alle pagine del blog. Verrò a farti visita al cimitero, quando riuscirò a sapere dove ti hanno sepolto. Intanto, come certamente avrai saputo, Livorno non ha più una radio locale. Radio Flash, come già Radio Libera (poi Radio Elle 102 e Radio Blu), Radio Rosa, Radio Livorno Città Aperta, Radio Silver Shadow International, Radio Popolare e, in ultimo, Radio Fragola (ex Studio 82), ha chiuso i battenti.
Rimane la tenue speranza che da qualche parte, "su un'altra lunghezza d'onda", Radio Flash continui a trasmettere, con te al microfono e "Bume" (il padre di un altro Massimo, che aveva proseguito a occuparsi di radio rilevando Radio Studio 82 e cambiando il nome in Radio Fragola. "Bume" morì in sella alla sua Vespa, investito da due deficienti che facevano a gara, a cento all'ora, lungo strade della zona del Picchianti, dov'era la sede di Radio Fragola) a scrivere sui foglietti, alla sua maniera, i titoli delle canzoni e le persone cui vengono dedicate.
Che brutta sorpresa, Max... Pensa che sto proprio lavorando a un progetto sulla storia delle radio a Livorno. Una delle testimonianze doveva essere la tua, invece "hai cambiato canale".

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Un blog di: kleombroto
Data di creazione: 26/02/2005
 

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