Il 2018 sarà l’anno del default bancario italiano


Il mercato dei crediti deteriorati che inondano il sistema bancario italiano, quest’anno, alla fine supererà i 100 miliardi di euro. Una discarica di prestiti marci che infesta le nostre banche e che, come sottolinea La Stampa, fa gola ai grandi fondi di investimento tradizionali. A livello europeo, secondo l’Fmi, i crediti deteriorati (Npl) ammontano a 988 miliardi di euro: l’Italia, dunque, detiene il 30% di questa poco rassicurante torta.

Nel dettaglio, secondo i dati Bce, le sole banche italiane rilevanti hanno in pancia 249,35 miliardi lordi di prestiti marci o quasi, il 14,79% del totale concesso alla clientela. La media europea, per intendersi, parla di un’incidenza del 5,92 per cento. La Banca d’Italia nell’ultima rilevazione statistica di fine settembre, calcola il totale in 297,2 miliardi lordi, suddivisi tra 189,34 miliardi di sofferenze e altre due categorie ritenute ancora “recuperabili”: 101,62 miliardi di inadempienze probabili e 6,24 miliardi di prestiti scaduti.

Una vera e propria bomba, almeno sulla carta. Una bomba che la Bce cerca di disinnescare imponendo aumenti agli accantonamenti: la copertura dei crediti dubbi è salita dal 54% di inizio 2014 al 62% attuale. E in questo contesto, come detto, entrano in gioco i grandi fondi: si è infatti sbloccato il mercato della compravendita dei crediti marci. Chi li acquista mira al recupero oppure alla gestione di tali crediti, con i quali si possono fare ottimi affari. Ottimi per i colossi della finanza e gli speculatori (la cartolarizzazione di questa immondizia viene ceduta al 5-6% d’interessi), ma non per i cittadini. Tanto per intendersi, secondo le stime di Banca Ifis, nel 2017 tra operazioni fatte e annunciate, la crescita delle operazioni di compravendita sui crediti sarà esponenziale, permettendo al mercato di raggiungere una dimensione di 104 miliardi.

L’Italia, dunque, è la nuova meta prediletta dei grandi fondi internazionali che, non a caso, stanno invadendo Milano (Fortress e Pimco, Banca Ifis, AnaCap, Hoist Finance, Kruk, Algebris, Quaestio attraverso il Fondo Atlante II). In questo contesto si fa sempre più pesante il pressing della Bce, che ha introdotto nuove e contestate regole sugli Npl (questo il nome dei crediti deteriorati). Le regole prevedono che per quelli che dal primo gennaio 2018 saranno catalogati come Npl, le banche mettano da parte un valore pari al 100% dello stesso credito deteriorato: dovranno farlo entro due anni se il credito non è coperto da garanzie, entro 7 se al contrario le garanzie ci sono.

Insomma, i nostri istituti saranno chiamati a trovare molta liquidità e in poco tempo. Ed è proprio questa la circostanza che preoccupa privati e imprese: la possibile conseguenza di questa situazione è che le banche tornino a chiudere i rubinetti del credito, soffocando quel minimo barlume di ripresa che si intravede. E ancora, le nuove regole imposte dalla Bce potrebbero determinare un’accelerazione nel peggioramento del rating bancario: basterà uno sconfinamento rispetto ai tempi previsti per essere visti con sospetto e magari declassati. E ad ogni declassamento peggiorano le condizioni per attingere ai finanziamenti. Uno scenario esplosivo. Una nuova bomba sopra il quale si muove il sistema bancario italiano. Che non è difficile prevedere determinerà anche una ristrettezza spavantosa di salari e pensioni, e un limitato prelievo di disponibilità!

E’ evidente, ormai che le banche italiane potranno solo rivolgersi alla Troika per liquidizzare le loro necessità: ma, mentre i crediti deteriorati finiranno a seppellire milioni di investitori in o non in buona fede, il FMI, come è accaduto in Grecia, pretenderà delle garanzie reali per il rimborso del credito: si parla dei massimi asset pubblici e della riserva aurea, la terza del mondo. E per far questo necessiterà un Governo “comunitario”, lo stesso che determinò l’ascesa di Mario Monti, che osservi pedissequamente i diktat europei. Da qui la spiegazione di una siffatta legge elettorale, così come il silenzio-assenso dei sindacati e di Confindustria. Infatti, mentre costoro e tutti i loro complici che vivono alle spalle del Paese (il famoso 10% delle famiglie) i soldi da tempo li hanno sistemati all’estero, il popolo pagherà duramente il fatto di aver lasciato correre, di aver continuato a premiare i partiti letali del passato e del presente, di aver disertato le urne, illudendosi su un eventuale “uomo della provvidenza” accorso a salvarli.

Sarà il più grande errore della storia…

 

Il 2018 sarà l’anno del default bancario italianoultima modifica: 2017-10-16T14:25:22+02:00da r.capodimonte2009