Come tutti i venerdì, Agnese entrò nel suo bar preferito a fare colazione. Non faceva colazione al bar tutti i giorni per due motivi, uno economico e l’altro dietetico. Cappuccino e brioche ogni giorno l’avrebbero fatta lievitare di peso velocemente, già purtroppo ci pensavano la menopausa e l’età. Agnese non era una fanatica della linea perfetta, ma ci teneva a poter indossare ancora certi capi di vestiario e poi era una questione di salute. Per problemi alle articolazioni, meno pesava meglio era. Così la colazione del venerdì era diventata un rito, una coccola. Un breve scambio di battute con Fabio il barista, e poi si immergeva nei suoi pensieri godendosi il cornetto al cioccolato e il cappuccino al cacao.
Di solito non faceva caso agli altri clienti, ma quella mattina qualcuno le sfiorò la mano abbandonata lungo il fianco. Istintivamente lei si spostò, ma poco dopo la mano la raggiunse nuovamente e di nuovo lei prese le distanze. Alla terza volta si girò per vedere di chi fosse la mano invadente, incrociò un sorriso malizioso e subito distolse lo sguardo per proseguire la sua colazione, in verità un po’ seccata.
Dentro di sé Luca (il proprietario della mano) ridacchiava. La donna era senz’altro over 50, quanto over non avrebbe saputo dirlo, ma lui l’aveva notata già da tempo e l’aveva soprannominata “la signora del venerdì”. Agnese aveva capelli corti, mossi, sale e pepe, un fisico tonico e occhi scuri. Era sempre sola, ma sembrava perfettamente a suo agio, tanto che Luca era sicuro lei non si fosse mai accorta di lui. Quel giorno decise di conoscerla e così le sfiorò intenzionalmente e ripetutamente la mano per attirare la sua attenzione. Lei però sembrava non capire e allora lui decise di cambiare leggermente tattica e allungò nuovamente la mano per accarezzare lievemente quella di lei, poi scese a sfiorarle il fianco. Agnese sussultò, ma contrariamente a quanto avrebbe fatto in un altro momento, non si girò per mettere al suo posto il proprietario invadente della mano. Lui allora ci riprovò e questa volta fece lentamente scorrere su e giù la mano sul fianco di lei suscitando in Agnese un piacevole calore che da tempo non sentiva.
La donna si girò curiosa e incrociò lo sguardo sorridente dello sconosciuto. Le parole le vennero meno. Lui allungò un’altra volta la mano, questa volta per presentarsi, “Sono Luca” – disse – “scusa l’ardire, ma da mesi ti osservo e desidero conoscerti e non ho potuto fare a meno di toccarti”. Lei arrossì. Chiunque altro si fosse comportato in quel modo, lei si sarebbe subito rivoltata, ma quest’uomo aveva qualcosa che la intrigava, non sapeva cosa, e le faceva desiderare di avere in qualche modo a che fare con lui.
Lui lo capì, a dire il vero ne ero sicuro e per questo aveva azzardato. Lei riuscì solo a dire “Non credi di essere un po’ sfacciato? Io sono Agnese”.
“Se non fossi stato sfacciato, tu non ti saresti accorta di me e se avessi adottato un modo più normale, non ti avrei colpita come invece è successo” e sorrise. Lei non poté che ricambiare il sorriso.