Come aiutare una neo-mamma?

Innanzitutto chiedeteglielo!

Perchè ogni mamma al primo bebè, o anche al secondo o quarto che sia, potrebbe aver bisogno di tutto quello che nemmeno immaginate, in termini di supporto psicologico, ma anche pratico o materiale.

Personalmente io mi sono sempre sentita tanto sola nei mesi di maternità, ma non ho mai osato chiedere, se non a mio marito, nessun tipo di aiuto, un po’ perchè quasi tutte le mie amiche lavoravano, ma principalmente perchè  mi era stato inculcato che “avevo voluto la bicicletta” e quindi in qualche modo mi dovevo arrangiare.

Senza contare che, come la più subdola pubblicità vuole, lo stereotipo della donna che diventa madre prevede che sia meglio far piangere il bambino finchè non si addormenta da solo, per potersi dedicare alla casa affinché sia sempre brillante ed ordinata, al fine di poter accogliere quell’orda di parenti  che in realtà si presentano solo alle ore più assurde per prendere in braccio il nuovo nato e non considerare minimamente le sue esigenze o quelle della madre o quelle dei fratelli più grandi.

Sostanzialmente che cosa avrei voluto o cosa vorrebbe una madre che ha partorito da poco, allatta, dorme qualche ora per notte, ha una casa da gestire e magari altri figli? Faccio qualche esempio:

  • che i parenti chiamino con un po’ di anticipo prima di presentarsi, per accordare insieme l’orario migliore per mamma e neonato;
  • che gli stessi parenti domandino alla madre, meglio quando è ancora in gravidanza, cosa portare in dono, cosa le serve davvero, se qualcosa per lei o per il bambino, che potrebbe anche essere un buono spendibile poi a tempo debito;
  • che portino un sugo, un’insalata di riso, qualcosa che faccia sentire la madre più rilassata per quella sera, trovando mezza cena già pronta;
  • che i parenti si occupino anche e soprattutto di dare attenzioni ai fratelli maggiori, che i primi giorni saranno certamente scombussolati e un po’ ingelositi dal nuovo arrivo e dalla madre affaccendata a gestirlo;
  • che qualcuno si offra di raccogliere i panni o portare a casa qualcosa da stirare o lavare;
  • che se ritengono di voler dare una mano a pulire casa, si occupino di bagno e cucina, non del cortile o del garage che non hanno bisogno di manutenzione giornaliera…
  • meglio ancora che facciano tutto ciò senza voler per forza spettegolare con la neo-mamma, che più che di gossip ha voglia di prendere il cucciolo e andarsene a dormire;
  • che alcuni amici magari portino i figli più grandi al parco, mentre mamma e neonato ne approfittano per riposare;
  • al contrario, dopo i primi mesi, che tengano un’oretta il più piccolo affinché la madre possa dedicare del tempo esclusivo ai maggiori, che a volte tanto maggiori non sono;
  • che qualcuno si offra di fare un pezzetto di spesa o di accompagnare la madre a farla;
  • che il neonato venga tenuto in braccio dai parenti se la mamma vuole farsi una doccia, sennò che il piccolo venga lasciato alle braccia della madre, che i primi giorni, in balia degli ormoni, si sente come una leonessa a cui vengono sottratti i cuccioli;
  • che chiunque voglia dare un suggerimento sull’accudimento del bambino, lo esponga esattamente come tale, cioè un consiglio, non una legge, quindi non prenda come un affronto se la madre fa l’esatto contrario, sopratutto se si tratta di pratiche di 50 anni fa;
  • che si lavino bene le mani tutti quelli che toccano il bambino, anzi possibilmente che NON lo tocchino e lo lascino dormire (visto che finalmente dorme!) dove sta, perchè se si sveglia poi sarà la madre a gestirlo nervoso quando tutti se ne saranno andati!
  • che anche le telefonate siano rare e con i mezzi odierni proprio evitate e sostituite da un messaggio, per evitare di disturbare proprio quando – per miracolo – tutti risposano.
  • che qualche volta si offra alla madre di fare un giro insieme, per  alleviarle il peso dell’essere chiusa in casa da sola e sommersa da pannolini e disordine;

Manca qualcosa?

Vi prego elencate anche voi quello che avreste voluto dopo la nascita dei vostri bambini e mettete un bell’elenco fuori dalla porta la prossima volta!

Perchè per crescere un bambino ci vuole un villaggio, ricordiamolo ai nostri parenti.

Non sono più una mamma allattona…

Sono ormai 3 mesi che non sono più una mamma “allattona” o una mamma-mucca come dice qualcuno e sono settimane che penso a cosa scrivere perchè sinceramente non so nemmeno bene come sia andata…

Erano le feste di Natale, Diamante si è ammalata poco prima, io intorno alla Vigilia ho iniziato a tossire e poi dopo Natale è arrivata anche la febbre, sia per me che per mio marito. Erano notti atroci, mi alzavo tantissime volte per bere e prendere qualcosa per la tosse incessante e se non mi alzavo ero sempre nel letto con Diamante attaccata al seno che non voleva lasciare il capezzolo e urlava come una pazza se cercavo di staccarla o avevo bisogno di muovermi.

Da mesi ormai le chiedevo di “ciucciare bene”, proprio un po’ come era accaduto con Elettra: non sentivo più la calata e tenerla attaccata al seno di notte mi teneva sveglia e mi innervosiva, come se sentissi degli spilli, senza contare le solita costante posizione che mi portava ad avere formicolii alle mani e torcicollo… ma tenevo duro perchè volevo che questa volta fosse la bambina a smettere.

Invece complice l’influenza che quest’anno ci ha stremati, una sera le ho detto che saremmo andati a letto senza fare la ciuccia. La reazione dovevo aspettarmela, perché le mie figlie non amano i compromessi e se devono fare qualcosa che viene loro chiesto vogliono che sembri una loro decisione, anche soltanto 5 minuti più tardi, ma deve essere la loro ultima parola, non quella di un altro.

Così è successo che nonostante le mie proposte di coccola alternativa (abbracci, lettone, favola tutto insieme come al solito, oppure divano, fascia, dondolio, dondolio e cartone animato… tutto quello che sapevo le piacesse) lei ha rifiutato tutto lamentandosi e spingendomi via… ha deciso di fare quello che le ho chiesto ma ovviamente a modo suo: complice il fatto che fossero quasi le 23  in 5 minuti è crollata con la testa sul tavolo, con me vicino che la accarezzavo soltanto… a ripensarci mi viene il magone.

Mi sono sentita uno schifo, ma reduce da notti insonni, debolezza e malessere il mio cervello mi diceva che dovevo fare così… anche se il mio cuore protestava dentro urlando “nooooo!”. La sua ultima poppata l’ha fatta quel pomeriggio, con 3 anni 7 mesi.

Nella notte si è svegliata solo una volta, le ho ricordato che mamma e tetta erano malate  e lei si è girata dall’altra parte senza fiatare, accoccolandosi con la schiena contro la mia pancia, io l’ho stretta a me e da lì tutto è cambiato.

Nei giorni seguenti la richiesta di “ciuccia” è subito diminuita e al mio “adesso non si può, mamma sta male” lei non ha quasi mai protestato, ci abbracciavamo forte e poi tornava a giocare; io e mio marito siamo anche stati d’urgenza in ospedale a fare le radiografie ai polmoni per via della continua tosse e febbre, Diamante è rimasta a casa con la sorella maggiore e al nostro ritorno mi ha chiesto se ero ancora malata per poter poppare, ma poi la cosa è andata scemando, come se nulla fosse.

Non è cambiata, è rimasta una bimba serena, felice, con i suoi momenti di crisi mattutina quando non vuole mettere certi indumenti per uscire o pretende che solo io possa porgerle le scarpe e non la sorella, ma insomma è tutto come prima… forse assurdamente anche meglio.

Le cose non sono andate come mi immaginavo e come speravo di fare con questa terza bambina… come sempre del resto. Probabilmente lei era pronta da un pezzo, aspettava solo che fossi io a decidere per lei? Io non so se ero pronta, non credo di esserlo ancora: infatti quando mi chiede ancora di provare a ciucciare dicendo “vediamo se sono ancora capace” non riesco a negarglielo… e fa esattamente come prima di Natale, mi mastica un po’, ride sotto i baffi e poi se ne va e a me va bene così.

La tristezza più intensa deriva dal pensiero che non sarò MAI PIU’ una mamma allattona, non sarò mai più neo-mamma, non avrò gravidanze, parti, momenti intensi di nascita e amore puro e nemmeno allattamenti prolungati in cui godermi l’essenza di un cucciolo d’uomo… sarò “solo” una mamma.

Mi manca non allattare più perchè credo di essere nata per questo: avere dei bimbi piccoli da accudire nonostante le difficoltà e allattarli alla luce del sole, sempre, senza paura dei giudizi, dimostrando che si può fare, che è la cosa migliore per il bambino, per la società, che se qualcuno dà fastidio deve solo girarsi dall’altra parte.

Allattate mamme… allattate voi adesso senza paura, seguite il vostro istinto e non sbaglierete mai.

Per essere una mamma green (o quasi)

Sono sempre stata un po’ “green”, fin da ragazza credo, in realtà mi definivo semplicemente “antiquata” o “come mia nonna”, perchè ho sempre amato le tradizioni e lo stile di vita di una volta, semplice, a contatto con la natura, apprezzando i racconti della madre di mio padre, i suoi insegnamenti, i suoi regali.

Nel tempo, un po’ per le conoscenze acquisite, per le nuove persone incontrate sulla mia strada (anche virtualmente) ed altre esperienze di vita che mi hanno dato tanto, diciamo che sono “peggiorata” e diventata ancora più pignola in questo senso, soprattutto in alcuni campi.

In sostanza vorrei riassumere cosa si può fare per essere “abbastanza green” (dico abbastanza perchè la perfezione non esiste, non può esistere!), per far del bene alla propria persona, alla famiglia, all’ambiente; naturalmente il troppo stroppia, diventa difficile star dietro proprio a tutto, a volte impossibile per motivi di lavoro, di organizzazione famigliare, di luogo in cui si abita, ma si può fare comunque tanto e tutti insieme ancora di più.

  • Intanto si possono abbattere gli sprechi: vestiti riciclati dei fratelli o degli amici per i bambini, idem lettini, passeggini, molti libri e giochi;
  • ancora meglio se acquistate una fascia rigida, che solitamente va da zero a 18 kg, si lava con il bucato di tutti i giorni, non ingombra, non deve essere smaltita, costa come un passeggino ad ombrello (e molto meno di un trio dei più scarsi) ma serve davvero a soddisfare le esigenze di mamma e bambino ed è in fibre naturali;
  • allattare i bimbi e a lungo: il latte della mamma va sempre bene, protegge molto di più dalle malattie, non servono ciucci, biberon, scaldabiberon, latte artificiale (che influisce ovviamente sull’ecosostenibilità);
  • fare autosvezzamento: il bambino mangiando il nostro cibo ci aiuta ad essere più attenti nell’avere un’alimentazione sana per tutta la famiglia e senza acquistare omogenizzati ed altri prodotti confezionati si aiuta nuovamente il pianeta;
  • acquistare prodotti biologici, ma soprattutto a km zero, dal contadino vicino a casa, ai GAS  o anche al supermercato, ma prediligendo prodotti locali o perlomeno italiani!
  • bere l’acqua del rubinetto e cercare di ponderarne il consumo, come già evidenziato nel mio articolo.
  • preparare dolci fatti in casa, per la merenda, la colazione… così non avranno coloranti e conservanti e molto altro (a casa mia ad esempio vanno a ruba i muffin, che ho anche fatto in versione vegana);
  • usare i pannolini lavabili, se possibile anche di notte (ma a volte dipende proprio da bambino a bambino): un pannolino U&G impiega circa 500 anni a decomporsi, quindi è immaginabile quanto inquinamento ambientale si crei per ogni piccolo essere umano;
  • per la casa usare aceto, bicarbonato, acido citrico e altri detergenti il più possibile ecologici per pulire, lavare i piatti o in lavatrice;
  • organizzarsi per le commissioni in paese in modo da non usare la macchina: a piedi con i piccoli in fascia e i grandi per mano, o bicicletta per tutti, fa bene al pianeta, ma anche alla forma fisica;
  • per il corpo usare burro di karitè e olio di mandorle come idratanti per tutta la famiglia, saponi di Aleppo e Marsiglia e pochi altri di uso quotidiano facendo attenzione all’INCI e sperimentando anche shampoo alternativi come acqua e bicarbonato o acqua e farina di ceci (che è ottima anche per molte altre ricette di bellezza);
  • usare l’henné per tingere i capelli: costa poco, è naturale, ci sono diverse colorazioni e rinforza ed illumina i capelli, a casa in poche ore.
  • scegliere attività per la domenica e l’estate che siano all’aria aperta, in montagna, in campeggio, al fiume, perchè i bambini hanno bisogno di sperimentare, sporcarsi, osservare animali, insetti e fiori e soprattutto stare in compagnia di altri bambini;
  • per i regali ai più piccoli scegliere giochi di legno, educativi, creativi ed evitare quelli rumorosi, luminosi ecc. che implicano l’utilizzo di pile e spesso rendono i bambini troppo eccitati; meglio ancora un libro da leggere insieme per farsi le coccole prima della nanna e iniziare ad appassionare alla lettura.

Ecco qua i miei spunti… e voi cosa fate per essere “abbastanza green”? Attendo i vostri suggerimenti!

Tutti gli usi del burro di Karitè puro

Quando ho scoperto il burro di karitè puro, quindi senza profumi e trattamenti (non raffinato), non l’ho più lasciato e praticamente in casa lo usiamo per tutto e sempre, a discapito di qualsiasi altra crema utilizzata pochissimo, che finisce nell’armadietto solo perché ci viene regalata.

Il burro di karitè è davvero ideale per tutto:

  • le sue proprietà emollienti sono ottime per idratare il viso: consiglio però a chi ha la pelle molto grassa di applicarlo solo la sera, affinché durante la notte abbia il tempo di assorbirsi completamente; usarlo di frequente riduce tantissimo la comparsa di rughe, borse, occhiaie.
  • sempre per via della sua potente proprietà idratante è ottimo anche per i piedi e i talloni secchi: dopo aver passato una pietra pomice sulle parti screpolate, ungete bene le parti anche più volte al giorno e per un’azione urto applicate la sera, avvolgete con la pellicola e sfasciate al mattino.
  • ovviamente è fantastico anche per le mani e anche in questo caso  si possono ungere abbondantemente le stesse prima di coricarsi e avvolgerle in  guanti di cotone per per un’azione idratante più intensa.
  • grazie alla sua non-tossicità si può tranquillamente usare anche come burro-cacao sulle labbra, nonché come idratante del naso quando è molto arrossato e screpolato durante i raffreddori.
  • ottimo per seno e pancia in gravidanza: applicare il più possibile per limitare l’insorgere di smagliature e tenere la pelle elastica e morbida.
  • sempre in gravidanza è possibile utilizzare il burro di karitè per ungere e mantenere elastico il perineo, che ha bisogno di essere morbido durante il parto.
  • è un fantastico dopo sole, nonché crema solare, per lenire gli arrossamenti e prevenire macchie, scottature, rughe. In casa lo usiamo tutti, anche le bambine.
  • per il sederino dei più piccoli è una manna se usato contro gli arrossamenti, sia a livello preventivo che curativo: in caso di candida da pannolino si può miscelare con qualche goccia di tea tree per ammorbidire la parte interessata e fungere anche da antibatterico (alternandolo però, ad appositi prodotti per la candida).
  • durante l’allattamento è un’ottima cura per i capezzoli, funge da preventivo a ragadi e arrossamenti e non serve risciacquare prima di attaccare il bambino (attenzione però che il burro sia davvero puro).
  • dopo una scottatura non grave, se applicato immediatamente, previene la formazione delle classiche vesciche e applicato più volte accelera la guarigione (la bruciatura nell’immediato duole un po’ di più, poi il dolore scompare completamente).
  • per chi ha capelli molto secchi, soprattutto per prevenire la formazione di doppie-punte, dopo il lavaggio e prima di asciugarli si può applicare un filo lievissimo di burro di karitè dopo averlo ammorbidito tra le mani.
  • per capelli molto danneggiati da sole, tinte ecc: applicare il burro sui capelli asciutti e poi avvolgere in un asciugamano per qualche ora o tutta la notte; l’indomani lavateli come fate di solito.
  • naturalmente si può usare come una normale crema su tutto il corpo, sempre, dopo la doccia, dopo la depilazione anche delle parti più delicate, sia dagli adulti che dai bambini, aiutando così la rigenerazione cutanea.
  • ottimo quindi anche per massaggi al pancino dei neonati, per i massaggi AIMI, per le gambe affaticate  e le spalle appesantite dalla lunga giornata.

Il burro di karitè si presenta abbastanza compatto e di odore particolare (subito potrà sembrarvi molto strano e forte, ma utilizzandolo spesso arriverete a non farci più caso); nei periodi più caldi e se lo portate in spiaggia diventa molto più morbido, se non addirittura liquido come olio, per poi tornare solido ad ogni abbassamento di temperatura: non ci sono problemi per il burro, dovrete solo regolare meglio la quantità da mettere.

Ho cercato di acquistarlo presso le farmacie, para-farmacie o erboristerie di zona, ma difficilmente l’ho trovato puro, mentre on-line è più facile acquistarlo, anche senza confezione, pagandolo quindi anche meno in grande quantità (di solito sui 500 g, sfuso sotto vuoto, sui 12 €).

Per chi ha praticità nella preparazione di prodotti naturali per il corpo, il burro è ottimo per fare saponi, burri di cacao, cosmetici vari.

E allora che aspettate? Comprate burro di karitè in quantità!

Come ho tolto il pannolino alle mie bimbe

In questo caso devo ringraziare anche mia madre, che mi ha suggerito fin dalla prima figlia come iniziare, in aggiunta al ricordo di come faceva lei con mia sorella, che è una di quelle immagini che servono proprio ad imparare e poi simulare quando diventiamo a nostra volta genitori.

Sostanzialmente con tutte e tre le bambine, appena loro stesse hanno iniziato a stare sedute senza vacillare, ho iniziato a proporre il vasino ad ogni cambio di pannolino. Proprio perché ci imitano quando li mettiamo a tavola con noi verso i 6 mesi, acquisendo capacità nel prendersi il cibo da soli, scegliendolo e capendo pian piano che quella è l’ora dei pasti, allo stesso modo ho pensato che proporre il vasino di punto in bianco a 2 anni o più potrebbe essere traumatico o spaventoso (“cos’è sto coso mai visto?” potrebbero chiedersi).

Invece far prendere confidenza con vasino e più avanti, verso i 12/18 mesi, con riduttore e wc fin da piccolissimi, partendo dal semplice stare seduti con un gioco in mano (magari un piccolo libro che li attrae particolarmente e che viene lasciato appositamente in bagno per quella occasione) passando alla pipì fatta per caso perché scappava o hanno sentito freddo, può far cominciare tutto con semplicità, senza paure, senza imposizioni.

E poi c’è la componente psicologica: io le ho sempre lodate (senza arrivare al regalo materiale vero e proprio) quando facevano, anche per caso, la pipì nel vasino o quando trovavo il pannolino asciutto… e poi tanti baci e abbracci confortanti, mentre, quando più avanti eravamo in fase di “spannolinamento”, in caso di pozza sul pavimento facevo finta di nulla, rassicurandole che non fosse accaduto nulla di grave ed incentivandole a ricordarsi di chiamare.

Ed è andata proprio così: Sophia ogni mattina faceva tutti i suoi bisogni quasi come un orologio e lo stesso praticamente dopo ogni nanna e molte altre volte, finché verso i 2 anni decisi di toglierle il pannolino completamente, guardando l’orologio la portavamo al bagno (ovviamente era d’accordo anche mia madre che la teneva quando lavoravo) ogni ora/ora e mezza, pochissimi incidenti di percorso, tempo qualche giorno iniziò lei a chiamare quando le scappava la pipì.

Di notte aspettai ancora un paio di mesi, per giugno le avevo tolto anche quello perché ormai aveva capito e il suo corpo era maturato in quel senso.

Con Elettra fu addirittura più semplice se vogliamo: già verso l’anno quando aveva iniziato a camminare, veniva da me facendomi vedere che stava spingendo per fare pupù, perché utilizzando i pannolini lavabili, che al contrario degli U&G non lasciano molto spazio tra culetto e pannolino, aveva intuito che era più pratico farla comodamente sul vasino!

Verso i 19 mesi, colsi l’occasione di un week end lungo per il ponte dell’8 Dicembre e, nonostante un paio di giorni trascorsi da amici, da cui mi portai qualche cambio in più, al rientro al lavoro la riportai da mia madre senza pannolino: stesso sistema, controllare l’ora e tenere un gioco interessante in bagno… così interessante che avevo il problema contrario, cioè farla alzare dal vasino e portarla via!

Di notte con Elettra continuai a lasciare i lavabili e a tratti anche gli U&G perché poppava ancora molto al seno e non riusciva a controllare la tenuta, oltre a dormire sempre prona, bagnando quindi il pannolino solo dalla stessa parte e causando fuoriuscite su tutto l’addome e nel lettino (o addosso a me!).

Nonostante siano sorelle, Diamante si comportò ancora diversamente: non per merito suo, ma perché natura vuole, lei ha smesso di bagnare il pannolino di notte già prima dell’anno di età (sebbene anche lei ciucciasse ancora molto!), quindi al mattino tutta contenta faceva la sua pipì nel vasino, mentre per il resto della giornata sia io che mia madre abbiamo continuato come per le sorelle a sedercela ad ogni cambio (ogni 3 ore circa), finché molto prima di loro, a 17 mesi, ha iniziato da sola a chiamare “pipì!” (e pensare che fino a 15 giorni prima la vedevo molto più indietro della sorella Elettra in questo senso! Bambini che ci stupiscono…).

Camminare a 15 mesi e mezzo e togliere il pannolino a 17 ha quasi dell’incredibile, ma ho colto la palla al balzo e in una settimana era senza, anche lei con pochissimi incidenti di percorso.

Durante la notte, solo per evitare la rara eventualità che si/mi bagnasse, le ho lasciato un pannolino lavabile ancora qualche mese, ma credo di averlo tolto sempre asciutto, finché mi sono decisa a fidarmi e a lasciarla finalmente libera.

Ricordiamoci comunque che l’enuresi notturna è soggettiva, nonché ereditaria e assolutamente normale fino a 5/6 anni (in alcuni casi anche oltre), quindi non è detto che togliere il pannolino di giorno sia sinonimo di maturazione completa renale, vescicale e ormonale, tali da poterlo togliere anche di notte.

E anche stavolta spero di avervi dato qualche consiglio pratico utile.

Capelli ricci fai da te!

Avevo circa 11 anni quando chiesi per la prima volta a mia madre di farmi fare un sostegno ai capelli (la cosiddetta permanente) per averli mossi. Se ci penso adesso mi viene la pelle d’oca, tanto si sentiva all’epoca l’odore di ammoniaca nell’aria, quando li lavavo…

Ma non c’era niente da fare, ero fissata con i capelli ricci, forse perché mia madre e mia sorella hanno questa fortuna e a me invece la natura non ha regalato neanche una mezza onda.

Poi una sera, forse proprio mentre chiedevo a mia madre di inventarsi qualcosa per farmi qualche boccolo, salì la vicina di casa e mi svelò il segreto…

Basta procurarsi uno o più stracci di circa 50×50 cm, tagliarlo a strisce alte 4 dita e lunghe come il tessuto stesso (io per comodità ho sempre usato un telo di cotone/lino ricavato da vecchie lenzuola perché basta inciderlo e poi strappare), ricavando almeno una quindicina di strisce e armarsi di qualche minuto di pazienza.

Più la chioma è folta e più si vogliono ricci piccoli e fitti e più strisce serviranno (a me invece per esempio ne bastano 5/6).

Si parte prendendo una ciocca di capelli, la si tampona con una mano semplicemente umida, si arrotola la fettuccia di stoffa partendo dal fondo come fosse un bigodino e poi una volta arrivati al cuoio capelluto si legano le estremità facendo un semplice nodo, non troppo stretto per poterlo slegare facilmente.

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Cresima di Sophia, boccoli sempre fatti in casa!

 

 

 

 

 

 

Una volta completata l’operazione su tutta la testa, si inumidiscono ancora un po’ le “corna” ottenute con le dita umide e si va a dormire: non è affatto scomodo, non è come avere in testa i bigodini!

Sono necessarie parecchie ore affinché i capelli asciugando prendano bene  la piega, quindi è necessario doverlo fare da sera a mattina, o da mattina a sera, se ad esempio volete avere i boccoli appena fatti, belli corposi e gonfi il sabato sera.

Non fatelo mai con i capelli completamente bagnati dopo la doccia, perché non asciugheranno e non prenderanno alcuna forma. Invece se in casa avete un casco da parrucchiera potrete usarlo per accelerare l’operazione di asciugatura e messa in piega, anche se consiglio di non utilizzarlo di frequente perché i capelli ne risentono.

Soprattutto se avete capelli molto lisci e scivolosi, durante la fase di preparazione potete inumidire le ciocche con schiuma per capelli o lacca, puri o con le mani umide, per ottenere ricci più definiti e per un effetto che dura più a lungo e se alla base avete ancora qualche residuo di sostegno fatto in precedenza, il risultato finale sarà certamente ottimizzato.

Al contrario vi suggerisco di evitare il lavoro o non aspettarvi una lunga tenuta del capello mosso in caso di giornate piovose ed umide, perché il capello tenderà subito ad ammosciarsi.

Che dire, ho sposato la filosofia del “bebè a costo zero” e non posso che seguire lo stesso stile di vita per una “mamma a costo zero”, soprattutto se il risultato è a mio parere eccezionale e mi permette anche di guadagnare tempo, quando è già abbastanza difficile far conciliare i bisogni e gli impegni di 5 componenti!

Fatemi sapere come vi siete trovate con questo nuovo modo di farvi il look da sole… e naturalmente alle vostre fanciulle!

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Come nascono le mie fasce porta bebè… e il loro nome

Come ho già accennato nel mio presente articolo “Mi sono reinventata” non è stato facile trovare il tessuto a trama diagonale e l’investimento iniziale per le fasce porta bebè non è stato nemmeno dei più irrisori, per le mie tasche insomma.

Vorrei però spiegare, soprattutto dopo che qualcuno mi ha detto che le fasce non le faccio io, come nasce davvero una fascia porta bebè artigianale, quale lavoro c’è dietro a quello che sembra solo un lungo pezzo di stoffa.

Intanto mi sono arrivati rotoli da 11 metri, grossi e pesanti con cui ho praticamente invaso la cucina. Man mano che ho potuto in termini di tempo, li ho srotolati e lavati a 30/40°, con detersivo ecologico e senza ammorbidente, tenendo presente che in lavatrice ce ne sono stati non più di 2 per volta (ne avevo 16!).

Poi ho steso il tessuto, che nel frattempo si è ristretto di circa un 8% e una volta asciutto mi sono fatta aiutare a piegarlo per fare una pila ordinata.

C’è anche da dire che già in precedenza avevo fatto un po’ di calcoli per capire quanti metri di stoffa ordinare, in quanto, in base alla misura e poi al successivo restringimento del cotone, dovevo capire se ci sarebbe stato dello spreco o se sarei riuscita a sfruttare al meglio tutta la metratura: ho deciso per gli 11 metri per colore perché dopo il lavaggio sarebbero rimasti circa 10 metri e 20 centimetri, con cui posso fare 2 taglie 6 oppure una 7 e una 5 e così via.

Si arriva quindi al momento del taglio in base alla misura della fascia che si vuole realizzare, abbastanza semplice e veloce, con le 2 estremità in diagonale, per aiutarsi poi a legare meglio la fascia.

Lunghissimo invece il lavoro di imbastitura a mano, girando l’orlo 2 volte, affinché risulti bello anche il rovescio della fascia (in quanto è bello anche il colore al rovescio!).

Infine si passa alla macchina da cucire, con filo del colore necessario e cucitura anche delle etichette.

Se poi ci scappa anche un ricamo? Ebbene, intanto devo cercare un disegno che mi colpisca e finora ho cercato solo soggetti che rappresentassero una coppia come madre-figlio o qualcosa di significativo per me, perché la fascia crea essenzialmente un duo che si ama e poi magari ci sta bene anche una scritta che sottolinei questo legame. Dopo di che il disegno deve essere ricalcato sulla carta velina con apposito pennarello e poi stirato sulla fascia, per avere la traccia da seguire con il filo.

La fase di ricamo è piuttosto lunga, si parla anche di 10 ore di lavoro, a seconda del soggetto e/o della difficoltà (che si traduce in quante sono le parti più piccole e la quantità dei colori da alternare) e infatti diciamo che nel vendere poi la fascia questa parte di lavoro non viene mai del tutto ripagata, ma mi appaga l’anima farlo e sapere che sarà solo per quella mamma e quel bambino, un pezzo unico mai più riprodotto (ho deciso questa filosofia al momento della realizzazione del sito).

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Terminato il ricamo la fascia deve essere nuovamente lavata per cancellare la base del disegno e poi naturalmente stirata.

La confezione non è sempre richiesta, a chi la vuole però preparo un pacchetto con scatola e fiocco in lana, allegando all’interno la stampa delle istruzioni di lavaggio e di sicurezza, più la prima legatura da fare alla nascita (anche se non è l’unica), cioè il triplo sostegno.

Poi ci sono i nomi che ho dato alle fasce: al momento dell’ordine di disegni e colori alla tessitura, ho pensato che come tutte le più note ditte produttrici dovevo dare un nome ad ogni linea e così ho avuto l’idea di associarle ad un nome di donna (perché la fascia è femmina) nonché  personaggio di fantasia di film o cartoni animati, visto il mio amore per il fantasy.

Così, in base al disegno che riportano, sono nate Pearl (la bambina del libro/film “la lettera scarlatta”), Coral (la mamma di Nemo), Ariel (la sirenetta), Minou (la gattina degli Aristogatti) e Morla (la tartaruga de “la storia infinita”) e a breve ci sarà un nuovo arrivo… ma non vi voglio ancora svelare come si chiamerà, altrimenti capirete anche quale sarà il disegno del tessuto…

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Dopo tutto ciò forse avrete capito che in fin dei conti non posseggo una tessitura (che bello sarebbe!) ma le fasce le faccio io… che ne dite? Ci metto testa, cuore, ho sempre qualcosa che mi frulla in testa… direi che è una cosa che mi appassiona davvero tanto.

Venite a trovare i miei lavori sul mio sito www.fascebebeelfadelphia.com e ricordatevi quanto amore e tempo ci va per farvi avvolgere da una fascia di Elfa Delphia!

Lode ai genitori dei bambini che vanno a scuola

Oggi ero stranamente in anticipo, portando Elettra a scuola, grazie a Diamante che ultimamente si sta svegliando con me alle 6.40 e non fa storie per vestirsi o altro. Ho trovato il tempo (5 minuti eh… ma per me è tutto grasso che cola!) di parcheggiare, scendere dalla macchina, entrare al volo in cartoleria per dei fogli con i buchi a quadretti grandi (perché per “rendere tutto più semplice” alla maestra non vano bene i quadretti piccoli che Elettra aveva già) e di accompagnare Elettra davanti a scuola… e davanti a scuola ho osservato e pensato.

Come si può non lodare quei genitori che tutte le mattine parcheggiano anche sugli alberi pur di scendere per accompagnare i figli davanti al portone, o attraversano la strada con 2 zaini a spalle e 2 bambini di prima elementare per mano, che sennò dovrebbero portare una cartella più grande di loro.

Come si può non lodare chi deve chiedere permessi o trovare soluzioni alternative costose e fuori mano quando ci sono scioperi o i bambini stanno male.

E poi ci sono quelle mamme e quei papà che hanno anche un piccolino da portare all’asilo e come me fanno il giro del mondo per portare prima uno e poi l’altro e devono trafficare con il seggiolino della macchina per farlo salire e scendere, magari con il freddo e sotto la pioggia, con l’ombrello che vola via e lo zaino del più grande che si bagna.

Senza contare chi fa i turni, papà al mattino e mamma al pomeriggio, perché non ha nessuno che recuperi i figli a scuola e quindi non si vedono mai, a malapena si dicono due parole prima di dormire, eppure magari di figli ne hanno fatti anche più di uno.

Poi c’è chi come me fa fare tutti i compiti nel fine settimana, perché la sera con il dopo-scuola si arriva alle 17.30/18.00 o anche più tardi. E i bambini sono stanchi, hanno bisogno di staccare, di giocare, non di rimettersi subito sui libri (al limite solo ripassare), ma in ogni caso anche così se ne vanno intere mattine del weed end o anche tutto il sabato per avere l’intera domenica libera.

Lode a chi ha scelto di stare a casa dal lavoro per seguire i bambini perché non ha aiuti e poi fa sacrifici di ogni genere per la loro felicità e magari non può permettersi di mangiare la pizza al ristorante neanche una volta al mese.

Lode a quei genitori che, nonostante lavorino, riescono a trovare il tempo di star dietro al dopo-scuola: contabilità, organizzazione delle feste di Halloween o di Carnevale, pagamenti, merende fatte in casa, pulizie.

Come si può non lodare quelle mamme che la sera tornano dal turno delle 22 e, come faceva la mia, mettono ancora sul fuoco l’arrosto per domani (che poi qualche volta si è bruciato e ha affumicato la casa perché mia madre si addormentava stremata sul divano), per dare il pranzo al figlio che va alle scuole medie, o al marito che torna dal lavoro e poi stirano o controllano lo zaino dei piccoli, ci infilano la merenda, l’asciugamano pulito, preparano il cambio di vestiti per  l’indomani per tutti e poi finalmente, chissà a che ora, vanno a letto.

Sono vite dure, vite sempre di corsa, sempre con qualcosa in mente da fare o che mannaggia abbiamo dimenticato di fare, sono notti con tanti risvegli, serate col mal di testa, giornate lunghe e piene e senza sosta… ma ne vale certamente la pena, per loro, per i loro sorrisi, per le loro aspettative, per la loro voglia di fare, per la loro vivacità e voracità a tavola, per i nostri piccoli grandi bambini.

Buona vita cari genitori, siate orgogliosi di voi.

noi che siamo diverse…

… alla società diamo fastidio.

Ne parlavamo io e la mia ostetrica, che qualche giorno fa è passata a trovarmi, facendomi una grande e piacevole sorpresa.
E abbiamo proprio convenuto insieme che noi donne e madri che partoriamo in casa, allattiamo, portiamo in fascia e magari scegliamo la medicina alternativa e siamo anche un po’ scettiche sui vaccini siamo davvero una spina nel fianco per la società.

Credo che tutto si riconduca sempre al business e molto subdolamente a quanto il nostro pensiero potrebbe rivoluzionare il mondo e far crollare quello che si era creduto fino al giorno prima: di conseguenza crollerebbe anche tutto il castello di carte che sta su solo grazie a chi si lascia abbindolare dalle credenze popolari sui vizi e l’educazione infantile, che ormai scorrono nelle nostre vene come linfa vitale e da acquisti superflui che invece sembrano strettamente indispensabili.

Dove andrebbero a finire tutte le industrie produttrici di latte artificiale, se tutte le madri del mondo allattassero almeno un anno, che cosa farebbero i ginecologi senza più donne che si recano da loro inutilmente per nove mesi ad ogni gravidanza, cosa farebbero i produttori di passeggini stile “Cartier” se usassimo tutte una fascia, anche per 2/3 figli… e le aziende farmaceutiche? Perché chi si cura senza esagerare, senza fretta, lasciando al corpo il tempo di provare a reagire da solo, anche senza arrivare all’omeopatia che per alcuni è “acqua fresca” (ma guarda caso funziona), difficilmente un corpo diventa dipendente a vita dai farmaci, soprattutto se di base ci sono una corretta alimentazione e un allattamento prolungato.

Ebbene sì, diamo fastidio.

Non compriamo ammennicoli di ogni sorta per i nostri bambini, ma più spesso tanti libri e giochi in legno, li teniamo nel lettone se hanno paura e si svegliano molto, eppure non ne inficia nemmeno la nostra intimità, visto che di figli ne facciamo anche tre (o anche di più!), siamo strani noi con questa nostra fissazione de “meno oggetti e più affetti” e quindi la società ci emargina perché non facciamo crescere il PIL, non facciamo girare l’economia, ci etichetta come “madri talebane”, come pazze che vogliono andare indietro invece di guardare al futuro.

Eppure io credo che sia questo il futuro: i nostri figli sono il futuro del pianeta, un bambino ascoltato saprà ascoltare, un bambino felice sarà un adulto felice, un bambino amato amerà le persone e non gli oggetti, amerà animali e piante intorno a sé e quindi tutto il pianeta.

Paura di non vaccinare i bambini? Siamo noi il virus più micidiale, siamo noi uomini, con tutta questa corsa a produrre e a vendere sempre di più, che esauriremo le risorse e faremo morire il mondo e poi noi stessi, esattamente con un virus.

Dobbiamo fermarci, tornare indietro veramente, ricercare i veri valori, non il petrolio, ricercare la felicità nelle piccole cose, non nel passeggino più grande e più attrezzato.

Noi madri e donne che magari non compriamo neanche il bagno schiuma ma solo sapone di Aleppo e laviamo il pavimento con l’aceto, non siamo all’antica, anzi, stiamo solo guardando al futuro con occhi diversi, per la Madre Terra appunto e per i nostri figli.

Per i nostri figli non siamo fastidiose ed è questo quello che conta.
Sono fiera di essere fastidiosa.

Mi sono reinventata…

Ce l’ho fatta… è successo… o forse doveva accadere… o forse l’ho fatto accadere.

Sta di fatto che dopo più di 22 anni in un’azienda che per certi aspetti mi ha dato tanto, ma che dall’altra parte mi ha delusa e amareggiata, si è chiusa una porta e ho cercato di aprire il famoso portone…

Così ho maturato l’idea, il progetto, che mi stava a cuore da molto tempo: le fasce porta bebè.

Ho conosciuto il babywearing nove anni fa, quando alla nascita della mia seconda bimba, Elettra, mia cugina mi regalò una fascia lunga che mi cambiò letteralmente la vita: la bambina era così esigente che non potevo mai posarla e con la fascia invece riuscivo a gestirla e nel contempo a dedicarmi alla sorella grande, alla casa, alle commissioni in generale. Per me è stata davvero la salvezza, una manna dal cielo, tanto che mi sono informata sui benefici e i vantaggi del portare per mamma e bambino e non ho mai più usato un passeggino, nemmeno con la nascita della terza.

All’inizio è stata dura, nessuno dei miei familiari e amici è afferrato in questo campo, quindi ho dovuto tirarmi su le maniche da sola: cercavo una teleria nelle vicinanze (Biella è famosa per il tessile), ma nessuna poteva fornirmi il tessuto che cercavo per confezionare le fasce ad hoc, a trama diagonale in cotone 100% e tantomeno con qualche colore o disegno particolare.

Allora ho contattato una ragazza che compra tessuti del genere già da qualche anno e finalmente ho trovato il rivenditore che faceva per me.

E’ stata dura per me capire come funzionano i filati… come si predispongono i colori, che disegno scegliere, che investimento fare: già, perché non si tratta di acquistare qualche metro di stoffa, ma molte metrature! Quindi dovevo avere le idee ben chiare di cosa farne, di quale colore e disegno potessero piacere e di come inventare qualcosa di davvero nuovo ed originale per differenziarmi da altre produttrici artigianali.

Ed ecco che ho pensato di acquistare anche del tessuto tinta unita e di fare un ricamo centrale, con un punto semplice che non influisse sulla trama diagonale, che è la caratteristica che permette alle fasce rigide  di sembrare quasi elastiche, per avvolgere e sostenere bene dalla nascita.

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Nell’attesa di ricevere le metrature di stoffa, piena di curiosità per come sarebbero state dal vivo e non solo su disegno, ho lavorato sul web per creare il sito: non sono proprio una profana nell’utilizzo della tecnologia, ma a questo punto mi sono sentita davvero incompetente! E’ stato un lavoro abbastanza lungo e complesso capire come costruire i collegamenti, il negozio virtuale, i pagamenti… man mano che procedevo pareva mancare sempre un pezzo, mi veniva un’altra idea, aggiungevo, toglievo… volevo che fosse chiaro, semplice, ma anche ricco di spunti e aiuti alle mamme che vogliono comprare una fascia, ma che non sanno nemmeno perché la fascia sia così utile.

Alla fine ce l’ho fatta, o quasi… perché mi viene sempre in mente di aggiungere qualcosa!

E poi c’era da creare un logo, ordinare le etichette, le scatole per le confezioni, capire cosa sarebbe stato interessante e simpatico inserire nel pacco… mi sognavo le fasce anche di notte!

Quando è arrivato il materiale, ho preso subito ripetizioni di ricamo e di cucito dalla mia cara mamma (chi aveva mai usato una macchina da cucire??? Io no!) e mi sono buttata…

Mio marito mi ha creato un piccolo laboratorio, ormai pieno di stoffe, di fili, la macchina da cucire, il manichino… adesso c’è proprio tutto.

Ho già venduto qualche fascia tramite conoscenze e la cosa che più mi ha resa felice non è stato vendere come accade spesso in un qualsiasi negozio, dove prendi l’articolo e poi paghi alla cassa, ma dare consigli, aiutare a scegliere la misura, sentirmi ringraziare per la mia disponibilità e poi vedere le foto dei bimbi felici o beatamente addormentati nella loro fascia, cuore a cuore con la mamma, sapendo di aver regalato felicità, praticità e soprattutto amore.

Reinventarsi si può, voglio essere positiva e fiduciosa in questi nuovi percorsi, voglio credere in me stessa e in una società migliore… soprattutto perché i bimbi portati e cresciuti ad alto contatto saranno certamente adulti migliori.