COME HO INIZIATO A PORTARE…

Arrivavo da una bambina poco esigente fin dalla nascita, Sophia, pertanto ero quasi convinta che la sorella dovesse somigliarle abbastanza… grave errore!

Appena nata Elettra, chiesi di non separarmi mai da lei per avviare bene l’allattamento e non credo avrei potuto fare diversamente! Voleva sempre stare attaccata e in braccio, sin dalle prime ore in ospedale.

Mia cugina, che lavorava proprio in quel policlinico, si era raccomandata con me di non partorire il 16 maggio perché lei sarebbe stata ad un corso e le sarebbe dispiaciuto non essere presente e non visitare personalmente la piccola, ma quest’ultima ci aveva subito fatto capire chi comandava ed era nata proprio quella notte.

La chiamai e ridemmo insieme per l’annuncio del lieto evento avvenuto con “tempismo perfetto” e lei mi disse che appena possibile mi avrebbe portato la fascia che mi aveva promesso in regalo; io risposi di fare con comodo perché dentro di me non credevo che sarei riuscita ad usarla con naturalezza e disinvoltura.

La prima legatura me la mostrò subito quella sera, arrivata di corsa per me e mentre io cercavo di mangiare qualcosa, mia cugina si mise la piccola Elettra urlante in fascia, calmandola facendole succhiare il suo mignolo… lo ricordo come se fosse adesso.

Poco dopo, goffamente, provai a portarla io… mi sentii strana, dubbiosa, con la paura di non riuscirci più senza l’aiuto di qualcuno, ma in realtà nel profondo fu subito amore.

Fu così che nelle ore successive, sempre con la piccola avvinghiata al mio seno, sfogliai il libretto di istruzioni allegato alla fascia e ripassai più volte le posizioni più semplici: il giorno dopo mi avrebbero già dimessa e io uscii dall’ospedale con Elettra in fascia.

Le mie amiche, una ad una, iniziarono a chiamarmi per avere il racconto del mio tanto desiderato VBAC e con serenità raccontai loro ogni dettaglio, gongolando per l’amore puro che ci aveva legate fin da subito e per la fascia che rendeva tutto ancora più forte e profondo.

Da lì il binomio fascia-tetta diventarono soluzione insostituibile per accudire la bambina.

Lottai per i commenti sui vizi, sulle cattive abitudini, mi tappai le orecchie quando sentivo dire che non si sarebbe mai staccata, che non avrebbe camminato, che soffocava, che sarebbe caduta, che era scomoda, che dovevo posarla e lasciarla piangere.

Ma lei cuore a cuore con me non piangeva mai, quindi non era certamente scomoda! Era felice, serena, io potevo annusarla, sapevo che sarebbe cresciuta e avrebbe preso il volo, perché non ascoltare i suoi bisogni e il suo istinto in quel momento?

Certo, non fu semplice tante volte, dover fare tutto con lei sempre addosso, ma appena riuscii a metterla sulla schiena divenne davvero molto più comodo e semplice per me, oltre che sempre soddisfacente per lei.

Anche mio marito scoprì l’utilità della fascia ed i suoi benefici, quindi spesso mi aiutò a riposare un po’ mettendo lui la pupa in fascia e dondolando guardandosi un film, oppure sonnecchiavano insieme mentre io mi facevo una doccia, oppure passeggiavano in vacanza mentre io facevo qualche foto e stavo con la sorella grande.

E poi… Elettra è cresciuta, ha cominciato a camminare, ha cominciato a non voler più stare in fascia per esplorare il mondo, è diventata socievole, sorridente, ama la vita, le persone e non è affatto la bambina “viziata” che la gente si aspettava.

Portare in fascia è un gesto d’amore, può fare tutto, ma non male, né alla mamma né al bambino, non posso che consigliarlo vivamente.

PANNOLINI LAVABILI – consigli pratici

Se avete scelto di usare i pannolini lavabili per risparmiare e per la loro ecosostenibilità, forse vi state facendo delle domande precise su quanti prenderne all’inizio, come lavarli ecc ed allora Vi racconto un po’ come si fa e come ho fatto io.

Io sono partita con una trentina di cambi, a cui ho aggiunto nel tempo altri 15/20 pannolini per darne poi un po’ anche mia madre quando fossi tornata al lavoro e lei avrebbe tenuto le bambine tutto il giorno, per non doverceli passare continuamente.

La comodità di averne almeno 26/30 sta nel fatto che considerando circa 6/7 cambi al giorno (di più se li usate anche di notte, soprattutto all’inizio quando i neonati fanno pupù a tutte le ore e vanno cambiati per non far arrossare il sederino) si può fare una lavatrice ogni 2 giorni con una quindicina di cambi e avere una scorta di altri 15 per il tempo che ci mettono ad asciugare.

All’inizio avevo una lavatrice che non regolava l’acqua in base al carico (adesso quelle nuove lo fanno quasi tutte, quindi il risparmio di acqua è automatico), ma potevo comunque impostare un lavaggio al 50%, sempre a 40° (60° solo una volta ogni tanto), con detersivo bio e senza ammorbidenti di ogni genere, perché rendono i pannolini leggermente impermeabili e quindi meno assorbenti.

L’ideale è procurarsi un secchio con coperchio, ove mettere i pannolini (da cui è stato tolto il velo raccogli pupù che va gettato nel sacchetto dell’immondizia indifferenziata perché non è biodegradabile, se è pulito però si può riciclare un po’ di volte, lavandolo insieme ai pannolini), sciacquati e ben strizzati, con qualche goccia di tea tree che è un antibatterico naturale, fino al momento in cui si metteranno in lavatrice.

Anche durante il lavaggio è possibile aggiungere qualche goccia di olio essenziale di tea tree

https://www.greenme.it/consumare/detergenza/7040-tea-tree-oil-usi-proprieta (o lavanda o timo) per disinfettare e profumare il bucato, ma sono assolutamente da evitare sbiancanti non naturali, perché finirebbero a contatto con la pelle del bambino.

Per un’asciugatura più veloce io ho sempre usato la massima centrifuga, poi li stendevo al sole in estate e vicino a stufa e termosifoni in inverno (se non addirittura sopra, così aiutavano anche ad umidificare l’ambiente!).

Il bello degli AIO (all in one) è che sono pratici da far indossare al bambino come un pannolino U&G e si stende un solo pezzo, ma ci mettono un poco di più ad asciugare, mentre i Pocket o i Popolini hanno più parti da stendere, ma asciugano in metà tempo oserei dire.

Credevo che occuparmi anche dei pannolini da lavare e stendere sarebbe stato faticoso, ma in realtà non sono quei 20 minuti ogni 2 giorni che cambiano la vita e poi non è necessario fare un lavoro da certosino come per stendere bene una camicia che poi deve essere stirata, per cui anche i fratellini posso dare una mano a stendere i pannolini, come a raccoglierli e perché no metterli via!

Se avete una mamma e/o una suocera che si offrono di dare una mano in qualche modo, si può chiedere loro di occuparsi di lavare i pannolini, oppure addirittura di cucirne

http://www.nonsolociripa.it/index.php/fai-da-te se sono in grado, o di procurare anche solo degli inserti in più (con vecchi asciugamani) per i bimbi più ciuccioni che bagnano molto.

Buon cambio bebè!

 

Il nostro cosleeping

OVVERO ESPERIENZE E SUGGERIMENTI PRATICI

Quando è nata la nostra prima figlia, Sophia, sentir parlare di bambini che non dormivano la notte o che, per quieto vivere, dormivano nel lettone mi lasciava abbastanza basita.

Prima di tutto credevo che tutti i bambini dormissero chi più chi meno come gli adulti, perché in effetti la mia bambina era così, difficilmente si svegliava, aveva orari e abitudini semplici e gestibili, la notte erano rarissimi i risvegli, al limite solo nei periodi in cui spuntavano i dentini e se la domenica mattina si svegliava presto e la mettevamo nel lettone tra noi non riprendeva a dormire, perché aveva già riposato con un bel sonno di 10 ore circa!

Inoltre io e mio marito eravamo certamente condizionati dall’educazione ricevuta, secondo la quale era proprio proibito toccare il letto di mamma e papà, se non quasi per ragioni di vita o di morte e poi che ne sarebbe stata dell’intimità dei genitori?

Quando restai incinta della seconda bambina, 7 anni dopo, avevo nel frattempo sentito sempre più amici parlare di notti insonni e ripetuti risvegli notturni, a cui sopravvivevano semplicemente dormendo con il loro bambino, altrettanto semplicemente bisognoso di contatto.

Quando la piccola nacque dimostrò quasi immediatamente di avere richieste ed abitudini opposte alla sorella, sia di giorno che soprattutto di notte: mentre la sera allattavo nel lettone mio marito mi leggeva “Besame Mucho” di Carlos Gonzales  http://fiera.bambinonaturale.it/news/sonno-bambini-carlos-gonzales/ , ove – non credendo alle mie orecchie – sentivo parlare di bambini che dopo i 3/4 mesi si svegliano anche più di prima, perché non solo vogliono poppare, ma anche perché sono più sensibili alla lontananza dalla madre.

Appresi inoltre che non è un problema del bambino il fatto di non riuscire a dormire da solo o di avere diversi risvegli, che non è un vizio da condannare e reprimere immediatamente, ma che si tratta soltanto di un gene della sopravvivenza, che viene tramandato di generazione in generazione sin dai tempi degli uomini delle caverne, dove il bambino attaccato da una belva feroce sopravviveva solo se stava accanto alla madre e non poteva essere dimenticato da lei quando fuggiva e non moriva di fame perché accudito e nutrito se piangeva ripetutamente.

Incredula, dovetti rivedere le mie conoscenze sul sonno dei bambini.

Fu così che, un po’ meno ottusa, intenzionata a sopravvivere e non di meno desiderosa di soddisfare i bisogni di mia figlia, iniziò il nostro cosleeping, con alti e bassi e non senza varianti più o meno (s)comode per gestire certe situazioni.

Ad esempio all’inizio non riuscivo a stare troppo nella posizione sul fianco per allattare Elettra, perché provavo un forte mal di schiena, allora chiedevo a mio marito di appoggiarsi a me e farmi da sostegno, oppure se ero da sola avevo imparato a mettere 2 cuscini di appoggio prima sdraiarmi.

Se tutto andava bene e la piccola era serena, quando vedevo che sembrava stecchita dal sonno, la spostavo leggermente più in là nel lettone o nel suo lettino messo in tandem con il nostro, con la sponda abbassata, così potevo toccarla ed eventualmente riprenderla appena piangeva senza alzarmi mai e magari dormire qualche ora (all’inizio era al massimo una!) in una posizione più comoda.

Moltissime volte invece restava tutta la notte con noi, passando da una tetta all’altra e, nonostante quel che si dica sulla sicurezza, non è mai accaduto che le schiacciassimo nemmeno una manina durante il sonno, perché il sonno della mamma (e in qualche modo anche quello del papà) cambia decisamente quando si ha un neonato accanto! Il sonno profondo per mesi diventa un vero sogno a cui si anela fortemente, le posizioni spaparanzate pure, le dormite fino a tarda mattina restano un ricordo lontano…

Ma il tutto è decisamente affievolito e più sopportabile se non ci si deve alzare dal letto ogni volta, prendere freddo, camminare o dondolare al buio e in silenzio per riaddormentare il piccolo, cercare di posarlo di nuovo nel suo lettino e al mattino non capire se si è riposato o no.

Nel crescere, anche Elettra ha cambiato abitudini diverse volte, a seconda dell’umore, dei malanni o del semplice evolversi dei suoi ritmi: succedeva infatti che, soprattutto nella notte e non la sera prima di addormentarsi, chiedesse lei di tornare nel suo lettino e ci andasse da sola, su e giù per cercare la comodità, la tetta, il fresco o il caldo.

Raccogliendo sempre informazioni qua e là, mi resi conto che la maggior parte delle popolazioni non occidentali condivide il sonno con i propri bambini con naturalità e senza compromettere la loro indipendenza e la loro crescita, anzi senza forzature l’autonomia ne giova soltanto perché sanno scegliere senza paure il momento adatto a staccarsi e difficilmente tornano indietro, acquistando sicurezza anche in altre occasioni diverse https://www.uppa.it/educazione/pedagogia/come-dormono-i-bambini-nel-mondo/ .

Intorno ai 3 anni Elettra divenne abbastanza grande da sbattere con gambe e braccia nel suo lettino, allora cercammo un altro tipo di cosleeping che l’aiutasse a dormire serena, anche in virtù dei risvegli leggermente diminuiti (a quell’epoca erano ancora 3/4 per notte, già un miracolo per me!): mettemmo un letto matrimoniale nella stanza delle bambine, per farci stare lei e la sorellona Sophia ed affinchè potessi essere comoda anche io se avessi dormito con loro.

Così fu: la sera mi mettevo a letto con le bambine, leggevo una storia, poi spegnevo la luce e cantavo o raccontavo ancora qualcosa, finchè anche la piccola non si fosse addormentata. Allora sfilavo il braccio da sotto la sua testina (abitudine chiesta a lungo questa) e andavo nel mio letto… fino al primo risveglio, dopo di che dormivo con le bambine fino al mattino.

A loro la sistemazione piacque molto: Sophia aveva la compagnia tanto agognata ed Elettra pian piano mi cercò sempre meno perché sentiva il contatto con la sorella.

I suoi risvegli, con la necessità di avere la mamma a fianco per riaddormentarsi, durarono ancora un’annetto circa, per poi sparire quasi da un giorno all’altro, senza un particolare motivo, semplicemente era cresciuta e aveva acquisito sicurezza e capacità di riprendere sonno da sola, senza nemmeno chiamarmi, durante le fasi del sonno (che tutti in realtà abbiamo).

Con Diamante (32 mesi) stiamo facendo tutt’ora cosleeping, quasi con le stesse modalità, a seconda dei momenti e delle sue esigenze più o meno intense, ormai senza porci domande, senza preoccupazioni, senza aver ancora pensato a quando piazzare il letto matrimoniale in camera delle sorelle, che nel frattempo sono cresciute e hanno diviso nuovamente i letti, per avere ognuna il suo spazio, in totale indipendenza e serenità.

Sinceramente, prima della nascita di Elettra, di Diamante e di queste esperienze non avrei mai pensato che mi sarebbe mancato dormire con loro… invece sì, mi mancherà un neonato nel lettone, mi mancherà il loro odore, il loro corpicino morbido abbandonato sopra di me, indifeso e in cerca di protezione.

Il cosleeping che abbiamo praticato io e mio marito con le bambine non è stato sempre semplice e abbiamo sempre cercato compromessi che arrecassero comodità e sonno riposante un po’ a tutti, a giorni alterni e a periodi, però ci ha salvati da notti in bianco e ci ha resi persone migliori… ed anche le mie bambine hanno potuto giovare del nostro calore e amore a seconda dei loro bisogni.

Buona notte!

COSLEEPING

Perchè portare e con quali supporti

Partiamo dalla fisiologia e biologia del portare e dei suoi benefici.

In natura, parlando di mammiferi, ci sono diversi tipi di cuccioli (direttamente da http://www.portareipiccoli.it/bio_concetto.html) :

I cuccioli nidiacei, per esempio i gatti, topi, nascono dopo un breve periodo di gestazione e spesso in grande numero fortemente immaturi. Nudi, sordi e con gli occhi chiusi assomigliano alla nascita poco ai propri genitori. Inoltre sono molto immaturi dal punto di vista motorio; infatti la madre li nasconde in un nido dove rimangono finche’ sono pronti a lasciarlo. Dopo pochi giorni, mentre la madre è in cerca di cibo, rimangono per molte ore soli e tranquilli.

Dopo una lunga gestazione, i cuccioli nidifughi, come per esempio il cavallo, la pecora, invece, dopo poche ore dalla nascita sono fisicamente maturi, sanno camminare e seguire la madre e la gregge dappertutto.

Dal punto di vista evolutivo i nidifughi trascorrono il periodo da nidiaceo in utero, dove hanno gli occhi chiusi e sono senza pelliccia. Ma ancora prima della nascita maturano completamente.

Ma queste due tipologie non bastano per definire tutti i mammiferi. I koala e certe scimmie per esempio non possono muoversi da soli alla loro nascita, ma non sono neanche immaturi come i nidiacei: alla nascita assomigliano già molto ai loro genitori e tengono gli occhi aperti. Questi cuccioli vengono portati dalla loro madre per la maggior parte del tempo che non sanno ancora muoversi in modo autonomo.

Così nel 1970, fu introdotto dal biologo comportamentale Bernhard Hassenstein la definizione del PORTATO, per definire i cuccioli mammiferi che vengono portati dai loro genitori vicino al proprio corpo. Si distinguono oggi il portato passivo e il portato attivo.

Il portato passivo si lascia portare dalla madre senza dare un suo contributo. I marsupiali, come il canguro, sono portati passivi. I loro piedi e mani non sono predisposti per tenersi aggrappati al corpo della madre; infatti sono portati dentro una tasca.

I portati attivi invece si tengono attivamente sul corpo della madre. I loro piedi e mani sono fatti per aggrapparsi alla pelliccia della madre anche per molte ore al giorno. Di questa categoria fanno parte molti primati, i koala, gli opossum e altri grandi scalatori d’alberi.

E il cucciolo dell’uomo?

Il cucciolo umano si inserisce, secondo B.Hassenstein, E.Kirkilionis und W.Schiefenhoevel nella categoria dei PORTATI (Traglinge) .

Questa definizione può sorprendere, ma la serie di riflessi “primordiali” di cui il neonato umano dispone alla nascita e che si perdono di solito nei primi mesi di vita, rende quest’affermazione non solo comprensibile a tutti, ma addirittura logica. I riflessi per aggrapparsi, si presume, erano importanti nei tempi antichi, dove perdere il contatto con il corpo della madre significava pericolo imminente di morte. Il neonato umano era soltanto fisicamente sicuro vicino al corpo di sua madre. Ancora oggi il cucciolo dell’uomo, quando si sente abbandonato, si fa notare con tutte le sue energie piangendo per richiamare l’attenzione della madre. Il contatto corporeo con il genitore è di fondamentale importanza perchè garantisce, dal punto di vista biologico comportamentale, la sopravvivenza del piccolo.

In conclusione i biologi affermano, che le specifiche caratteristiche del portato, i riflessi innati per aggrapparsi, le particolarità anatomiche e il grande bisogno dei neonati e lattanti di contatto corporeo siano indizi univoci che l’essere umano, dal punto di vista biologico e storico evolutivo, deve essere un portato attivo. Il fatto, che neonati senza contatto corporeo non si sviluppano bene e che cercano continuamente di stabilire questo contatto, piangendo se necessario, sono altri indici che il contatto corporeo è di prima necessità per lo sviluppo del cucciolo dell’uomo.

Dal punto di vista scientifico portare significa tenere un piccolo in contatto con il corpo dell’adulto, che a sua volta è predisposto a portarlo.

Dunque, visto che i nostri cuccioli non hanno più la capacità di tenersi aggrappati alla mamma da soli, come fanno invece i primati più vicini a noi, le scimmie, vediamo cosa è possibile utilizzare per portare un bambino, per la precisione cosa ho provato personalmente, per darvi un’idea della comodità.

Premesso che per il bambino essere portato dà :

  • un sostegno ottimale alla colonna vertebrale
  • un sostegno ottimale della testa
  • una posizione divaricata-seduta delle gambe idonea alle anche

ed aggiungerei:

  • non respira gas di scarico (come a livello di un passeggino), non da poco ai giorni nostri
  • non si bagna perché sta sotto l’ombrello con la mamma
  • ha il seno a portata di bocca

e che all’adulto permette di :

  • portare “alto” (a livello e al di sopra del proprio ombelico)
  • portare “vicino” (nessun spazio vuoto tra i due corpi – non ci passa la mano)
  • lascia libertà di movimento (braccia/mani non devono sostenere il bambino)
  • regolare la modalità/posizione in base al peso crescente, quindi nessun problema a livello di postura della schiena

ecco i metodi più usati:

IL MARSUPIO

I marsupi sono molto venduti in quasi tutti i negozi che hanno articoli per neonati, ma bisogna valutarne bene la struttura. Purtroppo la maggior parte dei marsupi non prevede una postura corretta per il bambino e gravano molto anche sulla schiena dell’adulto che porta: prima di tutto non fasciano la schiena del genitore, che quindi si ritrova con il peso sbilanciato completamente in avanti e poi non permettono una posizione delle gambe del bambino a ranocchia (cioè gambe divaricate e sollevate, con ginocchia leggermente sopra al livello del bacino e con la traversa dove è seduto il bimbo che vada da rotula a rotula).

Inoltre non sono regolabili per portare fin dalla nascita e spesso tendono a staccarsi dal corpo di chi porta, creando l’effetto “ballonzolamento” che nuoce alla schiena del bambino.

LA FASCIA LUNGA

Non posso che spezzare una lancia a favore di questo supporto: mi fu regalato alla nascita della secondogenita e senza questa fantastica striscia di stoffa, sarei stata perduta.

Esistono fasce lunghe ELASTICHE e RIGIDE:

  • La fascia elastica è molto adatta a portare il bambino nei primi mesi di vita, proprio per la particolarità di essere cedevole e contenitiva, ma ha lo svantaggio di non reggere il peso oltre i 7/9 kg circa (gravando sulla schiena di chi porta) e di scaldare per via della fibra sintetica, quindi non è particolarmente idonea nei mesi estivi.
  • La fascia rigida in realtà non è rigida come lo possiamo intendere letteralmente, ma solo senza filo sintetico ed elastico nella tessitura, restando comunque confortevole ed avvolgente in virtù della trama particolare con cui viene ordita.

Fortunatamente a me fu regalata la fascia rigida, di una taglia molto grande per permettere anche a mio marito di usarla e la utilizzai dal primo giorno in ospedale (e ovviamente anche subito dopo il parto in casa) e fino a 3 anni della bambina, perché permette di portare fino a 13 kg abbondanti ed in svariate posizioni.

Per l’acquisto ci sono svariati negozi on-line, mentre solitamente nei rivenditori di articoli per bambini è più semplice trovare fasce corte (quindi non adattabili a tutte le posizioni), elastiche e con meno opportunità sui colori.

In ogni caso, solitamente, con l’acquisto di una fascia, si trova nella confezione anche un libretto illustrativo sulle modalità di indosso e, nel caso ci fossero ancora dubbi, si trovano molti video su you-tube e si possono frequentare i corsi tenuti dalle consulenti, per imparare al meglio come gestire fascia e bambino.

Io ho utilizzato ed utilizzo tuttora con la terza bimba i seguenti modi di portare:

  • Davanti, con legatura a ranocchia, fin dai primi giorni, per vedere la bambina, allattarla, dondolarla per dormire, tenerle la testolina ferma e poterla indossare prima di uscire e poi infilare la bimba senza dover rifare il nodo ogni volta;
  • Sul fianco, soprattutto la sera, per offrire il seno e intanto cucinare anche dopo i primi mesi;
  • Sulla schiena (circa dai 4 mesi di età delle bimbe, quando hanno un buon controllo della testa), per sentirmi più libera, soprattutto in casa nei lavori più pericolosi, come stirare e cucinare, o fuori per lunghe passeggiate.

IL MEI TAI

Esistono diversi siti online ove acquistare MEITAI davvero bellissimi, ma con un tutorial è anche possibile cucirne uno abbastanza facilmente, se siete già delle brave sarte.

Io me ne feci fare uno intorno all’anno di Elettra, credendo di poter portare più facilmente, ma con la mia vita frenetica lo trovo tuttora un po’ scomodo per via dell’impossibilità di poterlo indossare da subito (prima di uscire di casa e con giacca sopra per intenderci) ed infilarci dentro la bambina dopo il viaggio in macchina, anche se in realtà è senz’altro molto pratico e veloce da indossare, soprattutto per chi è alle prime armi con le legature.

http://www.meitaimundo.it/it/perche-il-mei-tai

La fascia ed il meitai sono senza dubbio supporti che permettono di eliminare quasi totalmente l’acquisto di altre attrezzature di trasporto per bambini, risparmiando quindi denaro e spazio, ma alcuni modelli hanno dei costi abbastanza elevati se si tratta di tessuti di alta qualità (come la Didymos ad esempio) e di notevole lunghezza (questo per le fasce), pertanto io consiglio anche di cercare la fascioteca più vicina per provare e poi scegliere la tipologia di supporto più congeniale alle vostre esigenze.

Dopo di che potete buttarvi nell’acquisto del modello di supporto porta-bebè che preferite e che si addice alla vostra quotidianità.

Buon viaggio a voi ed ai vostri cuccioli!

Il riflesso di emissione… che inganna

Intanto raccomando sempre a chi pensa di avere problemi in allattamento, di sentire una consulente (LLL o IBCLC), non il pediatra (i pediatri curano le malattie e non fanno quasi mai corsi sull’allattamento, se non è loro intenzione approfondire ed informarsi bene), dopo di che, visto che sento spesso dire “il bimbo al seno si stacca e piange… non avrò latte!”, vorrei chiarire io stessa che non è proprio così.

A questo link de La Leche League trovate il dettaglio di come funziona il riflesso di emissione:

http://www.lllitalia.org/index.php?option=com_content&task=view&id=279&Itemid=26

Quindi Vi racconto come sempre il mio vissuto, cosa mi è stato detto dalla mia consulente (la mitica cugina) e quindi cosa ho imparato.

Lla mia bimba Elettra, da sempre molto ciucciona ed esigente, come ho raccontato ne “i miei allattamenti” intorno ai 40 giorni cambiò comportamento e mi mandò in crisi, non solo perché forse aveva preso poco peso dopo una crescita esponenziale o avevo sbagliato la pesata settimanale (più probabile), ma anche perché spesso quando l’attaccavo al seno si attaccava e staccava di continuo strillando.

Ebbene, quando si staccava, io vedevo zampillare fuori il latte, spruzzando a quasi un metro di distanza, ma la fatidica domanda “avrò latte?” rimbombava fissa nella mia mente! Figuriamoci se capita ad una madre che magari non vede nemmeno uscire il latte in questo modo…

La risposta è semplice: il latte c’è, ce n’è troppo ed esce troppo forte, per via di un riflesso di emissione che hanno alcune madri e che inganna a causa della reazione del neonato.

In realtà è esattamente il contrario, cioè se ci fosse poco latte, il bimbo starebbe attaccato senza lamentarsi ed il più possibile, ecco perché i primi giorni dopo il parto è normale e giusto per natura avere un bimbo che vuole attaccarsi spesso e a lungo, per stimolare il seno e far aumentare la produzione… e ovviamente per prendere ogni piccola quantità di latte!

Le soluzioni, pe calmare il neonato, allattarlo tranquillamente e togliersi ogni dubbio sulla presenza del latte, posso essere diverse:

  • Io mi sono trovata subito bene allattando da sdraiata: nella posizione semi-inclinata classica (dove la mamma è seduta in poltrona con il bimbo in braccio per intenderci) con un riflesso di emissione forte il latte finisce dritto in gola al bambino, che non sa gestirlo, si infastidisce e quindi si stacca e piange; sdraiati sul fianco invece il latte fluisce in bocca e quindi per il piccolo è più semplice accoglierlo e poi deglutire;

sdraia

  • Un’altra posizione, da utilizzare magari a casa di altri (per non doversi sdraiare), è quella in cui la mamma sta seduta con la schiena un po’ inclinata e appoggia il bambino direttamente sopra al seno (che quindi non sarà rivolto verso il basso), così il latte, anche uscendo forte, è leggermente rallentato dalla forza di gravità e non finisce in gola;

sopra

  • Per le passeggiate invece, consiglio l’uso della fascia e la posizione del bimbo il più verticale possibile, sempre per limitare il getto di latte in gola.

fascia

Può anche accadere, come faceva la mia Elettra, che il riflesso di emissione forte sia più fastidioso se il bimbo non vuole ciucciare per cibarsi, ma solo per dormire, quindi può essere nuovamente fuorviante perché la mamma pensa di avere latte solo in certi momenti della giornata (un’altra ricorrente frase delle comari è “alla sera c’è meno latte”, ma in realtà alla sera intervengono altri fattori, soprattutto la stanchezza del bimbo!), ma è sempre e solo un inganno della mente o una diceria.

Basta ricordarsi che il latte c’è sempre, purchè non ci siano interferenze tra seno e neonato (niente ciuccio, niente acqua o tisane o aggiunte di ogni tipo), perché sono un binomio che sa regolarsi benissimo da sé e, al limite, per togliersi ogni dubbio, è sempre meglio chiamare le persone che si occupano di allattamento, non la vicina di casa!

Buone ciucciate serene…

PIANO DEL PARTO, PERCHE’ E COME STILARLO

In una gravidanza fisiologica, ossia quando tutto va come natura vuole, potete fare praticamente tutto ciò che vi pare durante il travaglio e parto, anche partorire in casa se lo desiderate, ma se decidete di partorire in ospedale la situazione non dovrebbe essere per nulla diversa.

L’ospedale dovrebbe ricreare l’ambiente e la protezione che casa vostra può darvi, insieme alla sicurezza di una struttura adeguata.

Come fare per fare in modo che il vostro parto sia come voi lo desiderate?
In primo luogo scegliete con calma il luogo in cui volete andare a partorire, dovrebbe essere almeno quello che più si avvicina alle vostre esigenze, quindi informatevi, chiedete le percentuali di parti fisiologici, cesarei e VBAC, ponendo più domande possibili, affinchè ogni dettaglio che vi interessa venga alla luce, sia per quanto riguarda travaglio e parto, che per quanto concerne la degenza vostra e del bambino.

Praticamente chiedete pure tutto ciò che più vi sta a cuore e se volete chiedete pure di farvi fare una visita alla sala parto.
Se non trovate tutto ciò che vorreste nella stessa struttura potete scrivere un PIANO DEL PARTO o BIRTH PLAIN (in seguito PDP), ossia una proposta rivolta alla struttura contenente esigenze e aspettative per il parto e per i giorni seguenti, preoccupandovi di farlo avere in pronto soccorso, in ginecologia ed ostetricia e, se presente, al nido.

Preoccupatevi soprattutto di trovare personale disposto ad ascoltarvi e a condividere con voi quello che state chiedendo, sottoscrivendolo insieme a voi e a vostro marito.

Io scelsi di stilare il mio piano del parto in occasione del VBAC, per essere sicura di aver predisposto tutto e non precluderne la riuscita (temevo fortemente qualche intervento esterno che mi avrebbe fatto male fisicamente e moralmente), ma credo di essere stata fortunata perché all’epoca, nell’ospedale che scelsi, lavorava un ginecologo veramente a favore del parto naturale dopo cesareo (non per nulla sua moglie è ostetrica e segue parti in casa), pertanto forse anche senza PDP sarei stata ascoltata ed indisturbata in tutto e per tutto, al fine di avere un parto ed una degenza quasi come a casa, come meritano tutte le donne e tutti i bambini

Ecco comunque come indicai le mie richieste:

Piano del parto di …

 “…Questo istante della nascita, questo momento di fragilità estrema, come bisogna rispettarlo!!
Il bambino è tra due mondi. Su una soglia. Esita.
Non fategli fretta. Non spingetelo. Lasciatelo entrare.
Che momento! Che cosa strana! Questo esserino che non è più un feto e non ancora un neonato.
Non è più dentro la madre, l’ha lasciata. Eppure lei respira ancora per lui.
E’ l’istante analogo a quello in cui l’uccello corre con le ali spiegate e poi di colpo, appoggiato sull’aria, volerà.
Quando si è staccato da terra, quando ha decollato? Non si sa.
Come non si sa dire quando la marea che sale comincia a ridiscendere.
Un momento ineffabile, impalpabile, il momento della nascita, quello in cui il bambino lascia la madre…”
Frédérick Leboyer

Premessa
Ho scelto questo Ospedale per via di alcune conoscenze personali che lavorano nell’ambito di codesta struttura e per le informazioni molto positive raccolte, sia per quanto riguarda travaglio e parto, sia per il secondamento e le pratiche neonatali.
Ho scritto infine questo piano del parto per illustrarVi le mie aspettative e considerazioni in merito alle suddette fasi della nascita del mio bambino.

Il mio percorso
Il 04/04/2001 è nata la mia prima bambina, Sophia, con taglio cesareo programmato per via della sua presentazione podalica.
All’epoca, nonostante la posizione della piccola fosse rimasta tale per tutta la gravidanza, né il mio ginecologo, né il personale dell’ospedale di Biella mi consigliarono tecniche naturali o altresì invasive per il capovolgimento del feto in tempi utili.
Io stessa comunque mi accuso di non aver cercato informazioni in tal senso, arrivando però piuttosto serena al giorno dell’intervento.
Soltanto dopo la nascita di Sophia, soprattutto nei primi giorni, colsi alcune sensazioni spiacevoli di impotenza, di distacco, di freddezza mia nei confronti della mia bambina: sentimenti che tutt’oggi mi porto dentro e che mi fanno desiderare con tutte le mie forze e sotto ogni aspetto un parto ed una degenza NATURALI per me e questa nuova creatura in arrivo.

Presupposti
Personalmente considero il parto non una patologia, ma un processo fisiologico; e, dunque, affinché un parto risulti facile, veloce e senza complicazioni, sono convinta che occorra rispettarne primariamente la fisiologia, creando le condizioni che permettano ai naturali processi (come la secrezione ormonale specifica) di attuarsi correttamente, senza interventi esterni.

In linea di principio, in base a quanto stabilito dall’art. 21 della Costituzione Italiana (libertà di opinione), dall’art. 2 e 13 della stessa carta (inviolabilità della propria persona) e dalla legge regionale Lazio n. 84 del 03-06-1985, volta a tutelare la dimensione psico – affettiva del parto, tenendo presente che il potere decisionale dei genitori rimane insostituibile ed insormontabile e che nessun atto sanitario può essere legittimamente imposto, richiedo che eventuali interventi, terapie e procedure mediche attive sia su di me che sul mio bambino mi vengano preventivamente spiegate (anche in caso di urgenza) e che il consenso finale spetti a me ed a mio marito.

Il travaglio

Vorrei avere la possibilità di muovermi liberamente, camminando a mio piacimento e assumendo le posizioni in cui sentirmi a mio agio;
Vorrei poter contare sulla costante e continua presenza e supporto di mio marito e dell’ostetrica;
Desidero non essere sottoposta a monitoraggio continuo, se non effettivamente necessario;
Vorrei poter mangiare e bere durante il travaglio se ne sento il bisogno;
Vorrei poter fare un bagno o una doccia, nel caso ne sentissi il bisogno;
Chiedo di non subire clisteri e rasatura del pube;
Chiedo che le membrane non vengano rotte artificialmente, se non in caso estremo;
Non voglio che il travaglio venga accelerato con flebo, gel o altro;
Non voglio somministrazione di anti-dolorifici o sedativi;
Desidero che venga rispettato il mio diritto ad un travaglio in ambiente protetto ed intimo, nel quale io mi possa esprimere liberamente, senza troppi elementi di disturbo, per questo vorrei che il travaglio si svolgesse in una atmosfera adatta alle sue necessità fisiologiche: dunque in semioscurità, silenzio, privacy, clima caldo;
Vorrei che le visite interne fossero ridotte al minimo indispensabile e che prima di effettuarle mi venga chiesto il permesso;
Desidero sentirmi libera di affrontare il dolore con vocalizzi, urla o altro.

Il cesareo
 se si arrivasse a valutare l’eventualità di un taglio cesareo desidero che prima mi siano spiegate nel dettaglio le motivazioni, dopo averle ottenute concederò l’eventuale consenso;
 anche in caso di cesareo d’urgenza desidero ricevere un’anestesia non totale che mi permetta di vedere il neonato appena uscito dalla pancia;
 desidero che il bambino venga trattato nella maniera più delicata e dolce possibile;
 vorrei che il bambino, se in condizioni di salute normali, venisse consegnato immediatamente al padre o alla persona che mi accompagna per essere poi consegnato a me non appena concluso l’intervento.

La fase espulsiva
 desidero poter scegliere la posizione che mi sembrerà più adeguata al momento dell’espulsione. Gradirei non sentirmi obbligata a partorire in posizione litotomica;
 desidero che tra la fine della dilatazione e l’inizio della fase espulsiva sia rispettata la fisiologica fase di transizione. Non voglio essere costretta a spingere a comando senza lo stimolo essenziale del “riflesso di eiezione del feto”;
 vorrei che la stanza, al momento del parto, fosse silenziosa, minimamente illuminata e ben riscaldata, e che le persone presenti fossero solo l’ostetrica dell’ospedale, il padre del bambino e l’ostetrica che mi accompagna;
 vorrei poter evitare qualsiasi intervento ostetrico operativo o invasivo (uso di ventosa, forcipe, manovra di Kristeller, etc:).

L’episiotomia
 non vorrei subire l’episiotomia: l’ostetrica potrà aiutare il mio perineo a dilatarsi naturalmente, assecondando la mia voglia di spingere ed eventualmente aiutandomi con olii e/o pezze calde. Preferisco, ammesso che questo accada, una piccola lacerazione spontanea.

Il secondamento e l’approccio al neonato
 gradirei che il bambino mi venisse consegnato immediatamente dopo l’espulsione e che ogni eventuale azione, su di me e su di lui, sia posticipata alla fine del secondamento e/o altro momento più opportuno;
 chiedo che il cordone ombelicale sia lasciato intatto fino all’espulsione della placenta;
 desidero attendere la fine del secondamento nella posizione che mi è più congeniale;
 desidero che si aspetti l’espulsione della placenta secondo i tempi fisiologici e senza somministrarmi farmaci per velocizzare l’espulsione;
 chiedo che al bambino sia praticata l’aspirazione oro-faringea solo se necessaria;
 ogni manovra o somministrazione di farmaci al bambino desidero che venga eseguita su consenso dei genitori e chiedo che la primaria assistenza neonatale sia effettuata accanto a me.

La degenza
 durante la degenza preferirei che il mio bambino rimanesse sempre con me, a meno che non sia io a chiedere il sostegno delle puericultrici;
 desidero che il bambino non sia immediatamente lavato, ma lasciato con il suo odore e ricoperto della vernice caseosa, prezioso elemento per la sua salute, che la sua pelle assorbirà naturalmente;
 nel caso sia io che il bambino fossimo in buona salute mi riservo di chiedere la dimissione precoce, nelle ore immediatamente successive al parto.

L’allattamento
 voglio essere libera di attaccare mio figlio al seno fin dai suoi primi istanti di vita, per tutto il tempo che mamma e bambino desiderano, contando sul massimo supporto e sostentamento del personale ospedaliero;
 conto sul fatto che a mio figlio non vengano somministrate sostanze quali latte artificiale, soluzione glucosata o succhiotti: in casi estremi, per l’aggiunta di latte, richiedo che si tratti di quello che potrò estrarre dal mio seno con un tiralatte.

Vi ringrazio anticipatamente, certa di trovare la Vostra comprensione e collaborazione, fiduciosa che le mie richieste saranno accolte, potendo disporre liberamente del mio corpo in questa esperienza così unica, intima, intensa e naturale che è il partorire.

Luogo, data e firma

Letto approvato e sottoscritto dal papà del nascituro

Il mio parto in CASA

Ecco la storia di Diamante Adele (3220 gr – 49 cm), tutta di emozioni e coincidenze, cominciando dal giorno e dall’ora precisa di nascita:

31.5
ore 3.15

e dal nome combattutissimo tra me e mio marito: Andrea voleva chiamarla Diamante, non ricordo nemmeno dove l’ha trovato, come gli è venuto in mente… io invece ero dell’idea di chiamarla Cassandra o Anastasia (sempre di origine greca come Sophia ed Elettra), oppure Adele, come entrambe le mie nonne, una delle quali morta 1 anno fa ed a cui ero molto legata…

Poi certo, Diamante è il “destino” del mio tatuaggio, perfettamente in linea con gli altri 3 ideogrammi che ho fatto:
Amore – Andrea
Saggezza – Sophia
Energia – Elettra
ed infine Destino – ed ecco Diamante

ma mi sembrava troppo new age, un po’ da soup opera… invece Andrea mi ha subito informata bene: anch’esso di origine greca e molto usato nel medioevo, insomma, non potevo più dire di no…

Però:
però ecco una delle coincidenze…
la notte in cui è nata la piccola, un’ora prima, è morta anche la seconda nonna… uno scambio di anime insomma, dunque Andrea voleva accontentarmi e chiamarla Adele, ma io non volevo fosse solo per me, era così convinto della sua scelta prima! È così è diventata Diamante Adele… firmerà un po’ lungo un giorno, ma pazienza, spero ci perdoni!

Quindi veniamo a noi, a me ed al parto di questa creatura, insieme ad un grande papà ed a 2 ostetriche che ringrazierò sempre!

Sono le 11 di sera, sto guardando un film che non mi piace molto, sarà per questo che la signorina si ribella e fa rompere le acque? (Grazie Diamante!)
sento un tac, ma non ci faccio caso, poi dopo qualche minuto mi viene il dubbio, mi tocco, sembra tutto normale, mi alzo dal letto e… comincio a colare come un rubinetto!
Mi scappa una risata “ehm… Andrea… direi che ho rotto le acque!”
che tempismo, giusto perchè non dovevo partorire proprio questo week end, dato che c’è il saggio di musica di Sophia e di mio marito e che mia cugina (che dovrebbe visitarla se nasce a casa) va ad un corso!
“Pazienza, mica posso mettermi un tappo!” gli dico… e poi rido… rido e ripenso al fatto che quella mattina sono passata in ufficio e una collega mi ha detto “dai che secondo me nasce stanotte”, esattamente come accadde per Elettra!
E poi altre 2 coincidenze: anche di Elettra il travaglio è iniziato alle 23 e nello stesso momento fuori iniziava a piovere!

Decidiamo di chiamare subito i miei genitori, visto che non è tardissimo sono sicuramente svegli, così possono venire a prendere le bambine: tempo 15 minuti sono a casa nostra, Sophia prende 2 cose da mettersi (lei neanche dormiva ancora), Elettra è tutta eccitata anche se l’abbiamo svegliata, mi bacia, mi abbraccia, va via serena… quella meno serena di tutti è mia madre, che piange già, eppure io non ho nemmeno ancora le contrazioni…

Nel frattempo ho chiamato anche Laura, l’ostetrica, che mi aveva visitata al mattino, era tutto ancora chiuso, la testa incanalata, ma secondo lei mancava ancora qualche gg, circa come da DPP (4 giugno), quindi non si aspettava fossi io, bensì l’altra mamma che sembrava aver cominciato a travagliare piano piano dalla sera prima…
Invece no… sorpresa… verso le 11.30 arriva anche lei (i miei per fortuna se n’erano già andati).

Prima però che arrivassero tutti, ecco le ns prime pazzie di coppia: qualche gg prima avevo preparato la casetta-fiocco nascita, compreso il timbro “home-made” (quello che uso per i biscotti), che però per scaramanzia non avevo incollato. Peccato che quest’ultimo in fase asciugatura fosse stato toccato da qualcuno e rotto e… mio marito proprio in quel momento mi fa notare che non l’ho rifatto!

Nessun problema: mentre arrivano i primissimi doloretti di poca durata e pochissima intensità gli do la ricetta della pasta di sale (mio marito “ma sei in travaglio!!!!” e io “tu non preoccuparti, segui le mie istruzioni che facciamo in fretta!”), lui mescola gli ingredienti e ne prepara un altro… et voilà, è pronto un nuovo timbro nell’eventualità che davvero questa bimba nasca a casa!

Quando arriva Laura facciamo 2 parole e ridiamo su questa sempre mia voglia di fare, le mostro il fiocco completo, il disegno della mamma che allatta, i piedini ancora da incollare fatti con le pietre bianche e nel frattempo arriva anche Valeria, la seconda ostetrica.
Alle 11.40 circa arrivano le vere contrazioni, comincio a segnare durata e distanza, ormai durano circa un minuto e sono a 6/8 min una dall’altra… ci siamo, iniziano le vere danze.

La sostanziale differenza tra il travaglio di Elettra e quello di Diamante è che sono stata lucidissima tra una contrazione e l’altra, sempre, fino all’ultimo momento, anche se è stato davvero intenso, tutto di schiena come nel vbac, senza potermi riposare e sedere un attimo…

I dolori sono diventati subito ravvicinati, hanno provato a farmi impacchi di sale caldo sui reni (piccola parentesi: avevamo finito il sale grosso, allora Andrea è sceso a farsene dare un pacco dal panettiere che era già al lavoro e lui invece di capire che era per un impacco ha capito che era per la pasta, quindi 2 gg dopo, quando sua moglie gli ha chiesto se sapeva qualcosa di me lui ha risposto “ma no, l’altra sera a mezzanotte facevano ancora la pasta con gli amici!” e gli amici erano il via vai delle ostetriche!), ma il peso mi sembrava peggiorare la situazione e il dolore era davvero forte comunque: a momenti alterni le ostetriche e Andrea mi premevano le mani sui punti dolenti, altrimenti premevo io con una mano o con l’altra, sia sulla schiena che sul basso ventre che sembrava mi si aprisse come fossi squartata in 2.

Ho sempre parlato nel frattempo, guardando l’ora, restando sempre in piedi, appoggiata con i gomiti sul tavolo in cucina o sulla poltrona in salotto: le mie gambe e le mie braccia chiedevano pietà…
Mi sono aggrappata a mio marito più volte, restando in piedi, chiedendogli anche se secondo lui la ragazza del piano di sotto mi sentiva gridare, ma lui tranquillo mi ha risposto di non pensarci, di rilassarmi, di lasciarmi andare, che andava benissimo così…

Ho provato a sdraiarmi un attimo: dopo una contrazione in quella posizione ho visto le stelle, quindi mi sono rimessa in piedi, mi era impossibile stare così.
Mio marito ha fatto una tisana alla frutta lasciata raffreddare e ogni tanto chiedevo da bere, con molto zucchero, stavo morendo di caldo e la bocca la sentivo asciutta e arsa, a forza di regolare il respiro e i vocalizzi…

Dopo 2 ore e mezza di dolori ormai vicinissimi Laura mi ha visitata perchè continuavo a dirle che mi sembrava di dover spingere e anche di dover andare in bagno (ci ho pure provato, ma stare seduta sul wc era impossibile anche quello!): ero di 4 cm circa, quindi mi ha detto di non spingere troppo, dovevo ancora aprirmi bene…

Allora ho richiesto conferma ad Andrea “Dimmi che sono brava!” gli ho gridato e lui mi ha risposto che ero uno spettacolo, che stavo facendo una cosa meravigliosa e quasi incredibile; quelle parole, proprio in quel momento mi hanno ridato forza, ho di nuovo ragionato lucidamente sulla situazione e mi sono detta “Sara, avanti così per altre magari 2/4 ore non ce la fai, sei stanca e non hai tregua… devi dilatarti, aprirti, pensare a tutte le grandi voragini della terra, focalizzare che ti devi aprire tanto, tantissimo, per far uscire la bambina, come dice Ina May – ti aprirai enormemente – forza!!!”

E così ho fatto: ho pensato a sentirmi grande dentro, come quando canto, “dovete sentirvi come una cattedrale” dice sempre la mia insegnante, a fare i vocalizzi giusti per aprire e fare spazio, ho pensato a grotte, gallerie, gran canyon e di botto la voglia di spingere è diventata ancora più intensa!

Mentre mi giravano intorno le ostetriche (controllando ogni tanto il battito della bambina, sempre perfetto), parlando sottovoce, mi sono lasciata andare del tutto, ho deciso con tutta me stessa che dovevo sopportare quell’enorme dolore ancora per poco, che tanto più forte di così non sarebbe stato, dovevo solo concentrarmi e regolare il respiro… ed ecco arrivare una voglia di spingere fortissima: ero di nuovo aggrappata a mio marito, in piedi, con le gambe che quasi tremavano e con una contrazione lunga e una spinta pari ad essa ecco che l’ho sentita scendere e ho urlato “esce, esceeeeee!!!” e tutta d’un botto è uscita la testa della mia cucciola, si è fermata lì e con altre 2 (forse 3) spinte altrettanto intense è uscita del tutto, con Laura che la prendeva al volo sotto di me (mi ha poi raccontato mio marito) come un pesciolino bagnato…

Eccola la mia bellissima bambina!
Lei ha fatto appena uno strillo e si è subito calmata, mi hanno fatto sedere, con il cordone ancora attaccato, me la sono messa sulla pancia, era pulita, profumata, morbida… che sensazione! Il mio cuore impazziva di gioia! Mio marito si è messo al mio fianco a rimirarci, a baciarci… che momento fantastico! Avrei voluto durasse un tempo infinito!

Diamante si è attaccata subito al seno, perfettamente, come natura comanda ha saputo subito dar retta al suo istinto primordiale, siamo state così almeno mezzora, io stavo benissimo, nessun giramento di testa, nessuna perdita di sangue, la placenta si è staccata da sola e con una spinta è uscita e io di nuovo niente lacerazioni, nessun punto, nulla di nulla… era tutto perfetto, la chiusura del cerchio.

L’ostetrica Valeria ha tagliato il cordone ormai bianco e messo la placenta in un sacchetto nel ns. freezer, mentre Laura mi massaggiava l’utero per farlo contrarre bene e io… mi facevo fare un panino! Avevo una fame pazzesca e una felicità addosso da toccare il cielo con un dito!

Alle 5.30, dopo aver pulito e buttato tutto le ostetriche andavano via, io mi mettevo a letto con Diamante e mio marito nella stanza delle bambine per lasciarci tutto il lettone a disposizione: la piccola ha dormito beata tutto il tempo, io ho riposato a tratti per un’oretta e poi me la sono guardata tutto il tempo, ripensando al mio percorso ed a questo bellissimo parto…

Ho ripensato a quanto ho aspettato questa gravidanza, a quanto ho sofferto per le perdite e per il tc di Sophia, a quanto ho gioito per il vbac di Elettra e adesso addirittura per un parto in casa perfetto, quello che tutte le donne e mamme si meriterebbero, senza paura, senza persone estranee, solo con la persona amata vicino e con la consapevolezza di dare e fare il meglio per la propria bambina.

Avevo una tale emozione addosso quella notte, sono stata così bene subito che quasi non potevo credere di essere così attiva, così serena, così in forma nel corpo e nella mente, mi meritavo tutto questo idillio?

Sì me lo merito: ho fatto un gran percorso negli anni, ho lavorato tanto su di me, sulla mia famiglia, ci siamo tanto amati e tanto scontrati io e mio marito, adesso può andare solo tutto bene, ce lo meritiamo entrambi questo “gioiello”, questa bellissima Diamante Adele che piange davvero poco, che sta in braccio a tutti, che dorme e ciuccia come un angioletto, che ha dei fratellini e 2 bisnonne lassù che vegliano su di lei.

“Benvenuta piccola mia, ti amiamo tanto io e il papà, ti adorano le sorelline, con tutto il cuore.”

La mattina alle 10.30, fortuna delle fortune, mia cugina è riuscita a venire a visitare Diamante, perchè sarebbe partita per il corso al pomeriggio!
Io stavo così bene che mi sono fatta la doccia e ho messo a posto un po’ di cose mentre la cucciola dormiva beata.

La montata lattea è arrivata prestissimo, dopo nemmeno 30 ore dal parto, Laura dice perchè l’ossitocina era altissima e si respirava serenità in casa, mi ha fatto piacere sentirlo.

Il giorno dopo facevo già il pane e stavo più che bene, a vedermi qualcuno ha avuto l’impressione che io non avessi nemmeno partorito ed era così che mi sentivo ed è così che mi sento, nonostante le notti metà in bianco! Questa bambina mi ha dato una carica che non mi aspettavo, forse perchè la natura sapeva che dovevo badare a lei e ad altre 2, anche se grandi, sempre da sola.

Sono felice, sono appagata, sono serena, spero che tutto continui così…

Il mio VBAC

OVVERO
LA NASCITA DI ELETTRA  a 40 settimane
(3120 gr – 49 cm)

Giovedì mattina, 15 maggio: la mia collega (incinta anche lei) mi invita a fare un giro al mercato.
Ho la scadenza domani, ma sto benissimo, ci vado.

Da tutta la settimana ho degli strani mal di pancia che mi fanno andare al bagno anche 2/3 volte al giorno, ma la pancia è così alta che tutti mi dicono che la belva nascerà dopo il 20 maggio almeno, d’altronde è una femmina e deve cominciare fin dall’inizio a far girare le scatole…

L’indomani, il 16, è pure il giorno del compleanno della mia collega incinta, io intanto non credo proprio che per me questa nascita possa essere così puntuale!

Mentre gironzoliamo e ci guardiamo a vicenda le pance ne conveniamo che sembra lei quella che deve partorire per prima (ma è di 6 settimane meno!) talmente striscia “sta panza”!!!

Io compro pollo e patatine per il pranzo (ma ne sgranocchio un po’ passeggiando) e proseguo, come la pace nel mondo, sentendo però che in questa strana mattina le consuete contrazioni che mi seguono dal 5° mese si susseguono una dietro l’altra a distanza di 10 minuti circa, ma sono sempre le solite e non ci bado… mi hanno detto che capirò decisamente quando sarà l’ora…

Proseguo la mia giornata con il pranzo a casa, nel pomeriggio vado a prendere Sophia a scuola, la porto da un’amichetta, poi di nuovo a casa alle 19 a preparare le cena, poi quasi quasi mi metto anche a stirare (sto tenendo tutti i lavori domestici sotto perfetto controllo per non lasciare nulla di trascurato in virtù del nuovo arrivo che non mi lascerà gran tempo!!!), ma cambio idea, ce ne andiamo tutti sul divano e mi rilasso…
Guardo un po’ di TV, poi, credo intorno alle 22.30 perché mi pare di sentire appena prima le campane, mi addormento di un sonno veramente riposante… e chi ci pensa al parto…

Ore 23: mi sveglio di colpo con uno di quei forti mal di pancia che mi fanno andare al bagno.
Mentre scendo ancora mezza addormentata, Andrea spegne la tele e porta Sophia nel suo letto già bella dormiente da un po’ anche lei, quindi dopo qualche minuto ci ritroviamo entrambi in cucina.
Io mi siedo sulla poltrona a meditare un secondo, pare vada tutto bene e allora ce ne andiamo a letto.

Passano 5/7 minuti al massimo e mi coglie un altro mal di pancia, credo sia di nuovo il momento di tornare al bagno, continuo a non pensare assolutamente all’ora fatidica, però solo per scrupolo dico ad Andrea di prendere l’orologio che ha la lancetta dei secondi per vedere quanto dura questo dolore piuttosto forte: oltre un minuto e 10 secondi.
Intanto di tornare al water non ne sento il bisogno, meno male, non ho voglia di star male stanotte.

Stiamo a vedere quando si presenta il prossimo mal di pancia, se ci sarà (io sempre incredula che la belva sia così puntuale… ho sempre avuto il ciclo sballato e in ritardo!): e c’è eccome, non passano neanche 5 minuti!!!
Andrea è tranquillissimo, ma mette le mani avanti, crede sia il caso di far venire a prendere Sophia da sua sorella, visto che l’ora non è ancora così tarda, al limite passa una notte in più fuori casa, ma non muore nessuno…

Io continuo a dirgli che non mi sembra il caso, se sono le vere contrazioni (e adesso sì che le sento! Mi sa che son proprio quelle!!!) chissà per quanto tempo ne ho e fuori diluvia a più non posso, dobbiamo proprio fare tanto casino già adesso magari per niente???
Altri 4/5 minuti e di nuovo mi piego in due appoggiando i gomiti sul tavolo, perché nel frattempo per stabilire cosa fare o no siamo tornati in cucina, che sdraiata nel letto non riesco proprio a stare… cavolo che mal di schiena! Cavolooooooooo!!!!

E che mal di pancia…. AH AH che male, fa malissimo e non mi lascia tregua!
Sarà il caso di sentire anche Laura, la mia ostetrica? propone sempre Andrea… tra un dolore e l’altro in cui riesco ancora a ragionare e organizzarmi.

Ma vah… figuriamoci, sono già le 23.20 circa, non è il caso… tra qualche ora magari…(io sempre tranquilla, mentre lascio libero sfogo alle mie contrazioni, ringhio, urlo, non me frega nulla se sveglio il vicinato… perché non riesco a trattenermi dal MAAAAALEEEEE! E poi ho letto Ina May, devo aprirmi no?).

Andrea è sempre calmo, non lo vedo proprio farsi prendere dal panico, anzi mi istiga con qualche battuta, ce la ridiamo insieme nelle pause, poi insiste, dato che i dolori sono vicini, anche solo avere un parere, descriverle al telefono cosa sento, per me è la prima volta, che ne so… ok telefono.

Le dico che ho questi mal di pancia forti al basso ventre che vanno fin dietro e mi fa tanto male la schiena e i reni, che durano oltre il minuto e arrivano ogni 5 minuti circa… di certo non ho mai provato queste sensazioni prima d’ora e non somigliano per niente alle contrazioni che ho avuto in gravidanza.

Lei resta un po’ perplessa e dice che è meglio venga a vedermi.
Dopo pochi minuti ancora (saranno le 11.40 al massimo) arriva la sorella di Andrea a prendere Sophia, che lui nel frattempo aveva chiamato così: stavi dormendo? È ora… no tranquilla scherzavo, volevo vedere se eri pronta… anzi fai che venire a prender Sophia che siamo al buono!

E la poveretta che mezza dormiva sul divano non sapeva più che fare, poi è arrivata, trovandomi nel mezzo di una contrazione e piegata sempre in 2 con i gomiti sul tavolo…

Sophia non capisce bene cosa succede: la sua borsa “da viaggio” è già pronta da giorni, la coprono alla veloce (fuori continua a venir giù acqua a secchiate) e via… una è andata.

Ora si tratta di aspettare Laura.
Deve farsi qualche km di curve sotto il temporale, ma arriva in fretta, manca ancora un quarto a mezzanotte (credo).

Anche lei entra e mi vede piegata dal male, mentre ringhio a qualcuno di invisibile che fa un sacco maleeeeeee! Tiro giù tutti i santi del paradiso, ma nella mia mente penso soltanto al mio corpo, al mio tunnel vaginale che si sta aprendo come una galleria rosa che fa passare un tir altrettanto rosa ma che ci passa appena… è un’immagine che rimane costante davanti a me…

Laura si ferma e dice che sembrano un po’ fortine.
UN PO’ FORTINE??? E QUELLE FORTISSIME COME SONO???
Mi dice che appena mi passa prova a visitarmi.
Ok, siamo d’accordo, fin dagli incontri avuti in precedenza, che non mi darà brutte notizie (tipo: non c’è ancora dilatazione dopo ore ed ore di travaglio e roba simile), ma quelle belle sì.

Velocissima mi sdraio sul divanetto e lei delicatamente mi controlla.
SONO GIA’ A 3 CM DI DILATAZIONE!!!
Fantastico, ma allora tra poco vedrò la mia cucciolina!
Allora sto per partorire, ma mica riesco a rendermene conto!!!

Restiamo lì sul divano: io sempre piegata, stavolta con le ginocchia per terra e i gomiti sui cuscini del divano, Laura dietro di me mi massaggia la schiena, Andrea di fianco che osserva silenzioso e chiede di tanto in tanto se abbiamo bisogno, ma non passa molto, che decidiamo tutti insieme di prepararci per andare in ospedale, a Vercelli: ci sono 40 km…

Andrea va su e giù secondo i miei ordini: la valigia nera, la borsa a fianco, la roba da mettermi per uscire (quale??? Ho preparato un cambio estivo, invece fuori ci saranno 15 gradi!!! Azz…) le calze, no non quelle, portami la scatola che le prendo da me…. Ahihaaaaa che maleeeeeeee!!!!

Com’è difficile star dietro alle contrazioni e alle cose da fare, fortuna che avevo già preparato tutto prima e nel minimo dettaglio…
Ci siamo, sarà mezzanotte e 15 o giù di lì, siamo stati a casa poco, Laura crede sia meglio andare, siamo pronti, mi aiutano a vestirmi, per sicurezza lei dice a mio marito di prendere un po’ di asciugamani… Andrea sbarella gli occhi… effettivamente…
Io non faccio una piega, non mi rendo più conto di nulla.
La macchina è già sotto casa, ma devo fare due piani di scale: certo, come no…

Faccio il primo alla veloce, ma poi mi devo fermare.
Siamo fuori, mica dentro un condominio, a piano terra c’è già il panettiere che lavora e sente senza il minimo dubbio una delle mie contrazioni: mi appoggio alla ringhiera e non riesco a trattenere un ruggito clamoroso, con Laura che mi incita a lasciarmi andare così che va bene… mi sa che avrò svegliato anche qualcuno nel vicinato… Non me ne può fregà de meno!!!

Eccoci in macchina… ma una più comoda mio marito non la poteva comprare?
È una coupè, quindi dietro è senza porte ed è pure tutto tranne che larga e comoda… come caspita mi metto?
Seduta non riesco a stare, allora mi appoggio carponi, anche qui come riesco: con i gomiti allungati sul sedile, un ginocchio sul sedile e uno giù…. Ah beh… una comodità…

Laura è davanti con Andrea, mi dice di star tranquilla che adesso col viaggio rallenteranno di certo un po’ le contrazioni, che ormai sono ancora più vicine, non passano 2 minuti tra una e l’altra!
Non ho pace!!!

Si parte: a pochi km troviamo la strada chiusa, io tiro di nuovo giù i Santi del Paradiso (che mi perdonino) per il male che ho e per la benedetta strada chiusa che ci fa tornare indietro e fare un giro più lungo… NON SIAMO ANCORA ALL’OSPEDALE!!!!???
Il viaggio è tremendo… come fanno quelle che si sparano 200 km per partorire???

No, per me è impensabile… sto tremendamente, sono scomodissima, ho un mal di schiena da impazzire, Laura viene dietro con me (senza fermare l’auto, passa in mezzo tra i sedili, roba da film) per massaggiarmi e farmi aggrappare a lei se ne sento la necessità… MA NON DOVEVANO RALLENTARE LE CONTRAZIONI NEL TRAGITTO IN MACCHINA????

Andrea guida come un pazzo, fortunatamente con l’ora notturna non c’è alcun traffico, però se ci fermano i carabinieri sono pronta a lanciare qualche insulto gratuito e a farmi scortare con la sirena fino in ospedale!
Quei minuti non passano mai… mi aggrappo al sedile, sempre girata verso il lunotto posteriore, continuo a non badare a niente e lascio uscire ogni genere di verso, intanto nella mia mente è sempre presente l’immagine del “tunnel rosa che deve essere attraversato dall’altrettanto tir rosa che ci passa appena”…
SIAMO ARRIVATI????
Sembro “ciuchino” del cartone animato Shrek 2…
Finalmente!

Andrea entra in pronto soccorso, io e Laura scendiamo, lui va a parcheggiare.
Mi fanno sedere su una poltrona per farmi un monitoraggio…
COSA??? SEDERMI???
No, no, no… non ce la faccio a stare messa così… NON CE LA FACCIO, FATEMI ALZARE!

Intanto arriva Andrea, lui e Laura si guardano, l’ostetrica di turno intanto mi attacca il monitoraggio, mi dice di non agitarmi… qui le cose si mettono male… ma io ho portato settimane prima il piano del parto, se è il caso glielo faccio ripassare a suon di insulti…

Passano pochi minuti, il tracciato è ok, io salto di continuo dalla sedia, arriva il ginecologo, uno con una faccia che nemmeno ricordo… ma con un naso!!!

Mi visita, io intanto ho incominciato a perdere le acque miste a sangue… è tutto un pasticcio là sotto… MA SONO A 7 CM DI DILATAZIONE!
E saranno passate sì e no 2 ore dall’inizio del travaglio!!!!
È favoloso!!!

Forse si rendono conto che le mie non erano tutte storie e urla per niente, cosa pensavano, che facessi tanta scena per 2 doloretti????
Il gine “simpaticissimo” vede la mia cicatrice da cesareo e post visita mi chiede se voglio tentare un parto naturale. Scusi, sta scherzando??? Vorrei proprio chiederglielo!

CERTO CHE Sì! Mi sono mica sparata viaggio e dolori per cosa se no????
Per arrivare a 7 cm e poi fami tagliare la pancia???
Bah…
Mi mettono su una sedia a rotelle e mi portano in sala parto direttamente, mentre Andrea e Laura mi seguono, a questo punto titubanti della situazione.
Io non vedo l’ora di scendere e di rimettermi carponi perché la mia schiena non ce la fa più.

La sala parto (che avevo già avuto modo di vedere) è quella piccola, senza la vasca, ma non mi importa, la mia mente è già preparata a quello che può trovare, cioè tutto di mio gradimento: tutto bello, pulito, azzurro (il mio colore preferito), tranquillo…

C’è silenzio ovunque perché il reparto è in rifacimento, non ci sono altre stanze operative oltre le 2 sale parto, quindi io me ne sto beata (si fa per dire) mezza nuda carponi, con le braccia sullo sgabello olandese (mi ci sono gettata sopra appena l’ho visto e nessuno mi ha fermata), a meno di un metro dalla porta, che è del tutto spalancata sul corridoio, ma nessuno passa a disturbare il mio delirio!

Siamo solo in 5 adesso: io, alla mia destra seduta accanto a me c’è la mia ostetrica, alla mia sinistra sempre seduto accanto a me e con le mani nelle mie c’è Andrea e poi dietro chissà dove a fare il loro lavoro ci sono l’ostetrica di turno ed un’infermiera.

Da qui i ricordi si fanno molto sfocati, i miei dolori sono intensissimi e non mi lasciano tregua.
Il respiro è molto forte, mi mettono sotto monitoraggio (ma quello senza fili, per lasciarmi fare quello che voglio) e da qui le cose sento che prendono la piega che desideravo, tutto fila liscio come l’olio…

Tanto per cominciare nessuno vieta ai miei 2 accompagnatori (Andrea e Laura) di presenziare entrambi, nessuno interviene per dirmi cosa fare, anzi l’ostetrica dell’ospedale si presta molto per massaggiarmi anche lei la schiena, per chiedermi se voglio cambiare posizione, per sapere come sto, cosa voglio, se ho sete, e visto che mi ostino a voler stare in ginocchio mi procura dei cuscini e mette uno specchio sotto di me per vedere cosa succede senza farmi mai girare.

L’atmosfera sento che si rilassa anche perché lei e Laura si mettono a chiacchierare, Andrea è sempre accanto a me mentre gli stritolo le dita e grido a più non posso che fa MAAAALEEEEE!!!
Ancora un po’ di contrazioni sempre uguali, va tutto alla grande, faccio tutto da me e non so neanche come sia possibile… poi cominciano le spinte… sono una cosa così strana!

Perché dopo la spinta, con la testa della bambina che si ferma allo stretto fra le gambe (il famoso tir rosa nel tunnel rosa) non fa più male???
Laura e l’ostetrica dell’H le sento discutere su come mi muovo e come si vede che devo spingere dalla forma che prende la pancia e dalle smorfie che faccio ed insieme si prodigano in continui “brava brava” tipo Katiana e Valeriana di Zelig, che non so se ridere o urlare ancora più forte perché sento solo tanto male!

Ad un certo punto sento un “crac” proprio là sotto, mentre la testolina continua a scendere, ma non dalla parte del perineo, anzi sopra, proprio sotto il clitoride… dentro di me penso di essermi aperta in 2 come una mela…

Intanto a volte mi alzo in piedi e l’ostetrica sento che si prepara se dovessi sputare la bambina lì così e lei dovesse prenderla al volo… poi non si fida, nonostante i cuscini, mi richiede di abbassarmi carponi se ce la faccio… va benissimo, in piedi non resisto, non so come tenere le gambe aperte abbastanza!

Laura è sempre lì, ogni tanto mi sussurra qualcosa, so che se insorgesse un problema me lo direbbe, sono tranquilla, la sua presenza dà quell’ultimo tocco di fiducia che completa il quadro e lo perfeziona, anche Andrea è sereno, credo che si scambino qualche occhiata positiva da sopra la mia schiena…

Le spinte saranno al massimo 5 o 6, almeno così mi pare di ricordare.
Continua il coro di “brava brava” e io continuo a ringhiare.
Andrea intanto vede tutto.

Più tardi mi racconta di aver visto la testolina uscita per metà, solo col naso fuori e una manina sulla fronte, poi tutta intera, incastrata solo al collo, infine eccola uscire tutta, viscida come un pesce, CON LA CAMICIA!
Sono le 2.35 del mattino… in 3 ore e mezza ho fatto tutto!

Che liberazione, che sollievo, che meraviglia! E di colpo fine di tutti i dolori immensi provati fino a quel momento!

Eccola la mia cucciolina… sta benissimo, apgar 10, tutta bagnata me la posano sulla pancia, facendomi alzare e sedere (finalmente fa la sua funzione) sullo sgabello olandese.

La mia piccola Elettra urla fortissimo (tutta sua madre), mi guarda, si avvinghia al capezzolo… com’è dolce, morbida e profumata!
Ci coprono con un telo caldo e ci lasciano così per aspettare l’uscita della placenta, mentre la signorina pensa bene di farmi pipì addosso… sarà emozionata anche lei?

Andrea ci guarda, è di certo molto coinvolto anche lui… che esperienza! Che cosino perfetto e speciale si è creato dentro di me!
E com’è stato bellissimo fare tutto noi due insieme, da sole… anzi noi 3… Andrea per me è stato importantissimo e così vicino!!!

Purtroppo io perdo molto sangue, mi devono togliere la piccola e farmi sdraiare…
La porgono a mio marito che se la tiene in braccio tutto il tempo, dopo aver tagliato lui stesso il cordone …Elettra se ne sta tranquilla tra le sue braccia mentre si succhia un braccio da sola.
Non arriva mai nessuno ad interferire.

Io non sto molto bene, mi gira la testa anche se sono sdraiata per terra, la placenta stenta ad uscire e cola sangue dappertutto… uff questa non ci voleva, andava tutto così bene!

Poi finalmente ce la facciamo, una placenta grande e brutta se ne esce, mi fanno una puntura anti-emorragica, mi mettono sul letto e finalmente posso abbracciare la mia piccolina senza più doverla abbandonare…
Restiamo così a lungo, nessuno dalla pediatria si precipita a venirla a prendere.

Passa davvero molto tempo, non so quanto, non ho più la sensazione di che ore sono… poi Andrea e Laura la prendono e le fanno loro stessi un bagnetto di sola acqua senza toglierle la vernice caseosa, mentre il ginecologo (quello col nasone) fa capolino e mi viene a vedere soltanto ora.
Mi fa una visitina gentile e mi dice che sono un po’ rossa (fai un po’ te!!!! Hai idea di cosa sia passato di lì???) ma non ho bisogno di nessun intervento, in sostanza NEANCHE UN PUNTO!
EVVAI! Cosa posso desiderare di più?

Purtroppo con il giramento di testa avuto non posso andarmene con le mie gambe, ma mi ridanno Elettra sul petto, tutte coperte al calduccio ci lasciano insieme, con Andrea che ci coccola, mentre l’ostetrica dell’H e l’infermiera sistemano la sala parto.
Sono ormai quasi le 5 quando ci portano in stanza!

Soltanto giunte qui un’altra donna prende la piccola per vestirla, ma ci mette pochissimi minuti, non c’è fretta per visite, o quant’altro, si farà l’indomani.
Ora mio marito e Laura possono tornare a casa…
Io mi godo tutti quei momenti, dormiamo insieme io e la mia bambina e così restiamo, avvinghiate l’una all’altra, io a lei e lei al mio seno, per i prossimi giorni.
Dopo sole 48 ore ce ne torniamo a casa.

Ci hanno trattate veramente benissimo e tutto è stato fatto nella massima naturalezza: nessuna interferenza, nessuna pressione, nessun intervento negativo su di me o sulla bambina, anche per quanto riguarda l’allattamento.
Un’esperienza stupenda che mi porterò nel cuore per tutta la vita.

Posso dire grazie a:
Non saprei in che ordine mettere i ringraziamenti, di tempo con cui hanno partecipato o di importanza.
Sono stati tutti fondamentali per la riuscita del mio VBAC e la giusta miscela di tutti ha dato, come avete potuto constatare, ottimi risultati!

• Mio marito Andrea: perché mi ha accompagnata per tutto il percorso, dandomi appoggio e fiducia… ma soprattutto trasmettendomi serenità nelle scelte, contro tutto e tutti quelli che mi scoraggiavano e non capivano la mia ostinazione;
• Mia cugina Elena (pediatra all’H di Vercelli): perché mi ha coinvolta nei suoi corsi e mi ha trasmesso informazioni sull’ospedale e sui loro metodi naturali, infine perché mi ha raccontato (ed io ho assorbito come una spugna) tutto ciò che poteva essermi utile;
• Laura, l’ostetrica che ho trovato grazie a “parto naturale”: perché con lei sono riuscita ad avere un appoggio sicuro e chiarimenti su cosa stava succedendo al mio corpo, ho dato sfogo (in gravidanza) alle mie incertezze e paure, trovando conforto e positività… poi è stata di vero aiuto ad essere tutti più tranquilli durante il travaglio!;
• Il Forum di “parto naturale” perché lì ho conosciuto persone care, condiviso emozioni tristi e felici, trovato spunti, risolto dubbi, preso coscienza di me e di cosa potevo fare davvero;
• Il ginecologo Dr. Ventresca di Vercelli: pro-VBAC al 100%, con cui abbiamo parlato io e Andrea e trovato una persona di fiducia, che ci dato massima libertà di scelta e fornito informazioni importanti e ottimistiche nella riuscita dei VBAC.
• L’ostetrica dell’H: purtroppo il giorno dopo non l’ho rivista, non ho neanche saputo come si chiama e non ho potuto ringraziarla ancora per tutto quello che ha e che non ha fatto, ma di certo ha lavorato come desideravo e le sarò sempre grata.
• I libri che ho letto: grazie a quelli ho appreso ulteriori dati, statistiche, consigli pratici e molto altro sui VBAC, sul parto naturale in genere e sull’allattamento. Ho inoltre fatto un gran lavoro mentale di rilassamento, concentrazione e di visione ottimistica di come sarebbero andate le cose… e così è andata benissimo!

I miei allattamenti

Tutto comincia nel lontano 2001.
La mia prima bimba, Sophia, nasce con taglio cesareo perché podalica e tralascio i dettagli su quanto mi sono sentita presa in giro sull’argomento parto.

Ricordo perfettamente però che all’inizio non la sentivo davvero mia, la allattavo, la tenevo in braccio per un po’, ma poi la posavo abbastanza in fretta, come se fosse una bambola e in tutto ciò, anche se vagamente, ricordo che applicavo i consigli ricevuti in ospedale e da molta altra gente (mia madre compresa, perché la reputavo abbastanza esperta, avendo lavorato al reparto nido dell’ospedale per diversi anni e solo tempo dopo mi sono resa conto di quanto fossero assurde le sue affermazioni, visto che non aveva allattato né me, né mia sorella), su orari, tempi, ciucci, latte che va via, produzione aumentata bevendo birra, doppia pesata, bimbi che si viziano, bimbi che piangono solo per fame, e potrei continuare.

Dopo un mese però comincio a sentirmi davvero “mamma” e a provare piacere nell’allattare mia figlia, ma lei pare avere reazioni strane al seno: si agita, piange, la sera non ne vuol sapere di staccarsi… si calma solo col ciuccio, così comincio a pensare di non avere abbastanza latte e, come si può immaginare, in virtù dei consigli ricevuti, con mio enorme rammarico dopo circa 40 gg passo all’aggiunta di latte artificiale.

Prima di rinunciare del tutto all’allattamento al seno mi informo e gioco la carta della consulente IBCLC che c’è in zona, che mi consiglia di dare a Sophia l’aggiunta con il bicchiere e di attaccare la bimba il più possibile al seno; nel tentativo di farmi sostenere da mia madre (almeno fisicamente per qualche giorno, per potermi dedicare solo alla piccola) mi sento dire che sono pazza a dare da mangiare alla bimba con una tazzina invece di un biberon, che la faccio solo soffrire.

Sono abbandonata a me stessa, troppo insicura, troppo spaventata dalle circostanze, non ho nemmeno il supporto di mio marito perché disinformato più di me, non me la sento di risentire la consulente, e così, dopo qualche altro giorno di seno e biberon alternati, passo definitivamente al latte artificiale, piangendo… e delegando il più possibile il pasto col biberon a chiunque sia presente in quel momento, perchè mi sento fallita e incredula, dato che all’inizio avevo latte da vendere ed era partito tutto così bene (non una ragade, bimba che cresceva…).

Mi arrendo, ma resto con l’amaro in bocca… non mi basta vedere la bimba che cresce serena… nel mio profondo resta un dolore sordo e in attesa di essere rivendicato in qualche modo.

Passano 6 anni e finalmente, dopo una perdita precoce, arriva la gravidanza di Elettra, che desideravo da tempo.
Per prima cosa comincio ad informarVi sul vbac perché anelo con tutta me stessa a non ripetere l’esperienza del cesareo, per me e soprattutto per la bambina. Quale mondo nuovo mi si apre sul parto naturale!

Dopo tanti colloqui e conoscenze acquisite, mi faccio accompagnare da un’ostetrica (e naturalmente da mio marito, che mi ha supportata in tutto il percorso e creduto in me) e la mia bimba nasce in un ospedale a 40 km da casa, con tutta la naturalità possibile, senza interferenze, quasi senza essere toccata da mani sconosciute, in perfetta serenità.

Come per il parto, durante la gravidanza mi preoccupo di venire a conoscenza di tutto quello che è importante sapere circa l’allattamento al seno, perché sono decisa ad allattare ad ogni costo e così vado a qualche incontro tra mamme e consulenti e leggo “tutte le mamme hanno il latte” di Paola Negri e “l’arte dell’allattamento materno” della LLL.

Anche per quel che riguarda l’allattamento scopro che tutto quel che sapevo fino a quel giorno era…. sbagliato! E così fin dalla nascita della piccola Elettra non ascolto nessun consiglio, ma applico pedestremente quel che viene detto nei succitati libri, tengo la bimba attaccata al seno giorno e notte (e nemmeno all’ospedale osano allontanarla da me), non le do il ciuccio, appena piange la allatto, controllo solo pannolini bagnati e peso una volta a settimana (e cresce bel oltre i 125 grammi che dovrebbe prendere secondo gli standard).

Purtroppo appena torno a casa dall’ospedale, anche un po’ debole per via di una emorragia avuta dopo il parto, mi viene un tremendo ingorgo con febbre, ma lascio perdere tutto il resto e con il supporto telefonico di mia cugina (pediatra dell’ospedale dove ho partorito, molto competente in allattamento e ad oggi anche consulente IBCLC), attacco la bambina alla lupa, faccio impacchi caldi sul seno e sto a letto più che posso, perché IO VOGLIO ALLATTARE e nel giro di qualche giorno il seno si libera e attaccarla non fa più male, che sollievo!

La bimba in generale si sveglia molto di notte, di giorno è sempre in braccio (infatti inizio subito ad usare una fascia), ma non ho mai voglia di posarla, la sento mia da subito, siamo legatissime, è tutto diverso dalla prima volta, sono una persona nuova, so che la mia stanchezza è ripagata da quanto cresce bene e felice la mia bambina.

Intorno ai suoi 40 gg, forse reduce dalla brutta esperienza precedente, ho un momento di panico: alla pesata della settimana la bimba pare aver preso solo 80 grammi, ed io ho un crollo emotivo, temo che per qualche ragione il latte mi stia di nuovo andando via… è il mio destino? Eppure la piccola la allatto a richiesta, dorme beata, non piange…

Mi “salva” di nuovo mia cugina, la pediatra più in gamba della terra. Mi dice di non guardare il peso, ma solo i pannolini, che forse è stata una pesata sbagliata, che in un mese ha preso 1600 grammi e quindi forse ha rallentato un po’, insomma ci sentiamo ogni giorno e ogni giorno racconto come va e vengo supportata e rassicurata e così supero la crisi, la bimba sta bene, continua a crescere.

Il nostro allattamento continua alla grande, non offro mai acqua o un biberon di LA o tisane, la consolo poppando per ogni cosa, coliche, sonno, stress della giornata, le notti sono piene di risvegli… tanti risvegli, anche 10/12 per notte… la piccola vuole solo poppare e dormire poppando… poppare dormendo… io sono esausta per interi giorni consecutivi, ma non mollo, so che sto facendo la cosa giusta, so che la sua felicità sarà la mia, so che il nostro legame è insostituibile.

E così passano i mesi: quando Elettra ne ha 8 torno a lavorare e la porto dalla nonna, 8 ore al giorno quasi da subito. Mia madre è preoccupatissima: crede di doverle dare un biberon di latte in mia assenza, crede che la bimba piangerà senza un ciuccio, crede tante cose…

In realtà, nonostante lo svezzamento quasi inesistente, poichè la piccola si nutre ben poco di cibi solidi (i nostri, perché ho iniziato a darle le pappe come tradizione vuole, ma lei ci ha messo poco a farmi capire che voleva quello che avevamo noi nel piatto!), prediligendo sempre il seno, si adatta presto alla nuova routine: mangia a spizzichi durante il giorno con la nonna, assaggiando comunque di tutto (poi la sera e la notte fa il pieno di latte di mamma) si addormenta senza seno, beve dal bicchiere, non ha bisogno di altri sostituti del latte né tantomeno di biscotti ipercalorici e la nonna resta stupefatta e si convince di quanto le avevo prospettato e di tutto il mio lavoro fatto fino ad allora, affinchè la bimba venga allattata esclusivamente con latte materno e senza altre forzature.

Unica nota leggermente dolente: avevo iniziato intorno ai 5 mesi della bambina a tirarmi il latte, affinchè mia madre potesse averne un po’ di scorta in freezer per le emergenze, ma Elettra non ne ha voluta una goccia, né col bicchiere, né col beccuccio, né caldo, né freddo… voleva il latte di mamma, direttamente dalla fonte!

L’esperienza però mi ha insegnato che, nonostante la mia enorme difficoltà a tirarmi il latte, non poteva assolutamente essere che il latte non ci fosse perché la bimba invece poppava felice e cresceva e che quindi le 2 cose non sono collegate.

Il nostro allattamento procede: Elettra resta una bimba molto esigente ed ad alto contatto fino a 2 anni inoltrati, finchè comincia l’asilo (2 anni e 4 mesi) e, forse per problemi di dentizione o di adenoidi (da lì infatti comincia a respirare male, ad ammalarsi di continuo e ad avere problemi di orecchie), forse per mera casualità, inizia a poppare male, sento dolore quando si attacca, mi pare che non succhi il latte ma resti solo appesa al seno e pertanto le chiedo costantemente di ciucciare bene o di staccarsi e riprovare.

Inoltre la notte si sveglia di nuovo moltissimo, almeno ogni 2 ore, se non ogni 45 minuti e quel continuo ciucciare male mi dà molto fastidio ai capezzoli e non mi lascia riposare.

La cosa continua così per altri 4/5 mesi: io a volte sono sofferente, altre sono paziente, ma non ci sono variazioni o miglioramenti, io non sento più la calata del latte che avevo sempre sentito sino ad allora, mi innervosisco perché Elettra si attacca spesso e male ed un fatidico giorno, nel sonno, mi morde molto forte, fino a far sanguinare il capezzolo.

La sera successiva, con mio enorme dispiacere ed andando un po’ contro la mia volontà, decido di dire alla bimba che ho molto male e che quindi non può più poppare. I primi minuti serali sono stati difficili, ma alla fine abbiamo risolto l’addormentamento con una storia, un po’ di tv e come sempre tante coccole e nanna insieme, riscoprendo un nuovo modo di amarci da lì in poi.

Avrei preferito che fosse lei a lasciare il seno, e magari oltre i 31 mesi, ma nonostante l’interruzione brusca non ho avuto alcun ingorgo e perciò a posteriori ho pensato che la piccola non prendesse più il latte da diverso tempo e che quindi un nuovo modo di amarci non doveva farmi sentire in colpa.

Elettra cresce, resta una bimba esigente e ad alto contatto, ad altissima richiesta, (infatti la notte si sveglia ancora, per cui ho conferma che i risvegli non sono dovuti alla tetta!) tanto che da quando è nata penso di chiudere definitivamente con le gravidanze, ma poi, un giorno, forse per via di un altro aborto (quando Elettra non aveva nemmeno 2 anni, una gravidanza inaspettata, ma poi accolta con gioia), rinasce dentro di me la voglia di un neonato, di un esserino da accudire ed allattare.

E’ così che nell’estate 2013 cerchiamo un altro gioiello da amare… e con enorme gioia di tutti scopriamo che si tratta proprio di un’altra femminuccia e, indecisi sul nome ed in virtù di alcune coincidenze, nasce Diamante Adele e stavolta con parto in casa.

Che dire… dopo 36 ore arriva già la montata lattea, io sono serena, al settimo cielo per questa nascita naturalissima e ormai non ho più alcun dubbio! La piccola è una ciucciona nata, cresce a vista d’occhio, è esigente ma non troppo, un po’ un mix delle 2 sorelle. A volte dorme beata nella sdraietta, a volte nella fascia, senza tanti problemi so che tetta e contatto sono il meglio per lei (e per me).

L’attacco spesso a rugby per drenare il seno all’interno e lei si lascia posizionare come preferisco pur di ciucciare.
Scopro anche che ha bisogno di meno latte zuccherino e quindi per 2 giorni le offro per 4 ore sempre lo stesso seno e questo mi aiuta a diminuire la produzione e a far sì che la notte la piccola riposi meglio, senza lamenti per la digestione.

E poi la sera, mi accorgo per caso che non riesce ad addormentarsi se mi sdraio o mi siedo per darle il seno, ma che si rilassa solo se la tengo in fascia in verticale con seno a portata di bocca: nel giro di pochi minuti si addormenta e riesco anche a posarla per un poco senza che si svegli.

Il nostro allattamento prosegue senza intoppi, anche se intorno ai 6 mesi una mattina mi sveglio con un ingorgo. E’ molto doloroso e mi abbatte fisicamente, ma attacco la bimba più spesso da quella parte e nel giro di 24 ore tutto torna come prima e alla mia Diamante viene dato presto il nomignolo di “bella balena” da quanto cresce bene!

Quando ha 9 mesi torno al lavoro e lei, come le sorelle, viene accudita tutto il giorno dalla nonna, che è ormai reduce dall’esperienza precedente e non si fa più tanti problemi: mi tiro un po’ di latte, giusto per tamponare i primi giorni in cui la lascio solo al mattino, ma anche con lei scopro che devo buttarlo via, perché non ne vuole sapere di berlo in alcun modo. La nonna le prepara le pappe in modo classico, invece a casa io applico da subito “l’autosvezzamento”, in cui offro solo il nostro cibo, sano e ben cucinato e lei assaggia qualche boccone, prediligendo sempre e comunque la tetta. Anche a lei non offro mai biberon e sa bere sin da subito dal bicchiere.

Diamante, per quanto amante del latte di mamma, al contrario si dimostra non troppo interessata al cibo solido, assaggia di tutto, ma proprio in quantità minime ed infatti intorno all’anno rallenta decisamente la sua crescita.

Oggi la piccola ha 2 anni e 4 mesi e naturalmente ciuccia ancora e per fortuna bene, senza darmi fastidio o dolore; non ha mai un grande appetito quando è a tavola, ma esattamente come con la tetta, che resta la base della sua alimentazione (anche se ci vediamo solo mattino e sera) stuzzica diverse volte al giorno (un grissino, 2 fette di un frutto…) ed io so che si auto-regola benissimo da sola.

Le notti con lei, al contrario di quanto accadeva alla stessa età con Elettra, sono molto più facili e gestibili; nonostante ricerchi il seno per addormentarsi ogni volta che si sveglia, adesso si accontenta anche delle coccole del papà quando vede che mi alzo al mattino, pur di restare a dormire ancora un po’.

Sono felice perchè lei è felice. Il seno è diventato anche punto di sfogo e rassicurazione quando torna dall’asilo, quindi non glielo nego mai. Al contrario quando siamo a spasso è così distratta che nemmeno si ricorda!
Spero di allattarla ancora a lungo, così a lungo da far sì che un giorno si ricordi quello che invece Elettra e naturalmente Sophia hanno già dimenticato di questi momenti solo nostri, unici, magici, di mamma e figlia che con così poco creano senza accorgersene un rapporto speciale.

Allattare non è solo nutrimento.