“FRATELLO D’ALBA’NIA SECONDO CAPITOLO…notare l’accento sulla A di Alba’nia

 

 

 

Buongiorno! pubblico oggi a seguire, il secondo capitolo del mio racconto. In fondo un video “fai da me” che ho pubblicato sul mio nuovo canale youtube “orsogreco”…vedremo quanto durerà. il video è una sequenza fotografica riferita alla guerra del Vietnam: la prima guerra sporca della nuova era; la colonna sonora è un famosissimo pezzo di Bob Dylan non eseguito da lui o altri artisti di fama…buona lettura, buona visione…buon ascolto-

Capitolo II

 

Dodici settembre, ore 06.00.

 

Il porto di Bari, dopo il “grande esodo”, sembra territorio albanese sul suolo italiano.

Tutti i giorni ci sono navi che partono per Durazzo.

Arrivano anche.

Tutti i giorni ci sono albanesi che partono per Durazzo.

Arrivano anche.

Quelli dei gommoni arrivano soltanto.

Di notte!

E sono tutti contenti! Sempre.

Quando partono, perché hanno in tasca metà dei soldi guadagnati dall’ultimo ritorno; (l’altra metà l’hanno spesa per acquistare televisori, videoregistratori, stereo, videocamere) e quindi  potranno pagare da bere a parenti ed amici e, comprare un <posto> sul gommone per il <cugino della zia del cognato di sua sorella>. Quando tornano. Perché potranno riguadagnare, per poter riacquistare: televisori, videoregistratori, stereo, videocamere, che nel frattempo sono stati rubati o bruciati dai continui cali di tensione della fatiscente rete elettrica albanese; nonché il prossimo <posto> sul gommone per il <il cugino della zia del cognato di sua sorella> che, trovato dopo lo sbarco, è stato rispedito a casa dalle autorità italiane!

Sono le 19.00 e, all’orizzonte, nessuna traccia di Durazzo!

Quello del puntualizzare l’ora, è una delle poche concessioni descrittive che mi permetto quando scrivo.

Se <il cielo è sereno> od <uggioso>, se <il mare è pacato> od <incazzato>, se in alto <svolazzano gabbiani>, lo decida chi ha la ventura di leggermi!

Che sia lui a decidere di che colore sono i capelli o gli occhi, le scarpe o il vestito della signora seduta due posti <pullman> più in là e che mi fa il filo.

A proposito della signora: è una puttana.

Di <alto bordo> affermerebbe qualche famoso <descrittivo>; togliete <alto> e prendete il resto, suggerisco io.

Sono le 19.00 dicevo, (in verità più qualche secondo occorso per la doverosa precisazione), e di Durazzo nessuna traccia.

E pensare che avremmo dovuto attraccare per le 17.00!!!

Basta! Siamo in ritardo! Decido di protestare.

Cerco il Comandante; lo trovo “dal momento che saremmo dovuti arrivare a Durazzo già da due ore” gli dico, “e invece siamo ancora in alto mare, le domando: si sono fregati l’Albania oppure siamo in ritardo?”

E quello, guardandomi serio: “signore! Esiste una terza possibilità”, “quale?” gli faccio.

“Dal momento che la crosta terrestre è sempre in movimento, può essere avvenuto un allontanamento dell’Albania dalle coste italiane!” afferma tranquillo.

Ore 23.15: arrivo in porto.

I funzionari doganali hanno smesso il secondo turno; i funzionari doganali non effettuano il terzo turno; si sbarca domani. Ore 06.00.

Benvenuti in Albània! Notare l’accento sulla “a”.

Comunque i “gabbiani non svolazzano”.

A quest’ora i gabbiani dormono!

Io? …No!

Soffro d’insonnia!

Sarà più salato il ghiaccio al polo nord o quello al polo sud?…

 

13 settembre, ore 10.00

 

“Prendi questa!” mi fa Gilibert, porgendomi una <38> a tamburo con quattro pollici di canna.

Siamo nella sua macchina, guidata dal cognato Landi, poliziotto in servizio giù al porto (anche adesso sarebbe in servizio…).

“Albània è di nuovo casino!” continua il mio <fratello>.

“Ieri hanno ucciso Azem Hajdari, compagno di Sali Berisha. Berisha giura vendetta! In Tirana si spara. La gente fugge.”

Tanto per cambiare! E’ sempre la stessa!!!

Si spara…e si scappa in Italia. (Ogni scusa e buona).

La macchina corre (si fa per dire!) sulla litoranea che collega Durazzo a Valona; siamo diretti a Golem, un piccolo villaggio di pescatori, diventati “scafisti”, paese di Gilibert, e da dove parte un cospicuo numero di clandestini. Ogni notte!

La mamma di Gilibert, piange e mi abbraccia, quando arriviamo.

Il padre mi stringe la mano e mi dà il benvenuto.

Sono scalzo, com’è d’uso nelle case musulmane.

Cerco di trangugiare una tazza di <caffè turco>, con cui ho un tempestoso rapporto di odio-amore.

La moglie di Gilibert è su in montagna, con Edina, l’altra figlia del mio amico; è andata ad assistere sua madre che non sta bene.

“Raccontami di questa storia Gilibert”, dico. “Da quanto tempo Arben è scomparso?”

Nel sentire il nome del nipotino, la povera madre di Gilibert scoppia in un pianto dirotto e, suo marito l’accompagna in un’altra stanza.

“Ero in Italia; in Prato. Quindici giorni ora, Landi telefona che Arben non si trova da quattro giorni!”

Piccolo calcolo: Arben è scomparso il ventinove di agosto.

Mi rivolgo a Landi: “com’è andata?”.

“Arben è andato al mare per bagno con amici; era mattino: Poi loro hanno giocato a nascondere, dentro pineta, ed Arben non si è più trovato. Fino a notte… niente! Qualcuno lo ha preso.”

“Landi ha fatto denuncia” prosegue Gilibert “ma polizia nostra dice: tanti bambini scomparsi!… Chi vuole che cerca.”

Già! Chi vuoi che cerchi!?

Non certo la polizia.

Il poliziotto albanese, fa il suo mestiere, quando non ha altro da fare. (Guardare Landi prego!).

Tanti bambini spariti!

Quanti sono serviti come serbatoio per organi?

Quanti sono stati prostituiti?

Quanti sono stati venduti dai loro genitori?

Trascorriamo il resto della giornata, effettuando un inutile sopralluogo dove Arben è scomparso e mangiando un “non so cosa” nell’unico bar di Golem.

Incontro la solita donna che, ogni volta, mi chiede di sposare sua figlia, che oggi ha quindici anni, per poi portare tutti in Italia; quindi si va a dormire.

Loro! Io: No!

I poli sono momentaneamente accantonati.

E’ Arben il mio compagno notturno!

Arben ed i suoi appena sei anni, di una vita forse conclusa!

 

 

 

Alba del 14 settembre

 

All’alba l’Albania brulica di gente, come Milano nell’ora di punta.

Tutti vanno.

Dove non lo sanno neanche loro!

Anche noi andiamo.

Solo che noi lo sappiamo!

Ho comunicato a Giliber che intendo andare a Tirana, per fare due chiacchiere con Eris Berati, l’unico poliziotto albanese che fa bene il suo lavoro! (Secondo me.)

Siamo <lanciati> verso Tirana…(scusate, mi sono lasciato prendere).

Siamo <diretti> verso Tirana con Landi alla guida; (a proposito, è di servizio anche oggi; giù al porto…) Gilibert è teso. “Non è buono per noi” dice “Tirana oggi è una polveriera! Ci sono i funerali di Hajdari e c’è sicuro casino!”

Sputa che indovini! (Tipico detto delle mie parti).

Per cercare Eris dobbiamo andare in questura; per cercare la questura dobbiamo andare in centro; per andare in centro, dobbiamo dire ai poliziotti che facciamo il <tifo> per Phoatos Nano; per andare in centro, dobbiamo dire a quegli altri che facciamo il <tifo> per Sali Berisha!

Così è in Albània! (Notare sempre l’accento).

In questura ci dicono che Eris è in viale dei Martiri, dove si svolgono i funerali.

Filiamo dritti nell’occhio del ciclone.

I <democratici> (alla faccia del nome!) all’improvviso assaltano il palazzo del governo; in pochi minuti sono padroni di due carri armati e dirigono verso la sede della TVSH (la televisione albanese) urlando e sparando all’impazzata. Parte l’assalto.

Siamo nella massa, ed <assaltiamo> pure noi: (chi non <assalta> interista è!).

Riusciamo a sganciarci, defilandoci in un vicolo, finendo addosso ad Eris che spara anche lui!

“Come stanno a casa?” mi urla, senza smettere di sparare.

“Bene” urlo anch’io “ti mandano tanti saluti!”.

E dopo un poco: “Eris, quando hai un minuto, ho bisogno di parlarti”.

“Aspettami in fondo alla strada; per te un minuto lo trovo sempre.”

Facciamo come Eris ha detto, e dopo un’ora esatta, ci raggiunge.

“Chi vince?” gli chiedo; “per ora loro!” risponde. Poi ancora “cosa fai in Albània? E anche tu Gilibert, non eri in Italia?”

“Senti Eris. Il figlio di Gilibert è scomparso; forse è stato rapito. Hai qualche idea?”

Un attimo per recepire il dato, poi mi risponde.

“Per ora no. Senti, adesso ho da fare! Vedrò di chiedere in giro. Comunque vengo io, domani a Golem; spero di dirti qualcosa! Scusa se non posso offrirti da bere…”

“Certo che sei scusato!” gli faccio. “Dato le circostanze!”

Sto cazzo di Hajdari! Perché doveva farsi ammazzare proprio ora?

Torniamo a Golem.

Siamo seduti al bar.

“E adesso?” chiede Landi.

“Zitto” fa Gilibert “non vedi che pensa?” E così dicendo accoppa una mosca  che, secondo lui, disturba le mie riflessioni!

Sono le tre del pomeriggio e mille domande mi frullano per la testa.

No. Non ve lo dico; non preoccupatevi!

Anzi… una ve la dico cosa ha fatto il Milan, ieri in campionato?