“FRATELLO D’ALBA’NIA TERZO CAPITOLO…notare l’accento sulla A di Alba’nia

 

BUONGIORNO! Ieri pomeriggio sono sceso giù al mare e sono rimasto colpito da scie nel cielo fantasmagoriche; d’istinto ho ripreso spezzoni di video e successivamente ho montato col solito “fai da me” abbastanza…male, il video che propongo oggi, in fondo al pezzo, che riporta il terzo capitolo del racconto che sto pubblicando per “disintossicarmi” da virus e carri armati; che rimangono comunque il pane quotidiano con cui gli “sguatteri di regime” ci nutrono!  Tornando alle scie ho immaginato un gigantesco pittore che imprimeva su “una lavagna azzurra” i suoi pensieri…il suo estro. Certo: di scie si parla anche per altri motivi; ma le armi che circolano su questo pianeta sono già una caterva deleteria, senza il bisogno di ipotizzarne o complottizzarne altre! Quindi vi invito a leggere il terzo capitolo del mio racconto, ed a vedere il video proposto, godendo di una colonna sonora fatta di pezzi musicali famosi, che come al solito sono eseguiti da “dilettanti allo sbaraglio”…tipo…io!

 

Capitolo III

 

15 settembre: alba!

 

La notte è stata un casino!

Purtroppo ho dormito!

Incubi vecchi… incubi nuovi. Incubi in bianco e nero ed  a colori!

Piove, e questo pezzo di Albania si trasforma da <polveroso> in <fangoso>; come per incanto…

Raggiungiamo Durazzo, dopo aver spinto due volte la macchina, che sembra prediligere le pozzanghere più grosse.

Alla guida c’è Benni, cugino di Gilibert, (Landi oggi è di riposo…) poliziotto anche lui e, naturalmente di servizio da qualche parte!

Alla fine degli incubi ho partorito! (L’idea).

Gilibert aveva detto di tanti bambini spariti nella zona. Io volevo sapere quanti, chi erano e quando erano scomparsi. Per questo ci troviamo seduti nell’ufficio di Bekir Pati, direttore (nei ritagli di tempo) della sezione <criminale> della polizia di città, che alla fine di vari convenevoli, decide che per produrre questi dati, ha bisogno di qualche giorno: deve mettere insieme le varie denunce di scomparsa, ricevute nei vari posti di polizia, dai vari poliziotti di servizio!

In cambio di tutta questa sconvolgente <attività>. Mi impegno a rifornire la questura di Kg 1,5 di fischietti; “quelli che fanno frfrfrfr, e non quelli che fanno trtrtrtr” si raccomanda il direttore.

L’idea era buona!

E’ il parto che sembra un aborto!

Intanto continua a piovere e muoversi per la città è diventato difficile; decido che si torna a Golem, nel solito bar.

Il mio <fratello> è nero!

Lo capisco.

So anche cosa gli gira per la testa, mentre beve il solito <turco caffè>. Sta immaginando di aver per le mani quello che ha preso suo figlio e gli spacca le ossa: una ad una.

“Se lo trovo” esplode, “gli rompo le ossa una per una!”

Visto? Cosa vi dicevo?

“Certo Gilibert, lo so che lo farai. Ma prima bisogna trovarlo.”

“Tu trovi… sicuro!” ringrazio per la fiducia!

“Profonda necessità”. Telefono a casa.

“Cosa ha fatto il Milan?” chiedo alla voce che mi risponde; “ha visto l’altra squadra vincere tre a zero!” riconosco mia moglie.

“Ma, sei… mio marito?” tanto per sincerarsi di aver dato la brutta notizia alla persona giusta!

E’ in queste circostanze che condivido le stesse emozioni di Berlusconi: <mal comune mezzo gaudio> (lo so che l’avete già sentita!).

“Sei ancora lì? “ fa mia moglie; “certo che ci sono. Sopravviverò! Ascolta: devi fare una cosa; devi comperare dei fischietti…” “dei fischietti?” “Si; dei fischietti. Poi li porti a Shito, che provvederà a mandarli qui. Devo regalarli.”

“E quanti ne compro?”

“Un chilo e mezzo.”

“E da quando si vendono a chilo?”

“Non lo so; ma tu falli pesare.”

“Li faccio pesare…!” dubbiosa della mia integrità mentale.

“Ah! Un’altra cosa; accertati che facciano tutti frfrfr e non trtrtr.”

“Debbono fare frfrfrfr?” “debbono fare frfrfr!” “no… trtrtr?”i dubbi cominciano a diventare certezze! “Esatto. Mi raccomando: frfrfr!” riaggancio.

Quando torno, sono certo di avere un appuntamento irrinunciabile con lo psicanalista.

Nel frattempo è arrivato Eris.

Mentre mangiamo un <non so cos’altro> ci aggiorna sugli eventi nella capitale.

“Molto casino!” dice; “E durante il casino, ho fatto qualche domanda sul vostro problema…”

“E cosa viene fuori?”

“Viene fuori che, due giorni fa, è saltato per aria uno scafo…” non lo interrompo.

“E, qualche ora dopo, ha fatto <boom> anche un capanno lungo la spiaggia: dieci chilometri più a sud. Il proprietario è riuscito a non <volare> in tutti e due i casi.”

“E allora?”

“Allora penso che tu debba farci due chiacchiere… a patto che lo trovi!”

“Sarebbe a dire che…”

“Esatto! Non essendo <volato>, si è <volatilizzato>”.

Si chiama Fatmir Ushi”

“Lo conosco!” interviene Gilibert.

“I suoi genitori, vivono a due chilometri da qui, su per la montagna. Sono di origine kossovara!”

“Hai altro?” chiedo ad Eris.

“Si. Vive con una donna di Durazzo, che abita di fianco all’agenzia dell’<Adriatica>.”

“Bene! Penso proprio che andremo a far visita alla signora. Tu che fai? Vieni con noi?” domando ad Eris.

“No. Devo tornare a Tirana.” Poi, “ah! Un’altra cosa… guardati il culo! Ho visto la stessa faccia sia a Tirana l’altro giorno, che qualche minuto fa. Era seduto laggiù! Di fronte alla baracca del macellaio… ora non più!”

Figlio di puttana di Eris!…

Lo ringrazio e lo saluto.

Mentre stiamo salendo in macchina, Gilibert ci fa: “un momento! Che dici se telefono ad Osman di farsi trovare al <caffè Italia>, e di dare un’occhiata sulla nostra coda?”

“Ottimo Gilibert, è un’ottima idea!”

Osman è la mia <polizza assicurativa>; quando sono impegnato in Albania, lui gioca in copertura; così niente torcicollo e si evita qualche guaio!

Al <caffè Italia>, ignoriamo Osman, seduto in un angolo; beviamo un caffè espresso (confesso che mancava!) e ci avviamo verso la casa della donna.

Non troviamo nessuno.

Una vecchia, seduta ad un banchetto di sigarette, ci informa che la signora è al lavoro, rincaserà intorno alle 18.00 ,e che di solito è puntuale.

Sono le 14.50 e per riempire il buco, penso di andare a fare due chiacchiere con i genitori di Fatmir.

Arrivati a Golem, scopro che mi tocca fare una passeggiata di quattro chilometri fra andata e ritorno!

27 minuti all’andata  (è in salita…), 18 minuti al ritorno (è in discesa!), due ore di parole, più un caffè turco, sono i tempi necessari per capire che <l’affetto filiale> non è il piatto forte dello scafista.

I poveretti non lo vedono da mesi, né sanno dove possa essere.

Ci fermiamo a casa di Gilibert.

La constatazione che dai rubinetti di Albània, sgorga acqua, mi porta a soddisfare alcune necessità fisiologiche.

Stiamo per ritornare a  Durazzo, quando telefona Osman.

“Vuole parlare con te” mi fa Landi, che è tornato dal riposo”.

Rispondo. “Osman, che novità hai?”

“Abbastanza!” è la sua risposta.

“Io dico, poi vedi tu.

“Primo: Eris aveva ragione! E la faccia che vi stava dietro, aveva compagnia. Sono in due; un albanese ed uno straniero. Tedesco credo; secondo: non vi hanno più seguiti; sono rimasti nei pressi della casa dove siete stati; terzo: è arrivata una donna. I due si sono infilati in casa con lei, anche se mi è sembrato che non le piacesse; quarto: ne sono usciti dieci minuti dopo; si sono messi in macchina e stanno viaggiando verso Skodra. Ora sono fermi in un ristorante; quinto: che faccio?”

“Da quanto tempo sono usciti dalla casa della donna?” gli domando, maledicendomi di averli portati fin lì!

“Sono circa un paio di ore. Faresti bene ad andare a dare un’occhiata.”

“E’ quello che farò. Tu nel frattempo, non li mollare! Se ci sono novità telefona. Ci sarà qualcuno a rispondere!”

che coglione! Che coglione che sono stato!

Mi riprometto che lo scriverò mille volte: <io sono un coglione!>

Dopo aver lasciato Benni di guardia al telefono, ci precipitiamo a Durazzo.