“FRATELLO D’ALBA’NIA” SETTIMO CAPITOLO…notare l’accento sulla A di Alba’nia

BUONA DOMENICA! Oggi settimo capitolo di “Fratello di Albània”; colgo ancora l’occasione per ringraziare: chi mi legge in primis…e chi oltre che leggere mi ha fatto pervenire commenti positivi per questa iniziativa. Come ormai è d’uso, il capitolo è seguito da un video  di un bellissimo pezzo di “Ad Gloriam” quando si chiamava “Wine Shop’s Band” composto da loro e con l’aggiunta dell’inconfondibile voce di Enzo Denti; che molti di voi concittadini ricorderanno. Buona lettura, buona visione e buon ascolto.

 

Capitolo VII

 

“Quelli sono albanesi!” dice Gilibert, indicandomi un paio di individui che stanno seduti su un gradino che porta all’interno di una costruzione secondaria, rispetto al corpo centrale, che più di una casa colonica, sembra una villa dotata di ogni confort (miracolo della legge sull’agriturismo?).

E’ quasi buio. Siamo di fianco ad un cancello telecomandato che sbarra il viale di accesso; un videocitofono fa bella mostra di se. Un grosso cespuglio ci permette di osservare non visti. La macchina l’abbiamo lasciata più in giù in un boschetto.

“Si, sono albanesi. Il dottor Biondi ne ha altri tre alle sue dipendenze.”

“Che dici?” mi fa , guardando il campanello. “Suoniamo?”

“No; stiamo un po’ a vedere.”

Il rombo di un motore ci avverte dell’arrivo di qualcuno. Dalla Ferrari Testa rossa sopraggiunta, scende un signore di mezz’età ben vestito (beh! Uno che scende da quella macchina, deve esserlo per forza). Suona al citofono: “mi manda Lubrano” è la frase che ascolto distintamente. Il cancello scorre. Prendo il numero di targa ed ho un’idea… anzi: due! La prima è che Zaccheroni deve spostare Maldini centrale, se vuole assestare la difesa!… La seconda è quella di lasciare Gilibert nei paraggi per qualche ora.

“E tu che fai?” chiede.

“Vado a Matera. Voglio invitare a cena una vecchia amica!”

“Solo una vecchia amica?”

“Si … solo una vecchia amica.” Beh!… veramente Anna Mauri è stata qualcosa di più! Ma questa è preistoria!

Anna è funzionario di polizia. Si occupa di minori. E’ stata in zone <calde>: Napoli, Palermo, Reggio Calabria; poi, una volta deciso di mettere su  famiglia, sposò un collega, si è fatta assegnare alla questura di Matera, dove già lavorava il marito.

Lei vi è rimasta… il marito no!

Qualche anno fa, una polacca aveva problemi di visto; (lui lavorava all’ufficio stranieri) ed ora vive a Varsavia!

“Cosa c’è sotto questa volta? La solita rogna?” E’ Anna che mi risponde al telefono.

“Perché dici questo? Ti ho solo invitata a cena!!!”

“Già! Ed al digestivo la tiri fuori!”

“No! Questa volta è diverso: prometto!”

“Ho una storia da raccontarti…” comincio, una volta al ristorante.

“Ma non avevi promesso che questa volta sarebbe stato diverso?”

Siamo seduti in un locale molto discreto con vista sui <Sassi>.

“E sto mantenendo la promessa: te la tiro fuori all’aperitivo, non al digestivo!”

“Beh… è meglio che non la mantieni! Dimmela al digestivo, così mangiamo in pace!”

“D’accordo ragazza mia:”

“E non chiamarmi ragazza mia!” lo odio!!! Chissà perché ogni volta che mi inviti da qualche parte, è solo per lavoro! Mai che finiamo a letto!”

“E dopo?” rispondo.

“Già!… E dopo?” forse ride “non potevi fare un altro lavoro; che so… il muratore… il musicista, così ci sentivamo solo per Natale, quando ci si scambia gli auguri!”

E’ sempre così fra noi. Ogni volta è una barca di sensazioni in un mare agitato di cose che sono state, di cose che potevano essere! Poi di colpo siamo in porto… al riparo delle nostre odierne vite! Anche se i <vent’anni> saranno sempre patrimonio comune!

Siamo al terzo digestivo, quando termino di raccontare quello che è successo. Si offre di accompagnarmi quando è ora di andare a riprendere Gilibert… a proposito! Il poveretto è digiuno! Faccio preparare due panini e partiamo.

“Non sarebbe male” le dico “se ti occupi del nostro dottore: cento a uno che è dentro fino al collo!”

“D’accordo! Domani lo faccio: informo il mio capo ed apro un fascicolo a suo nome.”

“Dobbiamo fare una passeggiata al chiaro di luna, per raggiungere Gilibert. Lascio qui la macchina.”

“O. K.! Non è che al <chiaro di luna> mi diventi romantico?”

La lingua batte dove il dente duole! (Anche questa è stata già detta).

Faccio finta di non aver sentito.

“Come sta andando?” chiedo a Gilibert, un volta al riparo del cespuglio. (Volete vedere che pensate a chissà quanto è grosso il cespuglio? E’ grosso. Vi assicuro che è grosso!).

“Grande traffico” risponde “e tutte macchine belle! Ho qui i numeri di targa; sono… otto più la Ferrari. Tutti arrivano e tutti dicono <mi manda Lubrano!>; chi è?”

“Chi è questo Lubrano che manda tutti!”

Gli spiego che da noi, quando vuoi far credere di essere raccomandato, prima si diceva <mi manda Picone>. Poi Picone è andato in pensione…

“Avrai fame! Ho qui dei panini.”

“Per ora no. Li mangio dopo.”

Mi rivolgo ad Anna “cosa ne pensi?”

“Hai ragione! Questa faccenda merita la massima attenzione. Domani faro come ho detto. Inoltre controllo queste targhe.”

“Oggi, vorrai dire! Visto che sono le due e dieci in questo momento!”

“Cavolo, devo alzarmi fra cinque ore!”

“Beh… andiamo tutti a nanna allora!”

“Io resto qui” fa Gilibert.

“Ma no! Non è necessario!” rispondo.

“Ci sono ancora tre macchine dentro…e poi, potrebbe succedere qualcosa.”

Rifletto… “e va bene!… ma non sognare di farti <mandare da Lubrano!>”

Sorride “non ti preoccupare! E anche perché non ho sonno!”

Raggiungiamo la macchina.

“Non è che il tuo albanese si mette nei casini?” mi chiede Anna.

“Stai tranquilla. Non lo farà.”

“E tu che fai?” mi dice, una volta sotto casa sua.

“E’ tardi! Non ritorno a casa. Cerco un albergo.”

“Ma puoi dormire da me!”

La guardo… “ cerco un albergo!”

“Brutto stronzo! Cosa credi?… che ti salti addosso?”

Dormo da lei. E il guaio è che dormo sul serio! (E non per quello che immaginate…). L’avevo fatta franca per tre notti!… questa no!

Alla prima notte di sonno, è arrivata! Puntuale come un orologio svizzero. Si aggira per la stanza, col coltello nella pancia, grondando sangue!

“Avevamo un appuntamento! Non ricordi?”

 

19 settembre, ore 07.00

 

Profumo di caffè! Chiedo ad Anna il permesso di telefonare a casa.

“Non rientro a pranzo.” Dico a mia moglie

“Veramente non sei rientrato nemmeno a cena!”

“…Si è vero… ma ti assicuro che ho mangiato!”

“Dove sei finito?”

“Sono a Matera. Non so come si sviluppa la giornata. Tu fa finta che non esisto!”

“Non c’è bisogno di fingere! Ha telefonato Landi; voleva farti sapere che ha consegnato i fischietti ed erano O. K.!”

“Grazie. Bacia i ragazzi.” “Così ricorderanno che hanno un padre!”

Accompagno Anna in ufficio e vado a recuperare Gilibert. Lo trovo che cammina lungo la statale.

“Novità?”

“No. L’ultima macchina è uscita alle tre e mezza.”

Andiamo a bere un caffè in una stazione di servizio.

“Arben è lì!” Non è una domanda… Non rispondo. Se è lì, ed è successo quello che penso…

“Cosa intendi fare?”

“Per ora niente. Aspettiamo notizie da Anna. La devo raggiungere per le dieci.”

“Dobbiamo fare in fretta” dice il mio amico.

“Dobbiamo fare in tempo! Non in fretta! Gilibert.”

“Ho controllato le targhe delle macchine” fa Anna, quando la vedo

“I proprietari sono tutti professionisti affermati. Avvocati, un notaio, dei medici! Da Foggia, Bari; persino da Campobasso! Uno è di Matera. Ha un piccolo precedente: una querela, poi rimessa, per atti di libidine nei confronti di una ragazzina di sette anni! Se i bambini albanesi sono lì, ci troviamo di fronte ad un fatto notevole. Potrebbe essere la prima casa di <appuntamento> per pedofili scoperta in Italia!!! Fai sempre le cose in grande tu!”

Non sono sorpreso.

“Il capo ha fiutato l’osso! Già si vede in prima pagina. Stanotte facciamo delle irruzioni. Sto aspettando che il giudice firmi i mandati.!

“Bene! Ho un posto in prima fila?”

“Hai un posto in prima fila. Scegli dove.”

“A casa del dottore: voglio vedere la sua faccia!”

“Ed il tuo amico?”

“Portalo all’azienda con te… credo che andrai là; è vero?” fa un cenno di assenso. “Può servirti! I bambini non parlano certo l’italiano! Poi potrebbe esserci suo figlio lì dentro!”

“Ma… se gli capita qualcosa?”

“Non gli capiterà!”

Rimaniamo intesi che pranziamo insieme per le due. Quando torno alla macchina, trovo Gilibert addormentato! Compro la <Gazzetta dello sport> e mi siedo in un bar. L’ha scritto!!! L’aveva promesso e l’ha fatto! “Se non vince domenica, Zaccheroni non mangerà i panettoni” ha addirittura titolato l’articolo!

A pranzo vedo Anna in tensione. Sarà l’imminenza dell’azione a renderla così!… Questa storia, anche se non lo dice, potrebbe avere influssi positivi per la sua carriera… oltre che su quella del suo capo!

“Due campari ed una camomilla!” ordino per aperitivo.

“Per chi è la camomilla?”

“Guardati allo specchio e lo saprai. Sembri una corda di violino!”

Per trentuno secondi tace…

“Hai ragione… ma … non bevo camomilla a pranzo!”

Gilibert provvede a correggere l’ordinazione.

“Cos’è che non va?”

“Nulla!… Quasi!”

“E quanto è grosso il <quasi>?”

“… E’ solo una sfumatura!… Pezzi grossi… oh! Insomma! Ho ricevuto una chiamata da Roma; nelle alte sfere seguono con interesse il caso!”

“E con questo? Non dovrebbe spiacerti! Hai pensato alla possibilità di fare carriera… o il capo non ti lascia spazio?!”

“No! Non è questo. Avrò il mio spazio! E’ che… la verità è che ho bisogno di una vacanza! Ho accumulato stress arretrato!”

“Allora falla. Vai a disintossicarti da qualche parte!”

“Si. Lo farò!”

 

20 settembre, ore 01.20

 

L’operazione sta filando liscia come l’olio. Quando il dottor Biondi esce dal portone di casa, ammanettato tra due agenti, mi fissa con astio… per mio conto, sono più leggero: dopo trentatré ore, è sceso dalle mie palle! Le perquisizioni, in casa e allo studio, vanno O. K.! Alle 02.10 sentiamo per radio che anche all’azienda è andata O. K.! Sotto la questura, pullula di fotografi e cameramen quando arriviamo. Il capo è circondato dai microfoni! Non posso fare a meno di ammirare la <tempestività> con cui la stampa si appropria della faccenda… Alle 04.00 rientra la truppa di Anna. Nel caos che si crea ulteriormente, vedo Gilibert venirmi incontro con gli occhi lucidi!

“Non c’era!… Mio figlio non c’era!!!”

Lo lascio piangere.

Sono le 11.00 quando ci mettiamo in macchina per rientrare a casa. Nessuno dei due ha voglia di parlare. Ho visto i visi di quei bambini, quando, con l’aiuto di Gilibert, hanno cercato di fare loro qualche domanda. Visi impauriti! Visi segnati dai traumi subiti; dalle sevizie a cui sono stati sottomessi. Anna è stata comprensiva: mi ha dato un minuto da solo col dottore. Poveraccio… è scivolato procurandosi la frattura del setto nasale!… Sono undici i bambini liberati. Confrontando la lista di Fatmir e quella della questura di Durazzo, abbiamo dato loro un nome.

Durante il pranzo, i TG sono il piatto forte! Apprendiamo fra l’altro, che gli arresti della notte, sono il frutto di mesi di delicate indagini… condotte dalla questura di Matera e coordinate dal questore in persona!…

Gilibert è andato a trovare dei suoi paesani che lavorano qui; sono clandestini.

Il mio pomeriggio ha la faccia di Arben!

Arben che mi corre incontro… Arben che siede sulle mie ginocchia! Poi, un’altra faccia lo sostituisce prepotentemente: Batistuta-Batistuta-Batistuta! Milan 0 fiorentina 3!!!

Che giornata nera! Anzi: viola!!!

Voglio toccare il fondo! Mantengo una promessa. Nel mio studio, sto scrivendo… al 751° <io sono un coglione>, squilla il telefono.

“Papà” strilla mia figlia “è un certo Eris dall’Albania; vuole te. Prendi la linea!”

“Pronto?!”

“Ti manda tanti saluti Batistuta!… Ho sentito per radio…”

“Va fa n’culo!!!”

“Senti: ho novità per te.”

“Anch’io!” lo interrompo, e gli racconto dei ragazzi.

“Ed Arben?”

“Niente! Dall’elenco di Fatmir, mancano lui ed un altro.”

“Mi dispiace per Gilibert! Ho il nome dell’inquilino della grotta… si chiama Socol Hagi.”

“Socol Hagi… non mi suona nuovo!”

“Aveva un fratello in Italia. E’ morto qualche giorno fa; un incidente sul lavoro.”

Ecco… ci sono! “Ci sono Eris! Me l’ha detto <Emilio>, il giorno del terremoto…”

“Quale terremoto?! E chi è Emilio?!”

Non sto a raccontargli di Fede! Lo saluto. E’ un bravo poliziotto! Skender Hagi si chiamava l’albanese caduto dalla cattedrale di Anglona! Che giorno era? Chiamo mia figlia “ti ricordi quando ha fatto il terremoto, e tuo fratello ci ha tirato quello scherzo…”

“Certo che lo ricordo! La sera ho visto la <Maschera di ferro> con Leonardo!!!”

E’ proprio vero: trascuro i miei figli! Ha un amichetto ed io non so niente!

“Lo conosco?” le chiedo.

“Ma papà!… E’ Di Caprio! Quel film lo interpretava lui!”

Falso allarme… “Beh… che giorno era? Me lo dici: si o no?”

“Era l’otto di settembre.”

Otto settembre… anche Socol era morto l’otto settembre; lo aveva visto Fatmir!… Muoiono due fratelli. Lo stesso giorno. A quattrocento chilometri di distanza! La prima e l’ultima era un altro… aveva detto Fatmir… la prima e l’ultima!… Skender!!?

Penso che… non devo pensare. Se penso adesso, penso male!!!

Ho altri  249 <io sono un coglione> da scrivere!

 

 

“FRATELLO D’ALBA’NIA” SETTIMO CAPITOLO…notare l’accento sulla A di Alba’niaultima modifica: 2023-02-26T05:18:39+01:00da GUATAMELA1