Il destino di un paese e di un popolo: l’Italia e gli italiani; perennemente destinati ad essere zerbini e schiavetti Usa! oggi una delle tante storie italiche.

BUONGIORNO! UN IMAN RAPITO ED UN VERO EROE ASSASSINATO. Oggi proponiamo un post in cui trattiamo ancora una volta un caso  accaduto in Italia ed Iraq, in cui l’Italia fa solo e sempre la figura del primo zerbino di Washington! La storia inizia a Milano; siamo al 17 febbraio 2003; ed inizia con un reato commesso da agenti della CIA, con qualche occulta collaborazione dei servizi italiani. Quel giorno viene rapito un cittadino egiziano, e successivamente trasportato prima in una base Nato tedesca, con un volo CIA dalla base di Aviano, e poi successivamente in Egitto; il tutto senza alcun mandato di arresto o altro.  In sintesi un cenno: “Il caso Abu Omar nacque dal sequestro di Hassan Mustafa Osama Nasr, imam di Milano, successivamente trasferito in Egitto, suo paese di origine, dove venne imprigionato e torturato.[2] La vicenda è considerata dalla stampa internazionale come uno dei più noti e meglio documentati casi di azione illegale eseguiti dalla Central Intelligence Agency (CIA) nel contesto della guerra globale al terrorismo. Ventitré agenti della CIA e due agenti italiani sono stati infatti condannati per il rapimento. A seguito della vicenda, l’imam ha ricevuto un ingente risarcimento con sentenza pronunciata in Italia, dove tuttavia non può tornare perché accusato di terrorismo internazionale con mandato di cattura pendente.

Nato in Egitto il 18 marzo 1963 e residente in Italia da diversi anni, Abu Omar fu rapito il 17 febbraio 2003 a Milano da agenti della CIA[1] e, secondo alcune ricostruzioni, del SISMI.[3] Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti e dichiarato dallo stesso Nasr, l’imam fu rapito a Milano mentre si recava alla moschea e venne trasportato alla base aerea di Aviano per poi essere trasferito in Egitto, dove venne recluso, interrogato e sottoposto a torture e sevizie[4]. L’operazione della CIA interruppe le indagini che, all’epoca, la procura di Milano stava conducendo in merito alla partecipazione di Nasr ad organizzazioni fondamentaliste islamiche[5].

Omar fu liberato una prima volta dopo circa un anno, ma venne nuovamente arrestato perché, chiamando la famiglia in Italia e raccontando le torture subite, avrebbe violato un patto di riservatezza accettato in cambio del rilascio[6]. Venne liberato una seconda volta nel febbraio 2007, ma le autorità egiziane gli avrebbero comunque vietato l’espatrio[7].

Abu Omar ha denunciato le violenze subite ed espresso la volontà di tornare in Italia, dove però lo attenderebbe un’ordinanza di arresto in ragione delle attività di terrorismo per cui era sottoposto ad indagini[8]. Nasr ha dichiarato di avere fiducia nella giustizia italiana e di voler perseguire i torti subiti e far valere i suoi diritti nei tribunali italiani[9][10]. Nasr, secondo le sue dichiarazioni, avrebbe inoltre rifiutato un accordo con la CIA che, in cambio del silenzio sulla vicenda, gli avrebbe garantito 2 milioni di dollari e la cittadinanza per lui e la sua famiglia[9].

Sebbene il governo italiano abbia negato di aver ricoperto alcun ruolo nel sequestro, le indagini condotte dai procuratori aggiunti Armando Spataro e Ferdinando Enrico Pomarici hanno condotto al rinvio a giudizio di 26 agenti della CIA, tra cui il capocentro di Roma e referente per l’Italia della CIA fino al 2003 Jeffrey W. Castelli, nonché il capocentro di Milano Robert “Bob” Seldon Lady; quanto ai servizi segreti italiani, le indagini hanno portato al giudizio del generale Nicolò Pollari, vertice del SISMI, del suo secondo Gustavo Pignero, morto l’11 settembre 2006, di Marco Mancini e dei capicentro Raffaele Di Troia, Luciano Di Gregori e Giuseppe Ciorra[11].

Su richiesta degli inquirenti è stata trasmessa una richiesta di estradizione per i cittadini americani al Ministero della giustizia, allora presieduto da Roberto Castelli, affinché la trasmettesse agli Stati Uniti. Il ministro Castelli si è sempre rifiutato d’inoltrare la richiesta di estradizione entrando in conflitto con la procura di Milano. Al termine della legislatura nel 2006 Castelli fece sapere che non aveva trasmesso gli atti. Nonostante la vittoria del centro sinistra alle elezioni politiche, del quale alcuni esponenti avevano sostenuto l’opportunità di trasmettere gli atti, il nuovo governo ha presentato un ricorso alla Corte costituzionale per un conflitto tra poteri dello Stato lamentando la violazione del segreto di stato da parte degli inquirenti nel corso delle indagini. La decisione dell’allora ministro Clemente Mastella di attendere la risoluzione della questione pendente prima di decidere se presentare le richieste di estradizione ha provocato accese polemiche tra il governo e la procura di Milano.

Alcuni dei protagonisti di questo caso sono inoltre coinvolti anche nello scandalo dell’archivio segreto di via Nazionale e nello scandalo Telecom-Sismi (tra essi, l’ex funzionario del Sismi Pio Pompa).

In relazione al caso Abu Omar, Renato Farina (ex giornalista del quotidiano Libero, poi deputato del PdL nella XVI legislatura) ha riconosciuto le accuse di favoreggiamento mosse a suo carico e ha patteggiato la pena ottenendo una condanna a sei mesi di reclusione (poi commutata in sanzione pecuniaria). Ma proprio Renato Farina scriveva così su Libero il 2 luglio 2005: “Gaetano Saya e il D.S.S.A. (Dipartimento studi strategici antiterrorismo) hanno fatto parte del gruppo operativo della C.I.A. che ha sequestrato Abu Omar”. Il giorno prima era scattato il blitz della procura di Genova nei confronti degli appartenenti a questa misteriosa struttura, definita “polizia parallela“: il Capo del D.S.S.A, Gaetano Saya, in sede di interrogatorio davanti ai Giudici di Genova opponeva il segreto NATO. Durante gli interrogatori, Farina ha ammesso di essere stato pagato ripetutamente dal SISMI per le sue attività e di aver ricevuto pressioni da Pollari e Pompa per reperire informazioni sulle indagini in corso sul sequestro di Abu Omar.

Sull’operazione Abu Omar, il governo Prodi prima, i governi Berlusconi e Monti poi, hanno mantenuto il segreto di stato. Nel dicembre 2010 WikiLeaks ha però pubblicato dei cablogrammi inviati dalla sede romana dell’ambasciata Usa al quartier generale (headquarters) di Washington che rivelerebbero pressioni degli Stati Uniti sul governo italiano per evitare il coinvolgimento degli agenti della CIA nell’inchiesta italiana sul sequestro di Abu Omar[12]. Ad oggi, proprio dopo la pubblicazione dei cablogrammi di WikiLeaks, si nutrono seri dubbi sul fatto che fosse Luciano Pironi, maresciallo dei carabinieri (al ROS) a fermare Abu Omar con la scusa di un controllo di polizia. È certamente stato il mai compiutamente identificato agente dal nome in codice “Ombra” a fermare Abu Omar senza destare nessun sospetto….” stralcio Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Successivamente nella vicenda si vociferò che il dott. Nicola Calipari, funzionario di polizia italiano, aveva importanti informazioni da comunicare ai magistrati che indagavano sul rapimento dell’iman egiziano. Fu ucciso a Bagdad, (io dico giustiziato su ordine degli USA) nella fase conclusiva della liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, nei pressi dell’aeroporto di Bagdad, da un sottoufficiale americano dei marines,  a nome  Mario Lozano mai più rintracciato. (l’autore materiale e condannato in Italia per omicidio e duplice tentativo di omicidio) Il tutto su questa vicenda è narrato in un video della trasmissione “Report”  di oltre 6 anni fa. Il consiglio è quello di vederlo ed ascoltarlo integralmente. In più proponiamo un quasi inedito: la registrazione audio dell’intercettazione in cui si ordina alla pattuglia americana di servizio di far fuoco sull’auto che sarebbe giunta di lì a poco e che oltre all’autista trasportava Calipari e la Sgrena. L’ordine fu di sparare per uccidere! Se fosse vero che Calipari sapeva cose inerenti al rapimento dell’iman, e che avrebbe dovuto rivelare al suo ritorno da Bagdad…i conti tornerebbero!