Segni lungo la strada

 

segni lungo la strada

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Gc 2,14-24.26

Salmo: Sal 111 (112)

Vangelo: Mc 8,34-9,1

 

Le parole di Gesù oggi sono davvero forti, anzitutto perché sentirsi dire di portare la propria croce, quando invece si vorrebbe umanamente eliminarla, non è cosa da poco.

La croce fa pensare a tutto ciò che nella nostra vita è fatica, dolore, sofferenza, se ci fermiamo a guardare un crocifisso è espresso chiaramente.

Oggi l’invito sotteso è andare avanti, nonostante tutto, attraverso tutto. Egli ci chiama ad andare avanti portando le nostre croci pesanti dietro a Lui, il Signore c’è, è davanti a noi e ci invita a seguirlo, con quello che siamo, con tutti i dolori che abbiamo, affinché tutta questa sofferenza venga risorta con Lui.

Gesù ci chiama a fare della nostra vita segni di Risurrezione, proprio per questo è necessario portare la croce, perché tutto ciò che ci fa soffrire venga risorto e non si fermi al dolore del momento, ma acquisti i tratti somatici della Risurrezione.

Fidiamoci di Lui che ha a cuore la nostra vita e non vuole vederla ferma nel dolore. Egli si mette davanti, affinché noi portando la croce abbiamo una strada segnata da Lui stesso, e facciamo così esperienza di Colui che porta noi e la nostra croce, perché non cadiamo.

“Signore, guardando oggi al crocifisso

scorgo tutto il tuo dolore e la tua fatica.

Anche io ho la mia.

La mia vita è a volte fatta di valigie pesanti,

salite impossibili,

croci che lasciano dei segni lungo la strada, perché a volte è dura portarle.

Oggi il tuo invito è forte: portare la croce dietro Te.

Donami la forza di farcela e di riconoscerti nella mia vita.

Dammi il coraggio di seguirti per scoprire che,

per quanto pesante sia la mia croce oggi,

è solo per un tratto, lungo o corto non lo so,

ma so che porterà a risorgere con Te.

Fammi rendere conto che sei con me a portare la mia croce,

soprattutto quando non ce la faccio più.

Così sia!”

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

Squarci di cielo

squarci di luce

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Gc 2,1-9

Salmo: Sal 33 (34)

Vangelo: Mc 8,27-33

 

Il brano del Vangelo di oggi comincia con una domanda dal duplice passaggio, inizialmente Gesù chiede chi Egli sia per la gente e successivamente domanda: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Il Signore sta invitando i suoi discepoli e noi a fare un passo avanti: dopo aver fatto esperienza e ascoltato chi Egli sia per gli altri, è il momento di chiedersi: chi è Lui per noi? Nella strada che stiamo percorrendo, nello scorrere degli interrogativi che la vita ci pone, c’è un invito a pensarlo all’interno del nostro cammino.

Come mai questa domanda? Perché a Gesù sta a cuore avere una relazione personale con noi, desidera che tutto ciò che vediamo o sentiamo di Lui, non rimanga in superficie, ma scenda in profondità e diventi stabile nella nostra storia.

Il Signore lungo il corso della vita, non solo tenta di rispondere ai dubbi, alle perplessità rassicurando il nostro cuore, ma ci pone delle domande le cui risposte hanno la capacità di illuminare tutto il resto. Esse sono come un colpo di vento tra le nubi capace di rischiarare il nostro cuore, per scoprire che Lui abita lì con noi e per far diventare le nostre domande e risposte, parti di schiarita dove poter vedere il cielo.

“Signore, siamo qui desiderosi di Luce,

camminiamo lungo la strada della nostra storia con fiducia.

Oggi tu ci poni una domanda: “Ma voi, chi dite che io sia?”

E subito ci viene in mente che ti stiamo a cuore!

Aiutaci ad avere il coraggio di togliere tutte le nubi

che si presentano come sassi lungo la nostra via.

Sostienici nella fatica, e donaci la grazia

di poter scorgere tra le domande e risposte della vita,

squarci di luce, dove vedere nel nostro cuore 

parti di cielo, parti di Te. Cosi sia”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

Una nuova vista

 

una nuova vista

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Gc 1,19-27

Salmo: Sal 14 (15)

Vangelo: Mc 8,22-26

 

Nel Vangelo della liturgia del giorno, troviamo il miracolo compiuto da Gesù molto articolato: esegue gesti, parla, addirittura li ripete affinché quel cieco abbia la vista; è possibile scorgere un’ insistenza spinta dalla volontà di volerlo guarire.

Oggi il Signore ha desiderio di portarci lontano, ci prende per mano fuori dal nostro villaggio fatto di esperienze faticose, pensieri, punti di vista, paure che non ci fanno vedere bene, per guarirci e tornare a guardare le cose più distintamente.

Questo Vangelo è per noi, che pur sentendo parlare di Gesù o avendone fatto esperienza confondiamo le cose, Lui però non si stanca, non molla, desidera darci una vita nella chiarezza in cui riconoscere la Sua presenza nella nostra storia e ci porta ancor prima di riuscire a vederlo.

Quando davanti a ciò che viviamo, si possono presentare dubbi, indifferenze o incomprensioni nei riguardi del Signore, Egli risponde con insistenza e determinazione, non si lascia scoraggiare, anzi riprova e si assicura che noi diventiamo capaci di vedere bene.

È necessario uscire dai preconcetti per vedere che Lui era già lì nelle nostre situazioni, anche le più difficili, sofferte, non le ha volute nessuno e Lui desidera portarci via da tutto ciò che può dare dolore, limitare e non far vivere.

Gesù ci dona una nuova vista capace di poter guardare la nostra vita e vederne tutti i dettagli, la cura che Dio ha per noi e poter scoprire lo sguardo con cui Lui ci sta già osservando: persone guarite, amate e benedette, indipendentemente dalla condizione in cui siamo.

“Signore,

donaci la grazia

di poter vedere con i tuoi occhi

chi ci sta accanto e noi stessi.

Dacci una nuova vista,

da cui possiamo osservare con uno sguardo nuovo,

da salvati, guariti, quello che ci circonda

per andar incontro a chi ha bisogno di una mano.

Un nuovo inizio. Così sia”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

Quando basta un solo pane

 

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Prima lettura: Gc 1,12-18

Salmo: Sal 93 (94)

 Vangelo: Mc 8,14-21

 

I discepoli litigavano perché “avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane”. Gesù li esorta a far memoria dell’episodio della moltiplicazione dei pani. A Lui sta a cuore far capire ai discepoli, che Egli è quel pane e non ha bisogno di essere portato, c’è sempre.

Non è sbagliato aver fame e quindi bisogno del pane, Gesù li rimprovera perché non si accorgono che c’è un Pane in grado di nutrire la loro vita più in profondità e non solo a saziarla. Il Signore invita sia chi ha fatto esperienza di Lui, sia chi ancora non l’ha fatta personalmente, ma almeno avrà sentito di altri, a far memoria dei Suoi passi compiuti nella storia di ciascuno. Come i discepoli sono stati testimoni dell’azione di Gesù così Egli chiede anche noi di farlo, per renderci conto di Lui, del Suo desiderio per noi, per tutti, di una storia di pienezza e non solo di una vita in cui ci si accontenta quando è “tutto a posto”.

La domanda che sta dietro all’ammonizione dei Signore, di fare attenzione al lievito dei farisei e di Erode, è: Cos’è che da fermento alla nostra vita? Cos’è che fa crescere?

Egli desidera essere per noi la base su cui far crescere ciò che siamo, vuole che il vero fermento nella nostra vita sia la ricerca del Suo volto e non una corsa al potere o al raggiungimento di un obiettivo con estremo rigore, poiché tutte queste cose poi svaniranno, Lui invece ci sarà sempre.

Il lievito madre aiuta la lievitazione negli alimenti, ma ha bisogno di cura, attenzione, per essere giornalmente rinfrescato, altrimenti perderà di efficacia. Egli è colui che ci cura e agisce nella nostra vita, affinché possiamo diventare pane per altri, ed essere in grado di portare chi incontriamo a quell’unico pane che durerà per sempre. Prendi quel pane, spezzalo e donalo a chi incontri e fidati che Lui lo moltiplicherà.

 

 

Chiamati a riconoscere

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: At 13,46-49

Salmo: Sal 116 (117)

 Vangelo: Lc 10,1-9

 

Il Vangelo di oggi ci parla della chiamata dei settantadue, per Gesù nonostante ciascuno abbia le proprie caratteristiche sono tutti uguali, ciò che li accomuna è l’aver tutti il medesimo compito: annunciare il regno di Dio sulla terra.

Ognuno di loro lo farà a modo proprio, con il loro bagaglio di esperienze, incontri vissuti, ma il desiderio del Signore è dirci che in qualsiasi modo siamo, chiama lo stesso. Egli ha fiducia di noi, non dobbiamo aver un certo standard per questa chiamata, ma sarà quest’ultima a renderci persone nuove.

Solitamente per svolgere degli obiettivi bisogna corrispondere a certi criteri, ma qui l’unico criterio che per Dio conta è l’amore, non l’amore che abbiamo noi, ma quello che Lui ha per noi. Se avesse dovuto chiamare quei settantadue per le loro caratteristiche, probabilmente non sarebbero stati settantadue.

Il testo di oggi parla non solo di una chiamata, ma dell’amore di Dio che si fa fiducia e attraversa le pieghe della nostra storia cambiandoci dal di dentro, rendendoci nuovi. L’invito è lasciarsi amare, aver coraggio di credere nel Suo amore, il cui punto di partenza non è da ciò che potremmo essere, ma da quello che siamo.

L’amore si fa fiducia, la fiducia diventa chiamata e la chiamata è riconoscenza, ovvero: riconoscere un amore così grande e gratitudine per amarci in modo unico, la cui grandezza non è data dall’aver fatto qualcosa, ma dal cuore da cui parte, il cuore di Dio. Solo così sarà possibile rispondere a questa chiamata: quando avremo riconosciuto che l’amore, il Regno di Dio è qui, in noi e per noi!

 

 

Essere beati: come?

 

Essere beati: come?

 

 

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Prima lettura: Ger 17,5-8

Salmo: Sal 1

Seconda lettura: 1 Cor 15,12.16-20

 Vangelo: Lc 6,17.20-26

 

Il Vangelo di oggi sembra dirci beati nella mancanza: poveri, affamati, nel pianto, come è possibile? Il Signore è venuto a dirci che proprio perché sprovvisti di tutto, quasi del necessario, possiamo renderci conto chi è Colui che non solo ce lo dona, ma ci dà anche la garanzia.

Quando ci manca qualcosa, può venire anche il dubbio di non riceverla mai, invece il Signore è venuto a darci la certezza, che tutto il necessario sarà dato da Lui stesso.

L’essere beati consiste in questo: la consapevolezza della mano di Dio e dalla mano di Dio.

Rallegrarsi deriva dal sapere di essere custoditi nelle mani di Dio. In quei giorni dove la mancanza non mi può permettere di esultare, ma di temere, c’è un Dio a cui interessa comunicarti la cura che ha per te.

La gioia sta nel riconoscere che hai una relazione su cui contare. Egli è venuto a sfamarti, asciugare le tue lacrime, esserti di sostegno e avvisarti, che quando cerchi di riempire la tua mancanza aggiustandoti da solo per paura di sentire quel vuoto, ciò non potrà darti felicità, perché tu sei creato per fare dei tuoi vuoti una pienezza, dal sapore dell’infinito e non per una sazietà fine a se stessa.

In quel “guai” di Gesù che sembra quasi un rimprovero, in verità ci è indicata una direzione: l’invito è percorrere la strada di chi ci ha preceduto, quella dei padri con i profeti, i quali cercatori di Dio, sapevano vederlo, percepirlo e proclamarlo in ogni circostanza. Così sia anche per noi!

 

 

Il Pane della compassione

 

Il Pane della compassione

 

 

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Prima lettura: 1Re 12, 26-32.13, 33-34

Salmo: Sal 105 (104)

 Vangelo: Mc 8,1-10

 

Il Vangelo di oggi desidera essere sostegno alla nostra debolezza, quando siamo fragili, stanchi, senza forze, il Signore vuole dirci che è venuto per darci sollievo.

Facciamo parte di quella folla, non siamo anonimi, Gesù infatti dice: “alcuni di loro sono venuti da lontano”, Egli è colui che ci conosce sa da dove veniamo, quanta strada abbiamo fatto per essere lì e prova compassione per ciascuno di noi.

È bella l’espressione: “non voglio che vengano meno lungo il cammino”, esprime proprio un desiderio di cura da parte del Signore, sono parole di affetto, è come dire: “desidero che tu stia bene”, vogliono dire che gli stiamo a cuore, conosce la nostre forze e sa cosa stiamo vivendo.

Questa folla non dice nulla e nel testo non si parla neppure di guarigioni, viene solo citato che sono da tre giorni con Gesù; siamo noi quando non abbiamo neanche la forza di parlare, di chiedere, domandare, ma anche il solo stare in silenzio smuove il cuore di Dio a compassione. La compassione non è pietà, ma è percepire quello che l’altro sta sentendo, quando io non sono capace di dire a Dio come mi sento e posso essere così debole da non riuscire neanche più a parlare per dire la situazione in cui sono, il Signore mi sta dicendo che Lui sa cosa stiamo passando, addirittura riesce a sentirlo! Ed è proprio in quello stare che veniamo nutriti. Egli ci dona un pane capace di restituirci le forze, che è Lui stesso, si fa nutrimento, affinché non veniamo meno lungo il cammino e tornando a casa, potremmo essere comunione per altri.

Come in tutte le belle esperienze non ci si ricorda più la fatica del viaggio, ma la gioia degli incontri vissuti, così Egli desidera dare consolazione al nostro cuore ora stanco e debole, c’è un Dio venuto a essere nutrimento pronto a sostenerci non solo per un momento, ma per sempre. Sarà proprio quel Pane a fare la differenza nella nostra vita e in quella degli altri.

La preghiera sulle offerte della S. Messa, esprime bene il desiderio di Dio per noi:

“Signore Dio nostro,

il pane e il vino, che hai creato

a sostegno della nostra debolezza,

diventino per noi sacramento di vita eterna”.

 

 

Voluti, guariti, custoditi

 

voluti, amati, custoditi

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1Re 11,29-32; 12,19

Salmo: Sal 80 (81)

Vangelo: Mc 7,31-37

 

Il Vangelo di oggi ci aiuta bene a riflettere sulla memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes.

Siamo dinanzi a un testo dove si narra la guarigione di un sordomuto, la differenza rispetto alle altre, è la descrizione dettagliata delle azioni che Gesù compie, vi sono dei veri e propri gesti di cura.

Come mai tutto questo dettaglio? Perché la guarigione di oggi non passi inosservata, ma rimanga ben impressa nella nostra mente quando nella vita troveremo anche solo una di queste azioni descritte e diventa così per noi una memoria da celebrare.

C’è bisogno di fare memoria, perché talvolta presi da altro ci dimentichiamo cosa abbiamo vissuto, come siamo arrivati fino a qui. Il Vangelo di oggi ci invita a chiedere al Signore di guarici dalle nostre sordità, dagli impedimenti, dai blocchi legati all’ascolto di Parole che possono far bene al nostro cuore.

Egli desidera prendersi cura di noi, guarici da tutto ciò che non ci permette di camminare, vuole dare sollievo al nostro cuore soprattutto quando stanchi non abbiamo più la forza di implorare; è Lui stesso a farsi voce di chi non ne ha più.

Il nostro grido di aiuto silenzioso o manifesto, scatena il cuore di Dio tanto da mandare Suo Figlio, affinché potessimo sentirci anche noi Figli amati, voluti dal Padre, guariti dal Figlio, custoditi dalla Madre a cui rivolgiamo questa preghiera:

“Maria, madre di Dio e madre nostra aiutaci,

siamo qui a dirti: guardaci.

Guarda il nostro cuore stanco e oppresso,

sii tu il conforto alla nostra speranza.

Nessuno dinanzi a te non è accolto, amato, custodito, portato al Signore.

Donaci la grazia di scoprirci Figli amati, benedetti, salvati.

Sii sostegno alla nostra debolezza che non ci permette di credere e sperare.

Accogli le nostre lacrime e come le tue fanne preghiera.

Donaci giorni di pace e sollievo in quelli più bui,

parlaci di Gesù, affinché nel nostro cuore

entri la luce per illuminare ogni nostra notte più profonda.

E quando non sappiamo come camminare,

guidaci per le strade del perdono, della comprensione, della fiducia,

per poter credere o continuare a credere in Dio,

perché io non mi senta abbandonato nelle mie malattie,

ma custodito, amato, benedetto,

e trovare nonostante tutto, almeno un motivo per dirti grazie:

grazie perché non sono stato dimenticato da Te.

Così sia!”  (Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

Una briciola dalla fede instancabile

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1Re 11,4-13

Salmo: Sal 105 (106)

Vangelo: Mc 7,24-30

 

Abbiamo di fronte il racconto di una mamma dalla fede grande, dinanzi alla provocazione di Gesù continua determinata la sua supplica, si accontenta di quella briciola di pane, di quel piccolo momento per chiedere a Gesù l’unica cosa che le sta a cuore: la guarigione della figlia.

Il Vangelo di oggi ci insegna come la nostra vita sia fatta di cose piccole, come il tempo si sviluppa di secondi, minuti, ore e si formano le giornate così piccoli attimi, episodi di speranza, incontri, sono come briciole senza le quali non si potrebbe assistere ai grandi miracoli che Dio vuole compiere nella nostra storia.

Non importa quanta esperienza di Gesù abbiamo fatto, a che punto siamo nel cammino della nostra relazione con Lui, possiamo avere in mano anche solo una briciola di tutto questo, ma questa briciola ha in sé tutte le caratteristiche del pane. Siamo chiamati a fare della nostra vita quella briciola che ha in sé tutte le caratteristiche della relazione con Dio, tra le quali troviamo la fiducia: come la donna del brano di oggi che va da Gesù, come la fiducia che il Signore ha verso di noi.

Quella mamma si fida doppiamente di Lui: la prima volta quando va a inginocchiarsi ai suoi piedi per chiedere la guarigione della figlia, e la seconda quando si fida della Sua parola che le annuncia la guarigione già avvenuta, e tornata a casa trova la figlia guarita; grazie a Gesù e alla fede della donna, una fiducia instancabile proprio come quella che Egli ha per noi.

In quei tratti di fiducia, di determinazione della donna, possiamo rivedere tutta quella determinazione e fiducia che Gesù ha per noi, non perché quella donna è Gesù, ma perché in quella relazione, nel cibarsi di Lui, riceviamo un alimento che plasma il nostro cuore e se lo crediamo, lo rende simile al Suo. Permettendogli di entrare in noi, ci fa vivere una relazione che rende la nostra vita un miracolo, non perché avremmo ricevuto grandi cose, ma semplicemente perché non avremmo sprecato nulla di quell’incontro.

In questo brano di Vangelo sono raccontati due miracoli in atto: la fede di una mamma che si fa incontro, la guarigione di una figlia; sta a noi collocarci dove ci sentiamo e non dimentichiamo mai che Lui è qui con noi, per rendere la nostra vita quella briciola che ha tutto il sapore del Pane.

 

Un po’ più leggeri

 

un po' più leggeri

 

 

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Prima lettura: 1Re 10,1-10

Salmo: Sal 36 (37)

Vangelo: Mc 7,14-23

 

Il Signore nel Vangelo di oggi, sottolinea come determinate azioni non buone non vengono da fuori quasi a contaminarci, ma purtroppo partono dal cuore. Questo discorso non deve spaventare, ma essere un’esortazione a fare verità su noi stessi e renderci conto di cosa abbiamo nel cuore. D’altro canto c’è però una consolazione in queste parole, ci rassicurano che il male ricevuto, le ferite, i dolori possono far male fino a un certo punto e non ci condizioneranno per sempre.

Solitamente dinanzi a un torto subito, a qualcosa che ci ha fatto star male, il nostro cuore tende a chiudersi, mettere dei muri e a volte anche per difesa a comportarci in un determinato modo. Quello di oggi sembra un Vangelo duro, accusatorio, verrebbe quasi da dire non è colpa mia, ma qui il Signore non sta cercando la colpa di un nostro errore commesso, ci invita a fare un passo in più, a chiederci il perché, la motivazione della nostra azione.

Dal cuore non nascono solo azioni negative che rendono impuro l’uomo, ma talvolta bisogna avere il coraggio di scoprire determinate nostre azioni, per ritrovare all’interno di noi una bontà che vi abita. Il nostro cuore è abitato da un Dio che è Misericordia. Lui è venuto dentro di noi per rendere il nostro cuore un luogo abitabile, uno spazio generatore di azioni buone.

Egli ci fa capaci di poter compiere tutte quelle belle cose che noi avremmo voluto ricevere, non si scandalizza dinanzi al nostro peccato, ai nostri sbagli, ma vuole che guardandoli in faccia, facendo verità in noi stessi, possiamo trovare Colui che dall’interno ci inabita. Solo così potremmo avere uno sguardo che non scruta più la miseria, la povertà delle azioni, tutto ciò che non va, il torto subito, ma potremmo vedere la Misericordia fatta carne per noi e in noi, e a nostra volta, essere capaci di liberare gli altri dal peso di quello che ci hanno fatto, per ricominciare tutti a camminare un po’ più leggeri, più liberi.