Parte di una storia

parte di una storia

 

SABATO FERIA PROPRIA DEL 17 DICEMBRE

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Gn 49,2.8-10

Salmo: Sal 71 (72)

Vangelo: Mt 1,1-17

Dinanzi al Vangelo di oggi, l’invito è quello di sentirci parte anche noi della genealogia del Signore. Siamo parte di una storia e di una promessa, e se questo Vangelo è una Parola da ascoltare, è proprio grazie a tale genealogia.

Essa ci insegna che Dio viene ad abitare la nostra storia. C’è un legame tra noi e Lui, profondo, inscindibile, anche se noi spesso non ce ne rendiamo conto e cerchiamo legami effimeri, temporanei, perché tutti hanno un bisogno profondo da colmare.

Nel legame tra Dio e l’umanità è presente qualcosa in più: è Dio stesso a diventare umano, carne e sangue, fragilità ed è in Lui che ogni storia umana trova il suo senso. In questa relazione umana, Egli mette se stesso, il Suo corpo e non c’è nessuna vita che in qualche modo non sia legata a Lui, per il fatto stesso di essere umani.

Condividiamo con Dio ciò che Lui stesso ha generato, in modo che tra creatura e creatore non ci fosse solo un rapporto di figliolanza, ma di unità e attraverso questa forza vitale, ciascuno potesse ritrovare l’origine della propria storia.

Da cercatori di Dio siamo dei cercati e nel trovare la nostra storia, ritroviamo Dio. È nella quotidianità il luogo in cui la Sua promessa si manifesta, poiché essa non è al di là della storia, ma ne è parte, così che ogni uomo possa scorgere un frammento divino in mezzo al fango, alla polvere ed esso possa essere la sua speranza.

“Signore,

raccontami la nostra storia,

fammi comprendere quanto è grande il tuo amore,

così che possa vedere

la mia vita alla luce della Tua presenza

e non solo la fatica o il dolore.

Prima che ti cercassi

eri già in me,

poiché la Tua promessa non è solo ora che ti ho trovato,

ma da prima, da sempre

l’amore mi aveva già trovato,

mi era dinanzi ed io dovevo solo incrociare il Tuo sguardo”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Convertitevi

convertitevi

 

04 DICEMBRE 2022

II DOMENICA DI AVVENTO – ANNO A

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Prima lettura: Is 11,1-10

Salmo: Sal 71 (72)

Seconda lettura: Rm 15,4-9

Vangelo: Mt 3,1-12

 

 

Convertitevi. Non vuol dire tornare indietro, ma andare avanti, guardare a Lui che è la strada verso cui far giungere il nostro cuore.

Giovanni ci parla di conversione, un cambiare rotta, subito viene da chiedersi: come fare? Si comincia per gradi ed ecco perché Giovanni battezza con acqua, segno che siamo figli di Dio, e Gesù con il fuoco, ovvero, lo Spirito Santo in grado di farci ricordare tutto questo.

Il nostro cammino comincia da figli, il primo passo di conversione è proprio comportarci con Dio in un atteggiamento di figliolanza, consapevoli che Egli è un padre che ci sorregge ed accompagna passo dopo passo.

Convertirsi è credere in Dio come Padre. Gesù è il figlio, nato per insegnarci ad essere figli in grado di riconoscere l’amore e confidare in un Dio capace di raccogliere i pezzi della nostra storia e farne qualcosa di nuovo.

Se il nostro cammino è segnato dalla sofferenza, accanto ad ogni cicatrice ci sarà un piccolo segno di Lui da scoprire, perché Dio è un Padre che non lascia mai soli i suoi, tantomeno nella sofferenza.

Quando nell’apice del dolore pensiamo che non ci sia nessuno, proviamo a credere che Dio è accanto a noi in silenzio, non perché non ha niente da dire, poiché a volte non ci sono parole per esprimere la vicinanza, ma semplicemente Egli è lì, ci sta accanto.

È il momento di chiedersi: credo in questo? No, allora convertiti! Cambia rotta e guarda alla tua storia, scopri Tuo Padre, lasciati stupire ed accogliere dall’Amore che ti viene incontro, qualsiasi strada tu faccia.

 “Signore,

desidero imparare a camminare

sentendoti al mio fianco,

ho bisogno di Te.

Aiutami a ricordare

quanto amore hai seminato lungo il corso della mia vita,

così che esso diventi come piccole luci sul mio cammino,

fari nella notte più buia,

affinché io sappia che dove sono io, là ci sei Tu”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

Da quell’ “ora”

 

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GIOVEDÌ 15 SETTEMBRE 2022

BEATA VERGINE MARIA ADDOLORATA – MEMORIA

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Prima lettura: Eb 5,7-9

Salmo: Sal 30 (31)

Vangelo: Gv 19,25-27

 

Da quell'”ora” siamo chiamati ad accogliere l’invito, a riconoscere Maria come nostra Madre. L'”ora” di Gesù, segna un legame importante di figliolanza e ci dona la certezza che come la Madre stette presso la croce di Suo Figlio, così farà anche con noi.

La maternità di Maria non si esaurisce con Gesù, anzi partendo da Lui si estende a tutta l’umanità, quel Si dell’Annunciazione non era solo per un figlio ma per tutti noi, affinché nessuno su questa terra potesse sentirsi orfano.

Maria ha visto cresce suo Figlio e di Lui ha custodito il cammino, così fa con noi, ci è accanto e nel silenzio orante, affida ogni suo figlio a Dio.

Ella sta presso le nostre croci, ci guarda ed ama e seppur non ci possa stringere tra le sue braccia, stringe il Suo cuore accanto al nostro per farci sentire conforto, fiducia e forza.

Confida in Maria tu che leggi, affida il tuo cuore alla mamma delle mamme, e scopri con me cosa vuol dire essere figli: segno di un amore che durerà per sempre, perché come non si può spegnere il sole, la luna o le stelle, l’amore di Maria non finirà mai in qualunque ora del giorno o della notte.

“Maria,

quanto grande è il tuo cuore

e il tuo dolore.

I tuoi occhi hanno visto meraviglie e pianto

e ora sei con noi presso le nostre croci,

dove a volte è difficile credere che ci sia qualcuno.

Gesù lo sapeva

e nella Sua ora, ci ha affidato a Te,

per dare luce alla nostra.

Non voglio chiederti nulla,

perché tu sai cosa c’è nelle mie lacrime,

sono tuo figlio,

e tu sei mia Madre

e questo legame è già abbastanza”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Il nostro nome è: figlio

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SABATO 20 AGOSTO 2022

SAN BERNARDO, ABATE E DOTTORE DELLA CHIESA – MEMORIA

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Prima lettura: Ez 43,1-7a

Salmo: Sal 84 (85)

Vangelo: Mt 23,1-12

Il nostro nome non è legato a ciò che facciamo, ma rappresenta quello che siamo. Gesù oggi ci insegna la via della semplicità, la quale comporta anche non farsi chiamare “rabbi”, “maestri” o “padre”, perché uno solo è il Padre nostro e noi siamo tutti fratelli.

Il Signore ci aiuta a comprendere che la nostra grandezza non è nel fare ma nell’essere, il rischio sarebbe quella di attribuirsi dei nomi legati all’agire, con la tendenza a farlo in ogni circostanza positiva o negativa.

Il nostro nome è uno solo ed è Figlio, e ci è dato grazie all’amore del Padre.

Il nome è una chiamata, ha un significato e la parola figlio è la più bella che esista, perché possiamo anche sbagliare, perderci, ma in quanto figli, avremo sempre una casa in cui tornare: il cuore del Padre.

Abbiamo non solo una casa, ma anche un esempio di Figlio: Gesù. Egli ci insegna a perseverare nel disegno di Dio seppur nelle fatiche e difficoltà; ci accompagna a scoprire come proprio nelle cose ordinarie, di tutti i giorni che siamo in comunione con Lui e non dobbiamo aspettare un evento, ma vivere quella quotidianità di casa, nel focolare della famiglia di Dio.

Figli di Dio, fratelli tra noi, siamo chiamati a donare a chi ci è accanto quella figliolanza che farà ricordare a tutti il Signore con gesti di: perdono, generosità, amicizia, pace, e tanti altri, affinché chi si trovasse nello sconforto mosso dal fervore di ritrovarsi, possa cercare in sé i tratti del volto di Dio, quell’unità tra Padre e figlio, e proseguire sicuro nel cammino facendo altrettanto.

“Signore,

a volte mi sembra impossibile,

ma ho paura che il mio errore ti tenga lontano

e mi chiedo se c’è davvero

un posto per me nel Tuo cuore.

E proprio lì, quando nel buio più totale

non so dove andare,

avverto la tua presenza,

in quei segni di quotidianità che mi fanno ricordare di Te.

Scopro che nonostante tutto, Tu mi sei vicino,

come un Padre che aspetta il figlio tornare a casa,

e mentre cammino per ritornare

sento che sono già a casa nel Tuo cuore,

perché io sono Tuo figlio”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

Andate e proclamate

 

andate e proclamate

 

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Prima lettura: At 4,13-21

Salmo: Sal 117 (118)

Vangelo: Mc 16,9-15

 

Gesù, dopo aver rimproverato i suoi di non aver creduto a coloro che lo avevano visto risorto, disse: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura». Malgrado la loro incredulità e durezza di cuore, c’è una fiducia che supera questa difficoltà. La chiamata del Signore è più forte della debolezza e questo ci è di consolazione, perché essa non si basa sull’essere capaci, ma sull’amore che Dio ha per noi.

Tutti i battezzati sono chiamati dal Signore, poiché: “rinascendo dall’acqua e dallo Spirito Santo diventano nuova creatura: per questo vengono chiamati e sono realmente figli di Dio”. (Dall’introduzione generale all’iniziazione cristiana, nel rito del battesimo dei bambini pag. 15 n.2)

In virtù di questa figliolanza che ci unisce a Dio, e nonostante i nostri sbagli, possiamo davvero riconoscere per noi la Sua fedeltà, che si manifesta ancor più nella fragilità.

Siamo di fronte a una Parola capace di farci comprendere la grandezza del Suo amore, tale da portarci fuori da quell’incredulità, da quella caduta, per dirci: tu non sei quell’errore commesso, sei mio Figlio!

In quell’ “andate e proclamate”, c’è anzitutto un invito a fare memoria del nostro essere nuove creature dal battesimo; ma anche ogni giorno, ogni volta che cadiamo e sperimentiamo il Suo amore che ci ha raccolti, possiamo annunciare il Vangelo a ogni creatura con la nostra stessa vita.