Terreno

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16 GIUGNO 2024

XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

“Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce”.

Che cos’è il regno di Dio? È un luogo? Gesù parla del regno di Dio in più occasioni, così che sentendolo più volte ci venga in mente di chiederci: ma che cos’è?

Il regno di Dio è un seme dice il Vangelo di oggi, un seme che cresce nelle nostre notti della vita, in quelle situazioni buie, oscure, dove sembra ci sia solo peccato e inutilità, eppure lì dentro c’è un seme, che cresce.

Quel seme, quel regno che sta a cuore a Gesù, è un luogo non magico o da raggiungere, è un dono messo nel terreno del nostro cuore che cresce. Dio è un seminatore generoso non guarda com’è il terreno, ma che vi sia il terreno, ovvero delle potenzialità per vivere la sua relazione con noi.

In Dio noi siamo tutti potenziali, Egli ci guarda con uno sguardo che va oltre le apparenze o le capacità personali, ci osserva con amore ed è l’amore a tirare fuori il meglio di noi. Per Lui

siamo un terreno che può accogliere quel seme e non importa se un giorno viviamo di rovi, di pietre, ovvero di desolazione, ci basta solo la forza del seminatore.

Quindi noi cosa dobbiamo fare? Credere che Lui crede in noi. Credere che non siamo solo quello che percepiamo di noi, ma c’è altro, c’è un Dio che getta un seme, che desidera il meglio di ciascuno, e se anche fossero le lacrime a innaffiare quel seme o temi di perderti, il seminatore tornerà per dirti quanto sei importante e quanto crede in te. Tu solo credi, il resto si compirà.

“O mio Signore,

terreno arido e fragile mi sento,

eppure la Tua mano mi cura,

quanto amore hai per me!

Io ti credo.

Credo in quello che Tu vedi

e che io ancora non riesco.

Tu che sei profondo nel mio cuore,

risorgi per me dalla mia terra

e fammi comprendere

che non è la mia, è la nostra,

perché Tu sei in me,

e sei di me il meglio che sono.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Camminare

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MARTEDÌ 11 GIUGNO 2024

SAN BARNABA, APOSTOLO – MEMORIA

Camminare, è il percorso della nostra vita che il Signore ci chiama a compiere, puntando alla meta del regno dei cieli, che è quel vivere alla presenza e nella compagnia di Gesù Cristo. Camminare con Lui sempre, è la certezza di fondo che deve abitare la nostra vita. Emblematiche sono queste poche parole di Trilussa: “Quella vecchietta cieca che incontrai… mi disse: – “Se la strada non la sai ti accompagno io, che la conosco… – La cieca, allora, mi pigliò la mano e sospirò: – Cammina”. – Era la Fede”.

Andare avanti con questa fede, ci permette di percorrere ogni strada, anche se non conosciamo ancora cosa troveremo, quali incontri faremo. Il nostro cammino può andare spedito, oppure trovare difficoltà, battute di arresto e cadute, ma non dimentichiamoci mai della sua Presenza. Fermiamoci a riposare e consideriamo che quanto abbiamo ricevuto è dono gratuito, è l’amore di Dio che ci ha accompagnato, ha fatto compiere tra noi gesti d’amore: abbiamo aiutato, ascoltato, condiviso.

La strada continua, annunciare che il regno di Dio è gia presente, in mezzo a noi, non consiste nel farci maestri, bensi testimoni di una maniera nuova di vivere e convivere: avere sugli eventi lo stesso sguardo di Gesù, pensare a come agirebbe Lui, agli esempi che ci ha lasciato, a quell’amore donato solo per amore, gratuitamente, perché nessuno possa avanzare meriti e tutti possano riconoscersi fratelli, figli di un solo Padre, per camminare umilmente con il proprio Dio (cfr. Mi 6,8).

“Signore,

aiuta ogni mio passo,

affinché in esso ci sia sempre il Tuo.

Libera il mio cuore

da ogni fatica o dolore

e mi senta protetto da Te.

Cammino con Te nello scorrere del tempo,

aiutami a non sprecare nulla

di ciò che mi doni

e sappia riconoscere la Tua presenza,

nonostante la mia debolezza

e viva dell’amore

che hai per me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Piccolezza e Regno

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31 OTTOBRE 2023

MARTEDÌ DELLA XXX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Rm 8,18-25

Salmo: Sal 125 (126)

Vangelo: Lc 13,18-21

Il regno di Dio è quella realtà invisibile che Dio ha già posto dento di noi, è Lui stesso che piano piano si fa spazio, per crescere in quel guazzabuglio di sentimenti, di pensieri, di emozioni, di desideri, che portiamo in cuore.

Il regno di Dio è soprattutto opera sua, che si sviluppa per la potenza del suo amore, a noi però è chiesta la disponibilità di accoglire questo dono: un cuore aperto, spalancato, perché il granello germogli e il lievito fermenti, l’amore di Dio trasformi le nostre povertà e crescano in noi “alberi di bene” e si preparino “pani dell’amore”.

Ma granello e lievito, ci dicono anche l’atteggiamento che dobbiamo avere per far parte di quel regno, ovvero: piccolezza e nascondimento, perché l’amore non fa rumore.

Allora, quando scopriamo, nella nostra vita piccoli segni dell’amore, ci accorgiamo, che questo regno di Dio è la vita stessa, ed è il senso della nostra vita, non trovata in chissà quali grandi cose, bensi in quelle piccole, meno evidenti, che ci riempiono il cuore, che danno senso alle nostre giornate, nelle cose vicine, nelle realtà che ci stanno intorno. Oggi chiediamo al Signore il dono d’imparare a riconoscere i piccoli segni che ci parlano della presenza del regno, perché se ci alleniamo a riconoscerli, possiamo allenarci anche a viverli.

“Signore dammi occhi per vedere il regno di Dio

per abitare nel Tuo cuore,

per vivere quella piccolezza di un granello o di poco lievito

che con Te sanno essere grandi.

Grandi perché amati, grandi perché desiderati da Te.

Aiutami a crescere, mi metto nelle tue mani,

affinché tutta la mia piccolezza

incontri la grandezza del Tuo amore e

questa sarà la mia gioia”.

(Shekinaheart Eremo del cuore)

Un posto per tutti

Un posto per tutti

23 AGOSTO 2023

MERCOLEDÌ DELLA XX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Gdc 9,6-15

Salmo: Dal Sal 20 (21)

Vangelo: Mt 20,1-16

Il regno dei cieli è proprio il posto per tutti, così che gli ultimi arrivati alla fede, sono come quelli che vi erano da più tempo. Come mai? E giusto?

Nella logica dell’amore di Dio: si! Perché il regno di Dio non è da conquistare, ma da accogliere. Non importa quanto tu ci metta a renderti conto della tua relazione con Dio, ciò che conta è comprendere di avere un posto da sempre e non di averlo ottenuto a suon di sforzi. Ed allora, chi ha faticato tutta la vita, cosa deve fare?

Se davvero ha compreso quanto è grande l’amore di Dio, non se lo do manderà nemmeno, perché la relazione con Lui va oltre la misura del contraccambio, è un dono che noi abbiamo ricevuto solo prima di altri, per cui gioire.

Chiediamo al Signore la forza di vivere di una logica diversa, così da comportarci tra di noi, non con i paragoni, ma con quell’amore che Lui stesso ha riversato nei nostri cuori.

Impariamo a gioire per gli altri, alziamo lo sguardo e osserviamo da un altro punto di partenza, e lasciamo sia Lui a condurre e formare il nostro cuore. Allora sì che vivremo il regno di Dio su questa terra, e non solo saremo terreno di accoglienza per altri, che vedendoci spuntare un sorriso per le piccole gioie proprie o altrui, chiederanno: da dove vieni? Vengo dal cuore di Dio, tendi la tua mano, ti porto con me.

“Signore,

libera il mio cuore dal paragone,

dalla logica del contraccambio

ed insegnami la misura del Tuo cuore.

Il regno di Dio, è il posto mio con Te,

è quel luogo dove io posso essere davvero me stesso,

se vi scopro il Tuo amore.

Aiutami a vivere di Te

e fai che nonostante la fatica,

il mio cuore si dilati ad un nuovo orizzonte,

a quel pezzo di cielo che posso vivere già qui ed ora,

perché Tu sei già parte di me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Il regno di Dio

il regno di Dio

 

25 OTTOBRE 2022

MARTEDÌ DELLA XXX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Ef 5,21-33

Salmo: Sal 127 (128)

Vangelo: Lc 13,18-21

 

Il Signore usa due parabole per indicarci cos’è il regno di Dio.

Esse partono dalla piccolezza: un granello, un poco di lievito per divenire qualcosa di grande. È una relazione che ha il compito di essere coltivata per crescere. Il Signore dona il Suo regno, ci dona se stesso, la Sua relazione, ma per esserne parte dobbiamo prendercene cura.

Solo nella cura ci scopriremo dei curati. Il regno di Dio è concretezza non sono solo parole, perché nel concreto Egli si è fatto carne e viene ad abitare in mezzo a noi.

Dov’è questo regno di Dio? Nel nostro cuore, il luogo dove ha scelto di stare per amarci. Quando ci sentiamo fragili, spezzati, impauriti dai venti delle difficoltà, ricordiamoci che il regno di Dio era sí una granello, ma è diventato un grande albero in cui rifugiarsi, dove poter fare un nido e non perdersi.

Il Regno di Dio è il nostro punto di partenza: come gli uccelli del cielo partono da quel nido e poi vi ritornano, così sia anche il nostro quotidiano, vissuto a partire dalla consapevolezza della relazione con Lui e nella certezza che Egli è il luogo del nostro rifugio. Siano questi segni del regno di Dio, a regolare le nostre giornate e non il resto, perché così anche le difficoltà avranno un luogo per affrontarle, la vita una sede dove crescere, e il nostro cuore un rifugio dove essere amati per amare.

“Signore,

insegnami a partire dalla forza del tuo amore

per affrontare le mie giornate con vigore.

Quando sono debole sostienimi,

nelle mancanze perdonami,

nella paura confortami.

Un regno mi hai donato,

nel mio cuore l’hai seminato

così che al riparo dell’albero,

un tempo piccolo seme,

io possa rivedere la mia storia con te e non temere.”

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

In quei talenti

in quei talenti

 

SABATO 27 AGOSTO 2022

SANTA MONICA – MEMORIA

LITURGIA DELLA PAROLA      (clicca qui)

Prima lettura: 1Cor 1,26-31

Salmo: Sal 32 (33)

Vangelo: Mt 25,14-30

 

Nella parabola che il Signore racconta oggi, ci fa un dono immenso. Egli ci consegna “i suoi beni”, la sua ricchezza,  ovvero tutta la pienezza del Suo amore, che riversa in ognuno di noi. In questo modo Dio dona tutto a tutti, così che ciascuno farà fruttificare secondo le sue capacità.

Lavorare per il regno di Dio significa mettere a diaposizione tutto ciò che si ha e si è, perché in quei talenti c’è tutto l’amore di Dio, allora non dobbiamo temere e nascondere nulla, nessun talento va sotterrato, ma aprire il cuore all’amore e donare a piene mani. Tuttavia qui non si tratta solo di compiere delle azioni concrete di carità, queste saranno una conseguenza della principale disposizione che è accogliere Dio stesso, la relazione con Lui.

Il Vangelo comincia dicendo: “avverrà che…” è un racconto che ha in sé una promessa: ci sarà sempre quell’Uomo che impiegherà i suoi talenti perché l’amore si moltiplica solo donando.

“Signore,

dinanzi a tante ricchezze,

una sola è davvero necessaria:

il tuo amore.

Esso è all’apparenza silenzioso,

ma è la forma più presente in ogni luogo,

è Forte, ma debole nel rispetto della nostra libertà,

è totalmente Vero, in un mondo di verità parziali.

Fa che nessuno in questo mondo,

rimanga indifferente al tuo amore

e comprenda nel suo cuore

che tu ci amerai per sempre”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Da un’idea comune alla vera differenza

 

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18 AGOSTO 2022

GIOVEDÌ DELLA XX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Ez 36,23-28

Salmo: Sal 50 (51)

Vangelo: Mt 22,1-14

 

Nel Vangelo di oggi, Gesù usando la parabola, rappresenta un po’ l’idea comune che si ha del regno di Dio: dove alcuni vi fanno parte, altri rifiutano l’invito e tutte quelle altre idee “colorite” per descrivere un Dio punitivo, che come padrone punisce chi rifiuta.

C’è però una cosa importante a fare la differenza, essa si presenta come sottile, ma è la chiave per comprendere cosa Gesù ci vuole dire, il brano termina: “Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti”. In questa frase non vi sono negazioni o indicazioni per chi sia il regno di Dio, in quanto non c’è nessuno di escluso, tutti facciamo parte di questo regno e ciascuno con il proprio compito, dove vi sono molti chiamati e pochi eletti.

Gesù utilizza le idee e le aspettative già presenti ai suoi interlocutori, per far emergere la novità: il regno di Dio è per tutti, è questa la differenza! Per crederlo realmente, abbiamo bisogno di attraversare tutte quelle immagini che spesso ci costruiamo, così da cogliere nella quotidianità, quanto è straordinario l’amore di Dio per ognuno di noi.

Ci troviamo in un momento dove la discussione tra scribi e farisei con Gesù, diventa nostra, e il Signore ci accompagna a far chiarezza, a fidarci di Lui, del Suo amore e del Suo desiderio di bene.

Il regno di Dio è già qui fa parte di ciascuno, è intessuto all’interno della nostra esistenza e cresce, affinché ci rendiamo conto che il più grande tesoro, la vera bellezza, è nelle nostre mani da tempo e ci accompagnerà per tutta l’eternità.

“Signore,

aiutami a riconoscere il Tuo amore,

affinché io ne trovi consolazione ogni giorno.

Nel pericolo, difendimi,

nell’angoscia, consolami,

nel peccato, amami.

E soprattutto, fammi credere che non mi abbandonerai mai,

perché tieni a me.

Tu sei la mia speranza,

solo il Tuo amore può cambiare il mio cuore,

cosi da arrivare a credere che il regno di Dio è

anche per me”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

Chi può essere salvato?

chi può essere salvato?

 

16 AGOSTO 2022

MARTEDÌ DELLA XX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

 

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Ez 28,1-10

Salmo: Dt 32, 26-36

Vangelo: Mt 19,23-30

 

 

I discepoli dinanzi alla spiegazione di Gesù sulla difficoltà per un ricco di entrare nel regno dei cieli, si chiedono: “allora chi può essere salvato?”. Forse avevano capito che la ricchezza di cui Gesù parla non era solo economica e sono consapevoli che in fondo, tutti teniamo a qualcosa.

Una domanda lecita quella dei suoi, che può venire anche noi: chi può essere salvato, oppure cosa c’è di me che posso salvare?

Il Signore risponde: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile». Si, perché nonostante ci sia qualcosa a cui teniamo, in quell’avere c’è qualcosa che si può salvare, non per i nostri sforzi, ma perché quella possibilità di salvezza è visibile solo a Dio.

L’entrare nel regno di Dio, per alcuni è possibile solo con i propri sforzi, per altri che avvenga solamente grazie a Dio e quindi non è necessario fare nulla. La giusta posizione è quella in cui riconosciamo il regno di Dio per quello che è: una relazione eterna con Lui. Allora tutti i nostri sforzi per migliorare sono utili, ma c’è sempre quello spazio, quando le nostre forze vengono meno e la fatica avanza, dove Dio non smetterà mai di credere in noi e la Sua fiducia è già alba di salvezza, perché è già qui con noi il regno di Dio.

“Signore,

venga il Tuo regno nel mio cuore,

fammi scoprire che anche per me è possibile.

Dinanzi a miei errori mi fermo,

sono come bloccato e non so come fare.

Padre, abbi pietà di me,

del tempo che ho perso

a correre dietro alla mia idea di salvezza;

senza pensare che c’è un bagliore di luce

proveniente dal Tuo cuore

per illuminare il mio,

a dirmi che c’è ancora una speranza

perché tu mi ami, fossi anche l’unico a farlo

e nonostante tutto”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

L’impossibile possibile

 

L'impossibile possibile

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1Pt 1,3-9

Salmo: Sal 110 (111)

Vangelo: Mc 10,17-27

 

Leggendo il Vangelo di oggi, se dovessimo scrivere un massima sarebbe: è dalla piccolezza che si vede la grandezza.

Il Signore ci invita a riflettere osservando la cruna di un ago, uno spazio così piccolo, per vedere com’è l’entrata del regno di Dio. Un’impresa impossibile, ma come conclude il Vangelo, non per Dio.

È difficile, ma non impossibile, perché nella matassa aggrovigliata che può essere la nostra vita c’è una speranza, possiamo passare attraverso la cruna dell’ago un filo alla volta.

Gesù desidera prenderci per mano, liberarci da tutti quei nodi che impediscono di continuare a camminare e per quanto a noi possa sembrare impossibile, Egli vuole che sia possibile!

Il povero spazio di una cruna è il varco per una cosa grande: il regno di Dio.

Gesù dice: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!», infatti con le mani piene non è possibile né prendere, né dare. È un invito a lasciare spazio nella nostra vita alla relazione con Lui, perché a volte è proprio in quel punto che siamo poveri. Se la nostra ricchezza fosse l’essere con Lui, sarebbe il punto di partenza per tutto il resto.

Vivere partendo da Cristo è camminare lungo la strada della possibilità, dove la povertà diventa ricchezza, il peccato perdono, il timore fiducia.

L’impossibile diventa possibile non per le nostre capacità, ma grazie a Colui che con il nostro poco può realizzare tanto e quel tanto diventa l’amore che vince sempre e comunque, nonostante tutto.

 

 

L’abbandono, la certezza e la semplicità

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Gc 5,13-20

Salmo: Sal 140 (141)

Vangelo: Mc 10,13-16

 

L’affermazione che troviamo nel Vangelo di oggi è chiara: “chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”.

Cosa contraddistingue un bambino da commuovere il cuore di Dio, ed essere il metro di misura sul quale fare riferimento? L’abbandono, la certezza e la semplicità

L’abbandono, perché un bambino tra le braccia non solo si sente protetto, ma le accoglie come luogo di rifugio in cui potersi fidare. Il Signore è come se ci stesse invitando a fidarci di Lui, Egli vuole tenerci così come si tiene un bambino, il corpo tra le braccia e la testa sul cuore. Tra le tempeste della vita, il dolore, la fatica, abbiamo un luogo in cui rifugiarci: il cuore di Dio.

La certezza, perché quando un bambino sbaglia o commette qualcosa, anche se viene sgridato, verrà piano piano in punta di piedi a cercarvi poiché egli sa, ha la certezza che è figlio nonostante tutto. Il Signore desidera per noi questo: avere così forte la certezza che Dio è nostro Padre e possiamo essere peccatori, sentirci sbagliati, ma come un bambino riconosce di essere figlio, così lo vuole altrettanto per noi.

La semplicità, perché qualsiasi ruolo possiamo avere, ciò che attira un bambino è un dettaglio, un sorriso, un qualcosa che ci identifica. Un bambino sa guardare all’essere più che all’avere e dà tutto il suo affetto, se stesso, senza calcoli ma per dono.

Gesù ci invita ad osservare questi piccoli maestri di vita e fare della relazione con Dio quel punto di abbandono, di certezza e di semplicità, capace di consolare il nostro cuore e vivere nel quotidiano il regno di Dio.