Dalla tristezza alla gioia

Screenshot_20240509_022538

 

 

09 MAGGIO 2024

GIOVEDÌ DELLA VI SETTIMANA DI PASQUA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Gesù oggi ci dice che il nostro cuore proverà tristezza perché Lui andrà via, ma la sua assenza durerà “poco”, poi lo rivedremo e la nostra tristezza si cambierà in gioia.

La tristezza è un’emozione che ci fa provare dolore, disperazione, delusione, impotenza. Cosa possiamo fare davanti alla “perdita” di qualcuno che amiamo, davanti a situazioni che non sappiamo come venirne fuori?

Gesù ci insegna come affrontare questi “tempi”, queste vicende che sono un importante passaggio della nostra esistenza: dalla tristezza alla gioia, dalla morte alla vita, dalla delusione alla speranza.

Tutto si trasforma alla luce di quel verbo “vedrete”. Vedere, non vedere con gli occhi, che per i discepoli è stato: prima realmente vedere il Signore risorto e poi un vedere con il cuore; solo il cuore che ama vede e comprende. Qui entra in gioco la fede nel credere che la morte di Gesù, non è la fine di tutto, ma il compimento dell’amore, dove Gesù ritorna al Padre per donare a noi il suo Spirito di vita. Questo tempo è il passaggio della Pasqua, è il tempo dove avviene la salvezza, dove la nostra tristezza si cambia in gioia: “Hai mutato il mio lamento in danza, la mia veste di sacco in abito di gioia” (Sl 30).

Un Signore che ci strappa alla tristezza, si fa rialzare dal nostro dolore, ci insegna che queste situazioni della vita, non sono morte, ma possono diventare passaggi verso la luce, se vissuti con Lui e come Lui nell’amore. Allora scaviamo nel profondo del nostro, cuore magari faremo fatica, ma lì emergerà quella fonte zampillante di vita, che è lo spirito del Signore. Guardiamo con gli occhi del cuore e crediamo in quell’amore che ha già trasformato il nostro dolore.

“Signore,

tieni: ti affido il mio cuore,

trasformalo,

affinché ogni dolore e fatica

nelle tue mani non vadano perduti.

Prometti vita, gioia,

è davvero anche per me?

Si, lo sento da come tieni in mano il mio cuore,

perché chi ne ha così cura

è perché ama

e Tu Signore lo hai già fatto,

la mia gioia ora è per l’amore

che hai per me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Corro per te

 Corro per te

 MERCOLEDÌ 27 DICEMBRE 2023 SAN GIOVANNI, APOSTOLO ED EVANGELISTA – FESTA

Il Vangelo di oggi ci parla di Risurrezione e termina con l’affermazione che il discepolo dinanzi a quei teli piegati, “vide e credette”. Siamo chiamati a vedere per credere. Vedere un Dio che ha fatto della sua umanità il luogo in cui potessimo vedere e credere.

I Vangeli, i miracoli, ci parlano di questo qualcuno che ha fatto esperienza di Gesù e attraverso quella, tanti hanno creduto.

E noi? Cosa dobbiamo guardare? In questo periodo al nostro presepio; una rappresentazione che ci vuole dare un segno: un Dio è nato, affinché io non fossi perso, affinché il mio cuore, nel cuore del Figlio trovasse pace.

Cosa dobbiamo guardare di altro? All’eucarestia, dono, dove quel Bambino divenuto uomo, si fa nutrimento. Un Dio instancabile, assume forma umana, si fa addirittura cibo e bevanda, tutto perché ciascun uomo possa sentire Dio dentro di sè, e cibandosi di Lui, la propria umanità in Lui.

Credere e vedere, cosa viene prima? La vista mi fa credere, ma credere mi fa vedere con occhi nuovi le cose.

Cosa fare? Corriamo come quei discepoli, corriamo perché crediamo e perché vogliamo vedere, corriamo incontro a Gesù, troveremo un posto preparato per noi nel Suo cuore, in ordine, come quei teli, segno che Dio non se ne è andato ed in noi è già presente la Risurrezione. Una Risurrezione che comincia da una rinascita, quella del Natale, per poter poi correre e poter vedere e credere anch’io!

“Signore,

tienimi al sicuro nel Tuo cuore.

Dammi occhi in grado di contemplarti

e vedere al di là del mio muro,

un raggio della Tua luce

illuminare la mia vita.

Voglio correrti incontro,

sentire il vento sul viso,

il battito del cuore che accelera,

i piedi che velocemente danno vigore al corpo.

Corro per vederti,

per vedere di Te, quella promessa antica e sempre nuova,

che Tu mi hai fatto un giorno

e che non ho mai scordato:

“io ci sarò ovunque andrai”,

ecco ora anche io corro per Te”.

(Shekinaheart eremo del cuore )

Vedere

vedere

 

GIOVEDÌ 24 AGOSTO 2023

SAN BARTOLOMEO, APOSTOLO – FESTA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Ap 21,9b-14

Salmo: Dal Sal 144 (145)

Vangelo: Gv 1,45-51

Nel Vangelo di oggi, troviamo spesso il Verbo vedere. Filippo invita Natanaele a vedere, Gesù vede Natanaele sotto l’albero di fico,  e infine Natanaele vedrà in Gesù qualcuno di promettente, tanto da dire: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!»

Vedere! Abbiamo bisogno di vedere, di vederci chiaro non solo nelle cose di Dio, ma sempre.

Gesù oggi ci invita a guardare da un altro punto di vista, ovvero in profondità. Egli può dire che in Natanaele non c’è falsità, non perché l’ha visto sotto l’albero di fico, bensì perché ha guardato dentro al suo cuore. Nello stesso tempo, se Natanaele ha potuto quasi fare una professione di fede, chiamando Gesù maestro e affermando che è il Figlio di Dio, è perché quell’incontro l’ha toccato in profondità; se si fosse fermato all’apparenza, avrebbe continuato a chiedersi cosa di buono sarebbe potuto venire da Nazareth.

Ecco che i nostri occhi non servono solo a guardare, abbiamo uno sguardo capace di andare in profondità, in noi e negli altri. Oggi siamo chiamati ad usare di questo dono, che il Signore stesso ci ha fatto creandoci. La nostra stessa vita a volte fatta di routine, le stesse persone, le stesse cose possono mostrare un nuovo volto, se lasciamo a Lui lo spazio per guardare con noi.

Chiediamogli di aprire gli occhi, di non fermarci solo alla descrizione di ciò che avviene, ma di andare oltre, poiché il mio sguardo può diventare un muro o uno spiraglio di luce, dipende da che parte lo guardo. Ed infine guardiamoci un momento e pensiamo a come ci guarda Dio; che belli i suoi occhi, in Lui non c’è giudizio o sbarramento, ma è uno sguardo di amore “possibilitante” venirti incontro. È questo lo sguardo di cui a volte abbiamo bisogno per ricominciare, ed ecco che Lui c’è lo dona.

Vuoi vederlo? Recati in chiesa e mettiti seduto. Conosci la storia del Santo Curato d’Ars?

Si narra di un contadino che, ogni giorno e alla stessa ora, entrava in chiesa, e si sedeva nell’ultimo banco. Ogni giorno, alla stessa ora, fin quando un giorno San Giovanni Maria Vianney, incuriosito da quel modo di fare, gli si avvicinò e gli chiese: “Buon uomo ho osservato che ogni giorno venite qui, alla stessa ora e nello stesso posto. Vi sedete e state lì. Ditemi: cosa fate?”. Il contadino, scostando per un istante lo sguardo dal Tabernacolo: “Nulla, signor parroco…io guardo Lui e Lui guarda me”.

Il santo Curato d’Ars descrisse quella esperienza come una tra i più alti segni di fede e di preghiera. Lasciamoci guardare da Lui, perché il suo sarà sempre uno sguardo di amore, tanto grande da illuminare anche il nostro.

“Signore,

eccomi qui, guardami

alla ricerca di uno sguardo “possibilitante”

sono venuto a porre me stesso.

Non ho altro,

ma tutto quello che ho Te lo dono:

ed è la mia speranza in Te.

La speranza del Tuo amore tanto grande da proteggermi.

La fiducia che in Te sarò al sicuro

e il desiderio di amare come ami Tu.

Porto tutto ai tuoi piedi,

non oso alzare lo sguardo,

eppure se sono qui è perché il Tuo sguardo si è già chinato

ed io mi commuovo in Te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

La trave

la trave

26 GIUGNO 2023

LUNEDÌ DELLA XII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

Prima lettura: Gn 12,1-9

Salmo: Dal Sal 32 (33)

Vangelo: Mt 7,1-5

Il Signore Gesù nel Vangelo di oggi, ci esorta a togliere la trave dai nostri occhi. Quali sono queste travi?

Ciascuno di noi è invitato a chiederselo. Il rischio è di pensare di non averne, anche se tutti, chi poco o tanto, hanno delle travi che non fanno vedere bene.

La trave della gelosia, che fa vedere l’altro sotto la luce della rivalità e si passa il tempo a chiedersi chi è migliore, oppure a cercare gli errori altrui per sentirsi meglio.

La trave dell’orgoglio, che ci separa reciprocamente e ci mostra solo potere, rivalsa, e ci allontana dal mettere insieme i talenti da condividere.

La trave dell’indifferenza, che svaluta le persone e le rende inferiori, quasi a rinchiuderle in un luogo dove non passa la luce.

La trave della sofferenza, la quale riflette tutto il dolore causato dagli altri, così che ogni gesto ricevuto verrà analizzato, e incasellato secondo modelli predefiniti, formando dei pregiudizi dinanzi al nostro cuore pieno di paura di soffrire.

Queste e altre travi, ci fanno vedere in chi abbiamo di fronte delle pagliuzze, che possono essere, esse stesse, un riflesso della nostra trave e quindi bisognose di misericordia.

Perché identificare queste travi? Per scoprire un cammino di libertà alla luce di Dio. Per intessere relazioni nuove a partire da Cristo. Per continuare a credere che nonostante tutto, c’è un Dio pieno di misericordia, venuto a togliere ogni trave, ogni traccia di male e vivere a partire da questo amore. L’amore di Dio, riconosciuta la trave, ti aiuterà ad eliminarla e tu ci vedrai di nuovo, come la prima volta in cui hai aperto gli occhi al mondo, ma non sapevi che era realtà.

“Signore,

aiutami a togliere questa trave,

fa che nel Tuo amore,

il mio sguardo trovi sempre il Tuo,

ed insieme,

io possa vedere chiaramente dove sei Tu e dove sono io.

Aiutami a vedere,

fa che tolta la trave non ne formi di nuove,

affinché nel Tuo sguardo limpido,

io mi ritrovi e ne sia capace anch’io.

(Shekinaheart Eremo del cuore)

Vedere da lontano

vedere da lontano

15 FEBBRAIO 2023

MERCOLEDÌ DELLA VI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

 LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Gn 8,6-13.20-22

Salmo: Sal 115 (116)

Vangelo: Mc 8,22-26

Il Signore guarisce un cieco, a differenza di altre volte non parla soltanto, ma compie dei gesti di cura che ripete. Egli si presenta proprio come il medico, i due si parlano, c’è una gradualità nella guarigione, a testimonianza di come ogni piccolo passo davvero è sostenuto da Gesù e tali dettagli, ci testimoniano quanto Egli sia venuto per curare ciascuno di noi!

“Vedi qualcosa?”

È la domanda che Gesù fa al cieco.

E noi? Cosa vediamo all’interno della nostra realtà a volte opacizzata dalla fatica? Dobbiamo chiedere al Signore di purificare lo sguardo, di diventare come quell’uomo che guarito, da lontano, vedeva ogni cosa, poiché vedere da lontano è come vedere il futuro, è riuscire a comprendere quanto il futuro è plasmato dalle mani di Dio.

L’occhio diventa l’organo della speranza in grado di cogliere le sfumature del Suo passaggio nella nostra vita, così che il cuore possa risollevarsi e continuare a credere.

“Signore,

fammi vedere il Tuo amore.

Aiutami, poiché a volte, è talmente tutto così buio

che non vedo nulla.

Ti cerco,

fa che possa vedere la Tua presenza nella mia vita.

Prenditi cura di me, proteggimi,

consola il mio cuore,

affinché al di là delle ombre,

veda, di nuovo la Tua luce,

il Tuo sguardo,

il Tuo amore che si posano di me”.

(Shekinaheart Eremo del cuore)

 

“Non abbiamo mai visto nulla di simile”

Screenshot_2023-01-13-05-07-36-623~2

13 GENNAIO 2023

VENERDÌ DELLA I SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Eb 4,1-5.11

Salmo: Sal 77 (78)

Vangelo: Mc 2,1-12

Il Vangelo di oggi termina così: “non abbiamo mai visto nulla di simile”.

Si, perché nessun uomo sa perdonare come Dio, Egli mite e paziente attende il ritorno del figlio paralitico, anche attraverso la fede di un altro.

Il Signore suscita meraviglia, certo è che ciascuno di noi è chiamato a meravigliarsi.

A volte la fatica ed il dolore ci fanno vedere troppe cose, che la Provvidenza di Dio passa in secondo piano, dimenticandoci dei piccoli miracoli di ogni giorno, primo tra tutti: noi stessi. Siamo il miracolo di Dio, un dono da sbocciare per chi ci è accanto ed è proprio per questo che siamo chiamati come Lui, ad amare così che possano dire di noi: “non abbiamo mai visto nulla di simile” .

Quanto sarebbe bello essere capaci di questo e se non ci riusciamo ancora, non importa la strada è questa. Un amore smisurato, un amore vissuto, a volte sofferto, ma che non si spegne, continua ad ardare fino alla fine, fino all’ultimo dei nostri giorni, quando le forze verranno meno e Dio ci dirà: adesso amo io per te, perché da sempre amo tutto ciò che in te e fuori di te, non sei riuscito ad amare.

Davvero fin da ora anche noi possiamo dire: “non abbiamo mai visto nulla di simile”, perché Dio è amore che desta meraviglia a tutti noi.

 

Un giorno nuovo

un giorno nuovo

 

MERCOLEDÌ 14 DICEMBRE 2022

SAN GIOVANNI DELLA CROCE, PRESBITERO E DOTTORE DELLA CHIESA – MEMORIA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Is 45,6b-8.18.21b-25

Salmo: Sal 84 (85)

Vangelo: Lc 7,19-23

“Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito”

Nel Vangelo di oggi Gesù risponde ai due discepoli mandati da Giovanni, mostrando una serie di miracoli a testimonianza che Lui è il Salvatore.

Davanti a grandi segni, ad eventi miracolosi, tutti siamo propensi a credere nella potenza di Dio, ma ciò non avviene sempre, perché sono fatti davvero straordinari. Quello che facciamo più fatica a scorgere invece, sono i miracoli quotidiani. Molte cose semplici le consideriamo scontate, quasi facciano parte di una routine, eppure dobbiamo imparare a vedere in esse la mano di Dio.

La nostra vita a cominciare da ogni nuovo giorno è un opera di Dio: siamo tra i poveri a cui è annunciata la buona notizia, perché i nostri cuori vengono guariti dalla loro durezza, e gli occhi possono tornare a vedere in modo limpido e trasparente. Se zoppicchiamo a causa del peccato, Lui ci prende per mano e ci sostiene. Nulla di noi può far paura a Dio, per questo non dobbiamo scandalizzarci se il suo amore ci ama e perdona in un modo immenso fino a dare la sua vita. Si! Dio è cosi, è tutto per noi.

In questi giorni di avvento, prepariamoci ad accogliere la sua nascita, fermandoci qualche istante a pensare a quante volte compie piccoli miracoli per noi, e quando i nostri occhi fanno fatica a vederli chiediamogli di aiutarci a riconoscerli.

Non confidiamo solo nelle nostre forze, lasciamoci raggiungere dal suo amore, perché la Sua venuta diventi gioia nella nostra vita, cosi che possiamo dire quanto abbiamo “visto e udito”, quanto amore ha portato.

“Signore,

dopo la notte arriva il giorno,

fa che sia così anche nel mio cuore

per imparare ad accogliere il sole

che Tu sei.

Scalda il mio cuore

che il dolore ha gelato,

rafforzami lì dove sono indebolito

e fammi sentire il Tuo amore,

così da finalmente poter dire

quello che ho visto e udito

ora è dentro me”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Un salto nella luce

un salto nella luce

 

09 DICEMBRE 2022

VENERDÌ DELLA II SETTIMANA DI AVVENTO

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Is 48,17-19

Salmo: Sal 1

Vangelo: Mt 11,16-19

 

Avete mai provato a stare in una stanza al buio e all’improvviso, senza che lo sappiate, vi accendono la luce, cosa si vede? Per un istante non si vede più niente. Come la generazione che Gesù descrive nel Vangelo di oggi, persone insoddisfatte, che sono dinanzi alla luce e si lamentano “di aver fatto o detto cose” e non si accorgono di nulla: non vedono.

Gesù ci invita a prestare attenzione a questa tendenza, perché se ci dovesse capitare non dobbiamo spaventarci, ma affrontare tale sentire per superarlo.

Non è sempre detto che il nostro sentire corrisponda alla realtà, possiamo per esempio sentirci soli e non esserlo, e se questo discorso vale tra di noi, allo stesso modo vale per Dio.

Forse a volte più che parlare di un salto nel buio, dovremmo dire un salto nella luce ovvero, lasciare che sia Lui a guidarci, confidando in Colui che ha a cura e a cuore le nostre vite, perché pertanto che facciamo, in verità ci sarà sempre un parte di noi che avrà bisogno di Lui.

“La sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie”: è questa la promessa che unisce la nostra storia alla Sua, l’incarnazione. La Sua sapienza si è fatta volto per guardarci negli occhi, mani per darci conforto e gambe affinché potessero camminare incontro a noi ed arrivare lì dove facciamo fatica, così che la nostra vita nonostante il dolore non fosse solo questo, ma una storia di un’incontro, la storia in cui ad un certo punto nel buio del cuore, si è accesa una luce che mai si spegnerà.

“Signore,

lo so che ci sei e in me c’è desiderio di Te,

ma tra quello che sento e faccio c’è tanta fatica.

Amami quando sono qui fermo, inerme.

Sostienimi quando la mia fragilità prende il sopravvento.

Scuotimi dal torpore che annebbia la mia mente.

Fammi toccare il Tuo amore,

affinché io sappia riconoscere che eri nel mio cuore da sempre.

Ti prego: risplendi in me,

così che io vedendo la luce ti corra incontro

ed abbandonando il buio

non veda che Te.”

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

Scendi subito

 

scendi subito

 

 

DOMENICA 30 OTTOBRE 2022

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Sap 11,22-12,2

Salmo: Sal 144 (145)

Seconda lettura: 2 Ts 1,11-2,2

Vangelo: Lc 19,1-10

 

Zaccheo per incontrare Gesù non deve salire, ma deve scendere. Scendere nel suo cuore, nel suo peccato per toccare con mano la salvezza di Dio. Il Figlio dell’uomo è venuto per tutti coloro che non hanno più speranza, per noi che abbiamo bisogno di sentirci salvati, risanati da tutti quegli errori che ci portiamo dentro e a volte, abbiamo persino paura di presentarli a Dio.

Zaccheo viene descritto come un uomo ricco, perché questo dettaglio? Perché a volte si pensa che la pienezza venga dall’avere cose, relazioni, però Zaccheo voleva vedere Gesù, e nonostante la sua ricchezza, aveva la consapevolezza di qualcosa che Gesù poteva dargli e che non si poteva comprare: la Misericordia.

E fu proprio l’Amore ad alzare lo sguardo e vedere Zaccheo sul sicomoro, fu l’Amore a dire: scendi e quell’incontro, quell’albero, saranno sempre i segni per lui, di un amore che s’innalza nella misura in cui si scende.

Zaccheo diventó diversamente ricco, non di una ricchezza materiale, perché ora la salvezza era entrata in quella casa, e nulla poteva essere più lo stesso; finalmente si era tolto il peso di ciò che aveva fatto ed è diventato lui stesso per noi, il nostro sicomoro, ovvero un punto di vista su cui salire per vedere Gesù e sentirci dire: scendi oggi devo fermarmi a casa tua.

 “Nella folla dei miei pensieri, Ti cerco,

perché anche se non te lo dico

ho bisogno di essere salvato.

Tu lo sai e mi dici: scendi.

Scendere vuol dire affrontare i miei errori commessi

e affidarli a Te.

Tu li hai già presi e nonostante tutto,

oggi la salvezza è entrata in questa casa.

Da oggi non sarà più lo stesso,

non dovrò più salire, ma scendere,

per toccare il Tuo perdono,

per ricominciare da qui ogni giorno, con te”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Cose grandi

 

cose grandi

 

 

GIOVEDÌ 29 SETTEMBRE 2022

SANTI MICHELE, GABRIELE E RAFFAELE, ARCANGELI – FESTA

LITURGIA DELLA PAROLA  (clicca qui)

Prima lettura: Dn 7,9-10.13-14 Oppure: Ap 12,7-12a

Salmo: Sal 137 (138)

Vangelo: Gv 1,47-51

 

“Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!”.

Come Natanaele, anche noi possiamo fare l’esperienza di essere visti da Gesù. Il suo sguardo penetra nel profondo, avvolge di misericordia, fa dono di un amore unico che porta a credere in Lui.

Presi da questo sguardo, entriamo nella comunione con Dio, ciascuno a proprio modo, perchè ogni persona ha le sue caratteristiche, la sua capacità di comprendere e di esprimersi, ma l’amore pervade tutto e apre alla comprensione di “cose più grandi”.

L’uomo “finito”, nato dalla terra, viene elevato verso l'”infinito”, alla vita divina, cosi da trovare e vivere nel suo cuore parte di cielo.

Guardati da tanto amore, rafforziamo la nostra fede a tratti debole o zoppicante,  e affidiamoci alla compagnia degli arcangeli, di cui oggi celebriamo la festa.

San Michele, “forza di Dio”,  San Raffaele, “medicina di Dio”,  San Gabriele “l’inviato di Dio”, aprano la strada a scorgere sempre lo sguardo di Dio su ciascuno di noi, così che in ogni circostanza, ci sarà sempre qualcosa di grande per cui lodare, benedire e ringraziare.

“Signore,

un salmo recita: “con gli occhi su di te, ti darò consiglio”.

Grande è la forza in queste parole,

che ti chiedo di ravvivare in me.

Fammi vivere nella consapevolezza che

ti sei fatto Parola, affinché ti ascoltassi,

sei diventato uomo per risollevare la mia umanità,

e sei mio Padre, così da farmi sentire Figlio,

per imparare a vedere quelle cose grandi,

che tu hai promesso e sono già parte di me.”

(Shekinaheart Eremo del Cuore)