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IN FUGA DA...ESOPO

Post n°463 pubblicato il 25 Giugno 2009 da DolceA0
 

VADO QUI

 

E QUI

Ma torno presto. Vi lascio in compagnia di un raccontino che ha l'odore di Esopo ma che di Esopo non è. Indovina, indovinello di chi è?

UNA PASSEGGIATA IN MONTAGNA

 C’era un tempo un’amicizia senza eguali. Lo scorpione era spesso affaticato e il toro gli concedeva di sostare nelle zone del suo corpo. A volte il toro si donava allo scorpione. Lo faceva sorridere, lo trasportava, da una parte all’altra della piana, sulla sua coda o nel bel mezzo delle sue corna. E lo scorpione si sentiva sollevato, talvolta si addormentava, persino, nel calore di quel possente corpo.

Piano piano il diffidente scorpione cominciò ad abituarsi all’amico toro. Così solido, concreto e allo stesso tempo accogliente. Qualcosa non capiva, ma erano di due universi opposti, così spiegava a se stesso lo scorpione certe mancate comprensioni.

E finché stavano in pianura tutto filava liscio. Si vedevano, giocavano, si raccontavano – beh onestamente era più lo scorpione che narrava di tutte le sue traversie interiori, - ma il toro era un buon ascoltatore e questo allo scorpione piaceva molto.

Un giorno lo scorpione chiese all’amico toro di fare una passeggiata su una montagna. L’itinerario proposto era un po’ in salita. Ma poi in cima sarebbero stati vicini al sole. Avrebbero assaporato i raggi caldi della stella e magari si sarebbero abbracciati lì al suo magico tepore.  In realtà  era proprio una salita faticosa, inoltre c’era lo strapiombo da entrambi i lati e lo scorpione era un po’ impaurito di quel percorso. Sapeva però che l’amico toro, se avesse accettato, poteva essere un buon compagno di viaggio. Un compagno rassicurante. E voleva provare a inerpicarsi insieme a lui.

A sorpresa il toro nicchiò. Si sa, i tori sono pigri, amano il loro ambiente naturale, le lande ove brucare, brucare, brucare. Dove lo portava quello scorpione, si domandava il toro? Magari non c’era erba sufficiente, magari la sua stazza non passava attraverso il sentiero, si sarebbe incastrato tra i rovi e le spine…e la stalla per la notte? Dove avrebbe dormito lui, lui che era così grande e che, a differenza dello scorpione, non riusciva a rannicchiarsi in un cantuccio…forse non avrebbe trovato uno spazio, il suo spazio, quello di cui necessitava…

Ma poi, vuoi per una serata più allegra trascorsa insieme, vuoi perché, cavolo! – dovette ammettere il toro – con questo scorpione mi ci trovo proprio bene, il toro accettò di partire sul sentiero con lo scorpione amico.

Per un po’, dalla radura all’inizio della salita, tutto procedette per il meglio. Lo scorpione era fiero di avere accanto a se l’amico toro. Ogni tanto gli saltava in groppa e gli andava a fare il solletico sulle orecchie. Il toro scrollava la testa e gli passava una slinguazzata sul corpo a rischio di ingoiarlo tutto. Lo scorpione serbava stretti dentro di sé quei tumulti che gli arrecavano i movimenti affettuosi dell’amico toro. Era felice.

Ma poi, cominciò la vera e propria salita. Il sentiero era davvero stretto. Lo scorpione procedeva agilmente, abituato alle fatiche. Il toro arrancava. Lo scorpione tornava indietro, muovendosi facilmente tra i rovi, nelle spine, e nelle strettoie del sentiero che incontrava. Sbrigliava una zampa impigliata del toro e lo spronava a riprendere il cammino. Davanti a loro c’era la vetta, diceva all’amico toro, perché fermarsi ora? Ma il toro, dal corpo buono, ma ingombrante faticava a proseguire. Si fermava. Scrollava la testa. Aveva bisogno di tempo. Di più pause di quelle che necessitava l’agile scorpione in quel contesto.

Allora lo scorpione decise che doveva fare qualcosa per l’amico toro. Perché aveva scoperto di volergli veramente bene e voleva aiutarlo. Voleva che arrivassero insieme in cima al monte dove sia lo scorpione che il toro non erano mai arrivati, voleva andare con lui, anche se quel sentiero era faticoso. E così decise di fare qualcosa di davvero impegnativo. Cercò e trovò una corda, la mise al collo dell’amico toro e con le sue piccole, ma forti tenaglie davanti, cominciò a trascinarsi, in salita, l’amico.

Oh, ma così non andava poi tanto male, pensava il toro tra sé e sé. E’ il mio amico scorpione che fa tutta la fatica…!!!

E grato, ogni tanto, l’amico toro, si avvicinava allo scorpione, quando c’era spazio sul sentiero per entrambi, tanto da non farlo trainare. Lo scorpione lo guardava riconoscente e immediatamente tra loro si instaurava quel clima goliardico e affettuoso che vivevano quando si trovavano in pianura.

Ma il più delle volte il toro si sentiva affaticato, quasi irritato, da quella salita, pure se trainato.

Ogni tanto puntava le zampe anteriori e si fermava, costringendo l’amico a una sosta. Soprattutto se trovava una zona verde dove poter brucare. Stava lì ore e ore. Con calma. L’amico scorpione lo aspettava, cercava di brucare anche lui. Poi con uno strattone riprendeva il cammino, ma il toro da dietro gli faceva sentire il soffio delle narici e irrimediabilmente spaventava l’amico scorpione. La vetta era ancora troppo lontana. Il percorso era irto ma bello, pieno di fogliame inedito per entrambi, di colori diversi e dopo una pioggia videro persino l’arcobaleno insieme. Lo scorpione si fermava, aspettava il tempo del toro, il tempo della distrazione, il tempo dell’allontanamento della fatica, ma poi riprendeva dritto per la sua meta. E il toro dietro, sospinto dalla forza dello scorpione, che davanti provava a fargli da guida.

Lo scorpione, però cominciò ad accorgersi che la forza delle sue tenaglie cominciava a cedere e anzi che le tenaglie stavano sanguinando per lo sforzo del trascinamento. Continuò ancora per un bel tratto. Convinto di farcela, che, se pure le tenaglie continuavano a sanguinare, ce l’avrebbe fatta a condurre il suo amico toro alla meta.

Ancora una curva irta, ancora uno strattone in avanti da parte dell’amico scorpione ormai esausto. Ma, dietro, ancora una impuntatura nelle zampe anteriori dell’amico toro. Ancora una scrollata di corna e un soffio che lo scorpione percepì, stavolta, come minaccioso.

Le tenaglie erano ormai lacere, il sangue colava a fiotti. Lo scorpione non azionò la sua codina velenosa per colpire il toro. Avrebbe potuto, ma capì, che il toro non si meritava quel veleno. In fondo l’idea della vetta, del sole, della passeggiata, del percorso comune in salita era stata solo sua.

Lo scorpione apri le tenaglie e lasciò scivolare la corda.

Il toro trovò un bel ramo ricco di foglie e si fermò lì a brucare.

Lo scorpione proseguì, da solo, il suo percorso.

Ce l’avrebbe fatta? Sarebbe arrivato in solitudine in cima? Il toro l’avrebbe seguito una volta slegato dalla corda? Ma questa è un’altra storia... 

Ciao!

 

 
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