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IL CASO: NON TUTTI I GIUDICI SONO COMUNISTI

Post n°841 pubblicato il 01 Marzo 2011 da pasquino_indignato
 

Il giudice con i conti in Svizzera
la Grossi nei guai per la lista Falciani

Magistrato fallimentare, era indagata per gli incarichi a professionisti amici. Dal Lodo Mondadori a Villa Certosa, le sue cause si sono incrociate con gli affari di Berlusconi.

di WALTER GALBIATI ed EMILIO RANDACIO

MILANO - La zarina del Tribunale fallimentare di Milano, finita sotto inchiesta (e dimessa dal ruolo) per il giro di consulenze e incarichi assegnati a professionisti amici o ai quali era affettivamente legata, aveva i conti in Svizzera. Il nome di Maria Rosaria Grossi compare tra i 7mila nominativi della lista che la polizia francese ha sequestrato a Hervé Falciani, francese, ingegnere informatico ed ex dipendente della Hsbc Private Bank di Ginevra. Una lista di potenziali evasori del Fisco che la Guardia di finanza e l'Agenzia delle entrate stanno passando al setaccio. La posizione della Grossi è attiva fino al 2003 e probabilmente, grazie a scudi, condoni e prescrizioni, non determinerà conseguenze di carattere penale. Eppure quella sola presenza getta un'ombra in più sull'operato del giudice, la cui condotta è descritta minuziosamente nei verbali del procedimento bresciano, nel quale è accusata di concussione (per un episodio, mentre il pm Fabio Salamone ha chiesto e ottenuto l'archiviazione dal gip Roberto Gurini per il reato di abuso d'ufficio). L'udienza per decidere sul rinvio a giudizio è fissata per il 15 marzo.

A parlare negli interrogatori è Mauro Vitiello, magistrato in servizio al Tribunale di Milano, sezione fallimentare e dunque ex collega della Grossi: "Era sospettata di scambiare favori di natura economica con professionisti vari utilizzando il sistema della loro nomina nelle procedure concorsuali. Altra voce che correva sul conto della Grossi era relativa al fatto che avesse avuto relazioni sentimentali con avvocati e professionisti che lavoravano nello stesso settore dove lei svolgeva attività di giudice". Vitiello fa riferimenti espliciti: "La Grossi si occupò della vicenda lodo Mondadori (...) In particolare aveva fatto scalpore la circostanza che la causa fosse stata assegnata proprio alla Grossi, che a quel tempo aveva una relazione con l'avvocato Bruno Giordano, a sua volta avvocato, credo, in ambito assicurativo del gruppo Berlusconi". È poi un commercialista, Giovanni La Croce, a raccontare come la Grossi abbia chiesto a Marina Giordano, sorella di Bruno, di sostenere davanti alla procura che "i movimenti di denaro tra loro (i Giordano ndr) e la sorella del giudice, pari a circa 100mila euro, erano riferibili a prestiti non meglio precisati della Grossi". Marina Giordano, invece, aveva sostenuto che tali somme erano state affidate a lei in custodia dal giudice - e non in prestito - e che a un certo momento la Grossi ne aveva chiesto la restituzione. "La Grossi - spiega La Croce nei suoi verbali - sarebbe riuscita, a suo dire, a dimostrare agli investigatori bresciani che le somme raccolte nel 2008 pari a circa 100mila euro, proverrebbero dall'incasso di suoi affitti in nero e non invece, come sosteneva l'accusa, dall'incasso di ipotetiche tangenti".

La Grossi sembra portar fortuna al gruppo Berlusconi anche nella trattativa che condusse all'acquisto di Radio 101 da parte del gruppo Mondadori. La "zarina" partecipò alle riunioni e alla formulazione del contratto. "L'avvocato Gatti - riporta La Croce - si disse meravigliato della partecipazione della Grossi che gli apparve anomala in quanto il ruolo del giudice sarebbe dovuto essere quello di mero controllo dell'attività degli organi preposti e non quella di diretta partecipazione alla trattativa".

Lo zampino della Grossi compare anche nel fallimento dell'Arcado, dove rivestiva il ruolo di giudice delegato: alla Arcado, società dei Donà delle Rose, facevano capo i terreni adiacenti a Villa Certosa, che, attraverso la mediazione di una società delle British Virgin Island riconducibile al fiduciario Filippo Dolfuss, finirono poi alla Idra del gruppo Berlusconi.

La Repubblica, 01 Marzo 2011

 
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