Messaggi di Luglio 2014
Asciutti gli occhi delle donne. Le gonne, scure, il vento le dipana in pianto anch'esso asciutto come il canto di una estate morta. L'albero della vita ha perso foglie. Non le raccoglie il vento. Non evoca la brezza che la sorte spezzata da un addio. Dove dimora terra senza Pace l'estate si consuma presto: in mormorio di vento asciutto. |
Post n°2193 pubblicato il 13 Luglio 2014 da gratiasalavida
|
Post n°2192 pubblicato il 13 Luglio 2014 da gratiasalavida
Presumo che amassero la vita. Anzi, ne sono certa. Tutti i ragazzi poco più che adolescenti amano la vita, e quei quattro ragazzi, di cui ho impressi nel ricordo gli occhi vispi e i sorrisi da bambini appena appena cresciuti, molto probabilmente la amavano. Probabilmente erano innamorati. O forse no. Forse ancora non avevano conosciuto la ragazza che ti fa battere forte il cuore, la cui sola vista ti mozza il respiro. Probabilmente erano cresciuti in fretta. Vivere in un'area dove la guerra è perenne non ti permette di crogiolarti a lungo nella inconsapevolezza dell'infanzia. Probabilmente erano cresciuti in fretta, ma senza perdere quella freschezza di sguardo, quella luce viva negli occhi che rende gli adolescenti di tutto il mondo bellissimi. Bellissimi anche quando magari non sono belli nelle fattezze. Quei quattro ragazzi erano belli. Anzi bellissimi. E probabilmente cercavano di vivere la loro vita nel migliore dei modi possibili, come sempre si cerca di fare quando la vita è sul punto di sbocciare e offrire i doni più preziosi. Gli adolescenti vivono sempre nell'aspettativa dei doni preziosi che la vita tiene in serbo per loro, anche quando si ha la consapevolezza di vivere in un'area di guerra. Credo che il fatto di vivere in un'area dove la guerra è perenne, anzi, amplifichi l'amore per la vita e le aspettative sulla vita. Un dono reso ancora più prezioso dall'incalzare della morte. Gli adolescenti non pensano mai alla morte. Avranno avuto, quei quattro ragazzi, i loro momenti di malinconia, di fragilità, di paura, di incertezza. Perché l'adolescenza è un'età in cui la luce piena è venata talora di ombre. Tanto più in un'area ove le ombre lunghe della guerra rischiano, in ogni momento, di dilagare nel campo del possibile e dell'auspicabile, che è il campo aperto ove si spiegano e si dilatano i sogni a occhi aperti degli adolescenti. Quattro ragazzi bellissimi. Non ho scritto tre israeliani e un palestinese. Ho scritto "quattro ragazzi". Sono convinta che se si fossero potuti incontrare in un campo neutro, il campo aperto del possibile e dell'impossibile, ove si spiegano e si dilatano i sogni a occhi aperti degli adolescenti, di tutti gli adolescenti della terra, se si fossero potuti incontrare, si sarebbero piaciuti. Sarebbero andati insieme, tutti e quattro, in cerca di ragazze. Avrebbero gioocato insieme a calcio, o a ping pong. Avrebbero ascoltato la stessa musica, magari. E avrebbero ballato insieme, fino a stordirsi. Fino a notte fonda. E magari si sarebbero innamorati tutti e quattro della stessa ragazza. E si sarebbero picchiati, come spesso accade tra gli adolescenti, quando si picchiano per rivalità in amore. E poi avrebbero dimenticato il motivo per cui si erano picchiati. E sarebbero andati a bere una birra insieme. Come spesso capita, tra gli adolescenti. Presumo, anzi, ne sono certa, che quei quattro ragazzi amassero tenacemente la vita. Sono stati uccisi, quei quattro ragazzi, in nome di una guerra perenne. Chi li ha uccisi non ha avuto alcun riguardo per la loro età, per i loro visi freschi di ragazzini appena sbocciati all'adolescenza, per i loro sentimenti. Chi li ha uccisi, da una parte e dall'altra, voleva un pretesto per costringere una guerra perenne a impennarsi in una parabiola ascendente. Se quei ragazzi avessero saputo di morire per diventare il pretesto utile a incrudelire una guerra già fin troppo crudele, credo sarebbero morti due volte. L'amarezza, li avrebbe uccisi, prima ancora che la mano dei carnefici. Pace. Una parola forte. Una parola forte che sicuramente trovava accoglienza nelle pieghe segrete dei sogni più reconditi di quei quattro ragazzi. Nel campo aperto dei sogni, anche l'impossibile trova accoglienza. Nel campo aperto dei sogni, ne sono certa, trovava accoglienza anche il sogno impossibile di una pace possibile. Quei quattro ragazzi sono morti, massacrati da mani guidate da menti che hanno perso la capacità di sognare. Quando si guarda alla realtà con occhi resi opachi dalla incapacità di sognare, la realtà diviene un ambito ristretto, così miserabilmente ristretto da sembrare un budello. In un budello non ci sono orizzonti da guardare. In un budello si diventa ciechi. Mi piacerebbe. Mi piacerebbe che ai morti fosse concesso di parlare. Quei quattro ragazzi non ci sono più. La guerra, invece, c'è ancora e vive una fase di espansione. E quei ragazzi, divenuti pretesto per incrudelire la guerra, sono morti due volte. Perché, ne sono certa, se ai morti fosse concesso di parlare, quei quattro ragazzi morti proferirebbero una sola parola. Pace.
|
Post n°2191 pubblicato il 03 Luglio 2014 da gratiasalavida
|
Post n°2190 pubblicato il 03 Luglio 2014 da gratiasalavida
Quando lo spinsero malamente sul fondo della stiva. Quando spinsero malamente, sul fondo della stiva, tanti altri come lui. Di nessuno conosceva il nome. Nessuno chiamava lui, per nome, ignorandolo. Nessuno chiamava nessuno per nome. Tutti gridavano e cercvano di farsi avanti, per arrivare al boccaporto. Tutti spintonavano tutti. Tutti urlavano. Non c'era tempo per i nomi. Non la voglia di conoscersi. Bisognava farsi avanti, tra un intrico di gambe, braccia, gomiti appuntiti, piedi puzzolenti. Farsi largo a cercare l'aria. Quando comprese, dopo ore di agonia, che non sarebbe arrivato all'aria. Quando tutti compresero, dopo ore di agonia, che non sarebbero arrivati all'aria. Quando tutti compresero, dopo ore di agonia, che il portellone del boccaporto era stato serrato. Quando tutti compresero che la morte aveva già disteso le sue lunghe dita ossute sui loro corpi ossuti. Urlarono. Urlarono. Urlarono. Lui urlò. Gli sembrò di urlare più forte degli altri, ma era solo un'illusione. La pietà umana era un'illusione. La speranza era un'illusione, in quella stiva fetida dove non c'era mai stato posto per la speranza. C'era posto per la morte, invece, per le lunghe dita ossute della morte che si distendevano, aperte, sull'intrico di braccia, gambe, piedi, teste di esseri urlanti che una volta erano stati uomini. Quando non ebbero più la forza di urlare. Qaundo non ebbe più la forza di urlare. Si abbandonò, inerme, sul torace di un altro come lui, sussultante per le convulsioni. I piedi puzzolenti di un altro come lui a premergli la nuca sul torace in preda ai sussulti delle convulsioni. Il vomito di un altro come lui a insudiciargli la maglia buona che aveva indossato alla partenza. Quando non ebbe più la forza di urlare. Quando non ebbe più la forza di urlare, si abbandonò sul torace di un altro come lui, scosso dalle convulsioni. Poi anche le convulsioni ebbero fine. E lui comprese che l'altro come lui era stato toccato dalle lunghe dita ossute della morte. L'altro come lui era morto. E lui non poteva nemmeno scorgerne il volto. Ne sentiva il torace, ormai rilasciato. E il puzzo di morte. E comprese che puzzavano alla stessa maniera, lui e l'altro come lui che era già morto. E comprese che tutti, in quella stiva fetida, puzzavano di morte. E che tutti loro non avrebbero visto l'alba. Si adagiò, ormai quasi inerme, sul torace inerme di un altro come lui, pressato dalla stretta mortale di decine di altri corpi come il suo, ormai quasi inermi come il suo, ormai rassegnati, come il suo, a ricevere dalle lunghe dita ossute della morte il tocco leggero che segna il passaggio. Se lo chiese. Come sarebbe stato, il passaggio. Aveva solo diciassette anni. E nessuno gli aveva chiesto il nome. E lui a nessuno, di quanti, come lui, erano adagiati tra le dita ossute della morte, aveva chiesto il nome. E' venuta, la morte. E non mi chiamerà per nome. Si limiterà a toccarmi. Non era pronto, ma rassegnato: la morte già gli era accanto, per portarlo con sé. Non era pronto. Solo rassegnato. La morte gli era accanto. Non la speranza. Non un solo istante la speranza gli si era seduta accanto, almeno la speranza, a fargli compagnia.
|
NOTA DELL'AUTRICE DEL BLOG
Tutti i testi qui pubblicati
sono esclusivo frutto della mia creatività. Cinzia M.
Tutti i diritti sono riservati.
Ho scorto su You Tube un canale intitolato Rubra Domus.
Non ha a che fare con me, che sono unicamente l'autrice
di questo blog e dei testi che vi sono quotidianamente
inseriti.
Cinzia M.
AREA PERSONALE
TAG
CERCA IN QUESTO BLOG
MENU
I MIEI BLOG AMICI
- I colori dell'anima
- ippogrillo
- Epistula ad Pisones
- TUTTO FUMO
- Una vita a caso
- pensierando
- Pensieri di carta
- silenzioassordante
- pezzi di pezzettini
- LA QUARTA SETTIMANA
- antonia nella notte
- TUTTI MATTI X
- le matite dell'anima
- TERRABRUCIATA
- Bioenergy blog
- IGNORANTECONSAPEVOLE
- Neither you
- IL MIO RITORNO
- L'atrabilioso
- poggio filippo
- PENSIERI...LIBERI
- MassimoPiero
- blog di pamela
- Red baron
- La memoria dispersa
- oltre l'orticello
- IL BAGAGLIO
- Lutec
- Rockin'the blues
- VIAGGI TRA LE IDEE
- IL LAVORO
- LETTERE DA LUCILIO
- Camminando..
- preziose illusioni
- La vera me stessa
- il mio editoriale
- INCURSIONI
- IL LAVORO
Inviato da: aliasnove
il 31/12/2023 alle 13:59
Inviato da: cassetta2
il 31/12/2023 alle 11:50
Inviato da: cassetta2
il 03/11/2023 alle 01:09
Inviato da: gratiasalavida
il 06/05/2023 alle 18:51
Inviato da: aliasnove
il 25/04/2023 alle 20:45