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L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi del 20/03/2015

L'OMBRA LUCRETILE - 2

Post n°1860 pubblicato il 20 Marzo 2015 da anonimo.sabino
 

      La fuga della famiglia reale da Roma, anche per effetto, credo, dell’americanata di Ike, significò per l’esercito il “tutti a casa”, che privò gli “Alleati”dell’apporto delle armi italiane e favorì la strategia tedesca di tener lontano il fronte dalla Germania. Anche Gino di zio Annibale, da poco “richiamato”, lasciò il corpo degli alpini e raggiunse avventurosamente il paese. Per tutti quell’otto settembre divenne sinonimo di caos.

     Mentre al Nord la milizia fascista dei repubblichini di Salò fiancheggiava i Tedeschi, in una guerra parallela contro la Resistenza, noi facevamo parte dell’Italia oscurata; pochi sapevano della decisione dei soppressi partiti politici di costituirsi, negli stessi giorni, in Comitato di Liberazione Nazionale, in alternativa alle cariche fuggiasche, incapaci perfino di gestire la resa. Neanche percepivamo come nemici i Tedeschi che, sentendosi traditi, passavano all’occupazione del territorio italiano; fino a quando a Monteflavio non si cominciò a parlare di “prigionieri”.

     Dal campo di concentramento di Fara Sabina, per effetto dell’armistizio, erano stati liberati gli inglesi catturati in guerra. Il campo di Fara in Sabina (numero 54 nella mappa della Croce Rossa inglese) doveva contenere circa 3.300 prigionieri, in maggioranza inglesi, ma anche di altre nazionalità. Essendo stata attuata nel giro di un mese l’occupazione tedesca dell’Italia, i prigionieri, per sfuggire a una seconda cattura e ad una pericolosa deportazione, impossibilitati a raggiungere i rispettivi reparti, si diedero alla macchia. In poco tempo i Monti Sabini, come molti altri luoghi dell’Italia occupata, diventarono un ricettacolo di fuggitivi. E dietro a loro ecco i Tedeschi.

     Quella mattina anch’io marinai la scuola,sentendo i compagni chiamarsi e correre verso lo Stradone. Tutta la zona ai piedi del paese (Pede ‘ella Terra),compresa la porzione di orto toccata al babbo, che quell’anno avevamo seminato ad orzo, era piena di automezzi militari e di gente in divisa che parlava una lingua incomprensibile: todescavano. Ci fermammo prima a guardarli da lontano; poi, ignorando i richiami delle donne, ci avvicinammo sempre più, fino ad accettare un impossibile dialogo.

 
 
 


 

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