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L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi del 26/08/2015

MADONNA DELLA STRADA - 3

Post n°1970 pubblicato il 26 Agosto 2015 da anonimo.sabino
 

 

Durantegli esercizi spirituali avevo parlato con il teologo domenicano. Un colloquio brevissimo, risolto in poche battute.

 

“Mi dicono che hai una crisi di fede”.

 

“Non ho più nessuna fede, per l’esattezza”.

 

“Non credi in Dio, non credi in Gesù… in che cosa non credi?”

 

“E’ alla fede nel suo complesso, che non trovo un fondamento, non a questo o a quel dogma (non inseguo eresie); non credo alla religione come rivelazione, alla redenzione… Non credo più a niente, perché non voglio credere, ma sapere. E so che mi sono state raccontate una montagna di menzogne, su Dio, su Gesù, su tutto”.

 

“Metteresti quindi in discussione tutta la religione cristiana…” Sembrava sfuggirmi; non mi guardava negli occhi. Mi chiese:

 

“Quanti anni hai?”

 

“Ventidue”.

 

“E a ventidue anni ti ritieni all’altezza di buttare a mare tutto l’edificio della religione cristiana, quello costruito e arredato dai più grandi uomini di studio e artisti di tutti i tempi; a ventidue anni saresti tu in grado di chiamare menzogna la fede propugnata dai più ammirati pensatori?” Me l’aspettavo. Era un modo di chiudere il discorso, perché era una strada interminabile sulla quale non l’avrei seguito. Risposi:

 

“Se non sono in grado di esaminare criticamente la fede celebrata da loro e di giudicarla, come posso essere in grado di abbracciarla e propugnarla?”

 

Soltanto a quel punto alzò la testa:

 

“ Dunque è così… “ E mi congedò.

 

“Allora te ne vai?” Mi chiese Enrico. A lui non nascosi più nulla. Gli parlai delle mie conclusioni e gli consigliai di trovare il coraggio di trarre le sue, sapendo che ci stava vicino, ma che aveva molto meno coraggio di me; anche perché era il nipote di Padre Temofonte e tutta la sua esperienza religiosa era dipesa da quel legame parentale.

 

Ce l’avrebbe fatta l’anno seguente, Enrico, a lasciare la vita religiosa. Ma l’avrei ritrovato solo molti anni dopo. E avrei saputo da lui che, dopo la nostra “apostasia”, fu proprio la “crisi” dello stesso Padre Temofonte, come un crollo mentale, ad avere l’esito più triste e drammatico. Il Rettore paterno che aveva trovato in noi un surrogato alla mancanza di quel calore familiare al quale era stato indotto a rinunciare avrebbe concluso la sua crisi e la sua vita nel manicomio di Martellona.

 

 
 
 


 

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