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L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi del 09/11/2015

IL VENTO DEGLI ANNI SESSANTA - 11

Post n°2023 pubblicato il 09 Novembre 2015 da anonimo.sabino
 

 

All’Autovox avevano trovato lavoro la moriconese Colombina, fidanzata di Gilberto, e Pieranna, la più giovane delle mie cugine, orfana dello zio Dante.

 

Del tumore della cuginetta avevo già saputo a Camino dalla corrispondenza con mia madre. Si era ugualmente sposata, la ridente e affettuosa Pieranna, e aveva avuto Mara, sulla quale zia Giuseppina, vedova a venticinque anni e già nonna, riversava ogni residua dolcezza, dopo  tanto amaro che le aveva riservato la vita. Tanto eppure non abbastanza: di lì a poco passò mesi di atroce sofferenza al capezzale della sua Pieranna. Ricordo l’interminabile agonia della dolce e ridente Pieranna nella torrida estate di un ospedale privo di climatizzazione. E la sua morte, infine sospirata. La psiche di Giuseppina, benché le restasse Angelo, non avrebbe retto a questa seconda divina “correzione”, venuta da un Padre buono, onnipotente e giusto.

 

Presi una camera dalla sora Nella. Era una distinta settantenne, tipica matrona trasteverina che, avendo romanescamente divorato tutto lo stipendio del marito, un ufficiale, alla sua morte trovava da sopravvivere grazie all’amicizia dei gestori della Cisterna, che le consentivano di fare la guardarobiera del famoso ristorante e di rimediare così qualche mancia. Occupando la stanza lasciata libera da una ragazza che mi aveva preceduto, le pagavo la metà dell’affitto di casa. Ma continuavo a frequentare mio cugino e a passare con lui e con i suoi amici la maggior parte del tempo libero, quando Pippo Di Marca, che lasciò subito la carriera burocratica per realizzarsi come regista teatrale, non mi attirava da spettatore e benefattore al suo teatro d’avanguardia dei Metavirtuali.

 

Con gli amici di Paris, libero dagli obblighi di contegno che mi avrebbe imposto la qualifica, mi abbandonavo alla festicciola e alla cantata, imparando le vecchie canzoni romanesche che solo negli anni successivi sarebbero entrate nei repertori di cantanti di successo; tanto che Angelino Speroni mi regalò la chitarra che suo figlio non toccava. E Vincenzo non mi nascondeva il piacere che avrebbe avuto se mi fossi unito alla sua figlia maggiore.

 

No. Potevo gradire sessualmente ogni mensa, ma nel mio cuore non c’era più posto che per la mia Onne. Anche l’ufficio abbondava di belle ragazze, dalle giovani dattilografe, come la florida Mariuccia, a venuste colleghe della carriera direttiva e di concetto. Ma l’ambiente mi ispirava poco e ben poco riusciva ad animarlo il brio dei giovani applicati Franco Ritelli e Lorenzo Di Bartolo.

 

 
 
 


 

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