Messaggi del 19/11/2015
Il partito affidò la difesa dei due stemmi che coprivano il fondo della bacheca della sezione al giovane del suo ufficio legale Guido Calvi, che ottenne per me una scontata assoluzione. Meno facile, alla fine di quell’anno, ma prodiga di una maggiore fama per lui, sarebbe stata la difesa dell’anarchico Pietro Valpreda, accusato della strage di Milano, l’infamia con la quale i fascisti,il 12 dicembre, davano una mano alla repressione dell’autunno caldo.
A noi il 23 gennaio del 69 era arrivata Lucilla, a scaldare con calci, strilli e boccacce la vita domestica. La vidi solo il giorno dopo la nascita, perché ero impegnato a rispondere al Pretore di Palombara circa la motivatissima denuncia (l’ho ritrovata tra le scartoffie) che ho riportato nel testo integrale: il brigadiere aveva preso i due stemmi indicanti la proprietà della bacheca per manifesti elettorali e me ne attribuiva la responsabilità oggettiva, incurante del fatto che la condanna per reati elettorali avrebbe comportato l’interdizione dai pubblici uffici. O forse proprio per questo.
Colleghi e compagni, a Trastevere, venivano a turno a farci visita, uscendo a far colazione; e qualcuno, primo Sabatini, approfittava spesso della nostra tavola prima di tornare al lavoro straordinario pomeridiano. Finché a installarsi da noi non giunsero Franco, al rientro dall’Aquila, e la sua ragazza, intanto che si attrezzavano per nozze di fretta e per l’affitto di una loro casa. A L’Aquila, infatti, una minuscola Giancarla aveva fatto lo sgambetto a Franca ed era già incinta di Ottavio junior.
Quante bandiere rosse, in quell’autunno del ’69! E quante emozioni!
Perfino Lucilla partecipò alla sua prima manifestazione, in braccio a me a Piazza Santi Apostoli, per il rinnovo del contratto nazionale degli edili, come dire in difesa di nonno Giusto, prima che ad altre analoghe manifestazioni rispondesse la discesa in campo dei bombaroli neofascisti travestiti da anarchici.
Il Fabio burocrate non aveva cessato di partecipare, con Sabatini e con altri pochi ministeriali, alle manifestazioni nazionali indette dal sindacato o dal partito; ma per la pace nel Vietnam partecipavo anche a quelle studentesche non autorizzate, come per portare a termine un’opera incompiuta. E con Antonietta avrei infine condiviso il tripudio di gioia che nel gennaio del ’73 avrebbe accompagnato la notizia del ritiro del colosso americano con la coda tra le gambe: lo sventolio di bandiere rosse in una assolata giornata d’inverno era un gridare al mondo che quella guerra l’avevamo vinta un poco anche noi, che ci eravamo definiti con fierezza la generazione del Vietnam. |
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