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Un nodo doppio

Post n°78 pubblicato il 16 Luglio 2007 da majakowskij
Foto di majakowskij

"Non sprecare forze con i dubbi,

non ti dirò nessuna bugia"

Erri De Luca, Il contrario di uno

(Lilia) - Trovi che Erri De luca sia bravo? Io adoro il suo modo di scrivere...

Segue, come da abitudine, una riflessione sull’argomento.
Quando mi fanno una domanda, rispondo con le parole del momento; a disposizione si può avere un gran pensiero o un pensiero mediocre. Ma se ci penso sopra, almeno avrò un cardine più saldo cui ancorare le mie parole sciolte.
In verità, già durante la lettura stessa del libro Il contrario di uno, c’era una pagina che mi aveva acceso il pensiero. Quella in cui i due (il contrario di uno) insieme in montagna, fotografano la scena di compagni di cordata. L’uno dipende dall’altra. Lui fissa il suo nodo, un nodo da marinaio a terra che non dimentica il suo mare. Un nodo doppio.
Alcuni autori hanno una scrittura doppia, come un rovescio e un diritto, più spesso come un segreto o un nascosto. Sempre hanno una tenda sul cuore. Si crede che chi scriva metta a nudo la parte vera, quella profonda, quella che non spoglieresti neanche dinanzi al tuo creatore.
Se esiste, in luogo di un caso spudorato.
Se questo avviene però, è solo per un riflesso. Inconsapevole e naturale come un sbadiglio. Se ne accorge il lettore e allo scrittore non capita che molto dopo una pubblicazione. Se è fortunato, al termine del manoscritto. Altrimenti bara. Quelli con molto mestiere, barano. Ma sempre gli scappa un accento personale, un chiodino autobiografico che gli si conficca tra una virgola e un punto e non va più via. Le revisioni non servono.
Ecco, Erri è uno scrittore di sangue. Di quelli che hanno una vita e sentimento e amore e rabbia. E mettono tutto in parole, senza neanche uno straccio di schermo a protezione. Questo è quello che arriva. Non è poco. Chi scrive, comunica. Lui lo sa fare.
Poi, esiste uno scrittore di secche, mediato come un compito assegnato, che è difficile leggere, perché anche se scrive bene, non si capisce cosa voglia dire davvero.
Senza fare la lista degli autori che rendono le mie notti vivibili, ricordo un Aleksander S. Puškin che mi fece fare così tante giravolte da avere la testa scekerata. Tatiana mi ha insegnato una donna. E Onegin, la colpa nell’inconsapevolezza.
Il simbolo dell’esistenza è duale, quindi. Io e te. Io e il cane. Io e la scrittura. Io e io.
Ripenso ad una scrittura trasparente come vetro.
Che sale irta tra le nebbie, lasciando intravedere solo torri. Le valli sono per il costruttore. Devono essere ben salde, come fondamenta.
Una scrittura che a toccarla, arroventa l’occhio e congela la mano.
Una scrittura profonda come fiordo, che non sai dove finisca. Ma ne conosci l’inizio.
Una scrittura che mi parli sempre di te, anche quando parla del rubinetto che gocciola.
Di là, in cucina.

 
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