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IL DIAVOLO RISPEDITO ALL'INFERNO

Post n°1583 pubblicato il 15 Dicembre 2008 da corsivo79

AMAURI E LA JUVE SPETTACOLARI: UMILIATO IL MILAN DEI BRASILIANI!

I bianconeri dominano e schiantano 4-2 il Milan di Ronaldinho e dei vecchi mercenari Zambrotta e Emerson, volando al 2° posto in classifica! La squadra di Ranieri impartisce una severa lezione di calcio ai rossoneri, trascinata dalla forza dirompente di Amauri, dalla classe di Del Piero e dalla freschezza dei giovani Chiellini, Marchisio, De Ceglie e Sissoko. Ma tutta la Juve ha disputato una grande partita, passando subito in vantaggio con un sacrosanto rigore di Alex. Pato pareggia poco dopo, ma un gran colpo di testa di Chiellini riporta avanti la Signora. Poi si scatena Amauri che raccoglie un gran cross di De Ceglie ed incorna per la 3° volta Abbiati. Il diavolo segna il gol del 3-2 grazie ad una fortunata deviazione, ma poi resta in 10 per l'espulsione di Zambrotta, saltato e ridicolizzato da De Ceglie. Chiude la festa ancora il bomber brasiliano, che imbeccato da Sissoko scarica in rete da pochi passi. Ranieri gongola: "Finalmente, questa è la vera Juve. Abbiamo forza e qualità. Non parliamo di scudetto, anche se con questo carattere nessun obiettivo ci è precluso". Del Piero: "E' un momento felice. Nonostante gli infortuni, con i giovani stiamo costruendo qualcosa di importante". Super Amauri: "Battuta una grande squadra. Devo ringraziare il pubblico che ci ha spinto e dato la carica". Marchisio, partita fantastica: "Ho colto l'attimo. Ma dobbiamo ringraziare i senatori come Del Piero e Buffon che ci fanno crescere col loro esempio. Per lo scudetto, ci siamo. L'Inter è raggiungibile". Il presidente Cobolli: "Abbiamo meritato la vittoria e sistemato anche chi troppo spesso ci critica. De Ceglie e Marchisio sono la risposta a chi dice che si deve spendere tanto per essere competitivi".






URAGANO JUVE TRAVOLGE IL MILAN - La Stampa - La seconda forza del campionato è la Juventus e se dovessimo trovare una sola ragione per cui lo merita più del Milan, che ieri ha battuto più largamente di quanto non dica il 4-2, diremmo che è nel coraggio di puntare su gente integra, persino giovane, al contrario di una società che insegue, compra o conferma i grandi nomi imbolsiti senza capire che l’età è una tassa senza scampo. La differenza si è vista. Nettissima. Ha vinto la Juve di Amauri (che in estate strappò al Milan) ma soprattutto di Marchisio, di De Ceglie, di Chiellini, anche di Sissoko che gioca da una vita ma ha soltanto 23 anni. Loro hanno imposto ritmo, freschezza, aggressività. Loro rendono meno drammatica la mancanza di grandi campioni parcheggiati in infermeria. E’ anche vero che il Milan, con le ultime pesantissime assenze e le relative presenze, è come quella pubblicità che ruota attorno alla domanda: «Ti piace vincere facile?». Senza Kakà perde il 30 per cento del potenziale, dell’inventiva, del gioco e Ancelotti, dopo l’infortunio di Gattuso e il forfait di Flamini che l’avrebbe sostituito, ha dovuto anche riesumare dall’armadio dei ricordi Emerson, che già ci pareva in bollitura nell’ultima stagione con la Juve, figuratevi adesso che sono trascorsi due anni. Perchè siano andati a comprarlo è un mistero. Marchisio non ha avuto pietà di quel vecchio zio brasiliano, con cui si misurava negli allenamenti in anni capelliani. Lo ha asfaltato. Con Emerson da un lato e Ambrosini, pure lui sulla corda, dall’altro, la sapienza di Pirlo si è ingabbiata e spenta. Soprattutto, quel centrocampo non copriva la difesa imbarazzante e qui non è una questione di assenze, perchè sul recupero di Nesta bisognava fare uno sforzo di ottimismo già in estate. Questo è quanto Ancelotti ha a disposizione. Stupisce che non punti di più sullo svizzero Senderos, che ricordiamo assai bravo nell’Arsenal. Carletto (stupidamente irriso dai tifosi bianconeri, dimentichi che se gli avessero dato un portiere e non Van der Sar avrebbe vinto uno scudetto e forse due con la Juve) avrà le sue ragioni. Certo che per preferirgli il Kaladze di questi tempi e persino Maldini, che deve coprire il centro destra dopo una carriera spesa nei ruoli del mancino, Senderos deve essersi imbolsito assai. La debolezza strutturale del Milan è emersa dopo un quarto d’ora. Contro avversari asfissianti nel pressing, i rossoneri non hanno potuto ricorrere al palleggio, la loro arma migliore, per cui il gioco si è appoggiato sulla bravura di Ronaldinho, che da fermo lanciava chi lo poteva capire. La Juve aveva un lato debole, a sinistra, perchè Nedved non teneva Zambrotta che Ronaldinho cercava spesso con lunghi traversoni in campo libero. L’infortunio del ceco paradossalmente soccorreva Ranieri che non avrebbe osato levarlo tanto presto: con De Ceglie davanti a Molinaro la Juve si sistemava anche da quella parte. I buchi restavano tutti al Milan che andava in svantaggio però con un rigore contestato. I rossoneri negavano (a torto) che Jankulovski avesse toccato la gamba di Del Piero sul lancio di Molinaro. Avrebbero avuto più ragione nell’invocare il fuorigioco del capitano bianconero, che dal dischetto non sbagliava. Sarebbe stata una delle firme di Alex nella serata poco sfavillante: un’altra l’avrebbe messa al 34’ con l’angolo del raddoppio, una battuta precisa e intelligente a pescare Chiellini fuori dal mucchio in mezzo all’area e il difensore di testa infilava l’angolo. Era il 2-1. Nel frattempo il Milan aveva sfiorato il pareggio al 18’ con un incredibile errore di testa di Ambrosini da due passi e l’aveva ottenuto al 31’, con Pato che è un Inzaghi enormemente più bravo nella tecnica ma molto evanescente e meno intuitivo sotto porta. Pure lui avrebbe bisogno di una squadra che gli fornisce dieci palloni a due metri dalla porta: quando Ronaldinho gliel’ha messo, con la difesa juventina ferma, il brasilianino ha colpito. La Juve si è ripresa, ha trovato nei giovani fatti in casa la forza che scoperchiato i difetti milanisti. Marchisio e De Ceglie scherzavano con la vecchiaia rossonera: il cross di quest’ultimo per Amauri era perfetto quanto la battuta di testa del brasiliano per il 3-1. Nella ripresa Ancelotti tentava la carta Shevchenko per Emerson. Una punta in più anche sul carrello dei bolliti. L’illusione di aver riaperto il match la offriva all’11 un tiro di Ambrosini che diventava letale per la deviazione involontaria di Chiellini ma la Juve controllava il gioco, lo faceva ancora di più dopo la seconda ammonizione di Zambrotta che non aveva altro modo per fermare De Ceglie che abbatterlo. Con un uomo in meno e un centinaio di anni in più il Milan diventava la preda semplice da ghermire. Il gol di Amauri, con un giochino nel controllare la palla davanti a Jankulovski di nuovo addormentato, riassestava le distanze, il palo pieno di Del Piero guastava soltanto la serata ad Alex, non ai tifosi juventini che adesso vedono davanti a loro soltanto l’Inter. Stessa città di questo Milan, però diverso il pianeta.
RANIERI: "SE GIOCHIAMO COSI' SIAMO DAVVERO IRRESISTIBILI" - La Stampa - Ecco l'anti-Inter. Il campionato scopre una belva a strisce bianconere che si mangia quel che resta del Milan, festeggia una notte di gloria e si lancia all'inseguimento di Ibrahimovic. «Gli faccio i complimenti - dice Del Piero - stanno tenendo un ritmo meraviglioso. Ma la Juve c'è, non molla, vuole restare in ballo su due fronti fino all'ultimo. Senza scegliere». Il messaggio è questo. La belva ha fame, sbrana il Milan sotto la pioggia, ma non ha la pancia piena nonostante abbia ingoiato 24 degli ultimi 27 punti disponibili. La belva ha un padre, Claudio Ranieri. L'ha forgiata lui, all'indomani della sconfitta di Napoli del 18 ottobre, tirando fuori dai suoi uomini anche ciò che non avevano. Ieri hanno schiantato l'antica rivale sul piano del fisico, della rabbia e della determinazione. «Quando giochiamo così è difficile starci dietro - commenta l'allenatore - il Milan ha grande qualità, per batterlo bisognava correre per 22. Noi dobbiamo giocare di sciabola, il fioretto lo mettono i nostri grandi campioni. Questo è il Dna della Juve. Puoi dare il carattere solo a chi già ce l'ha, non basta la qualità per vincere». Dopo aver toccato il fondo, sono arrivate otto vittorie in nove partite in campionato, più il doppio colpo in Champions con il Real Madrid. L'unica macchia è lo scontro diretto perso chez Mourinho. «Solo in quell’occasione non siamo stati noi stessi - continua Ranieri - contro l'Inter non avevo visto la vera Juve. Stavolta l'ho vista. Avevo chiesto ai ragazzi una prestazione di grande personalità e me l'hanno regalata. Abbiamo vinto una grande classica, soffrendo solo nei primi dieci minuti. È importante, ma non ancora decisiva». Intanto, però, è stato fatto un bel passo avanti nella corsa scudetto. Sostiene il presidente Giovanni Cobolli Gigli: «Abbiamo mandato un segnale ai nostri tifosi, questa è la Juve. Sono orgoglioso di come abbiamo giocato, è la risposta ai detrattori e a chi dice che bisogna spendere tanti soldi per vincere: ma li avete visti i nostri giovani? De Ceglie e Marchisio sono stati super». L'anti-Inter ha la classe di Del Piero, campione eterno al gol numero 251 in bianconero, il 52° su rigore. «Siamo felici - dice - ma questa vittoria non cambia le nostre ambizioni. Sono sempre state grandi. Solo il palo mi ha impedito di fare una doppietta, non posso dire quello che ho pensato quando l'ho colpito». L'anti-Inter ha il fisico di Amauri, brasiliano d'Europa, già 10 reti in campionato. L'anti-Inter la personalità di Chiellini, leader del futuro e certezza del presente. L'anti-Inter è la squadra di Ranieri, anche se il tecnico rifiuta l'etichetta. «Noi vogliamo essere l'anti-tutto - spiega - vogliamo provare a vincere qualcosa lottando su tutti i fronti». Però, per una notte, si può fare festa: «Non so se sia la migliore Juve della mia gestione, ma negli spogliatoi ho fatto i complimenti alla squadra. Anche ai giovani. Marchisio è stato stratosferico, come De Ceglie e Sissoko. La società può gioire perché vede realizzato il progetto di inserire i baby in mezzo ai campioni di sempre. I tanti infortuni hanno permesso loro di fare esperienza, ora ci sono molto utili». A proposito di guai fisici: «Nedved - rivela l'allenatore - dopo mezz’ora s'è arreso per un problema al gluteo, ho deciso di farlo giocare solo dopo la rifinitura». Oggi saranno valutate le sue condizioni. Arriva anche Marchisio. Il baby non sta nella pelle. Ha regalato la sua maglia a Borgonovo, ha incassato i complimenti di tutti. «I più belli sono stati quelli di Trezeguet, mi hanno colpito. Siamo stati perfetti, il nostro carattere è venuto fuori dopo l'errore sull’1-1. Abbiamo saputo reagire, come dopo la sconfitta con l'Inter. Non c'è grande differenza tra noi e loro, cercheremo di riprenderli».
ALEX FURIA ATTEMPATA: BATTE DINHO NELLA SFIDA DEI RISORTI - Corriere della Sera - Si può giocare contro senza incontrarsi mai, la strada che li ha portati a questo snodo del campionato e della vita è partita da lontano ma finalmente, in una notte di pioggia e caldarroste, nell'inverno tutt'altro che triste della loro carriera, i ragazzi del bairro, San Vendemiano e Porto Alegre, si affrontano riuscendo a non sfiorarsi, un veloce abbraccio a centrocampo e via, Del Piero verso il destino di uomo- chiave («Stiamo facendo bene, abbiamo superato un momento difficile. Scudetto o Champions? Siamo in corsa per entrambi, non voglio puntare su niente. E poi, visto come andiamo, fa bene Ranieri a non nominare la parola scudetto ») e Ronaldinho di uomo-assist per Pato. Divisi da trenta metri di campo (però Dinho torna molto di più di Alex) ampi come un continente, gemelli diversi perché la fantasia non ha schemi né moduli, può scegliere le scarpe gialle e le treccine o un taglio da attaccante per bene, da rinfrescare ogni settimana dal barbiere, senza perdere credibilità. La genialità è un potere sottile, da maneggiare con cautela, il Milan ne ha sin troppa (aspettando Beckham, molta viene dal Brasile), la Juve l'ha comprata nel '93 in Veneto, e poi l'ha esportata ovunque. È la prima sfida tra Del Piero e Ronaldinho, la bandiera e la banderuola, 34 anni immolati alla Juventus e 28 dedicati al calcio e ai privé di Porto Alegre, Parigi, Barcellona e Milano, il babbo di Tobias (domiciliato qui dietro all'Olimpico, in collina) e il papà di João (che vive in Brasile con la mamma ballerina ma non sprovveduta: ha fatto causa al Gaucho perché pagava, in ritardo, solo 4 mila euro di alimenti), le vie del gol sono infinite e Alex trova subito la sua, rigore procurato e realizzato, quando Dinho va a raccogliere la palla nella rete di Abbiati per riportarla a centrocampo Del Piero è ancora sotto la curva, la dépendance di casa sua, a farsi inzuppare di applausi. La differenza è nei dettagli, il sacerdote del paese che si accorge per primo del talento di Alex e la voglia di riscatto del terzo e ultimo figlio di dona Miguelina, è evidente da subito che il campetto della parrocchia sta stretto a entrambi, che il loro playground sarà il mondo. C'è un fratello speciale in tutte e due le storie, e poco importa che Stefano faccia il manager di Del Piero e Roberto l'autista di Ronaldinho perché è l'insediamento del modello famiglia in riva al Po o alle pendici dell'Europa, provenendo dal Brasile, che conta. Davano del bollito ad Alex e del decotto a Dinho, uno per raggiunti limiti d'età e l'altro per frequente superamento del tasso alcolico, si sono messi alle spalle gli infortuni ed eccoli qui, Ronaldinho il motore del Milan ma solo per un tempo e Del Piero la furia scatenata che trascina la Juve all'inseguimento dell'Inter, è su ogni pallone, è nella rete di Chiellini (suo il corner) e nell'idea destinata a diventare gol che sbatte sul palo mentre la difesa rossonera rimane, surgelata, a guardare. È nella punizione a chiosa del match, alta per non infierire. È negli eccessi che si concede solo in campo, 251˚ gol in bianconero, quinto in campionato e decimo nella stagione. È il brasiliano di Conegliano, il giovanotto attempato che stasera vince il confronto con chiunque, dinosauri (Maldini), gazzelle (Inzaghi), cavalli di ritorno (Shevchenko) e specie protette: Ronaldinho, il fuoriclasse che una sera incontrò Alex, e si sentì particolarmente inho.
LA DANZA DEL GIGANTE AMAURI: "ORA VOGLIO IL PASSAPORTO" - La Stampa - C’è in ballo un ruolo e Amauri lo insegue. Ci ha pensato prima di entrare in campo perché ha studiato il modo di celebrarlo e sa che vuole essere il candidato a inseguire l’Inter e l’uomo da guardare in questo Juve-Milan che gronda di passato. Si capisce dopo dieci minuti, quando Amauri tenta una rovesciata di destro, colpo acrobatico sulle tracce di Ibrahimovic e pazienza se il campo è fradicio e non è fatto per i colpi d’artista. Aveva detto: «Segnerà il brasiliano giusto», due indicazioni in una frase. Il brasiliano giusto è lui e non il tanto celebrato Ronaldinho e la questione documenti non è decisa né dalla burocrazia né dall’attaccante. Lui aspetta una chiamata ed è certo di meritare più di una nazionale, «se il passaporto non arriva come regalo di Natale speriamo arrivi per la Befana. Io sono nato in Brasile e la mia carriera l’ho fatta tutta in Italia. Vediamo cosa porterà il 2009». Pare si sia stancato di stare al suo posto ed è dovunque: nella pubblicità delle crociere che precede la partita, nel video dei tifosi che vince un passaggio all’intervallo, su ogni cross che cerca di sbattere dentro fino a che ci riesce: firma il 3-1 di testa e se ne va verso la bandierina. Ferma chi gli corre dietro con la mano larga, alt, state dove siete perché Amauri deve esibirsi in assolo, un passo di danza, un mambo a sguardo fisso davanti a uno spicchio di stadio quasi vuoto, come se almeno per un minuto fosse un affare solo suo. Festeggia come Bolt, in faccia agli avversari e pure ai compagni, gli piace lo stesso ritmo, rap brasiliano invece che giamaicano. Ma è difficile capire che musica ha in testa. Lo hanno lasciato libero di segnare e lui vuole essere libero di ballare. Ci prende gusto, l’idea di gestire gli piace e arriva anche a discutere con il capitano. Del Piero prova una rovesciata d’azzardo solo che lo fa quando potrebbe anche scegliere di passare la palla al brasiliano che si infuria. Alza le braccia e urla, ma non si accontenta del gesto plateale ripreso dalla tv, trotta dietro ad Alex a chiedere spiegazioni, «in campo credo sia giusto dire quello che si pensa. L’importante è che finisca lì». Amauri non c’era quando queste squadre si sono giocate la finale di Champions League e in campo sono in tanti ad essere arrivati dopo Manchester, è una sfida fresca su cui mettere il nome e vale il secondo posto in classifica, il solo che abbia ancora un senso in questo campionato. Fino a oggi Amauri è stato il più incisivo, i suoi gol hanno fruttato 13 punti e non è abbastanza. Non se giochi vicino a uno che ha segnato 18 reti nel 2008 mettendo la sua lingua sopra ogni giorno importante. Anche contro il Milan, rigore, rincorsa, scivolata sull’erba bagnata e linguaccia: sembrava un’altra pratica senza storia. Invece, di questo Juve-Milan che sa di svolta, resta un balletto e una camminata, quella che arriva dopo il secondo gol di Amauri che non ripete il passo studiato per l’occasione anche se il tema solitario resta perché scavalca i cartelloni pubblicitari e allarga le braccia sotto i tifosi. Lento, evita di chiamare cori o esaltare telecamere, si fa la sua passeggiata e sembra un modo alternativo per godersi una serata perfetta. Quella che si è scelto per non essere più solo l’umile e disponibile Amauri che si scoccia per le sostituzioni nei finali di partita e poi dice «va bene così», che «Dunga può chiamare o no io aspetto», che «se Lippi mi chiamerà quando potrà farlo ne sarò felice» che non sa come accidenti festeggiare tutti i punti pesanti che ha portato a casa. E una volta ruota le mani come Toni, l’altra alza il braccio come Ibrahimovic, l’altra si lascia travolgere senza trovare un segno suo. Non sarà questo, l’incrocio dei piedi in un angolo fuori dal mondo è complicato, la danza è stata solo il modo scelto per essere protagonista, difendere una diversità che Ranieri non ha problemi a riconoscergli: «Non mi aspettavo che segnasse quanto Trezeguet, ma visto i soldi che ho fatto spendere alla Juve per comprarlo sono contento che ci abbia ripagato». Quei soldi li aveva offerti anche il Milan, Amauri è rimasto a metà, conteso fra i due club fino a che i bianconeri hanno alzato la posta. I suoi erano gol importanti, oggi sono gol di Amauri: «Dietro questa gara c’è il lavoro di tutta una settimana che ritrovo la domenica, è un grande merito aver battuto un Milan così forte. E’ stata la mia gara migliore». E il sinistro che chiude la partita è un confine: «La Juventus sostituisce il numero 8 Amauri», stavolta l’uscita anticipata vale la standing ovation, i complimenti e il nome scandito mentre gli altri già hanno ripreso a giocare. Un posto al sole anche se c’è il nubifragio.
MARCHISIO, DE CEGLIE, MOLINARO, CHIELLINI: VINCE LA GIOVINE JUVE ITALIA - Tuttosport - Marchisio che fa Gerrard, De Ceglie che fa più di Nedved, Molinaro che li ferma tutti e Chiellini ormai leader assoluto della difesa e del calcio italiano nel settore: è la risposta juventina e italiana all’Internazionale di Mourinho, dove i giocatori azzurri non esistono o sono addirittura un peso. E’ la grande ragione d’orgoglio che la Juventus può vantare, portando avanti una Juventus giovane che cresce e che regala una grande soddisfazione al club. In panchina c’è ancora Giovinco e scalpitano altri Primavera per ruoli da comprimario, ma con attimi di gloria assicurati. Stavolta non brilla Del Piero, non ce la fa Nedve presto infortunato, contro la classe del Milan ecco le giocate centrali di Marchisio che strabatte il mito Pirlo, e De Ceglie disporre dell’altro modello (allora juventino) Zambrotta. La Juve ha un futuro, perché questi giovani sono già grandi nel presente e la grandezza se la sono conquistata proprio nella gara da dentro-o-fuori contro il Milan. Scegliersi come anti-Inter: Marchisio, Molinaro, De Ceglie, Chiellini lo hanno fatto. E farlo nel giorno in cui si ricordavano Riccardo Neri e Alessio Fiermosca, ragazzi che sognavano di vivere una notte come quella di Juventus-Milan 4-2.
MARCHISIO: "HO COLTO L'ATTIMO. L'INTER? RAGGIUNGIBILE" - Tuttosport - Claudio Marchisio si gode anche la passerella: gli ricordano il paragone impegnativissimo di Stefano Borgonovo con Tardelli. «Troppo buono, no sono Marchisio e basta - dice il giovane mediamo juventino -. Io voglio solo diventare un grande giocatore della mia Juventus e realizzare il mio sogno. In questo gruppo ci sono tantissimi grandi giocatori, il mio ruolo è quello di cogliere occasioni come questa, contro grandi squadre per mettermi in evidenza e dimostrare a tutti che c'è bisogno di tutti per arrivare in fondo a Champions e campionato. In futuro torneranno Pulsen e Tiago, ma io e De Ceglie così metteremo in difficoltà Ranieri nelle scelte: è un onore e vanto essere utili ad una grande squadra. La tranquillità di noi giovani è merito di questa società, ma soprattutto dei senatori come Del Piero e Buffon che hanno regalato a noi occasioni e possibilità di crescere». Ha un'idea fissa in testa: «L'Inter è raggiungibile, certo: il campionato è lungo. Noi abbiamo sbagliato proprio contro l'Inter, ma contro il Milan siamo stai grandi e siamo ancora lì. E per lo scudetto noi ci siamo». In tv riceve i complimenti di Vialli, uno dei suo modelli nel periodo di formazione da giovane campione bianconero. «I complimenti di Vialli mi fanno tanto piacere».
COBOLLI GIGLI: "UN SEGNALE FORTE, LA JUVE C'E' E CI SARA' FINO IN FONDO" - Tuttosport - «Questa vittoria la dedico a tutti quelli, moltissimi, che hanno creduto nella Juve, ma anche a quei pochi un po' critici nei confronti di questa squadra». Per il presidente della Juventus, Giovanni Cobolli Gigli, è il momento di togliersi qualche sassolino dalla scarpa dopo il 4-2 sul Milan, soprattutto nei confronti dei «media che non hanno tenuto conto che questa è una squadra dagli altissimi valori umani, oltre che di grandi campioni». L'Inter resta a sei punti ma al presidente bianconero in questo momento interessava un'altra cosa: «Questa vittoria è un forte segnale per i nostri tifosi: la Juve c'è e vuole fare bene, farà meglio da gennaio e c'è anche una Champions tutta da giocarci». Il successo sui rossoneri lancia la formazione di Ranieri come anti-Inter ma Cobolli Gigli frena. «Non lasciamoci prendere dagli entusiasmi - aggiunge - Ma sono orgoglioso di come hanno giocato. Ricordiamo che c'erano anche due ragazzini in campo, Marchisio e De Ceglie, che sono la risposta a chi dice che si deve spendere tanto per essere competitivi».
LE PAGELLE BIANCONERE - La Stampa - A cura di Massimiliano Neirozzi
Manninger 6 PROSCIOLTO. Sul primo gol, Pato lo impallina da due passi, e sul raddoppio la deviazione di Chiellini lo depista in maniera decisiva. Per il resto evita danni: bene sulla punizione di Pirlo, toccata da un compagno, un po' meno sulla respinta frontale che, quasi, innesca il colpo a porta vuota di Seedorf.
Grygera 6,5 SUPERSTITE. Abitando sulla destra, gli toccano le danze di Ronaldinho che lo punta spesso e lo salta a volte. E son guai, tanto da rimetterci un gol. Non si perde d'animo, però, segna sul tom tom le coordinate del brasiliano, sabotando le giocate della ripresa.
Mellberg 6,5 CACCIATORE. Dentro la serataccia scandinava, fredda e piovosa, si trova a casa: stoppa tutti, compreso Ronaldinho, quando il coniglio s'accentra. Nell'unica disattenzione perde la custodia di Pato, che non lo perdona: a parte questo, respinge di tutto, cancellando il papero milanista.
Chiellini 7 DOMINANTE. In area, e in aria, legifera lui: che sia casa propria o quella del Milan. Davanti a Manninger intercetta qualsiasi oggetto volante, e cento metri più avanti fulmina Abbiati: più che una testata, un colpo di biliardo, nell'angolino. Consueto cemento armato, dietro.
Molinaro 6,5 ALTALENANTE. Scatta vispo, con un paio di discese, mettendo la zampa sul primo gol, perché la palla sulla quale affossano Del Piero l'aveva ben calciata lui. Poi subisce Zambrotta, anche perché Nedved non garantisce mai copertura: si riprende nel secondo tempo.
Marchionni 7 PEDINATORE. Farebbe l'ala, ma avendo dalle sue parti Ronaldinho, finisce per restare molto in territorio juventino, dando assistenza a Grygera. Non rinuncia comunque ad assaltare la linea di fondo nemica, spedendo in mezzo pure un paio di palloni. Utile e funzionale.
Sissoko 7 INTRUSO. Al solito, s'intromette sempre alla grande tra la palla e i piedi altrui che la stanno governando, scippandone parecchie. E sprecandone meno delle sue cattive abitudini: anzi, nel primo tempo, avvia perfino un contropiede che poteva far male al Milan, e nella ripresa sfiora il gol con una fiondata da fuori (dal 43' st Zanetti sv).
Marchisio 7,5 PADRONE. Uno di quelli che la vince. Di fronte a un gigante del settore, Pirlo, lo annichilisce, rubandogli tempo e spazio. Combatte, copre, riparte, lancia, dribbla, tira sventole da fuori: insomma, nella terra di mezzo comanda lui.
Nedved 5,5 INFREDDOLITO. Già mogio al pronti e via, azzannato da Zambrotta, sparisce quando s'azzoppa (dal 30' pt De Ceglie 7: cross da inserire nella riforma Gelmini, poi fa dannare, e cacciare, Zambrotta).
Amauri 8 BALLERINO. Il primo fotogramma è una rovesciata fuori bersaglio, alla ricerca di quel gol che insegue fin da piccino. Fa centro, invece, con un'arma più comune, il colpo di testa: bello e nitido, poi vai con la samba. Molto brasileiro pure il secondo gol (il 12º in 24 partite), portandosi avanti il pallone da foca, come fosse sulla spiaggia, e infilando Abbiati con una pedata da fenomeno (dal 43' st Iaquinta sv).
Del Piero 6,5 COMBATTENTE. Beffa Jankulovski, coprendo bene la palla e procurandosi il rigore che trasforma con una gran botta. Si perde in qualche slalom di troppo e, sul finale di primo tempo, si mangia la palla invece di toccare per Amauri, liberissimo. Nella ripresa centra il palo e, soprattutto, entra in scivolata su chiunque.
Ranieri 7 ANTINTER. Ok, stende un Milan senza Kakà e Gattuso, ma vogliamo parlare delle ataviche assenze bianconere? Da Buffon a Trezeguet, tanto per pescarne due nell'infermeria. Anche ieri sera presenta una squadra blindata, dall'assetto solido e pratico: pochi fronzoli molti punti.

 
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Il tributo finale del popolo bianconero a Pavel Nedved

 

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Nostra Signora del Cuore, il blog bianconero letto anche in America, Gran Bretagna, Australia, Africa ed in molte altre parti del mondo 
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MUGHINI SHOW
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GIU' LE MANI DALLA JUVENTUS



IL 5 MAGGIO BIANCONERO


DEL PIERO MAGIA SCUDETTO


MILAN-JUVE 1-6 !!!
 
 

DEL PIERO LIVE IN SAN SIRO


TREZEGOL INCORNA IL MILAN


SAN GIGI BUFFON: I MIRACOLI


IL MIO CANTO LIBERO


INNI JUVENTUS


L'EUROGOL DI DEL PIERO ALLA GERMANIA


TOKIO, 8 DICEMBRE 1985: JUVENTUS CAMPIONE DEL MONDO
 

JUVENTUS CAMPIONE D'EUROPA

 

DECALOGO DI FARSOPOLI


LA VERA STORIA



PROCESSO FARSA


QUESTO E' MORATTI!
Beppe Grillo svela i loschi affari del presidente dell'Inter e della sua azienda.

 

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