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quindici e zero uno

Post n°577 pubblicato il 25 Novembre 2017 da liberante
Foto di liberante

Grigio. Cielo grigio. Grigio. E poi quella pioggia che non piove, ma bagna. Su questi posti di pianura è l'icona dell'inverno. E in un certo senso fa parte di me. Pur non piacendomi, mi piace. Le mie solite contraddizioni. In giornate come queste bisognerebbe essere di buonumore per riuscire ad ammortizzare la pesantezza di tutto quel grigiore. Invece oggi si amalgama benissimo al mio umore che proprio buono non è. È il condimento giusto per il ginocchio che mi fa male, per fortuna meno di ieri, chè le magie dell'ortopedico cominciano a fare effetto. Diventa una scusante per sbuffare e lamentarmi. Ma poi sorrido, alzo le spalle e mi rannicchio nelle mie abitudini consolatorie.


 
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dieci e quarantanove

Post n°576 pubblicato il 22 Novembre 2017 da liberante
Foto di liberante

Apro piano la porta. Sono emozionata. È troppo tempo che non entro ed immagino polvere ed odore di chiuso e quel senso di abbandono che solo i luoghi tanto amati e non più frequentati sanno dare. Sì, è vero sono venuta per il 25 aprile di ogni anno perché è un giorno in cui non posso non esserci, con la doppia negazione che odio ma che rende bene il senso, ma non basta per far ridiventare mio questo posto. Qui c'è davvero una parte di me e non potrei fare a meno di tutto quello che ho scritto in quegli anni. E quindi la domanda: perché non ho più scritto? Alibi e scusanti ne ho tanti. Mancanza di tempo è la più gettonata, ma anche mancanza di voglia. Eppure nei momenti in cui fumo la mia eterna sigaretta affacciata al balcone dell'ufficio nella mia testa i pensieri si allineano come parole e scrivo storie, che restano lì, in un cassetto della memoria e forse un giorno le tirerò fuori. Altra domanda. E perché oggi scrivo? Ma qui la risposta è facile. Perché ho voglia di trovare sulla tastiera i miei pensieri. Di inseguirli di nuovo tra tasto e tasto e cercare tra gli spazi bianchi il senso di me. Egoismo? Esibizionismo? Certo, ma anche emozione. E quindi mi racconto.

Periodo difficile perché finalmente mancano poco più di tre mesi alla pensione e di questo sono felice ed anche di più, ma … che c'è sempre un ma … il mio lavoro, che nonostante tutto amo, mi è diventato pesante. Pesante il tempo che mi porta via al benessere che provo a fare le cose che mi piacciono. Pesante il dovere fare a quell'ora quella cosa e non scegliere io quando svegliarmi, vestirmi, fare la lavatrice, andare a spasso ed altre sciocchezze che sciocchezze non sono. E poi la vecchiezza (!) con quel che si porta appresso di acciacchi. Le trascuratezze del tempo giovane le sto scontanto nel tempo vecchio.

Periodo sereno, positivo, allegro e perfino felice. La cosa che più mi spaventava e cioè il tornare a vivere con M. dopo una separazione di ben cinque anni si è rivelata la cosa migliore che potesse succedermi. Non è stato facile e nemmeno breve, però, dopo più di sei anni di ri-convivenza, posso dire che sto bene con lui. Siamo riusciti per un miracolo inspiegabile a trovare un equilibrio tra i nostri difetti e le nostre virtù e questo ha portato il rapporto ad un livello diverso da come non era mai stato. Amicizia. Quando lo amavo di quell'amore malato, forte ed egoista che pretendeva di cambiarlo, di non accettare le nostre differenze, con lui stavo male. Ormai, e forse la vecchiezza in questo aiuta, ho capito che tutti i miei difetti sono pari a tutti i suoi difetti e quindi accettando lui accetto me stessa.

Periodo meraviglioso e di orgoglio puro per il figlio, quello che era il Venticinquenne Pargolo, detto V.P., ora è un uomo di quasi trentacinque anni, che si sta costruendo la vita che vuole, con la sua meravigliosa compagna, che per me è la figlia che avrei voluto e che adesso ho. Sono insieme da un bel po' e vivono insieme a Milano da cinque anni. Sono a volte incredula e ammirata di quanto sono cresciuti insieme e di quanto stanno facendo per la loro vita e per il loro futuro e di quanto mi rendano orgogliosa. Sono emozioni così belle che mi fanno stare bene e molto. Penso che quasi tutto il benessere che provo mi derivi da questo vedere compiersi una tale magia. Certo sono anche preoccupata che il Pargolo troppo lavora, anche se capisco che sta investendo in una carriera importante e i successi quando arrivano sono bombe di fiducia e felicità. Sono anche preoccupata per la sua donna che ancora non ha un lavoro a tempo indeterminato, ma lo so che la situazione per i giovani è troppo brutta e che è già un miracolo avere un contratto di sei o nove mesi.


Ecco per oggi può bastare. Ho pulito questo luogo e ho messo un vasetto di margherite sul davanzale della finestra e chissà che una persona davvero speciale non lo veda.



 
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sedici e quarantotto

Post n°575 pubblicato il 25 Aprile 2017 da liberante

 

Come sai non scrivo più, ma per il 25 aprile ho sempre scritto qualcosa. Forse una delle cose che più amo è quella lettera d'amore per il proprio uomo partigiano e d'amore per la libertà.

È come dico non posso non scrivere con quella doppia negazione che detesto ma che tanto significa.

Stamattina un'amica mi ha mandato un WhatsApp con una citazione di Calamandrei: “La libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare.” e allora, siccome mi ha colpito per la semplicità e la verità profonda del suo significato, via con google e ho trovato tutto il discorso.

In questo mondo di condivisione, di like, di tweet, di video virali che fanno in un attimo il giro del mondo, vorrei che questo discorso diventasse virale. So non succederà. È troppo lungo. È troppo serio. È troppo vero. È troppo importante. È troppo.

Piero Calamandrei (1889-1956), testo del discorso agli studenti milanesi (1955)

Il discorso qui riprodotto fu pronunciato da Piero Calamandrei nel salone degli Affreschi della Società Umanitaria il 26 gennaio 1955 in occasione dell’inaugurazione di un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana organizzato da un gruppo di studenti universitari e medi per illustrare in modo accessibile a tutti i principi morali e giuridici.

- L’art.34 dice:” I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Eh! E se non hanno i mezzi? Allora nella nostra costituzione c’è un articolo che è il più importante di tutta la costituzione, il più impegnativo per noi che siamo al declinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti a voi. Dice così:E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.E’ compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana: quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare una scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità di uomo. Soltanto quando questo sarà raggiunto, si potrà veramente dire che la formula contenuta nell’art. 1 - “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro “- corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale, non è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della società, di portare il loro miglior contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società. E allora voi capite da questo che la nostra costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà. In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno di lavoro da compiere. Quanto lavoro avete da compiere! Quanto lavoro vi sta dinanzi! E‘ stato detto giustamente che le costituzioni sono anche delle polemiche, che negli articoli delle costituzioni c’è sempre anche se dissimulata dalla formulazione fredda delle disposizioni, una polemica. Questa polemica, di solito è una polemica contro il passato, contro il passato recente, contro il regime caduto da cui è venuto fuori il nuovo regime. Se voi leggete la parte della costituzione che si riferisce ai rapporti civili politici, ai diritti di libertà, voi sentirete continuamente la polemica contro quella che era la situazione prima della Repubblica, quando tutte queste libertà, che oggi sono elencate e riaffermate solennemente, erano sistematicamente disconosciute. Quindi, polemica nella parte dei diritti dell’uomo e del cittadino contro il passato. Ma c’è una parte della nostra costituzione che è una polemica contro il presente, contro la società presente. Perché quando l’art. 3 vi dice: “ E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” riconosce che questi ostacoli oggi vi sono di fatto e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la costituzione, un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale, che la costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani. Ma no è una costituzione immobile che abbia fissato un punto fermo, è una costituzione che apre le vie verso l’avvenire. Non voglio dire rivoluzionaria, perché per rivoluzione nel linguaggio comune s’intende qualche cosa che sovverte violentemente, ma è una costituzione rinnovatrice, progressiva, che mira alla trasformazione di questa società in cui può accadere che, anche quando ci sono, le libertà giuridiche e politiche siano rese inutili dalle disuguaglianze economiche, dalla impossibilità per molti cittadini di essere persone e di accorgersi che dentro di loro c’è una fiamma spirituale che se fosse sviluppata in un regime di perequazione economica, potrebbe anche essa contribuire al progresso della società. Quindi, polemica contro il presente in cui viviamo e impegno di fare quanto è in noi per trasformare questa situazione presente. Però, vedete, la costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo. «La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?». Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda». Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno. Dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda». Quello dice: «Che me ne importa? Unn’è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica. È così bello, è così comodo! è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so anche io, ci sono… Il mondo è così bello vero? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perchè questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica. Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra; metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica; rendersi conto (questa è una delle gioie della vita), rendersi conto che nessuno di noi nel mondo non è solo, non è solo che siamo in più, che siamo parte, parte di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo. Ora io ho poco altro da dirvi. In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli; e, a sepere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane. E quando io leggo nell’art. 2: «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale»; o quando leggo nell’art. 11: «L’Italia ripudia le guerre come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», la patria italiana in mezzo alle altre patrie… ma questo è Mazzini! questa è la voce di Mazzini! O quando io leggo nell’art. 8:«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge», ma questo è Cavour! O quando io leggo nell’art. 5: «La Repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali», ma questo è Cattaneo! O quando nell’art. 52 io leggo a proposito delle forze armate: «l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», esercito di popoli, ma questo è Garibaldi! E quando leggo nell’art. 27: «Non è ammessa la pena di morte», ma questo è Beccaria! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani… Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione. -

 

 
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25 aprile 2016

Post n°574 pubblicato il 25 Aprile 2016 da liberante
Foto di liberante

Parlando con un amico.


Oggi sono un po' così. Non triste. Forse pensierosa. Se nulla scrivessi sulla Resistenza per il 25 aprile, sarebbe la prima volta da quando ho aperto il blog di Liberante. E poi, già solo il nome Liberante, la dice lunga su cosa penso della libertà, in tutti i sensi. E quindi mi arrovello a trovare una storia. Dei pensieri. Un qualcosa. Ma tutto si ingarbuglia e sento solo spezzoni di frasi e sentimenti come un puzzle di cui ho perso un pezzo. ”

Ma che vuoi stare troppo a pensare. Più ti arrovelli e meno sei libera. Parla di quello che ti viene in mente quando non pensi a quello che vorresti scrivere. Libertà è anche essere liberi di non scrivere. Libero. Mi sento libero anche in due metri cubi di cesso, se mi sento libero di sentirmi libero.”

Hai ragione e le tue parole hanno illuminato una parte di me che avevo messo in ombra e che è troppo importante per dimenticarla in un angolo a far muffa. La libertà che amo è quella che ho dentro ed è giusto faccia quello che mi sento di fare e non sforzarmi a far cose per abitudine, obbligo ed una malintesa tradizione. Però il 25 aprile resta per me così importante da riuscire ogni volta ad emozionarmi e a farmi ritrovare tutto quello che mi ha spinto in questi tanti anni a credere negli ideali della Resistenza. Bisogna ricordare per riuscire a Resistere ancora, soprattutto in questo tempo di brutti odori e di pessimi governanti perché quella Democrazia per cui in tanti lottarono e morirono resti ancora viva epura e non questa schifezza che ci stanno spacciando per quello che non è.”



 
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25 aprile e sono l'una e dodici

Post n°573 pubblicato il 25 Aprile 2015 da liberante

 

Non ho scritto. Non scrivo. Forse non scriverò. Ma non posso non scrivere per il 25 aprile. L'ho sempre fatto da quando ho aperto nel marzo del 2005 questo blog. E quindi scrivo. Mi tremano le mani ed ho paura di non sapere più usare le parole, di non essere più capace di farmi usare dalle parole. Non voglio essere quella che schiaccia sui tasti e mette in riga caratteri in tahoma 11, ma voglio che i caratteri in tahoma 11 siamo una cosa unica con le parole e le parole siano solo e semplicemente me stessa. Ed allora faccio come quando vado sul balconcino a fumare la sigaretta e stacco da ufficio, numeri, disastri, malumori e lascio che il fumo pigro si inanelli a pensieri che rotolano nella fantasia, colorando i sogni. E così faccio ora.


Sono nata sei anni dopo quel 25 aprile e non ho memoria di nulla che possa collegarmi a personaggi e fatti e nemmeno luoghi di cui dire

  • Ecco qui, nella cantina della canonica il nonno si è nascosto quando i repubblichini hanno rivoltato il paese per cercarlo, perché il nonno Alfonso era un comunista di quelli duri e puri, ma il prevosto gli stava simpatico. E poi anche lui è andato su in montagna dove c'era suo figlio e quando è ritornato, da solo, era come fosse invecchiato di trentanni. Aveva tutti i capelli bianchi, le mani che tremavano e negli occhi il buio.

  • Vedi, questo era l'orto dove la nonna raccoglieva le verdure e poi faceva la zuppa che la zia Amelia portava al prevosto per le famiglie più povere. La nonna Elisa era un portento. Riusciva a far mangiare tutta la nostra famiglia, che eravamo una quindicina, con quello che dava l'orto e le poche bestie che aveva. Eravamo una famiglia numerosa e al femminile. L'unico figlio era andato con i partigiani ed il nonno l'aveva seguito. Di maschi restava lo zio Eusebio, ma era un po' stonato e il bisnonno Fausto. E poi riusciva sempre a far mangiare qualche partigiano di passaggio stanco ed affamato, che poi si fermava a dormire nella camera di Giulio, il figlio, che era su in montagna, che non sarebbe tornato.

  • Lì, nell'angolo della stalla ci stava la bicicletta della zia Elia. La zia Elia era proprio bella e lo sapeva bene. Si metteva il vestito con i fiorellini rossi e gialli che era scollato davanti e con tutto quel bendidio in vista la fermavano sempre e le facevano un mucchio di complimenti e la invitavano a ballare, ma non pensavano che nel cestino c'era la sua borsetta con i dispacci per i ragazzi che erano più su, sulla montagna.

  • Vieni su in solaio che ti faccio vedere una cosa. In quell'angolo, sotto a quel telo di plastica scuro c'è la stoffa bianca di un paracadute. Era di un soldato inglese che il vento strano di questa vallata aveva portato fuori bersaglio e si era perso nel bosco. La nonna aveva trovato questo ragazzo biondo e pallido una mattina che era andata a funghi. Era sfinito, tutto graffiato e affamato. L'ha portato a casa, l'ha curato e accudito come fosse suo figlio, dicendo che magari qualche altra mamma avrebbe fatto lo stesso per suo figlio. E poi suo figlio non è più tornato.


Ecco questo mi sarebbe piaciuto sentir raccontare, ma non ci sono state tavolate in cui tra il salame ed il vino ci fossero anche i ricordi della Resistenza. Nessuno mi ha raccontato storie ed allora le ho cercate nei libri che ho letto, nei film che ho visto, nella musica che ho ascoltato e nella fantasia.


 

 

 
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mezzanotte

Post n°572 pubblicato il 11 Gennaio 2015 da liberante

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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25 aprile

Post n°571 pubblicato il 25 Aprile 2014 da liberante

OLTRE IL PONTE 
scritto nel 1958 da Italo Calvino e musicato nel 1959 da Sergio Liberovici

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Da quando ho questo luogo di parole, ogni 25 aprile ho scritto per ricordare chi ha lottato per me, per darmi questa Libertà di cui troppo spesso mi dimentico.

Invece devo ricordare le donne è gli uomini che hanno fatto diventare la lotta di ribellione la RESISTENZA.

Grazie.

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Dal discorso che Piero Calamandrei tenne nel 1955 all'Università di Milano parlando della Costituzione:

“Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, questo è un testamento, un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione”.

 
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mezzanotte meno dieci

Post n°570 pubblicato il 29 Dicembre 2013 da liberante

Giorno da annotare, in grassetto, maiuscolo e pure corsivo. Non avrei mai pensato che vedere la felicità di Arcangelo potesse darmi un'emozione così violenta e farmi sentire così felice da non capire più se piangere, ridere o fare tutte due le cose insieme. La loro casa è bella, semplice, raffinata, bianca, pulita, disordinata, ordinata. La loro casa sono loro due. Mio figlio e la sua donna. Sono perfetti e così diversi da essere un impasto armonioso di bianco e nero, di sfumature e contrasti, di acido e dolce. E poi la casa. Nella casa ci sono le memorie di quasi tutta la mia vita. Ci è cresciuto Maurizio dai sei anni a quando si è sposato con me. E quindi ci ha abitato sua mamma e suo papà che sono stata l'unica famiglia che ho mai avuto. Ci ha abitato Anna, mia cognata. In vari periodi di nostre crisi e relative separazioni ci ha abitato ancora Maurizio. Se ripenso alla mia vita quella casa è stata il posto in cui la famiglia si ritrovava la domenica, in cui andavo in settimana dopo il lavoro e trovavo sempre la tavola apparecchiata e una parola di affetto. Ed ora è Arcangelo che la vive con il suo amore e la sua puntigliosa voglia di realizzarsi. Sono talmente felice che non è nemmeno più felicità, ma qualcosa di molto più forte e profondo. È orgoglio perché Arcangelo è diventato l'uomo che ho sognato che fosse ed anche qualcosa in più. Non so dove ha imparato ad essere quello che è. Non credo di essere stata così un buon esempio e la mia vita disastrata e disastrosa non sono certo modelli di comportamento. E nemmeno Maurizio, per quanto comunque sia un grande uomo, ha difetti ed errori che insegnano solo ad essere esattamente l'opposto. Eppure Arcangelo è venuto fuori così. Così consapevole di sé. Ho solo paura, un fottutissima paura. Quando si prova un sentimento grande e bello come questo che tengo tra le mani la paura è che per un motivo qualunque possa cadere per terra e frantumarsi in mille pezzi. Ecco. Adesso mi coccolo questa gioia immensa, questo orgoglio smisurato e non voglio pensare ad altro. Ringrazio Dio e annuso questo inverno tiepido e bagnato con un senso di pace stupita e fiera.

 

E sorrido.

 
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mezzanotte e fa caldo

Post n°569 pubblicato il 28 Luglio 2013 da liberante

 

 

Tutti quanti abbiamo un angelo.

Ha il profumo del gelsomino nella notte d'estate.

È un soffio di vento quando l'aria è ferma.

E' una musica che non ricordavi

e che suona con il sapore delle cose belle,

e quando sei in cucina

e mangi un'insalata,

in silenzio

lui ti ruba la marmellata.

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una meno un quarto di notte

Post n°568 pubblicato il 05 Maggio 2013 da liberante
Foto di liberante

 

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La sigla del programma di Rai3 Amore Criminale è "Each man kills the thins he loves" colonna sonora del film "Querelle" (1982) ultimo film di Rainer Werner Fassbinder. Le parole della canzone sono tratte da un testo di Oscar Wilde "The Ballad Of Reading Gaol" (1898)..

Ogni uomo uccide ciò che egli ama
Eppure ogni uomo uccide ciò che egli ama,
e tutti lo sappiamo:
gli uni uccidono con uno sguardo di odio,
gli altri con delle parole carezzevoli,
il vigliacco con un bacio,
l'eroe con una spada!
Gli uni uccidono il loro amore, quando sono ancora giovani,
gli altri quando sono gia vecchi,
certuni lo strangolano con le mani del desiderio,
certi altri con le mani dell'oro,
i migliori si servono d'un coltello, affinchè
i cadaveri più presto si gelino.
Si ama eccessivamente o troppo poco,
l'amore si vende o si compra,
talvolta si compie il delitto con infinite lacrime,
tal'altra senza un sospiro,
perchè ognuno di noi uccide ciò che ama
eppure non è costretto a morirne.

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ventitrè e trentacinque

Post n°567 pubblicato il 25 Aprile 2013 da liberante

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Da quando è nato questo posto di parole ho scritto una storia per il 25 aprile. Quest'anno niente. Non ci riesco. Già scrivo pochissimo e quel poco è per me, su di me, visione egoista e lamentosa del mio vivere quotidiano. Però ho pensato ed ho anche provato ad elaborare un racconto di montagne e fatica, ideali e responsabilità, coraggio e azione, ma niente, non è uscito niente, se non la consapevolezza che resistere è nella fatica di vivere in un mondo che non mi appartiene. Non riesco più a riconoscermi, nè trovo consonanze o affinità. Solo resto aggrappata con forza al sentimento di libertà e di volontà che mi appartiene e che ha lo stesso colore del mio sangue. Rosso. Ero, sono e resto comunista.
Un'amica mi ha scritto un sms, che è lo specchio del mio sentire:
"Un'altra settimana se n'è andata portandosi via le ultime fragili e deboli speranze ideali. Un'altra è cominciata e non ci resta che l'amicizia, l'amore e il rispetto per le persone vicine e lontane che stimiamo."

 

Una canzone. Leonard Cohen "The partisan"

 

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ricordando un altro tempo

Post n°566 pubblicato il 31 Marzo 2013 da liberante
Foto di liberante

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Romanzo popolare   

E' un film del 1974 diretto da Mario Monicelli. Il film è una delle migliori opere del regista; ironica e malinconica commedia, tende a trasformarsi in melodramma trattando temi quali il conflitto tra nord e sud, l'emancipazione femminile e le differenze sociali tra lavoratori e imprenditori.
Grazie al perfetto impianto scenografico di Lorenzo Baraldi, il film descrive efficacemente gli ambienti e il costume degli anni '70.
Giulio Basletti è un metalmeccanico milanese, fervente attivista sindacale e tifoso del Milan. Un giorno egli incontra Vincenzina, una ragazza diciassettenne cui era stato padrino battesimale in quanto figlia di un suo collega emigrante da Montecagnano, in provincia di Avellino e quindi venuta a vivere a Milano. Presto innamoratosi di lei decide di sposarla e da ciò nasce Francesco "Ciccio", per il quale Vincenzina resta in casa ad accudirlo.
A seguito di una manifestazione di piazza, un giovane poliziotto, Giovanni, resta ferito negli scontri ma per una serie fortuita di eventi diventa amico di Giulio e comincia a frequentarne la casa. Tra Giovanni e Vincenzina nasce inevitabilmente del feeling mentre Giulio è in Campania per un funerale di un parente di lei. Giulio intuisce tutto e dapprima cerca di controllarsi poi perde le staffe dopo aver ricevuto una lettera anonima in realtà scritta dallo stesso Giovanni, così caccia di casa moglie e bambino e tenta il suicidio. Cambiando idea Giulio decide di vendicare il proprio onore tentando di uccidere Giovanni mentre Vincenzina si è appena rifugiata in un pied à terre del poliziotto. Madre e figlio sono nascosti nel bagno e lì odono un battibecco tra i due dove ciascuno rivendica Vincenzina come "roba sua", così indignata decide di abbandonarli entrambi fuggendo dalla finestra per poter scegliere da sola il proprio avvenire.
Qualche anno dopo Giulio è in pensione, Vincenzina è capo reparto e membro del consiglio di fabbrica di un'industria d'abbigliamento, mentre Giovanni è stato trasferito in un'altra questura e ha sposato una ragazza del posto. Il finale lascia intendere una riconciliazione tra gli ex coniugi, attraverso un invito a pranzo. (da Wikipedia)

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manca meno di mezz'ora

Post n°564 pubblicato il 31 Dicembre 2012 da liberante

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Non so molto bene cosa è stato questo 2012 per me.

E non ho nemmeno molta voglia di pensarci.

Non ho voglia di arrampicarmi sui soliti scoscesi dirupi della mia mente. Salire e scendere per scale che conosco così bene da dimenticare dove sono gli scalini scivolosi e caderci ogni volta. Perdermi in attorcigliati inutili fastidiosi logoranti molesti ragionamenti su sentimenti che non so più cosa sono.

Non ho voglia di scavare nella sabbia che mi frana addosso ogni volta che mi sembra di avere raggiunto la giusta profondità.

Non ho voglia di stare male per il solo gusto di piangermi addosso e lamentarmi e rimpiangere e recriminare e pentirmi e accusarmi e assolvermi e …

Non ho voglia.

Invece.

Ho voglia di sorridere e ridere.

Ho voglia di essere leggera e godermi quello che ho, poco o tanto che sia.

Ho voglia di benessere, delle mie piccole abitudini, dei rituali del sonno e della veglia, delle cose giuste e sbagliate che riempiono i miei giorni.

Ho voglia della consapevolezza di essere fortunata ad avere un figlio che ieri ha compiuto 30 anni ed è la meraviglia ed è proprio quello che avrei voluto avere ed ho.

Ho voglia della consapevolezza di essere fortunata ad avere una casa che amo, un lavoro sicuro, l’affetto di chi mi circonda, le amicizie belle e sincere che mi tengono stretta.

Ecco.

Ho voglia di stare bene.

BUON ANNO!  

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ora solare - 23:44

Post n°563 pubblicato il 28 Ottobre 2012 da liberante

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Amicizie. Mie. Belle.

Oggi è stata una buona bella giornata. Era tanto che non mi capitava di avere solo cose belle e sorrisi e sentire il sentimento che si espande come una spugna quando si riempie di acqua. Fare la spesa con il figlio è una cosa che mi lega a lui, mi fa sentire complice ed è anche buffo, perché ogni cosa che metto nel carrello lui la tira fuori, guarda la scadenza e confronta i prezzi. Pignolo? No. Accorto, saggio, paterno, molto più di quello che sono io. E poi a pranzo è arrivata mia cognata, che amo molto e che mi fa sorridere e ridere e riflettere. La conosco da 38 anni, lei aveva 8 anni la prima volta che la vidi. Ci lega un sentimento che è oltre l’amicizia e forse è più vicino ad una fratellanza, come se avessimo avuto la stessa mamma. E del resto abbiamo avuto la stessa mamma. Sua mamma, mia suocera, per me è stata molto più di una mamma e di una nonna fantastica. Ci hanno unito gli anni dolorosi della malattia di questa mamma regalata, come hanno unito mio figlio alla zia. E poi stanotte ho un’ora in più e mi piace pensare che sia un regalo di un tempo allargato. Il tempo è il mio tiranno ed averne uno scampolo in più è un respiro più largo ed un sonno più facile. Come avessi nelle orecchie una musica allegra, così allegra che ha un gusto malinconico e resta attaccata all'anima con gentili morbide dita e nel piede che batte il tempo resta l'esitazione del sincopato.

Ecco, avevo voglia di chiacchierare con te ed ora … buona notte.

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23.41

Post n°561 pubblicato il 01 Settembre 2012 da liberante

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… e mi sembra impossibile faccia così freddo se in valigia ho costumi da bagno, spugnoni, infradito, vestiti leggeri e poi arriva il treno e mi devo portare il valigione e il borsone per due scompartimenti perché il treno è talmente lungo che il vagone di prima che è in coda non riuscirei a raggiungerlo prima che parta e poi entro nello scompartimento già pieno e mi siedo al mio posto vicino al finestrino e mi sembra di avere conquistato un regno. In quell’universo al microscopio che è un treno incontro sorrisi e saluti inattesi e parole troppo banali per non essere vere e poi scorre fuori la pianura e mi riempie gli occhi di gialli campi raccolti, good harvest, e dei verdi impossibili dei frutteti che sembrano filari di vigna, e non c’è un quadrato di terra che non sia stato colonizzato dagli umani, se non qualche anemico cespuglio sul bordo della carreggiata, e anche le case, lontane una dall’altra e diverse senza un raccordo che non sia il trattore nell’aia, non hanno un’architettura riconoscibile, sono case tirate su in qualche modo da contadini che hanno fatto qualche soldo negli anni sessanta e sono spietatamente brutte. E poi non c’è Bologna, ed è una mancanza e non solo per la boccata di nicotina che riuscivo a farmi, ma per il ricordo della strage di agosto e per Jack Frusciante e per Dalla Guccini Le Osterie di Fuori Porta il DAMS i punk Coliandro Almost Blue e tanti ricordi ereditati dai ricordi degli altri, il treno non solo non ferma a Bologna, ma neppure ci passa per Bologna e sbuca fuori in terra romagnola che nemmeno so come ha fatto. E poi l’attesa del mare, che so che c’è, è lì Rimini Riccione Pesaro e finalmente Fano ed ecco. Ecco. Ecco il mare e l’emozione primordiale che mi commuove fino alle lacrime e il pensiero solito che il mare è nel posto esatto dove so e mi aspetta come un amante paziente per abbracciarmi con il suo amore di mare e ritrovo il sorriso nella pelle che si distende e si apre all’aspettativa dell’odore e del sapore. E già l’aria è cambiata. Grosse nuvole grigie e sprazzi di azzurro, ma è pulito nitido terso, non c’è l’appiccicoso e nevrotico senso di soffocamento del mio paesaccio di pianura. E poi arrivo e con l’aiuto complice di un ragazzo che avrei voluto conoscere meglio scarico il bagaglio e mi accendo una sigaretta e aspetto a chiamare il taxi per godermi il fumo e l’odore del mare. Sono arrivata. Saluti da tutti e come hai passato l’inverno, ti abbiamo dato una stanza diversa e ci resto un po’ male è più piccola, ma poi ne vedo i pregi ha due balconi uno sul mare e uno sulla città e sulle colline, ha la doccia con la tenda ed è così luminosa in una giornata nuvolosa che con il sole sarà accecante. Bella. Mi piace. E poi i Bagni Mara. Hanno messo il bar e mi dà un ombrellone seconda fila che ho il mare a distanza di un braccio, ma tira vento freddo e mi bagno sono le gambe le mani e assaggio il salato dell’acqua. E poi ritrovo persone, Maria Rosa dolcissima di Gualtieri che ha vissuto il terremoto, e la nonna con la nipotina capricciosa e le figlie viziate, e la famiglia che lui è marchigiano ma vive da 50 anni in Germania, e la famiglia che gestisce questo hotel che sono una grande bella famiglia e le ragazze e i ragazzi che si fanno in quattro per il mio benessere. Ecco. sono arrivata e sto bene, felice, e non ho paura a dire felice perché è davvero così che mi sento. E a tutto il resto “ci penserò domani”, Rossella docet.

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23,50

Post n°560 pubblicato il 08 Luglio 2012 da liberante

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La vita delle persone è solo la variabile dipendente degli interessi del profitto.

 

SI COLPISCONO SANITA', SERVIZI E LAVORO PER GARANTIRE LE BANCHE.
VIA IL GOVERNO MONTI, COMITATO D'AFFARI DI INDUSTRIALI E BANCHIERI
VIA TUTTI I PARTITI CHE LO SOSTENGONO
GOVERNI FINALMENTE CHI LAVORA

Pochi giorni fa il governo vantava la “vittoria” diplomatica dell'”Italia” al tavolo europeo. Persino i gol di Balotelli sono stati usati per lustrare la scenografia. Ma è bastato qualche giorno perchè la verità emergesse. L'unica vittoria è stata quella delle banche italiane, che hanno ottenuto la garanzia di una nuova pioggia di miliardi. E il conto è stato presentato ai lavoratori : con una nuova pesante mazzata sociale.

Tagli drastici a posti letto e reparti in una sanità pubblica già massacrata. Nuovo abbattimento dei trasferimenti pubblici agli enti locali, con l'ennesima ricaduta sui servizi. Nuova umiliazione dei dipendenti pubblici, con licenziamenti programmati e abbattimento dei buoni mensa, che si aggiungono al blocco del turnover e dei contratti. Nuovi tagli all'università e alla scuola pubblica, già falcidiate da anni di furti a vantaggio delle scuole private. Mentre l'aumento dell'IVA, nel migliore dei casi,è solo spostato di un anno. E resta intatta la spesa faraonica per gli aerei da guerra.

E' uno scandalo!

Monti presenta questa macelleria come un dono per “terremotati” ed “esodati”. E' una ipocrisia da voltastomaco, per bocca di un governo che ha prodotto il dramma degli esodati e ha scaricato i “costi” del terremoto sul prezzo della benzina. La verità è un altra: la popolazione povera è chiamata a un nuovo peggioramento della propria vita solo per rassicurare le banche italiane, grandi acquirenti dei titoli di Stato ( che devono avere garanzia sul fatto che continueranno ad incassare 80 miliardi annui di interessi); e di riflesso l'Unione Europea sulla fedeltà al piano di rapina previsto dal patto fiscale continentale. E' la stessa logica con cui si sono distrutte le pensioni e colpito il lavoro( art 18). E' la legge del capitalismo:
la vita delle persone è solo la variabile dipendente degli interessi del profitto.
Questo governo può permettersi tutto questo non solo grazie al sostegno blindato di PD, PDL, UDC, tutti sul libro paga di industriali e banchieri ( col PD che abbozza critiche di facciata e poi obbedisce a Confindustria, come già sulle pensioni e sul lavoro). Ma anche grazie alla passività delle burocrazie sindacali: che nel migliore dei casi si limitano a proteste simboliche, del tutto impotenti e spesso parte del gioco. Mentre le sinistre di “opposizione” ( Vendola..) sono occupate a inseguire il PD per le prossime elezioni.
L'unica via per sbarrare la strada al saccheggio è quella della ribellione . Solo uno sciopero generale prolungato; solo una aperta rivolta sociale capace di unire tutti i lavoratori- privati e pubblici- in un unico fronte di lotta, possono capovolgere i rapporti di forza, spazzare via questo governo e i partiti che lo sostengono, e imporre l'unica alternativa possibile: quella di un governo dei lavoratori , che abolisca il debito pubblico verso le banche, nazionalizzi le banche sotto controllo sociale, investa le immense risorse così liberate in un grande piano del lavoro; per ricostruire scuola, sanità , previdenza pubblica, servizi sociali; abolendo tutte le misure di rapina e di sopraffazione varate da industriali, banchieri e dai loro governi ( di ogni colore) negli ultimi 20 anni. E ricostruendo dalle fondamenta una società nuova, liberata finalmente dalla dittatura del profitto.
Questa prospettiva richiede una cosa sola: che i lavoratori, i precari, i disoccupati, prendano coscienza della propria forza e siano disponibili ad usarla. Il Partito Comunista dei Lavoratori- si batte in ogni lotta per sviluppare una coscienza rivoluzionaria: perchè solo una rivoluzione anticapitalista può cambiare le cose. Il resto è chiacchiera.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

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mezzanotte e mezza

Post n°558 pubblicato il 25 Aprile 2012 da liberante

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Immagino ci fosse il sole chè dalle foto le ombre risultano nitide e mi sembra di sentire il tepore sui vestiti e sulla pelle del viso e il piacere dopo il freddo degli inverni in montagna senza altro da scaldarsi che un fuoco dietro una roccia.

Immagino ci fosse quella brezza lieve, appena un soffio a trasportare l’aroma aspro e ferroso della giacca indossata per troppo tempo e sempre con il fucile a tracolla ed un sentore di muschio per le tante notti trascorse sulla terra sotto gli alberi. E sotto a tutti gli altri odori quello cattivo e dolciastro della morte.

Immagino il passo leggero con cui camminavano per il corso così diverso dal passo rude e forzato tra forre e scoscesi sentieri rocciosi e così facile dopo la neve e il ghiaccio e la pioggia e il fango.

Immagino lo sguardo spalancato a rivedere luoghi lasciati in un tempo remoto e dimenticato, quando non si poteva sapere che l’ideale sarebbe diventato lotta.

Immagino il sorriso. Il sorriso. Il sorriso che non è sulla bocca, ma negli occhi e da lì si estende a tutto il corpo e lo riempie di un sentimento che forse sarebbe felicità totale e assoluta se non ci fosse il ricordo del sangue che era stato il primo e l’ultimo pensiero di tutti quei giorni su in montagna. E se non ci fosse il ricordo straziato di quelli che non avrebbero più camminato in quelle belle strade asfaltate, tra le grida della gente sui bordi, con le bandiere e le mani rilassate lungo i fianchi.

Immagino le voci che si sovrappongono in un impasto sonoro che non ha senso eppure significa riuscire finalmente a parlare senza avere paura che la paura era stata compagna fedele e messaggera di quel coraggio per cui anche le azioni più rischiose erano affrontate a testa alta e con la temerarietà che solo la consapevolezza di essere nel giusto sa dare.

Immagino il senso di Liberazione.

(avrei voluto esserci)

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DA LEGGERE

 

Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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