Creato da lost4mostofitallyeah il 04/03/2009
CON QUEL TRUCCO CHE MI SDOPPIA LA FOCE
 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Agosto 2014 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
        1 2 3
4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24
25 26 27 28 29 30 31
 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 73
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Ultime visite al Blog

lisa.dagli_occhi_bluEasyTouchclaryssa_kVasilissaskunkprefazione09nurse01spagetiangi2010Narcyssecassetta2vita.perezopiumianodopurpureosolaconme1967LSDtrip
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

Messaggi di Agosto 2014

Il Tragitto Vol. 61

Post n°236 pubblicato il 28 Agosto 2014 da lost4mostofitallyeah







Uscirono in fila indiana da quell'ufficio gradevole e lindo. Poi s'allargarono sul corridoio ma non si scambiarono una parola. Gleeson era un passo davanti a Tutti e Louise era troppo pensierosa per avere voglia di scambiare opinioni. Davanti ai suoi occhi danzavano immagini di un Pearson ancora incosciente e in coma farmacologico, pallido e ritratto come un vecchio davanti a uno shock troppo grande per i suoi ultimi anni. Oppure lo vedeva in piedi, un po' malridotto ma raggiante ed incolume, pronto a riunirsi al suo gruppo e a ripartire, lontani da quella cittadina-incubo. Era ancora immersa nelle sue riflessioni che Gleeson s'arrestò davanti a una porta dipinta d'azzurro con un incongruo quadretto biedermeier attaccato all'esterno. Il dottore si portò un dito alle labbra rivolgendosi al suo codazzo, poi girò con discrezione la maniglia e rimase sulla soglia, facendo entrare tutti. Poi la richiuse con dolcezza. Un'infermiera, che stava svolgendo alcune misurazioni all'infermo, girò la testa con il termometro in mano e subito si avvicinò al Medico per parlargli a bassa voce. Questi annuì più volte, vigorosamente, con il capo, poi fece cenno alla signorina che poteva andarsene. Così rimasero soli nella stanzetta, minuscola ma curatissima. A essere sinceri, pensò Louise "Non sembra nemmeno una camera d'ospedale. Ricorda più la casetta di Hansel & Gretel". Quasi afferrasse il corso delle elucubrazioni della giovane, Gleeson sospirò sottovoce :"Questo è il settore pediatrico. Ci è sembrato fosse più adatto per la degenza del nostro piccolo ospite. Sono certo che mi capite benissimo, l'altezza, l'assenza di spigoli, le misure del letto....abbiamo pensato che si sarebbe trovato meglio una volta avviato alla riabilitazione. Louise osservò finalmente Pearson ed ebbe un sobbalzo. Lui la stava fissando a sua volta. Era apparentemente sveglio e cosciente e indugiava con dei meravigliosi occhi grigi nelle pupille di Louise, quasi implorandola di ascoltare un messaggio silenzioso. Qualcosa che solo Loro due potessero capire. La ragazza si avvicinò al lettino e si chinò con l'orecchio destro teso sulle labbra dell'ex nano brigante. Questi però non articolò parola e restò immobile con gli occhi spalancati. "Non parla" Si sentì in dovere di precisare il Reverendo Watson. "L'equipe medica ritiene che sia un effetto collaterale dell'effettiva ingestione di così tanti antipsicotici. Un piccolo contrattempo sulla via di una completa ripresa." Concluse affettato. Louise non l'ascoltava nemmeno: era china su Pearson e gli stringeva una manina calda con vigore e sentimento, quasi piegandogliela. Lo guardò con attenzione: la complessione generale sembrava positiva, la pelle era rosata e la fronte non imperlata di sudore, solo un lieve pallore intorno alle guance e gli occhi incavati raccontavano di una guerra all'ultimo sangue con la Morte. "Si sta riprendendo, lo posso vedere." Alla fine proruppe decisa, drizzando la schiena. "Lei è ottimista" Interloquì perfido Gleeson "Anche Noi vorremmo esserlo, ma Lei non c'era quando lo abbiamo strappato con i denti alla Fine. Più volte abbiamo rischiato di perderlo mentre era sotto terapia intensiva. E di questo risultato, di averlo salvato intendo, Io e la mia equipe siamo molto orgogliosi." Gonfiò istintivamente l'ampio torace, e di certo si aspettava che la Ragazza rotolasse ai suoi piedi ringraziandolo fervidamente per il suo impegno, ma Louise rimaneva come cristallizzata, con lo sguardo posato sul piccolo ex nano brigante. Fino a quando una lacrima gli scorse oltre le ciglia e piombò isolata e sincera sul mento di Pearson. Questi se ne accorse e anche i suoi occhi si empirono di lacrime, iniziando a scivolare mute ai lati del viso. Il reverendo Watson registrò in un attimo quei momenti e prese morbidamente la giovane per le spalle cercando di calmarla e di raddolcire l'appassionata reazione emotiva. Sotto il tocco di quelle mani Louise rabbrividì in un secondo, subito si ricompose tornando alla maschera di dignità e distacco che era la sua stigmata. Abbandonò il lettino del suo Amico e si ritirò vicino alla porta, insieme a Romario. Ma non trattenne una domanda :"Insomma quando potrà camminare sulle sue gambe? Noi dobbiamo andarcene da questo cazzo di Città!". Quasi urlò. Gleeson, pressoché indifferente alla nota accorata nel grido della Ragazza, biascicò metodico :"Ci vorranno settimane. Deve recuperare l'uso completo degli arti e tornare a parlare. Poi vi è la controindicazione di un eccessivo nervosismo da parte sua e di momenti in cui la sua testa pare completamente assente, quasi partita per un viaggio intergalattico. Dobbiamo recuperargli un equilibrio". Nel formulare questa diagnosi il Dottore si era avvicinato al lettino e aveva preso ad accarezzare l'ex nano brigante tra le ciocche di capelli asciutte alla sommità del capo. Poi tutto avvenne così velocemente da impedire ai Presenti una reazione immediata. Si sentì unicamente l'urlo disperato e acutissimo di Gleeson e si videro i denti aguzzi di Pearson che l'avevano morsicato proprio sul palmo di quella mano, discesa con condiscendenza a fare una coccola al cagnolino. Il resto della scena fu piuttosto caotico e surreale: il Reverendo Watson e Romario si erano precipitati verso il Dottore per aiutarlo a sganciarsi dalla presa zannuta e tiravano ora in una direzione ora nell'altra, mentre le urla del Medico facevano accorrere in fretta il personale infermieristico. Alla fine con un secco frontino Romario riuscì a disorientare Pearson facendogli perdere la presa. Immediatamente il Dottore staccò la mano e l'agitò urlando nell'aria. Era ricoperta di sangue.


















 
 
 

Il Tragitto Vol. 60

Post n°235 pubblicato il 21 Agosto 2014 da lost4mostofitallyeah

 







Giunsero all'ospedale, sopra una modesta gobba che dominava la piatta distesa di Selawille e le sue strade parallele e ben ordinate, come un reticolo di vene che mantenevano in vita il respiro contraddittorio e un po' spastico di tutta la Ville. Romario non aveva smesso un attimo di incedere con il suo passo lungo e maestoso, senza offrire cenni di stanchezza o essersi arrestato un attimo per concedere a Louise di abbinarsi alla sua camminata. Pareva assorto in un suo unico, rovelloso pensiero e la ragazza lo odiava per questo mentre, con il fiatone, lo raggiungeva sulla porta di un gigantesco padiglione a tre quarti dello sviluppo ospedaliero. "Questo è il settore delle Urgenze" Fece finalmente Romario, quasi continuando a seguire una propria esclusiva riflessione "Se Pearson è da qualche parte  di certo si trova qui dentro". Restarono qualche minuto sulla soglia mentre borghesi e personale ospedaliero gli transitavano a fianco o parlottavano senza fretta, e persino con qualche sorriso, nei loro pressi. I due, al contrario, non si scambiavano una parola e gli unici cenni di una qualche vicinanza venivano solo dalla loro contiguità fisica e dalle occhiate in tralice che, di tanto in tanto, Louise scoccava a quella Figura maschile, così imponente da essere incommensurabilmente distante. Restarono così, a prendere fiato per alcuni minuti mentre i loro occhi divagavano sulla pianura sottostante senza che le loro bocche articolassero opinioni o curiosità. Poi Romario si strinse nelle spalle e si incamminò attraverso la porta elettronica del pronto soccorso, seguito a ruota dalla ragazza. Scivolarono lungo i corridoi silenziosi anche se affollati e dopo alcuni minuti si ritrovarono davanti a una porta bianca con sopra una targhetta azzurra che recitava "Dottor Gleeson". L'Uomo bussò discretamente due volte finché una voce suadente e melliflua scandì "Avanti" dal dentro. Il pomolo fu girato ed entrambi si trovarono in un bello studio con ampie finestre sul tetto e un suggestivo odore di pino stagionato che distanziava tutto l'ambiente dall'oppressivo lezzo di medicinali e sterilizzazione pervasivo lungo le corsie. Il Reverendo Herald Watson Li venne incontro abbracciandoli con calore. S'era alzato da una minuscola seggiola davanti a una scrivania dietro cui si stagliava una figura massiccia e barbuta in camice bianco. "Contentissimo di vedervi...per certi versi non me l'aspettavo....con tutta l'agitazione che c'è stata in Chiesa nella giornata. Ma quando ho visto Romario ho capito tutto....Lui era proprio la persona giusta per accompagnare la signorina da queste parti...incolume, intendo......Di certo vorrà sapere come sta il Suo Piccolo Amico?". Louise di fronte al profluvio di chiacchiere del Reverendo stava già storcendo la bocca quando riuscì a trattenersi, e nel modo più elegante e compìto possibile articolò le sue parole succintamente :"Proprio così. Siamo venuti per questo. Vogliamo vedere Pearson, se possibile. O almeno sapere come sta...?". Watson si esibì in un sorriso mellifluo e fece un gesto con l'indice verso il Dottore che stava alle sue spalle :"Il Dottor Gleeson ha seguito personalmente, su mia sollecitazione, l'evolversi dello stato del Nostro Piccolo Amico. Lui è un grande esperto di dipendenze da alcol o farmaci, di overdose degli stessi e del pronto recupero attraverso la fitoterapia e la medicina alternativa." "Forse non ce n'era bisogno" Replicò piccata Louise "Il Nostro Piccolo Amico ha solo momentaneamente dato fuori di testa e si è buttato giù qualche pasticca di troppo, Tutto lì. Penso non si possa proprio definirlo un drogato e non credo abbia bisogno di Specialisti che lo seguano passo a passo nella disintossicazione. Quello che gli ci voleva, l'unica cosa, forse, era una robusta lavanda gastrica." "Mi permetta di interromperla" Fece l'Omone dietro la scrivania "Ma ogni effetto ha una causa, e se il suo Piccolo Amico girava con le tasche piene di antipsicotici una ragione per preoccuparsi ci possa essere." Louise strinse la mano al Dottor Gleeson, che aveva fatto cinque passi oltre il muro della sua scrivania "Vede, Dottore. Pearson è un veterano di una Guerra pesante e brutale appena conclusasi. Gente come Lui era abituata a girare con manciate di eccitanti in una tasca e di calmanti nell'altra. Dicevano che gli dava il giusto Focus per stabilizzare la Violenza su un punto critico senza diventare autolesionisti. Ne ho avuto esperienza diretta. Ho seguito molti veterani durante i pellegrinaggi verso Luoghi Sacri. Non sono un'infermiera, comunque, tutt'al più una consulente-accompagnatrice. Comunque una idea me la sono fatta, se permette." Gleeson la squadrò dall'alto del suo metro e novanta, si accarezzò la folta barba brizzolata e sorrise. Poi riprese a parlare con un monotono e fastidioso falsetto che mal si aqquadrava all'imponenza della sua mole. Querulo e petulante mormorò :"Lei dà lezioni a Tutti, vedo. Ma sospendiamo per un attimo la discussione.....Avete intenzione di vedere il Nostro Piccolo Amico? Allora, se non vi dispiace, seguitemi."











 
 
 

Fletcher LX

Post n°234 pubblicato il 07 Agosto 2014 da lost4mostofitallyeah

 






Christine diede in un grido e cercò istintivamente la candela con i fiammiferi mentre sul pavimento, a pochissimi metri da Lei, due forme lottavano accanitamente, rovesciandosi e catapultandosi da un estremo all'altro della stanza. Christine continuava a strillare quando sentì dei passi concitati nel corridoio e la porta spalancarsi rumorosamente. Proprio in quell'istante, quasi sotto la direzione di una regia attentissima e perfida, tornò la luce nei locali con uno scatto metallico. Sotto la stordente ed improvvisa illuminazione artificiale la Donna ebbe il tempo di vedere Edward Sereni, con indosso un paio di mutande multicolori e in testa una specie di papalina, che si piegava dietro il suo letto come per raccogliere qualcosa. Il frastuono, nel frattempo, non si era estinto ma si era semplicemente spostato quasi sotto il baldacchino di Christine, con grida smozzicate, tonfi sordi e imprecazioni. Fu solo dopo cinque minuti di aspra colluttazione  che Sereni si rialzò nella piena visibilità sostenendo due figure più morte che vive, e pallide come fantasmi a cui siano stati lasciati degli improbabili ma molto concreti lividi. Christine ebbe un sobbalzo: Fletcher e Peter ansimavano pesantemente davanti a Lei, stravolti e arruffati mentre Ed Li teneva lontani, uno alla sua destra e uno a sinistra, ringhiando a sua volta. Quasi ebbe un mancamento nel vedere due persone a Lei carissime trasformate in qualcosa di molto simile al crotalo sibilante che probabilmente dormiva nel soggiorno vicino. Era come se le bestie avessero invaso la sua stanza. Persino l'odore del luogo sembrava essersi fatto più greve e pesante. Come se effluvi di serotonina scorressero liberi e ammorbassero la sua tranquilla ritirata.
"Ma cosa...." ebbe il tempo di sussurrare appena la donna. Fletcher si liberò sgarbatamente dalla mano di Ed e fece il gesto di dirigersi verso la porta con gravità e senso dell'onore offeso, ma non riuscì a insistere troppo: a metà strada girò la testa e si arrestò poi pronunciò, a voce così bassa da sembrare una vaga minaccia :"Quel pervertito voleva violentarti. Ma l'avevo intuito, conosco i miei polli, era tutta la sera che sudava a tutto vapore e faceva facce strane strapazzandosi le poche parole. Ho intuito subito con Chi avevamo a che fare." Peter, di fronte a questa nuda requisitoria, restò per un attimo interdetto e ancora con il fiato grosso. Poi il suo viso subì una trasformazione: grosse gocce gli spuntarono dagli occhi e un lamento da fare accapponare la pelle gli proruppe dalla bocca. Quindi scivolò a terra e prese a dare pugni sull'impiantito mentre batteva sul suolo anche con i piedi, ritmicamente. Era in piena crisi isterica. Tutti e tre gli spettatori
non dissero motto ma si squadrarono evidentemente preoccupati e colti di sorpresa. Alla fine, con una strana saggezza, Ed mormorò a bassa voce :"Lasciamo che si sfoghi. A occhio e croce ne ha un gran bisogno. Quando avrà finito lo risolleviamo, lo portiamo in camera sua e chiudiamo a chiave. Se siete d'accordo." Christine annuì solennemente mentre Fletcher, ancora sotto shock, respirava veloce a piccoli fiati. "Va bene" Alla fine replicò "Se lo si mette sotto chiave mi va bene, altrimenti mi piazzo davanti alla porta di Christine e lo aspetto, quello psicopatico." Sereni ebbe un moto di compassione verso il suo quasi coetaneo stramazzato al suolo :"Ha ceduto, questo è evidente. Crollo nervoso. Il pensiero di quella sua ragazza, come si chiama.....Poi certe suggestioni sessuali ancora presenti...è evidente che la terapia non ha dato risultati convincenti e solidi." "Con un attrezzo del genere" Replicò asciutto Fletcher "Cosa puoi aspettarti? penso abbia trascorso due anni in quel cazzo di Clinica per regolare la foia, insieme alla sua bella. Ed eccoli qua i tuoi risultati, Sereni." "Non tutti siamo uguali, poi Lui è giovane." "Intendi che i miei ventotto anni mi garantiscono dalla foia?" Reagì Fletcher furibondo "Non sai quanto mi piacerebbe darti ragione, ma purtroppo la Realtà è ben diversa: mi sveglio ancora nella Notte con i crampi alla Libido." "Una ragione in più per non essere così spietato."  "Qua si trattava di una cosa molto semplice: voleva farsi la MIA donna." "Una donna non è di nessuno". "Stronzate new age. quella donna è MIA e non la mollerò a Nessuno!". "Allora cosa aspetti a fartela, visto che è TUA!". Questo fu un momento in cui la crisi parve precipitare di nuovo: in un balzo felino Fletcher fu addosso a Sereni e lo scaraventò contro il muro con l'intonaco fradicio che piombava su di loro dandogli le sembianze di spettri d'antichi mohicani impegnati in una feroce pantomima di Morte. Il corpo esile di Sereni venne ben presto sbatacchiato a destra e a sinistra e di certo avrebbe subito tutti gli effetti della ferocia accecante del suo avversario se quella Notte non avesse avuto da riservare ancora una sorpresa. Questa prese la forma di una voce squillante e divertita che venne a interrompere il pericoloso duello.












 
 
 

Fletcher LIX

Post n°233 pubblicato il 01 Agosto 2014 da lost4mostofitallyeah






Arrivò la notte e ognuno si ritirò nella propria stanza. Fletcher non aveva nemmeno provato a dormire con Christine perché era ancora sotto la cattiva influenza degli sguardi continui di Peter alla sua compagna. La sua lingua si era intorpidita e il suo desiderio era evaporato in stretta connessione con la consapevolezza che il Sesso era diventato qualcosa di simile all'accoppiamento fra animali: sia Lui che Peter in quel momento miravano a scoparsi la donna e questo era spaventoso...dava ragione alle peggiori teorie di Percace sulla libidine come malattia da curare clinicamente. Al contrario Fletcher voleva essere in grado di dimostrare che la sua fuga con Lei sottintendeva un Amore lontanissimo dalle rilevazioni di piacere fisico, uno scambio di anime innanzitutto, una comunione di intenti in secondo luogo. Certo.....ma appena entrato nella sua grande stanza con in mano la sua candela una pesante sensazione di oscurità e un'opprimente fitta di lancinante desiderio presero a squassarlo da cima a fondo. La stanza era enorme, con le imposte sbarrate con chiodi e un sontuoso letto a baldacchino proprio al centro del locale, mai si sarebbe detto di essere al centro di un quartiere multiforme e formicaio, una zona di Artisti, con locali, showroom, esposizioni, bar. Al momento, in quel semi buio opprimente l'unica decisione che sembrava approdargli al cervello era quella di scacciare i fantasmi da sotto il letto con la scopa e di spalancare quegli scuri per fare irrompere un minimo di aria fresca lungo quella notte viscosa. Ma rinunciò ben presto a ogni sua idea rivoluzionaria per coricarsi. Prima aveva salutato Tutti. Anche Christine con un lungo bacio sulla guancia, poi aveva rivolto uno sguardo non privo di lame a Peter battendogli con la mano sulla spalla e augurandogli un buon riposo. Il Ragazzo gli aveva appena risposto annuendo con il capo, ma si intuiva che era a migliaia di miglia da quel posto, preda di pensieri selvatici e ruvidi, dominato dalla foia, e dalla violenza che deriva dalla impossibilità di soddisfarla appieno. Fletcher l'aveva scrutato con attenzione, poi s'era avviato. La stanza di Christine era esattamente al centro fra quelle dei due maschi e ognuno di Essi aveva una buona ragione per pensarla. Peter, dopo essersi spogliato, s'era abbandonato sul suo letto, poco più di una branda appoggiata al muro che forniva l'impressione di non essere stata rassettata per anni. Lì, seminudo, si era messo le braccia dietro alla testa e si era abbandonato a una serie sorprendente di fantasticherie. Tentava di concentrarsi sul pensiero di Rihanna ma il cervello vagava in piena libertà e tornava sempre da Christine. Chissà cosa stava facendo in quel momento? si era già addormentata o lo ricordava anche Lei? Magari si era spogliata e Peter non poteva fare a meno di pensare alle sue forme piene e mature, le sue cosce pienotte e il seno prominente, la curva invitante delle natiche......Prese a girarsi e rigirarsi nella branda fino a quando gli spuntò un'erezione fra le dita della mano sinistra. E fu allora che decise di levarsi. Era in un bagno di sudore malgrado la temperatura frizzantina della notte, si mise la maglietta sopra le mutande e riaccese la candela, poiché la luce elettrica non era ancora tornata. Si guardò in uno specchio minuscolo sopra il comodino e non riusciva a credere a quello che stava vedendo: profonde rughe gli incidevano la pelle, gli zigomi erano mollicci e  la faccia gonfia, un velo di barba incolta gli ricopriva le guance e gli occhi erano talmente rossi da risultare iniettati di sangue. Fu in piedi in un secondo con una determinazione feroce nei movimenti, s'avvicinò alla porta, poi spense nuovamente la candela e la appoggiò a terra. Aprì nel più grande silenzio possibile e iniziò ad avanzare nel corridoio sotto la luce misteriosa di una grande vetrata a mosaico che dominava quella parte dell'edificio. Gli sembrava che ogni scricchiolio lo potesse perdere, quindi si muoveva, letteralmente, in punta di dita. Con le mani procedeva a tastoni lungo il muro e riuscì a muoversi in quella maniera per diversi metri fin quando toccò la superficie liscia di una porta: era la stanza di Christine. Si toccò istintivamente la fronte e la trovò madida d'acqua. Sotto le mutande l'erezione non accennava a diminuirgli, al contrario. Restò immobile a respirare pesante per alcuni minuti. I muscoli gli si erano contratti come in uno spasmo irrevocabile. Alla fine, facendo violenza anche su sé stesso, abbassò la mano contro la maniglia e prese a girare pianissimo. Il rumore quasi impercettibile della maniglia che cedeva lo faceva quasi impazzire. Fu l'ultima cosa che sentì in quella sera perché una forma imponente gli balzò addosso da un angolo e lo atterrò nel corridoio con un tonfo sordo. Poi, subito si levò un grande strepito.






 
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963