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TEATRO MAGNO

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UNA VITA PER UCCIDERE

Post n°239 pubblicato il 14 Gennaio 2007 da teatromagno


SCENA II

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(la luce lentamente aumenta, il killer si agita nel letto in continuazione mentre una luce illumina l’orologio che velocemente cambia orario fino alle  9 del mattino a quel punto killer si alza e si avvicina alla finestra osservando fuori.)

KILLER:

La notte è terminata (cerca le sigarette e se ne accende una).
Le mie notte stanno diventando sempre più lunghe. Le ore si dilatano, i minuti aumentano e i secondi rallentano fino a provocare l’anarchia totale del tempo.
La notte sta avanzando sempre più e, come una fiera vorace, divora lembi sempre più grandi di luce. Io, cosa posso fare?
Anni fa tutto era più semplice: mi godevo i soldi guadagnati, tra le cosce delle puttane, assaporando la loro vita , assolvendo la mia anima. I soldi terminavano e uccidevo nuovamente e scopavo di nuovo.
(si avvicina allo specchio si guarda il viso)
Sto invecchiando... (mostra la lingua allo specchio) ora (
PiacereIntriso) lascio trascorrere le giornate una dopo l'altra, aspetto sdraiato che passino le notti insonni con questo sordo dolore dentro di me. Questa sensazione di precipitare da una parete di paura, ogni volta che cedo alla tentazione di uccidere.
Il peggio sono le notti.
Le giornate un modo o nell'atro passano, perché ci sono cose che bisogna fare per forza...una pistola da lucidare, un piano da stendere nei particolari,come sempre tutto deve essere perfetto, diventerei io stesso carne morta se così non fosse. Le notti però non sono di sette -otto ore, ma di 24, sembrano intere giornate, giornate buie e soffocanti in cui giacio nudo sul lenzuolo bagnato di sudore, con gli occhi sbarrati sul soffitto, ora dopo ora.

(il killer va dietro una tenda. Si sente il rumore di acqua della doccia mentre la scena cambia e si illumina la gigantografia  che rappresenta un’Avenue trafficata della città.
Entrano in scena molte persone che camminano velocemente attorno. Il killer entra in scena vestito con un bicchiere di caffè e si mescola a loro.)

KILLER:

Mi piace stringere tra le mani il caffè bollente e sentire (noidee) sulla mia pelle il tepore della metropoli.
Il fumo artificiale delle auto mi inebria, adoro l'odore della benzina, mi manda su di giri e aumenta il mio senso del dovere.
Chi sono io?
Sono colui che aiuta le persone.
La morte li fa eterni e io mi sento un servo del Destino, che dona l'eternità a chi se la merita.
Chi sarà il prescelto?
(risata nervosa)
Ora so chi è …di giorno tutto appare più semplice.
I fantasmi di stanotte mi strattonano ancora per la giacca implorandomi di fermarmi.
Li vedo
(
pikadgl3), disegnati sul mio volto riflesso nelle vetrine, ma ora c’è luce e appaiono sbiaditi ... nessuna emozione.…
Intorno a me ora c’è solo gente presa dai suoi percorsi , tutti come un caotico formicaio in giro con le mani in tasca e i loro pensieri accesi come televisori dimenticati.
E io devo spegnerne uno.

Nella gigantografia appare un parco. La gente esce di scena. Entra un bambino che gioca a palla.

KILLER:

Un bambino solo nel parco.
Dov’è la madre che deve custodirne l’innocenza?  (si illumina sullo sfondo una panchina con due donne intente a chiacchierare tra di loro il bambino si pone di fronte al killer in silenzio)
Perché mi guardi?
 
(
sborderline) Potrei toccarti, porre la mia mano sopra i tuoi pensieri …forse sarei meno sordo a quello che mi stai dicendo.
(il killer pone una mano sopra il viso del bimbo)
Ti sento….sento il suono delle tue parole ma non riesco a capire.
Da bambini si parla e molto  ma crescendo , diventando adulto, ho perso l’uso della parola, ho rinunciato al ricordo del mondo e ora le tue parole  mi appaiono lontane e prive di significato.
E' inutile...meglio che me ne vada.
Tu un piccolo gigante mi stai parlando in silenzio.
Le tue parole sono silenziose e non lasciano tracce e raramente un adulto le può udire.

(andreamar75  si volta e sta per uscire di scena quando all’improvviso si ferma, si volta e torna dal bambino)

KILLER:

Perchè mi guardi?

BAMBINO:

Vuoi giocare con me? (tendendogli la palla)

KILLER:

Si...voglio almeno per un attimo tornare ad essere il bambino che ero un tempo.

(Mentre il killer e il bambino giocano a palla entra in scena un ragazzino di dieci anni vestito come il killer che si rivolge al pubblico)

KILLER BAMBINO:

(foscarina_0) A dieci anni  non conosco la malvagità umana...
Non so cosa sia  un'arma,ho visto solo quelle dei cartoni animati in tv ,che fanno tanto rumore e nessun danno,ho avuto in mano quelle di plastica, che schizzano l'acqua.
Mamma non vuole che ci giochi, preferisce vedermi correre sui prati dietro al pallone.
Ma non ci sono prati dove abitiamo.
Quando andiamo dai nonni si, lì è bello, tutto verde,tanta erba alta,tante scoperte ogni giorno...
E mamma è felice lì, ride col nonno e la nonna, la sera mi fa giocare con lei sul lettone...
Un papà non ce l'ho, dicono sia morto...
I nonni non ne parlano mai.
E anche la mamma ne parla poco e non ricordo nulla di lui.
L’unico ricordo che ho risale ad una sera  in cui l'ho sentita gridare al telefono,lei non mi ha visto...poi si è seduta e ha pianto tanto...deve essere stato quando ha avuto la notizia che era morto il mio papà.

(esce di scena il killer bambino. Il killer smette di giocare a palla)

KILLER:

(babilonia06)  No… quelle lacrime non erano dovute alla morte di mio padre.
Con gli anni ho scoperto che non era morto, si era scopato mia madre e poi era sparito.
Quel ricordo che avevo di lei che piangeva di nascosto era per l'ennesimo tentativo di convincere il mio padre biologico a prendersi le sue responsabilità, ma come seppi in futuro la sua risposta era sempre la stessa:
" FOTTITI!! "
Scontato direi e tipico di alcuni di noi, magari da quel bastardo che sono mi comporterei allo stesso modo nella medesima situazione...
Ed ora eccomi qui!
Un'uomo adulto segnato nel carattere da un padre che non ho mai conosciuto e che come eredità mi ha lasciato il suo cinismo.

(Si volge verso il bambino e lo saluta con un cenno del capo)

KILLER:

A mai più..

(killer esce di scena . Cala sipario)

 
 
 
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La solitudine, sì,
           la solitudine!
La conosci tu
               la solitudine?
      Sì,
quella dei poeti e
degli impotenti.
La solitudine?
Quale solitudine?
Ma non lo sai
che non si è mai soli?
E che dovunque
ci portiamo addosso
tutto il peso
del nostro passato e
anche
quello del nostro futuro?
Tutti quelli che
abbiamo ucciso
sono sempre con noi.
E fossero solo loro,
poco male.
Ma ci sono anche
quelli che
abbiamo amato,
quelli che
non abbiamo amato
e ci hanno amato,
il rimpianto,
              il desiderio,
       il disincanto
            e la dolcezza,
le puttane
e la banda degli dei!
            Solo!
Ah, se soltanto
potessi godere
la vera solitudine,
non questa mia solitudine
infestata da fantasmi,
ma quella vera,
fatta di silenzio e
         tremore d'alberi
sentire tutta l'ebbrezza
    del flusso
          del mio cuore.
    La solitudine!


(Caligola A.Camus)
 
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