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in questi tempi di presunta libertà di stampa:

Post n°68 pubblicato il 26 Ottobre 2005 da Cyr79
 

ecco uno degli articoli fondamentali di Pasolini e della storia italiana:

http://www.ilcassetto.it/download/Io%20so_di%20Pier%20Paolo%20Pasolini.pdf : in formato pdf

http://xoomer.virgilio.it/pcampoli/io-so.htm : riassunto

ed eccolo, di seguito, sottolineato da me per una più facile lettura dei punti salienti.

Pier Paolo Pasolini
La saggistica

Scritti corsari
1975


Il romanzo delle stragi

di Pier Paolo Pasolini

dal "Corriere della sera"

del 14 novembre 1974 col titolo

"Che cos'è questo golpe?" 


Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere).

Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. 
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. 

Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti. 

Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). 
I

o so i nomi del gruppo di potenti che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum. 

Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). 

Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli. 

Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killers e sicari. 
Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.

Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.

Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.

Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere.

Credo che sia difficile che il "progetto di romanzo" sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti.

Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere.

Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile.

Tale verità - lo si sente con assoluta precisione - sta dietro una  grande quantità di interventi anche giornalistici e politici: cioè 
non di immaginazione o di finzione come è per sua natura il mio.

Ultimo esempio: è chiaro che la verità urgeva, con tutti i suoi nomi, 

dietro all'editoriale del "Corriere della Sera", del 1° novembre 1974 
[L'editoriale di Paolo Meneghini era intitolato "L'ex-capo del Sid, 
generale Miceli arrestato per cospirazione politica].

Probabilmente i giornalisti e i politici hanno anche delle prove o, 
almeno, degli indizi.

Ora il problema è questo: i giornalisti e i politici, pur avendo forse delle prove e certamente degli indizi, non fanno i nomi.

A chi dunque compete fare questi nomi?
Evidentemente a chi non solo 
ha il necessario coraggio, ma, insieme, non è compromesso nella  pratica col potere, e, inoltre, non ha, per definizione, niente da 
perdere: cioè un intellettuale.

Un intellettuale dunque potrebbe benissimo fare pubblicamente quei nomi:

ma egli non ha né prove né indizi.

Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi - proprio per il modo in cui è fatto - dalla possibilità di avere prove ed indizi.

Mi si potrebbe obiettare che io, per esempio, come intellettuale, e  inventore di storie, potrei entrare in quel mondo esplicitamente politico (del potere o intorno al potere), compromettermi con esso, e quindi partecipare del diritto ad avere, con una certa alta probabilità, prove ed indizi.

Ma a tale obiezione io risponderei che ciò non è possibile, perché è proprio la ripugnanza ad entrare in un simile mondo politico che si identifica col mio potenziale coraggio intellettuale a dire la verità: cioè a fare i nomi.

Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.

All'intellettuale - profondamente e visceralmente disprezzato da tutta la borghesia italiana (ormai siamo quasi tutti "borghesi" in italia N.d.Cyr) - si deferisce un mandato falsamente alto 
e nobile, in realtà servile:
quello di dibattere i problemi morali e 
ideologici.

Se egli vien messo a questo mandato viene considerato traditore del suo ruolo: si grida subito (come se non si aspettasse altro che questo) al "tradimento dei chierici". Gridare al "tradimento dei chierici" è un alibi e una gratificazione per i politici e per i 
servi del potere.

Ma non esiste solo il potere: esiste anche un'opposizione al potere.

In Italia questa opposizione è così vasta e forte da essere un potere essa stessa: mi riferisco naturalmente al Partito comunista italiano.
È certo che in questo momento la presenza di un grande partito all'opposizione come è il Partito comunista italiano è la salvezza dell'Italia e delle sue povere istituzioni democratiche.
Il Partito comunista italiano è un paese pulito in un paese sporco,
un paese onesto in un paese disonesto, un paese intelligente in un 
paese idiota, un paese colto in un paese ignorante, un paese 
umanistico in un paese consumistico. 

In questi ultimi anni tra il Partito comunista italiano, inteso in 
senso autenticamente unitario - in un compatto "insieme" di 
dirigenti, base e votanti - e il resto dell'Italia, si è aperto un 
baratto: per cui il Partito comunista italiano è divenuto appunto 
un "paese separato", un'isola. Ed è proprio per questo che esso può oggi avere rapporti stretti come non mai col potere effettivo, 
corrotto, inetto, degradato: ma si tratta di rapporti diplomatici, 
quasi da nazione a nazione. In realtà le due morali sono 
incommensurabili, intese nella loro concretezza, nella loro totalità. 
È possibile, proprio su queste basi, prospettare quel "compromesso", 
realistico, che forse salverebbe l'Italia dal completo 
sfacelo: "compromesso" che sarebbe però in realtà una "alleanza" tra 
due Stati confinanti, o tra due Stati incastrati uno nell'altro.
Ma proprio tutto ciò che di positivo ho detto sul Partito comunista 
italiano ne costituisce anche il momento relativamente negativo:
La divisione del paese in due paesi, uno affondato fino al collo 
nella degradazione e nella degenerazione, l'altro intatto e non 
compromesso, non può essere una ragione di pace e di costruttività.
Inoltre, concepita così come io l'ho qui delineata, credo 
oggettivamente, cioè come un Paese nel Paese,

l'opposizione si identifica con un altro potere: che tuttavia è sempre potere.
Di conseguenza gli uomini politici di tale opposizione non possono 
non comportarsi anch'essi come uomini di potere.

Nel caso specifico, che in questo momento così drammaticamente ci riguarda, anch'essi hanno deferito all'intellettuale un mandato stabilito da loro. E, se l'intellettuale viene meno a questo mandato - puramente morale e ideologico - ecco che è, con somma soddisfazione di tutti, un traditore.

Ora, perché neanche gli uomini politici dell'opposizione, se hanno - come probabilmente hanno - prove o almeno indizi, non fanno i nomi dei responsabili reali, cioè politici, dei comici golpes e delle 
spaventose stragi di questi anni?

È semplice: essi non li fanno nella misura in cui distinguono - a differenza di quanto farebbe un intellettuale - verità politica da pratica politica.
E quindi, naturalmente, neanch'essi mettono al corrente di prove e indizi l'intellettuale non funzionario: non se lo sognano nemmeno, com'è del resto normale, data l'oggettiva situazione di fatto.
L'intellettuale deve continuare ad attenersi a quello che gli viene imposto come suo dovere, a iterare il proprio modo codificato di intervento.

Lo so bene che non è il caso - in questo particolare momento della storia italiana - di fare pubblicamente una mozione di sfiducia contro l'intera classe politica. Non è diplomatico, non è opportuno.
Ma queste categorie della politica, non della verità politica: quella che - quando può e come può - l'impotente intellettuale è tenuto a servire.
Ebbene, proprio perché io non posso fare i nomi dei responsabili dei tentativi di colpo di Stato e delle stragi (e non al posto di questo)
io non posso pronunciare la mia debole e ideale accusa contro  l'intera classe politica italiana.

E io faccio in quanto io credo alla politica, credo nei 
principi "formali" della democrazia, credo nel Parlamento e credo nei partiti. E naturalmente attraverso la mia particolare ottica che è 
quella di un comunista.

Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia
(anzi non aspetto 
altro che questo) solo quando un uomo politico - non per opportunità, 
cioè non perché sia venuto il momento, ma piuttosto per creare la possibilità di tale momento - deciderà di fare i nomi dei 
responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, non può non avere prove, o almeno indizi.

Probabilmente - se il potere americano lo consentirà - magari decidendo "diplomaticamente" di
concedere a un'altra democrazia ciò 
che la democrazia americana si è concessa a proposito di Nixon - 
questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro 
maggiori responsabili (e non è detto, come nel caso americano, che 
siano migliori).

Questo sarebbe in definitiva il vero colpo di Stato.

Togli "intellettuale" e metti "cittadino", e Cyr (Marco Montesano) sottoscriverà gran parte dello scritto

(ormai nessuno di noi può esimersi da considerarsi intellettuale, e men che meno cittadino, a mio parere)

quante, quante cose di questo scritto sono le radici della attuale situazione italiana?

Tanta gente vede la corruzione, e vede che troppi, si allineano sempre con chi sta al potere, che spesso collude con le mafie e con le lobby economiche,

e vede che i politici, al potere ed all'opposizione per presunte opportunità politiche non spazzano via questo marciume, questo cancro.

la follia è che chi le denuncia viene poi massacrato mediaticamente, viene deriso ed annichilito,
e noi spettatori ci rilassiamo, nella recondita speranza che tutto questo non sia vero, o nella triste, senza speranza, consapevolezza che tutto questo sia vero e drammaticamente,  immutabile, fino all'implosione dello Stato stesso.


comunque nei giorni nostri, temo sia impensabile che un articolo del genere compaia sul Corriere, e se pure comparisse, verrebbe probabilmente massacrato l'autore, ed il giornale.

In questa italia che dopo il caso Fazio, invece di combattere quelle illegalità, cerca di limitare la possibilità di intercettazioni telefoniche.

 
 
 
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