Non piangere
17 Settembre 2024
MARTEDÌ DELLA XXIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)
Grande compassione prende il cuore di Gesù nel vedere lo strazio di una madre vedova, che ora vive anche la morte dell’unico figlio. Quando il dolore sembra inghiottire la vita non solo di chi è morto, ma anche di chi rimane, il Signore si fa accanto e tocca la nostra umanità ferita dal dolore più grande, che è quello della morte.
“Non piangere!”. Dice Gesù alla madre, solo Lui può consolare un dolore dai mille “perché?” E asciugare le lacrime di quel volto; solo Lui può dire al ragazzo “alzati!”, perché se la terra davanti all’immenso dolore tace, Dio fa rifiorire la vita: alzati, svegliati, risorgi, è una nuova creazione.
Gesù si avvicina al ragazzo, allunga la mano, lo tocca, come tocca tutto il dolore del mondo. Non siamo figli di un Dio impassibile, ma di un Dio che soffre per noi e con noi, un Dio che ben conosce la morte di un Figlio unico per ridarci la vita. Proprio il Figlio di Dio salirà sulla croce, prenderà su di sé tutto il nostro male, per darci il suo bene, ci guarirà dalla morte e ci darà vita. Così Gesù restituisce il ragazzo vivente a sua madre, asciuga le lacrime dal suo volto e cura il suo cuore affranto. Dio ha cambiato il pianto in una danza, l’abito di lutto in un vestito di festa (cfr Sl. 30,11).
“Signore,
tu che vedi ogni mia lacrima,
aiutami a fare del dolore
il luogo dove poterti incontrare,
anche se avrei voluto
un luogo diverso.
Eppure è nell’abito del lutto
la partenza per il vestito della festa,
allora, partiamo da qui,
da quel dolore, da quello che sono,
affinché la tua mano mi salvi
e nel mio viso scendano
lacrime di gioia.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
Credere
lunedì 16 Settembre 2024
SANTI CORNELIO, PAPA, E CIPRIANO, VESCOVO, MARTIRI – MEMORIA
Credere in Gesù è ricevere vita, dono riversato per tutti dal suo amore, dono ricevuto mediante la fede. Gesù ammira il centurione, perchè neanche in Israele ha trovato una fede cosi grande. La fede non ha colore, razza, posizione sociale, la fede crede sulla parola, infatti Gesù e il centurione non si incontrano, è la parola che viene incontro. La parola crea, agisce, è lei a dare vita, la vita di Cristo risorto.
Per quanto ci possiamo sentire indegni, la parola è un dono che Dio fa a tutti, chiedendo semplicemente di ascoltarla. Non sono i nostri meriti a “guadagnare” l’incontro con il Signore, la sua benevolenza e la sua misericordia; a intercedere per la guarigione del servo malato, è l’amore.
Il centurione viene descritto come un uomo buono, non vanta nulla di sé, è un uomo che sa amare il suo prossimo e crede nella potenza della parola di Gesù: “di’ una parola e il mio servo sarà guarito”.
Il vero miracolo è racchiuso nelle parole di fede del centurione, come una preghiera che gli esce dal cuore per ricevere vita, e così avviene per il suo servo, per lui e per tutti coloro che ascoltano e credono nella parola che salva.
“Signore,
dal profondo del mio cuore
ascolta ogni mio gemito e sussulto.
Fa che da lì
mi accorga della tua presenza
ed allora sarò guarito,
perché non c’è nulla
che possa essere distante
dalla tua mano se tu sei in me.
Guarisci il mio cuore,
rendilo un luogo dove io possa dire:
Dio mi salva.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
Tu sei
15 Settembre 2024
XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B
Comprendere il mistero di Cristo non è cosa da poco anche per chi crede in Lui. Gesù si mette ad insegnare ciò che l’uomo con le sue sole forze non può comprendere, ovvero il segreto di un amore che si consegna agli uomini per essere ucciso. La reazione di Pietro è umanamente comprensibile: Gesù il maestro del suo cuore, il suo amico, e poi il Messia che attendevano, costui doveva fare grandi cose, non morire. Pietro si è fatto una sua idea di Messia e vuole suggerire a Gesù come dovrebbe fare. Gesù lo richiama all’unico movimento che gli permetterà l’intelligenza del suo mistero: “Va’ dietro a me”.
Andare dietro a Gesù è imparare a pensare con la sua logica che riguarda il dono totale di sé: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”.
Il rinnegare se stessi, non vuol dire annullarci, ma rinunciare alle proprie paure per dare spazio alla fiducia in Dio, per non restare bloccati su idee o esperienze che non ci aprono al futuro che ci viene incontro e ci regala il dono di una vita nuova.
Così il portare la croce non si riferisce tanto alla fatica del vivere, quanto alla condizione perché questa fatica risulti fruttuosa.
Seguire Gesù, significa essere partecipi della sua rivelazione d’amore per ciascuno di noi, fino a viverla nel concreto della propria vita, per dare spazio alla stessa dinamica d’amore.
“Signore,
sei l’amore che si fa ferire,
e si pone davanti a me
per proteggerni,
poiché tu sei scudo e baluardo.
Tu sei l’amore che attraversa il tempo, il cui spazio allarga e mi sostiene.
Tu ferito per amore,
se io ti seguirò,
vedrò una luce nuova
quella della tua mano
che sostiene la mia ferita
e la ama perché è parte di me,
e tornerò ad amare anch’io come te,
come te, non c’è altro modo.
L’amore è uno: tu.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
Croce