A chi?

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18 Settembre 2024

MERCOLEDÌ DELLA XXIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Quando le cose in noi non vanno secondo gli schemi che ci siamo creati, cerchiamo delle scuse per fare o per non fare. Il rischio è quello di non muoverci in un percorso di libertà, rimaniamo sui nostri preconcetti e non ci apriamo a un cammino di conversione del cuore e di coltivazione di gioia.

Gesù si chiede: A chi posso paragonare questa generazione? A chi è simile? O meglio a chi noi vogliamo assomigliare?

Lasciamoci coinvolgere da questo gioco serio e meraviglioso che è la vita, impariamo a guardarci dentro per vivere un equilibrio che non cerca di difendere schemi, ma la semplicità di essere uguali a noi stessi, per agire nella logica di Dio.

Lasciamoci generare dalla Sapienza che è Lui stesso, il gusto della vita vissuta in ogni attimo; proviamo a guardare con gli occhi di Dio le situazioni che ci circondano, il prossimo che come me ha desideri, sogni e ferite, allora impareremo a crescere, non saremo più simili a quei bambini seduti in piazza, saremo pellegrini della vita che sanno piangere con quelli che piangono e gioire con quelli che gioiscono (crf Rm 22,15). “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5).

“Signore,

aiutami ad essere docile

alla tua voce,

aiutami a seguirti.

Tu sei la mia strada,

la mia forza,

fa che ti riconoscano in me,

vedano che il mio grande desiderio

è incontrarti in ogni luogo,

per giungere non più a cercati,

ma ritrovarti in me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Non piangere

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17 Settembre 2024

MARTEDÌ DELLA XXIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Grande compassione prende il cuore di Gesù nel vedere lo strazio di una madre vedova, che ora vive anche la morte dell’unico figlio. Quando il dolore sembra inghiottire la vita non solo di chi è morto, ma anche di chi rimane, il Signore si fa accanto e tocca la nostra umanità ferita dal dolore più grande, che è quello della morte.

“Non piangere!”. Dice Gesù alla madre, solo Lui può consolare un dolore dai mille “perché?” E asciugare le lacrime di quel volto; solo Lui può dire al ragazzo “alzati!”, perché se la terra davanti all’immenso dolore tace, Dio fa rifiorire la vita: alzati, svegliati, risorgi, è una nuova creazione.

Gesù si avvicina al ragazzo, allunga la mano, lo tocca, come tocca tutto il dolore del mondo. Non siamo figli di un Dio impassibile, ma di un Dio che soffre per noi e con noi, un Dio che ben conosce la morte di un Figlio unico per ridarci la vita. Proprio il Figlio di Dio salirà sulla croce, prenderà su di sé tutto il nostro male, per darci il suo bene, ci guarirà dalla morte e ci darà vita. Così Gesù restituisce il ragazzo vivente a sua madre, asciuga le lacrime dal suo volto e cura il suo cuore affranto. Dio ha cambiato il pianto in una danza, l’abito di lutto in un vestito di festa (cfr Sl. 30,11).

“Signore,

tu che vedi ogni mia lacrima,

aiutami a fare del dolore

il luogo dove poterti incontrare,

anche se avrei voluto

un luogo diverso.

Eppure è nell’abito del lutto

la partenza per il vestito della festa,

allora, partiamo da qui,

da quel dolore, da quello che sono,

affinché la tua mano mi salvi

e nel mio viso scendano

lacrime di gioia.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Credere

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lunedì 16 Settembre 2024

SANTI CORNELIO, PAPA, E CIPRIANO, VESCOVO, MARTIRI – MEMORIA

Credere in Gesù è ricevere vita, dono riversato per tutti dal suo amore, dono ricevuto mediante la fede. Gesù ammira il centurione, perchè neanche in Israele ha trovato una fede cosi grande. La fede non ha colore, razza, posizione sociale, la fede crede sulla parola, infatti Gesù e il centurione non si incontrano, è la parola che viene incontro. La parola crea, agisce, è lei a dare vita, la vita di Cristo risorto.

Per quanto ci possiamo sentire indegni, la parola è un dono che Dio fa a tutti, chiedendo semplicemente di ascoltarla. Non sono i nostri meriti a “guadagnare” l’incontro con il Signore, la sua benevolenza e la sua misericordia; a intercedere per la guarigione del servo malato, è l’amore.

Il centurione viene descritto come un uomo buono, non vanta nulla di sé, è un uomo che sa amare il suo prossimo e crede nella potenza della parola di Gesù: “di’ una parola e il mio servo sarà guarito”.

Il vero miracolo è racchiuso nelle parole di fede del centurione, come una preghiera che gli esce dal cuore per ricevere vita, e così avviene per il suo servo, per lui e per tutti coloro che ascoltano e credono nella parola che salva.

“Signore,

dal profondo del mio cuore

ascolta ogni mio gemito e sussulto.

Fa che da lì

mi accorga della tua presenza

ed allora sarò guarito,

perché non c’è nulla

che possa essere distante

dalla tua mano se tu sei in me.

Guarisci il mio cuore,

rendilo un luogo dove io possa dire:

Dio mi salva.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Tu sei

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15 Settembre 2024

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

Comprendere il mistero di Cristo non è cosa da poco anche per chi crede in Lui. Gesù si mette ad insegnare ciò che l’uomo con le sue sole forze non può comprendere, ovvero il segreto di un amore che si consegna agli uomini per essere ucciso. La reazione di Pietro è umanamente comprensibile: Gesù il maestro del suo cuore, il suo amico, e poi il Messia che attendevano, costui doveva fare grandi cose, non morire. Pietro si è fatto una sua idea di Messia e vuole suggerire a Gesù come dovrebbe fare. Gesù lo richiama all’unico movimento che gli permetterà l’intelligenza del suo mistero: “Va’ dietro a me”.

Andare dietro a Gesù è imparare a pensare con la sua logica che riguarda il dono totale di sé: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”.

Il rinnegare se stessi, non vuol dire annullarci, ma rinunciare alle proprie paure per dare spazio alla fiducia in Dio, per non restare bloccati su idee o esperienze che non ci aprono al futuro che ci viene incontro e ci regala il dono di una vita nuova.

Così il portare la croce non si riferisce tanto alla fatica del vivere, quanto alla condizione perché questa fatica risulti fruttuosa.

Seguire Gesù, significa essere partecipi della sua rivelazione d’amore per ciascuno di noi, fino a viverla nel concreto della propria vita, per dare spazio alla stessa dinamica d’amore.

“Signore,

sei l’amore che si fa ferire,

e si pone davanti a me

per proteggerni,

poiché tu sei scudo e baluardo.

Tu sei l’amore che attraversa il tempo, il cui spazio allarga e mi sostiene.

Tu ferito per amore,

se io ti seguirò,

vedrò una luce nuova

quella della tua mano

che sostiene la mia ferita

e la ama perché è parte di me,

e tornerò ad amare anch’io come te,

come te, non c’è altro modo.

L’amore è uno: tu.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Croce

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sabato 14 Settembre 2024

ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE –

Nell’amore di Dio nulla va perduto, tutto è salvato e redento dalla croce di Cristo, che unisce il cielo alla terra e abbraccia tutta l’umanità. Non c’è un tempo, non c’è uno spazio, non esiste una dimensione in quell’amore che salva, perché tutto e reso eterno per sempre. L’amore di Dio è infinito! Gesu si è consegnato alla croce per scendere in tutto il dolore dell’uomo. La croce non è più solo atto di crudele follia umana, ma si trasforma in gesto di infinito e indescrivibile amore di Dio per tutta l’umanità ferita dal peccato. Le sue ferite saneranno le nostre, ora possiamo contemplare la croce con gli occhi della risurrezione.

Oggi sostiamo davanti alla croce per lasciarci amare, deponiamo lì i nostri pensieri, le tribolazioni, le fatiche; a Lui possiamo consegnare tutte le nostre ferite, il suo amore trasforma e ci indicherà una via per attraversare il nostro dolore e quello del mondo. La croce e amore donato che salva il mondo e lo riconsegna alla vita vera, una vita dove l’amore non finirà mai.

“Signore,

dalla tua croce guarda il mio dolore

e abbine cura Tu.

Stai accanto a me,

nella fatica di questo tempo,

di ogni tempo.

Guardo alla tua croce e ti vedo,

non posso neanche immaginare quello che senti,

ma so tu sai il mio.

Sei il mio coraggio, la mia forza,

prima di me, con me

e nel silenzio tienimi con te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Sguardo

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venerdì 13 Settembre 2024

SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, VESCOVO E DOTTORE DELLA CHIESA – MEMORIA

“Chiudi gli occhi e vedrai”. Scriveva il filosofo Joseph Joubert. Apparentemente può sembrare un controsenso, eppure solo chiudendo gli occhi all’esterno, ovvero guardandoci dentro, possiamo vedere quello che ci vive attorno. Cosi insegna Gesù oggi. Siamo ciechi perché sbagliamo il punto di vista, ci poniamo a guardare i difetti altrui e pensiamo di poterli correggere, quando prima vanno considerati i propri. L’unico sguardo credibile è quello su se stessi. Chiudiamo gli occhi e guardiamo il nostro cuore, solo quando facciamo verità in noi stessi possiamo aiutare in modo autentico gli altri.

Il nostro sguardo sull’altra persona deve creare fiducia, cosi che non si senta giudicato, condannato, ma accolto nelle sue debolezze. Chiudiamo gli occhi per guardare e togliere la nostra trave, per non essere più ciechi.

La vita del cristiano richiede uno sguardo umile e costante su se stessi e guardare l’altro con lo sguardo di Dio, di qui l’amore diventa la chiave per scoprire infiniti squarci di bellezza che il Padre ha preparato per ciascuno di noi: sguardi limpidi da un cuore limpido. Il Signore Gesù illumini i nostri occhi, perché possiamo vedere a quale speranza ci ha chiamati.

“Signore,

donami di guardare il mondo

con i tuoi occhi,

così che possa sapere

come davvero tu guardi me.

La luce di te si rifletta

nell’iride di chi ti contempla.

È facile trovarti in un cuore sincero, dove la speranza non si disperde. Aiutami a coltivare speranza

e a non perdere la forza

per trovare in te il mio mondo.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Perdonare

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12 Settembre 2024

GIOVEDÌ DELLA XXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Gesù si rivolge a chi ascolta la sua parola e insegna l’amore per i nemici con una serie di verbi attivi e concreti: fate, benedite, pregate. Un programma arduo per il nostro povero cuore che molte volte rimane rattristato, offeso o ancora peggio indurito su un’idea che non può cambiare, fino ad arrivare a odiare il fratello e persino l’amico.

L’amore non va mai misurato, centellinato, ma riversato in una misura abbondante, che si espande come un profumo e pervade tutto all’interno. Ma come facciamo ad amare in questo modo? Pare che il Signore ci chieda una cosa impossibile, eppure a noi il Signore chiede solo il possibile. Allora dobbiamo compiere piccoli passi, partire da noi; impariamo a perdonare noi stessi, perché Dio ci ha già perdonati e poi proviamo a farlo anche verso gli altri.

La misericordia del Padre che allarga il mio cuore, lo rende capace di misericordia. Lo sguardo del Padre è pronto ad accogliermi, a perdonare il mio cuore tormentato. Lasciamo che il Signore ci sostenga in questo cammino di misericordia, perché dove non arrivano ancora i nostri gesti concreti, arrivi almeno la nostra preghiera.

“Signore,

aiutami tu in questo arduo cammino di perdono e amore.

Il mio cuore si blocca

ed il dolore avanza.

Ti prego Signore per me

e per quelli che come me,

hanno la vita ferita.

Possa tu essere il loro conforto

e la loro pace.

Possa il tuo amore

trovare posto nel cuore,

così che le tue parole di perdono,

siano la forza per perdonare altrettanto! “

(Shekinaheart eremo del cuore)

Dal Vangelo di oggi, commento al Vangelo del giorno, perdonare, benedire, pregare

Beati

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11 Settembre 2024

MERCOLEDÌ DELLA XXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI

“Beati”, una parola che il piu delle volte non collima con la realtà di quello che stiamo vivendo. Ci si trova a fare i conti con le preoccupazioni di tutti i giorni: fatiche, sofferenze, malattie, difficoltà di vario genere. Come percepire questa beatitudine, cosi che possiamo addirittura rallegrarci ed esultare, perché la nostra ricompensa è grande nel cielo?

Gesù quando pronuncia queste parole ha davanti i suoi discepoli e altre persone che lo stanno seguendo da un po’, conosce quali sono le loro difficoltà, le loro debezze, come conosce anche le nostre, eppure dice: “beati”, quasi a dare una nuova identità. Siamo già da ora figli del regno, “perché vostro è il regno di Dio”; non dice sarà vostro un giorno. Il Signore vive nel presente della nostra vita.

Nella prima beatitudine è racchiuso il senso di tutto: “Beati voi, poveri”, perché la povertà è una realtà che fa parte dell’esperienza umana e riguarda tutti, non si riferisce ai beni materiali, c’è in me uno spazio che non riesco a colmare da solo, mi ritrovo bisognoso, devo fidarmi di qualcun’altro, e a chi meglio di Dio posso affidare il mio vuoto, il mio nulla, perché Lui lo colmi?

Ascoltando la sua parola che ci chiama “beati”, possiamo sperimentare la grande

ricchezza di riconoscere il Signore come colui che colma la nostra vita di un amore che dà tutto ed è per sempre.

“Signore,

di tutto l’amore che ho,

oggi so che me l’hai donato tu.

Sono beato non perché non ho sofferto,

ma perché nel mio dolore ci sei tu.

In ogni lacrima

ed in quel grido sotto il cuscino,

tu ci sei.

Uomo che soffri, respira,

senti vicino l’unico

che può davvero starti accanto,

e sarai beato anche tu con me,

perché anche io che sono tuo fratello prego per te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Dal Vangelo di oggi,

Commento al Vangelo del giorno, beati, vicino, accanto

Notte in preghiera

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10 Settembre 2024

MARTEDÌ DELLA XXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Gesù passa la notte in preghiera per scegliere i dodici e lo fa salendo sul monte, segno del luogo dove Dio parla e si realizza una comunione con Lui, immersi nel suo mistero che raggiunge il cuore. Una preghiera fatta nella notte, nel silenzio e nell’intimità per fare una scelta in sintonia con Dio. In quella notte ci sono gli albori della prima chiesa composta da uomini comuni, molto differenti tra loro, con limiti, desideri, paure, ma affascinati dallo stesso Maestro tanto da seguirlo. Sono dodici i discepoli scelti dall’Amore, chiamati per amare e per annunciare la Parola udita, i gesti di tenerezza e di misericordia che hanno visto e sperimentato.

La discesa dal monte, è l’inizio di un nuovo cammino tra le vicende della storia e della nostra fragile umanità. Solo sostando a contemplare Dio, potremo riconoscerlo nel volto di tutti i fratelli, in quelli più umili, in quelli più poveri, nel giusto e nel peccatore.

Siamo tutti scelti dall’Amore per amare, non è importante il nostro grado di cultura, la condizione sociale, la provenienza…, è importante salire sul monte della preghiera e ascoltare la sua Parola, cosi da non donare solo parole umane, seppur ispirate al buon senso, ma donare l’unica Parola in grado di sanare i cuori di tutti quelli che lo accolgono.

“Signore,

vorrei scendere

nel profondo del mio cuore

per trovarti,

per immergermi in quelle notti

in cui tu, parli al Padre di me.

Eccomi,  rispondo alla voce

che il mio cuore conosce:

Tu maestro,

che parli anche nel silenzio,

donami la tua forza,

affinché in ogni mia risposta

ci sia la tua presenza

per illuminare il mio cielo

in questa notte di preghiera.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Mano inaridita

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09 Settembre 2024

LUNEDÌ DELLA XXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Dio chiama l’uomo e lo mette al centro di tutta la creazione, gliela affida perché con il lavoro delle sue mani possa vivere e continuare quest’opera creata. Le mani sono strumento di vita per l’uomo. Ora quest’uomo che Gesù chiama nel mezzo della sinagoga, ha una mano inaridita, non può svolgere le stesse attività di chi è sano, non può né ricevere, né donare; con quella mano non può toccare, abbracciare. È un uomo limitato nelle sue funzioni vitali, fragile, ma Gesù vuole guarirlo perché ogni uomo deve poter vivere nella pienezza di vita. Questa mano inaridita è messa in grado di accogliere il dono di Dio: la vita divina.

Dio si consegna nelle mani degli uomini, e l’uomo guarito può “prendere” la sua vita e donarla. Una mano “viva”, riceve, scambia, dona, non trattiene per possedere.

Gesù chiama nel mezzo l’uomo più debole proprio per riportarlo al centro della vita, perché non viva più da emarginato, ma si possa riabilitare e la sua mano torni a vivere e a far vivere.

Ciò che le mani compiono, parte dalle intenzioni del cuore. Gesù guarisce la mano di quest’uomo, ma si scontra con la durezza di cuore dei farisei, che addirittura cercano di ucciderlo. Sarà la durezza del cuore a muovere le mani per uccidere Gesù. Basta poco per togliere una vita, mentre serve una vita per dare vita.

Le nostre mani siamo aperte al dono di vita che il Signore ci fa continuamente; siamo posti al centro della sua vita, del suo cuore così che il nostro possa assorbire il suo e le nostre mani diventino il prolungamento delle sue.

“Signore,

tendo la mia mano,

perché tu mi hai posto al centro del tuo cuore.

Ti prego guariscimi.

Mi guardo e vedo

che ho bisogno di vita,

ho bisogno di te.

Aiutami ad aver tatto

nelle relazioni, nelle parole,

così che ora guarito

sia tu al centro dell’amore

e vedendo me, vedano te,

perché la mia vita è in te

e nulla cambierà mai questo. “(Shekinaheart eremo del cuore)