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Costretta a letto per tre giorni (ora sono uscita, ma non è che stia bene) dall'influenza, ho colto l'occasione per prendere qualcuno dei libri intonsi che adornano la mia cameretta, il mio soggiorno ed il mio corridoio.
Questo era in cameretta.
Io ho molto amato Roth, da Lamento di Portnoy a Lo scrittore fantasma, ma non avevo ancora letto Pastorale Americana. Mi avevano detto che per quanto bello era un po' prolisso, che si perdeva in molte digressioni inutili e in pagine e pagine di descrizioni... Cosa che io non amo.
L'ho letto in un giorno e mezzo e sono 450 pagine, circa. Escludiamo che sia dunque prolisso.
Recensione in breve:
Se non l'avete letto LEGGETELO, se l'avete letto rileggetelo. A mio parere chiunque sia capace di leggere DEVE leggere un libro così. E' un capolavoro assoluto della letteratura di ogni tempo. E' un romanzo che ... Che. Tutto.
Comprendo che la recensione è un po' scarnina, per cui, se qualcuno vuole, continuo qui, con quelle che sono le mie impressioni su Pastorale Americana. Teniamo conto del fatto che:
1) Ho passato da domenica mattina presto a lunedì pomeriggio con la febbre tra 38° e 39°, spostandomi dal letto esclusivamente per correre carponi al cesso a vomitare o cagare acqua. Ieri sera puzzavo talmente tanto che perfino Mazinga si teneva ben lontano da camera mia.
2) Io quando leggo un libro che mi piace (ed è esattamente quello che mi fa dire che un libro mi piace) mi ci perdo completamente dentro, vado a vivere lì, sto di fianco a chi lo ha scritto, mi siedo a tavola coi personaggi, vado a pisciare nei loro bagni, mi ci perdo del tutto. Questo è stato per due giorni.
Persa nello Svedese, nella Newark dell'immediato dopoguerra, nella fabbrica di guanti, nel METODO di fabbricazione (manuale) dei guanti, nella vita apparentemente bella e immacolata dei Levov, persa in un America che non c'è più, che non c'è MAI stata, nella tirannia di un padre ebreo che è tiranno suo malgrado, nella vita di Dawn, che è un personaggio reale proprio perchè sembra così palesemente artefatto...
In una vita che Seymour adora (e ci mancherebbe altro!!) la sua vita perfetta, con la sua moglie perfetta, la casa perfetta, il suo essere perfetto, il suo essersi affermato nel modo più A-ME-RI-CA-NO che ci sia, lo sport, lui ebreo e biondo, che sposa una gentile. La vita che Seymour DAVVERO adora, sinceramente, perchè è davvero un uomo retto. Persa nella sua figlia imperfetta. Che balbetta. Che ad un certo punto si rende conto che la vita NON E' AFFATTO quella che hanno loro. Che non è vero niente. Che l'America è un posto cattivo, che le hanno raccontato delle bugie, anche se a fin di bene. Che è tutto finto, ipocrita, che la vita è merda. E allora fa scoppiare tutto. Distrugge tutto. Distrugge suo padre, sua madre, suo nonno. Distrugge l'America, il finto sogno avverato. La vita, le vacche, la campagna. Tutto. Distrugge sè stessa.
E' un libro talmente bello, denso, corale, magnifico, che non si può descrivere. E finisce con un punto di domanda.
E non risponde a niente. Perchè NON CI SONO risposte. Perchè alla fine vince sempre il caos.
Ho pianto leggendolo? Sì. Ma un po' solo. Ho riso anche. Ma solo un po'.
Che meraviglia.
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