Creato da claudia.sogno il 20/02/2010

Amina Narimi

con la fragilità che io immagino degli angeli quando spostano tra i fiori un buio d'aria

 

 

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Il canto nel ventre di mia madre

Post n°943 pubblicato il 31 Gennaio 2014 da claudia.sogno
 

Come la testa di un bambino

che oscilla nel ventre della madre

per mettere le mani  nella luce

così  ti faccio nascere

per giungere nell’asse della vita

dove le contrazioni sono scale

e una dopo l’altra nell’evento

scolpendo le mie vertebre sui pioli,

si rompono le acque  come un vaso

nelle profondità dell’incompiuto

 

C’è un’emozione tenera ad Oriente,

dove non si grida. Un’aurora senza sole

si custodisce e vive,

nel tempo della sua composizione,

fino a volgere il viso alla sorgente

cambiando le pietre con il pane

quando torna in sogno. Avviene al caldo

E’ uno speciale sovvenire. Non ritrarti

con le mani, non coprirti gli occhi di paura-

mi ripeto- per generare un fiore

anche il ramo di una quercia sola

parrà giardino intorno alla sorgente

per zampolare il burro e lavare i panni

badando a partorire ancora Leila e Majnun.

 

E’ troppo poco, nell’erba viva

neppure un giorno che sale dalla terra senza te,

e per riempirsi il cielo

sale sul foglio un alfabeto

che pulsa nelle pieghe della mano e in altre forme

china sui fiori la sua lezione di luce

portando sulle labbra la prima comunione

di piccole cose, le sue mani  fanno chiesa

sul capo  ai miei domani - dici

non hai niente da darmi-  È poca cosa forse

il suono e un bosco con i piedi carichi di seta?

 

C’è una retta ideale che congiunge

una coppa immaginaria, tra l’ombelico e il pube,

vestita di maestà, e  annodata sulle reni

con la forza della sua fragilità,

filtrando l’aria come fa l’orecchio

nell’ascolto della terra, come Dio,

lo sa, che fioriscono sogni nei capelli,

scambiando l’acqua con il sangue

da un solstizio all’altro. Dal Vuoto perfetto

nella  totale attrazione è la bellezza

che ritma ogni vita contemplando

l’ombelico nel luogo più immutabile

e sorgente di ogni movimento. E’ là,

fino al soffio dell’ultima sua terra,

nell’estremo orgasmo della Morte,

che oscilla ancora,

in un ritmo binario primordiale,

il Canto nel ventre di mia madre.

 

Col dolore posso sedermi ora, e stare sola

con la gioia, alla bellezza della tua presenza,

lunghe ore dondolando  per uscire

come la testa di un bambino nella luce-

e qualcosa di più grande si fa mondo-

va e viene. calma

 
 
 
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