LA FRASE...
"...Se non saremo noi ad occuparci di politica, sarą la politica ad occuparsi di noi, nel modo che meno desideriamo..."
Post n°93 pubblicato il 06 Maggio 2009 da amministratore_blog
È la sera del primo maggio e Tremonti, quatto quatto, pubblica sul sito del ministero la Relazione Unificata sull'Economia e la Finanza pubblica. La nuova stima di crescita del PIL è -4,2%, un calo del 2,2% rispetto alla precedente stima di febbraio. Il rapporto deficit/PIL per il 2009 è ora previsto al 4,6%, contro il 3,7% della stima precedente. L'ultima Relazione Unificata sull'Economia e la Finanza pubblica (RUEF per gli amici) è apparsa la sera del primo maggio. La tempistica è un po' inusuale e fa pensare alla vecchia tattica di pubblicare notizie scomode quando vengono notate di meno. La notizia non sarà sui giornali del due maggio perché in tale data i giornali non escono. Magari ne parleranno alle televisioni; noi non riusciamo a vederle ma i lettori ce lo racconteranno. Comunque qualche lavoratore indefesso nei giornali c'è, e la notizia è stata immediatamente ripresa da Corriere e Sole 24 Ore; al momento in cui scrivo la notizia non è ancora apparsa su Repubblica, La Stampa e Il Giornale. Perché è tanto circospetto il ministero? Andate sul sito del ministero, scendete un po' fino alla sezione Documenti e Pubblicazioni. Trovate la relazione, un malloppone di quasi 300 pagine. Non me la sono letta tutta, e forse ne varrebbe la pena. Comunque, se andate a pagina 45, sezione 3.1.2. ''Stime e tendenze per il 2009 e anni successivi'', trovate quanto segue.
Andate poi alla Tabella 3.1.2.2‐2 di pag. 60, per vedere cosa ci aspetta negli anni a venire. Per il 2010 la stima di crescita del PIL è di +0,3%, per il 2011 è +1,2%. Si tratta di crescita anemica, ma a questo punto c'è da sperare che il ministero abbia ragione. Se veramente il PIL crescerà in base a tali previsioni il rapporto deficit/PIL sarà del 4,6% nel 2010 e del 4,3% nel 2011. Possiamo solo sperare che non si verifichi un rialzo dei tassi di interesse. Questo è quanto si afferma nell'introduzione, a pagina 5.
Direi che è abbastanza. Perché il governo non voglia dare troppa pubblicità alla cosa credo sia chiaro. La linea comunicativa finora è stata più o meno quella di dire che la crisi non è troppo grave, comunque meno grave di quella di altri. All'inizio di marzo, quando il centro studi confindustria aveva previsto un calo del -3,5% del PIL per il 2009, il ministro Sacconi si era arrabbiato. Stime opiniabili disse, aggiungendo che c'è gente che si «esercita con il piacere del peggio». Chissà se anche i tecnici del ministero appartengono a questo strano club sadomaso. Tremonti aveva invece acutamente osservato «Non credo che sia un momento in cui è ragionevole fare previsioni congiunturali». Chissà se adesso pensa che il momento sia arrivato. |
Post n°92 pubblicato il 20 Aprile 2009 da amministratore_blog
Lo scorso 9 aprile il parlamento ha convertito in legge il Decreto Legge n. 5 del 10.2.2009, contenente "misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi". Proseguendo in una prassi purtroppo consolidata, che ha irritato anche il Presidente della Repubblica, la legge di conversione si è trasformata in un fritto misto ed il governo (grazie alla compiacenza dei parlamentari) ha colto l'occasione per far approvare modifiche a leggi e leggine che oltre ad avere ben poca attinenza con i settori industriali in crisi, di certo non rivestono il carattere di nessità e urgenza che la costituzione richiede per l'emanazione di un DL. Le novità approvate vanno dai contributi per l'acquisto di automobili, mobili ed elettrodomestici, alle "sospensione dell'efficacia di disposizioni in materia di trasporto di persone mediante autoservizi non di linea" (un premio a chi indovina di cosa si tratta e perché sarebbe urgente) sino alla revisione delle quote latte che, per fare l'ennesimo regalo alla Lega, ha comportato oneri aggiuntivi a carico del bilancio statale. Spulciando poi tra le norme aggiunte in sede di conversione, si trovano anche modifiche sostanziali alla normativa societaria, il che rappresenta una anomalia, dato che in questo campo ben raramente si è intervenuti in via d'urgenza e - di regola - le modifiche al diritto commerciale e societario sono il frutto di una adeguata meditazione da parte delle forze politiche e degli addetti ai lavori. Cerchiamo di capire, dunque, cosa mai è stato modificato e quali possano essere le motivazioni che stanno dietro la (mitizzata) volontà del legislatore. A questo punto, però, un'avvertenza è necessaria: ci stiamo addentrando in un terreno assai tecnico, quindi cercherò di essere chiaro nei limiti del possibile, anche se purtroppo dovrete sorbirvi un po' di articoli del codice civile e di leggi speciali, con tanto di commi e di richiami da legulei. Questo dunque è l'emendamento approvato:
Come dite? Vi siete persi? È comprensibile, ma d'altra parte è così che vengono fatte le leggi in Italia: attraverso rinvii, interpolazioni, abrogazioni parziali, aggiunte di commi, articoli aggiuntivi e così via in modo che, alla fine, si perda di vista l'impianto complessivo della legge medesima e, prima di capirci qualcosa, occorra fare un elaborato copia incolla tra vecchio e nuovo testo. Comunque, detto in termini essenziali, le novità riguardano tre istituti giuridici in relazione alle società quotate in borsa: - l'acquisto di azioni proprie; L'impianto complessivo delle modifiche, che riguardano leggi distinte, avrebbe di mira, data l'attuale congiuntura, il rafforzamento gli strumenti di difesa delle imprese da manovre speculative, o almeno così recita la norma sopra riportata. Ora, come noto ai nostri lettori, io non sono un economista, ma facendo i conti della serva (con tutto il rispetto per le serve) e data l'attuale congiuntura, mi pare che ciò di cui hanno bisogno le imprese è di rafforzare la propria struttura patrimoniale, di migliorare l'accesso al credito, la capacità produttiva, l'innovazione tecnologica, insomma tutta quella parte del "fare impresa" che rappresenta l'economia reale, (come usano dire quelli che voglio farsi belli con gli imprenditori) che è certamente tutt'altra cosa dall'economia finanziaria e "di carta" che, per la vulgata comune, ci ha portato nel mezzo dell'attuale crisi. Con tutta evidenza, però, nessuna delle modifiche citate rafforza le imprese, mentre pare evidente che ad essere rafforzati sono solo i gruppi di controllo di alcune società, vale a dire quelle quotate e, tra queste, soprattutto quelle a elevato valore corrente e ad azionariato diffuso, ossia "scalabili". Vediamo dunque nel dettaglio le novità. A - In primo luogo è stato modificato il D. Lgs. n. 58 del 1998, ossia il Testo Unico della Finanza (TUF), una legge che ha armonicamente disciplinato i mercati finanziari, secondo principi comuni ai principali paesi europei dotati di un mercato dei capitali sviluppato. Ad essere stata modificata è la parte del TUF che regola l'OPA, l'offerta pubblica di acquisto. L'OPA è un istituo giuridico che tutela la parità di condizioni tra i soci delle società quotate (soci estranei al gruppo di controllo, in particolare, rispetto a quest'ultimo) e, più in generale, garantisce che il mercato funzioni in modo minimamente competitivo e non attraverso accordi fra gruppi privilegiati. Per evitare che sia possibile assumere il controllo di fatto di una società attraverso accordi con solo alcuni dei soci, la legge impone che il socio che superi una certa soglia di partecipazione al capitale sociale, debba obbligatoriamente lanciare una offerta pubblica di acquisto per l'intero capitale. Si tratta di una conquista recente e mal digerita dal capitalismo italiano, da sempre abituato ai patti di sindacato ed al controllo delle società attraverso il sistema delle scatole cinesi, per cui con esborsi relativamente modesti, era possibile acquisire gruppi di società di notevoli dimensioni semplicemente assumendo il controllo del primo anello a monte della catena societaria. La normativa ante-riforma (art. 106 comma 1 TUF) imponeva che non appena superata la soglia del 30%, il socio dovesse lanciare l'OPA Chiunque, a seguito di acquisti, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento promuove un'offerta pubblica di acquisto rivolta a tutti i possessori di titoli sulla totalità dei titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato in loro possesso Questa era ed è dunque la regola generale, alla quale però viene oggi posta un'importante eccezione che, come tutte le eccezioni, svuota le regola generale. «b) l'obbligo di offerta consegue ad acquisti superiori al cinque per cento da parte di coloro che già detengono la partecipazione indicata nel comma 1 senza disporre della maggioranza dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria». Tradotto in italiano corrente, vuol dire che il gruppo di controllo che già possiede il 30% del capitale sociale può acquisirne un ulteriore 5% senza che ci sia bisogno di mettere mani al portafogli e lanciare l'OPA, con ciò rafforzando - senza costi di mercato - il suo potere sulla società. Che la normativa attuale dell'OPA non piacesse molto a questo governo, ed all'attuale presidente della CONSOB, già lo si era intuito in autunno. Questo sito aveva commentato con preveggenza le riforme in arrivo, poi approvate col DL 185 del 2008 che, allo scopo dichiarato di proteggere le società quotate italiane dai rischi di scalate ostili provenienti dall’estero, ha modificato - di fatto eliminandola - la passivity rule, vale a dire l'obbligo di neutralità degli amministratori nel corso di un’OPA, previsto dall'art. 104 TUF. L'art. 13 del DL 185/2008 ha infatti delegato agli statuti societari la possibilità di adottare o meno le misure difensive, disponendo cioè che siano gli statuti stessi a prevedere l’applicazione della normativa (art. 104 comma 1 TUF), ma - attenzione - in assenza di espressa previsione statutaria le disposizioni dell'art. 104 TUF in materia non troveranno più applicazione. La riforma, in realtà, tutto fa tranne che proteggere l'italianità, perchè il "vecchio" TUF già conteneva la regola della reciprocità, cioè la possibilità per le società italiane di derogare alla passivity rule, nel caso di scalate da parte di soggetti cui tale regola non si applica. In pratica le uniche scalate da parte di soggetti stranieri verso le quali gli amministratori non potevano adottare misure difensive erano quelle lanciate da società dei paesi europei (UK, Spagna e Francia, ma non per esempio Germania e Olanda) nei quali, come in Italia, la passivity rule è imposta per legge, mentre erano ammesse misure difensive contro per esempio scalate di società e fondi extra-europei e/o europei non a condizione di reciprocità. In definitiva, data la vecchia normativa che sarebbe già stata applicabile, l’eliminazione della passivity rule ha molto poco a che vedere con la difesa della italianità, perchè ciò che è stata aumentata, è la capacità di difesa soprattutto nel caso di scalate da parte di altre società quotate italiane, alle quali prima non poteva essere opposto il principio di reciprocità. Sommando dunque le due modifiche apportate in sequenza dai due recenti DL, gli amministratori possono sempre alzare muri difensivi e i soci di maggioranza posso incrementare la proprie partecipazioni senza che il mercato e la CONSOB (per quel che vale) possano dire nulla. B - La seconda novità sostanziale attiene agli obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti per le società quotate, cioè la cosiddetta soglia di trasparenza. L'articolo 120 TUF dispone che Coloro che partecipano in un emittente azioni quotate avente l'Italia come Stato membro d'origine in misura superiore al due per cento del capitale ne danno comunicazione alla società partecipata e alla CONSOB. La comunicazione è fondamentale per due ordini di motivi: i - per il voto in assemblea, dato che se si omette l'informativa il diritto di voto per la partecipazione acquisita non può essere esercitato; ii - per la disciplina delle partecipazioni incrociate, perchè la società che ha superato il limite successivamente alla comunicazione data dall'altra partecipata, non può esercitare il diritto di voto inerente alle azioni o quote eccedenti e deve alienarle entro dodici mesi dalla data in cui ha superato il limite: insomma è possibile prevenire scalate ostili da parte di un concorrente acquistando una quota superiore al 2% del suo capitale sociale, dato che in questa maniera all'altra società è precluso qualsiasi acquisto. È bene precisare che la soglia di trasparenza italiana è già sui livelli più bassi rispetto all'Europa e al resto del mondo, dato che è nella maggior parte dei paesi europei è il 3% ed è il 5% negli Stati Uniti. Ebbene a seguito dell'ultimo DL La CONSOB può, con provvedimento motivato da esigenze di tutela degli investitori nonché di efficienza e trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali, prevedere, per un limitato periodo di tempo, soglie inferiori ...[al 2% NdR].... per società ad elevato valore corrente di mercato e ad azionariato particolarmente diffuso» In sostanza una disposizione di legge viene derogata da un semplice provvedimento amministrativo (la delibera CONSOB) che verrebbe emanato "per tutelare gli investitori" senza che però siano chiari i limiti del potere CONSOB, dato che dietro la cortina dell'efficienza e trasparenza si può nascondere di tutto C - La terza novità attiene all'acquisto di azioni proprie da parte delle società quotate. Le ragioni per le quali una società decide di acquistare azioni proprie possono essere le più varie e tralasciando i casi speciali in cui si tratta di acquisto necessario (come per esempio in caso di fusione o di riduzione del capitale sociale), il principale motivo per cui una società quotata acquista le sue stesse azioni è che questa operazione consente di sostenere le quotazioni e la redditività dei titoli, anche perchè finché le azioni restano in proprietà della società, il diritto agli utili e il diritto di opzione rimangono sterilizzati e sono attribuiti proporzionalmente alle altre azioni. È comunque evidente che l'acquisto di azioni proprie è un'operazione lontanissima dall'economia reale ed attiene totalmente all'economia di carta, dato che si investono le riserve della società non per incrementarne la capacità produttiva o per acquisire nuovi mercati, insomma "per fare impresa", ma - di fatto - per distribuire una quota maggiore di utili senza che aumenti la capacità della società di generarne in futuro. Il codice civile dispone che le azioni vengano acquistate su autorizzazione dell'assemblea, utilizzando esclusivamente gli utili distribuibili e le riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio ed impone il limite massimo del 10% del capitale sociale - comprese le azioni acquistate da società controllate - e l'obbligo di costituire una "riserva indisponibile azioni proprie" di entità pari al valore attribuito alle stesse azioni proprie, rappresentato dal prezzo di acquisto. Queste dunque sono le regole generali, che - ancora una volta - vengono derogate dal DL, che ha modificato l'art. 2357 c.c. nel senso che
Insomma le società quotate possono comprarsi sino al 20% del loro stesso capitale. Vero è che non c'è nulla di male a far contenti gli azionisti distribuendo loro degli utili per altra via e se si decide di partecipare ad un capitale di rischio è perchè ci si attende un ritorno economico, ma se l'intera operazione non è impostata nell'ottica di una parità di trattamento dei soci, ma per agevolare di fatto i soci di controllo, allora viene da rimpiangere Rathenau che affermava che scopo di una società "è di far andare i battelli sul Reno e non di distribuire utili". Conclusione Collegando tra loro le norme, l'impianto complessivo della riforma si dimostra essere sostanzialmente una picconata bella e buona alla già scarsa contendibilità delle società italiane quotate e, più in generale, al corretto funzionamento del mercato, dato che i soci di controllo possono decidere, attraverso il buy-back, di incrementare i propri utili, col vantaggio collaterale di aver nel frattempo sterilizzato i diritti di voto di una quota consistente del capitale sociale, magari dopo aver limato la propria partecipazione di controllo senza obbligo di OPA e godendo di una soglia di trasparenza che è la più bassa tra le economie industriali e senza dover neanche sottostare alla passivity rule nel caso in cui qualcuno abbia la strampalata idea di volersi comprare la società. Una vera e propria controriforma, che quei maligni di Repubblica hanno sostenuto essere stata scritta appositamente per blindare Mediaset. Probabilmente è vero, ma la questione non riguarda solo Mediaset, perchè se è vero che è la società del capo del governo, è altrettanto vero che Mediaset è la tipica espressione del capitalismo italiano, che appena può corre via dal mercato e si rifugia nei porti sicuri che si fa costruire dalla politica. By NFA |
Post n°91 pubblicato il 16 Aprile 2009 da amministratore_blog
Già che ci siamo, aumentiamo le tasse sui "super-ricchi". En passant, fra un paper e una regressione, noto questa notizia sul sito del Corriere.it secondo la quale, "per reperire soldi a favore delle popolazioni colpite dal sisma in Abruzzo", il governo starebbe considerando "la possibile introduzione di un prelievo aggiuntivo - un «contributo obbligatorio» - per i contribuenti ad alto reddito. In particolare, la maggiorazione potrebbe scattare per chi supera la soglia dei 130.000-140.000 euro di reddito annuo." 1. C'è stata una tragedia con severe perdite umane ed economiche. È possibile che lo Stato italiano debba ricorrere a misure fiscali eccezionali per reperire questi benedetti fondi a favore delle popolazioni colpite? 2. Già che ci siamo, approfittiamo della tragedia, della solidarietà, del buonismo italico (tutte cazzate di cui amiamo riempirci la bocca, invece di essere un paese serio e far rispettare le norme anti-sismiche già esistenti) per tassare i "super-ricchi", che tanto comunque evadono, sono antipatici cattivi e invidiati da tutti. 3. Per di più, consideriamo anche la possibilità che si tratti di un'addizionale Irpef permanente. Permanente?? Come dicono da questa parte dell'Oceano, ...what the fuck?? Ma allora è proprio una scusa! 4. Da quando in qua la famosa solidarietà non solo è coatta, ma viene anche graduata a secondo del reddito? Come dice tale "elferfan" in un commento alla notizia, sempre riportato da Corriere.it: "La proposta ha uno stampo socialist-populista che aborro. È come se a messa imponessero offerte più alte a chi ha la sciarpa di seta." 5. (Variazione del punto 1) Con tutti i soldi che lo Stato butta allegramente fuori dalla finestra, occorre davvero studiare altre tasse per coprire queste spese impreviste? By NFA |
Post n°90 pubblicato il 08 Aprile 2009 da amministratore_blog
Dove si commenta un improvvido intervento di Bertolaso, responsabile della Protezione Civile. Fare previsioni è un mestiere difficile. Ci si espone al rischio di figuracce. Ne sa qualcosa Bertolaso. Non più tardi di martedì 31 Marzo 2009, intervenendo a Roma ad un convegno organizzato da ministero dei beni culturali e protezione civile sulla esperienza del terremoto che nel 1997 colpì Umbria e Marche, il responsabile della Protezione Civile dichiarò, a proposito delle scosse di terremoto che continuavano a scuotere l'Abruzzo, "non sono tali da preoccupare ma purtroppo a causa di imbecilli che si divertono a diffondere notizie false siamo costretti a mobilitare la comunità scientifica per rassicurare i cittadini." E che ti succede la mattina del lunedì seguente? Un terremoto di quelli che passeranno alla storia patria per numero di vittime e quantità di danni. La difesa di Bertolaso, a chi lo accusa di non aver tenuto conto di chi aveva anticipato il catastrofico evento, è semplice e lineare: i terremoti non si possono prevedere. Ha ragione, ma il punto è un altro. Se le cose stanno come lui afferma, come faceva a sostenere che il terremoto non ci sarebbe stato? Piuttosto che limitarsi a dire che l’allarmismo fa solo danni, avrebbe potuto ricordare che i terremoti non si possono prevedere ma, proprio per questo, l'organizzazione che lui dirige é attrezzata per portare i soccorsi quando servono, in qualunque situazione. Bertolaso, invece, si è incautamente avventurato nel fare una previsione, esattamente quello che, per sua stessa ammissione, gli scienziati di quella disciplina non sono in grado di fare. In un’opinione pubblica come quella italiana, fondamentalmente digiuna delle più elementari nozioni scientifiche, quest’infortunio rischia di far aumentare ancora di più il numero di coloro che non prendono sul serio gli scienziati. Sarà pure sfortunato ma, comunque la si voglia mettere, quando la scienza e gli scienziati vengono utilizzati per fare quello che non sono in grado di fare, rendono un pessimo servizio alla collettività e a sé stessi. |
Post n°89 pubblicato il 02 Aprile 2009 da amministratore_blog
e non solo i mari azzurri dei Caraibi: i paradisi fiscali possono essere pił vicini di quello che si pensa. Una delle armi messe in campo dai governi occidentali per combattere la crisi economica in atto č la lotta ai paradisi fiscali, vale a dire quei paesi che, con normative troppo elastiche, consentono di tenere nascosti gli effettivi titolari di conti correnti o i veri proprietari di societą. Nessuno puņ dire se la mossa potrą avere effetti rilevanti sulla crisi, ma, nell'ottica di una generale moralizzazione dell'economia, č stata salutata dall'opinione pubblica come un intervento positivo. Da uno studio effettuato da un ricercatore australiano (Jason Sharman della Griffith University) emerge che la principale fonte di truffe ed evasioni fiscali, non sono i paradisi off shore, bensģ gli stati di common law (USA e Regno Unito in testa), in cui é possibile costituire societą senza alcun controllo sull'identitą reale dei "beneficial owners", richiesto non solo dalla normativa UE antiriciclaggio, ma anche dalle equipollenti norme di diritto statunitense. La questione ha anche ricadute politiche, dato che il primo ministro lussemburghese, che ha dovuto ingoiare l'abbandono del segreto bancario da parte del suo paese, ha posto esplicitamente la questione dei paradisi fiscali statunitensi. In effetti, in molti stati USA, e cosģ pure in Gran Bretagna, non c'č nessun controllo preventivo sulla identitą dei soggetti che costituiscono una societą, nč sulla attendibilitą dei dati riguardanti la societą stessa che č possibile ricavare dalle varie "companies house", ossia l'equivalente di common law del nostro Registro Imprese. Č emblematico quanto si legge sul sito del registro imprese di Sua Maestą Britannica
Con tanto di successivo disclaimer
Insomma, come direbbero a Roma: "famo a fidasse", il che puņ forse andar bene in tempi normali, ma comincia pericolosamente a far scricchiolare tutto l'edificio quando le cose vanno male e si scopre che l'opacitą delle procedure e la scarsa trasparenza degli attori economici possono aver contribuito, non certo da sole, al gran casino nel quale siamo tutti capitati. A questo proposito il mio editor (Alberto) mi fa notare che occorre distinguere "la trasparenza delle procedure e degli atti (di bilancio e non solo) delle societą con la trasparenza riguardo ai beneficiari. I primi - e solo i primi - sono necessari al funzionamento di una sana economia di mercato. I secondi sono necessari al governo per "meglio tassare" individui, collegando i loro redditi individuali con quelli delle societą che possiedono; oppure servono alla polizia per combattere il riciclaggio." E il mio editor (Alberto) continua - che oggi si deve essere alzato pił liberista del solito - e non me ne fa passare una: sono d'accordo che "il fatto di sapere con ragonevole certezza quali poteri hanno gli amministratori di una societa', qual č il suo capitale e cosģ via fa funzionare meglio il mercato" ma non sono d'accordo che cosi' sia necessariamente per quanto riguarda "sapere chi c'e' dietro a una societa'" a meno che costui/costoro non ne siano anche amministratori. In regime di limited liability, chi possiede non conta, a meno che non amministri (o scelga chi amministri). Sto facendo un punto di lana caprina, me ne rendo conto, perché la distinzione tra "chi c'č dietro" e chi amministra č certamente una area grigia. Ma il punto secondo me č importante. Il trade off pure. Puņ valer la pena perdere qualcosa in trasparenza per guadagnare evitando tasse arbitrarie o troppo progressive. Dipende dalle istituzioni politiche. Concludo io, che, come in tutte le cose, occorre naturalmente trovare un punto di equilibrio che garantisca la fiducia reciproca tra gli attori economici e tra questi e le isituzioni dello stato, la ricerca non č facile, anche se mi sembra evidente che in questo momento il pendolo stia, forse pericolosamente, oscillando verso maggiori controlli statali e sovranazionali. |
Post n°88 pubblicato il 01 Aprile 2009 da amministratore_blog
Un articolo di El Paķs di pochi giorni fa anticipa e rivela la narrativa sottostante il giro di poltrone in atto nella stampa italiana, che non sembra ancora concluso. A dire di El Paķs, con la scusa della crisi, il governo Italiano oramai sta soffocando ogni voce anche solo suggestivamente critica all'operato del governo. Una traduzione dell'articolo č disponibile in questo video. I balletti e trasferimenti rispondono alla precisa logica di piazzare nei posti che contano le persone preferite. Dopo gli avvicendamenti al Sole e al Corriere, Anselmi dalla Stampa passerą, secondo l'articolo, all'Ansa, dove certamente tanti danni non potrą fare. Sarą interessante vedere chi andrą al TG1. Il giornalista spagnolo non le azzecca proprio tutte, ma la logica č chiara e conta poco chi finisca esattamente dove. Che occorra leggere la stampa straniera per capire cosa stia succedendo in Italia probabilmente stupirą pochi dei nostri lettori. Che i direttori dei giornali siano costantemente sotto pressione da parte della casta stupisce anche meno. Se anche un direttore del tutto allineato come Mieli viene deposto, gli altri come si devono sentire? In un altro thread, il nostro collaboratore Marco Boninu sostiene che spostare "De Bortoli al Corriere č l'equivalente di Baudo a Sanremo, di Bongiorno a Sky". Certo, sembra cosģ, ma anche la sola dimostrazione di poter giocare nella stanza dei bottoni serve a mantenere docile il cagnolino. Mi verrebbe da sottolineare la necessitą di eliminare il cordone ombelicale che lega gli editori alla politica, il finanziamento pubblico all'editoria, e sull' urgenza di privatizzare la Rai. Ho purtroppo seri dubbi che questo possa bastare. La commistione di interessi fra le grandi imprese e la politica č tale che questa scellerata situazione č perpetuabile anche senza finanziamento pubblico e con la Rai privatizzata. Cosa sperare? Negli Stati Uniti oramai si parla sempre pił frequentemente del declino e prossima fine della notizia distribuita su carta stampata. Molti quotidiani locali stanno fallendo o sono falliti, anche in cittą con mercati di dimensione consistente (negli USA esiste solo un quotidiano nazionale, USA Today, che non fa opinione: serve ai viaggiatori per leggersi le previsioni del tempo e i risultati delle partite negli aeroporti). Se ne parla parecchio, perché anche se Internet puņ sopperire efficacemente alla fornitura di informazioni, molti sostengono che solo la carta stampata puņ permettersi gli investimenti e i rischi sottostanti alle operazioni di giornalismo investigativo tanto care all'opinione pubblica americana. Di NFA |
Post n°87 pubblicato il 31 Marzo 2009 da amministratore_blog
Berlusconi ha avuto il merito di "sdoganare" nel discorso pubblico la libertą economica e l'idea che la tassazione sia un male. Oggi questo "vestito mai indossato" sta bene alla destra e alla sinistra. A chi non milita nel centro-destra ma anche a chi lo guarda con simpatia, il congresso del Pdl č servito soprattutto per fare il punto sullevoluzione del berlusconismo. Il bilancio di quindici anni in cui la non-sinistra č sempre stata maggioranza nel Paese anche se non necessariamente alle urne, come ha detto Berlusconi, č magro. Luca Ricolfi sulla Stampa ha scritto che limpressione č che la concorrenza politica sia stata fra due conservatorismi. Pdl e Pd (e cosģ i loro predecessori) rappresentano sia istanze di modernizzazione, che rendite di posizione. Le prime si annullano a vicenda: laddove la destra voleva innovare (ieri il mercato del lavoro, oggi il pubblico impiego), la sinistra ha coagulato attorno a sé importanti resistenze. Dove invece era la sinistra a voler voltare pagina (nelle professioni, per esempio), la destra si č fatta garante di equilibri consolidati. Di Alberto Mingardi, da "Il Riformista" |
Post n°86 pubblicato il 31 Marzo 2009 da amministratore_blog
Quando si abbandona il paese in cui si č cresciuti ci sono tante cose che si lasciano dietro e si rimpiangono. Ma, siccome lo si č lasciato, evidentemente ci sono altrettante cose che ben volentieri si abbandonano. Prima di decidere uno si fa le sue due belle colonnine con i pił e i meno della decisione, e poi tira le somme. In mia opinione, il non essere pił obbligato a pagar le tasse per sussidiare la Fiat era da mettere vistosamente nella colonna ''pił''. Č sempre stata una cosa che mi ha violentemente grattato i nervi. Un po' per la pervicacia e continuitą con cui gli Agnelli si sono fatti dare soldi dai contribuenti per decenni, e non sembrano affatto intenzionati a smettere. Un po' perché la richiesta di soldi si accompagnava invariabilmente a richieste di protezionismo e quindi prezzi pił alti per i consumatori. Un po' per quel ridicolo tentativo di presentarci la Fiat come simbolo dell'orgoglio nazionale italiano, attuato comprandosi direttamente o indirettamente il mondo giornalistico e politico. Un po' (perché non ammetterlo?) perché maggiore ricchezza della famiglia Agnelli significava maggiori risorse per la Juventus. Insomma, per tante ragioni, alcune razionali altre forse no. E adesso? Adesso sono qui, a pagar le tasse in amerika, e mi sento dire dal presidente che i soldi della mie tasse verrano dati a Chrysler purché si accordi con la Fiat. Questo č quello che dice il pezzo:
Vedremo come sono i dettagli dell'operazione, ma dal quel che si capisce da questo servizio l'amministrazione sta programmando di dare soldi alla nuova azienda che dovrebbe scaturire dalla partnership tra Chrysler e Fiat. Ossia, direttamente o indirettamente i soldi verranno dati alla Fiat. Ossia, uguale a quello che mi succedeva prima di andar via dall'Italia. Ossia, uguale a quello che succedeva e succede a mio padre e mia madre. Come ''change we can believe in'' non c'č male. Update. Per gli amici e colleghi che sono andati in Canada: nenche voi siete al sicuro. <<Di Sandro Brusco, docente di Economia alla Stony Brook University>> |
Post n°85 pubblicato il 30 Marzo 2009 da amministratore_blog
L'articolo può sembrare un casermone pesante e lungo ma ne vale la pena, per i critici dell'ormai pensiero "comune", questo articolo può rivelarsi interessante, ma anche assai divertente Nel giorno in cui il peronismo italiano ha ufficialmente il suo partito (ed EGdL, una volta ancora, non capisce cosa succeda però ne parla lo stesso) vale la pena svolgere lo sguardo altrove (tanto non c'è alcuna novità degna di commento nel congresso del PdL) e soffermarsi su altri eventi ed altri scritti. Scritto da NFA |
Post n°84 pubblicato il 30 Marzo 2009 da amministratore_blog
Schizofrenica la prima parte, falsa la seconda. Proseguire la lettura per una dimostrazione e per una interpretazione. Iniziamo dalla seconda. Dunque Tremonti (ri)afferma che: "si sta diffondendo non il cibo ma la fame nel mondo. Dati drammatici e tragici." Dove li prende il ministro questi dati drammatici e tragici? Ero davvero curioso di scoprirlo, e visto che non ce lo dice me li sono andati a cercare. Credo ci si possa fidare dei dati della World Health Organization -- l'organizzazione mondiale della sanità -- che mantiene degli ottimi database. Non sto dicendo che la fame nel mondo non esiste, sto dicendo che il totale calorico è aumentato. Questo, naturalmente, non implica che sia adeguato. Il fatto che sia aumentata la media, si potrebbe poi obiettare, è compatibile con la diffusione della fame tra i poveracci e l'obesità tra i ricchi. Giusto, ma l'onere della prova non ricade su di me. Quello che suggerisco è che il trend rivelato da questi dati è l'esatto contrario di drammatico e tragico: è motivo di speranza. Al limite siamo di fronte a un problema di distribuzione calorica, ma le calorie aggregate sono in aumentano in questi paesi che nell'immaginario comune sono affamati. Nella prima parte invece, torna un tema classico e caro al ministro, l'impossibilità di prevedere: "Non credo sia il momento di fare previsioni congiunturali, mi stupisco che qualcuno ancora le faccia." La schizofrenia sta in questo: due mesi fa Tremonti prevedeva (indirettamente, ma prevedeva) un calo del PIL italiano del 2% nel 2009. Mettiamoci d'accordo: o le previsioni si possono fare, oppure non si possono fare. Se non si possono farle non può farle neppure la Banca d'Italia e tantomeno lui. "La squadratura che si sta così determinando, tra offerta che resta fissa e domanda che cresce, ha avuto e avrà nel mondo un effetto strutturale sostanziale: la salita globale dei prezzi. E dunque del costo della vita." Ed ecco cosa è successo ai prezzi nell'ultimo anno. Insomma, s'è stizzito perché - eccheccacchio - uno manco può scrivere un libro che subito succede un casino globale di questre proporzioni, con tanto di deflazione. Prevedere è impossibile. Quindi inutile perdere tempo a leggere e analizzare dati. Articolo di NFA |
Post n°83 pubblicato il 19 Marzo 2009 da amministratore_blog
Sperando che Giulio prenda blocco e penna ed impari qualcosa.... Una lezioncina dalla Repubblica Ceca potrebbe bastare, ma non siamo fiduciosi, l'italica cocciutaggine č nota a tutti. «Venti anni fa la Repubblica ceca eliminņ il comunismo e mise in soffitta l'economia chiusa. Il nostro sogno era di aprirci al mondo, liberalizzare il commercio estero e le nostre prime riforme sono andate tutte in quella direzione. Oggi siamo scioccati quando vediamo qualcuno tentare di riportare il mercato unico europeo al punto di partenza introducendo un nuovo e nascente prtezionismo europeo». Scritto da: Vittorio Da Rold, Il Sole24Ore |
Post n°82 pubblicato il 19 Marzo 2009 da amministratore_blog
I criminali sono tra noi, insidiano i nostri beni, attentano alla nostra sicurezza, la polizia č inerme e allo sbando, ma per fortuna il governo ha istituito le ronde di cittadini che, seppur forse lottizzate, riprenderanno finalmente in mano il controllo delle nostre cittą. "performs civic service in many different areas. Real Life Superheores make an impact on their communities by doing civic activities, public safety patrols, crime fighting, charity work and other pro social acts. I miei preferiti sono captain prospect, superbarrio e master legend, mentre attendo le gesta di entomo il primo supereroe italiano, che ha iniziato in questi giorni a pattugliare le strade di Napoli. |
Post n°81 pubblicato il 16 Marzo 2009 da amministratore_blog
In Italia la situazione economica rispetto agli USA e all'UE, neanche a dirlo, č tutta da un'altra parte. L'imbonitore di gonzi che ci governa (i gonzi, nel caso non si fosse capito, sono coloro che si lasciano da lui governare) ha estratto dal cappello un altro rospo spacciandolo per tonno:"Costruitevi le seconde case, ampliate le villette, ristrutturate il rudere di campagna, fatevi il condominio in cooperativa, vedrete che cosģ passa tutto e con un po' di sforzo avrete tante ville come me (me=BS)." Visto che tutti fanno previsioni, faccio anche io la mia: "a fine anno scopriremo che la riduzione dell'attivitą economica in Italia č stata peggiore che nel resto del mondo, USA inclusi. E quando la recessione mondiale finirą ed il mondo comincerą a crescere di nuovo, scopriremo che l'Italia non crescerą e che la "crisi", nel Bel Paese, aveva la prolunga, cosģ Giulio Tremonti avrą l'opportunitą di dire che lui aveva visto giusto che la crisi era epocale e che ora occorre mettere i presidenti dei consigli di quartiere a controllare la gestione del credito nella locale agenzia della cassa di risparmio". Di NFA |
Post n°80 pubblicato il 05 Marzo 2009 da amministratore_blog
La General Motors è tornata a Washington col cappello in mano, questa volta chiedendo 12 miliardi di dollari da aggiungere al prestito di 18 miliardi concesso dal governo federale l’anno scorso. In effetti GM rischia concretamente il fallimento: nello scorso esercizio, la società ha registrato perdite per 30 miliardi di dollari. Mark J. Roe è docente di diritto fallimentare e governance aziendale presso la Harvard Law School. |
Post n°79 pubblicato il 04 Marzo 2009 da amministratore_blog
Premetto: Oggi l'ANSA ha battuto la seguente notizia: "Niente slogan su Dio sugli autobus italiani: l'Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti) ha interpellato tutte le concessionarie per la pubblicita' sui mezzi pubblici delle citta' italiane e da tutte ha ricevuto un rifiuto per il primo slogan: ''La cattiva notizia che Dio non esiste, quella buona che non ne hai bisogno''. Ma l'Unione atei non ha intenzione di fermarsi. ''Siccome abbiamo raccolto piu' di 30.000 euro tra gli italiani, per pagare la pubblicita' sugli ateobus - spiega Raffaele Carcano, segretario nazionale dell'Uaar - abbiamo deciso di coinvolgere soci e simpatizzanti nella ricerca di un nuovo slogan che possa viaggiare per le nostre citta'. Per partecipare, basta andare sul nostro sito e proporre il nuovo messaggio: il comitato di coordinamento dell'associazione sceglie i migliori e li mette ai voti, di nuovo sul suo sito''. Intanto l'Unione atei si dice pronta all'azione legale. ''Dobbiamo tutelare la liberta' di espressione - conclude Carcano - perche' si tratta di un principio costituzionale che viene regolarmente messo da parte tutte le volte in cui qualcuno dice pubblicamente che Dio non esiste. Intanto sono stati affissi i manifesti atei a Pescara, con lo stesso slogan che avrebbe dovuto circolare sugli 'ateobus', ma non senza accese polemiche in citta''. |
Post n°78 pubblicato il 02 Marzo 2009 da amministratore_blog
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Post n°77 pubblicato il 02 Marzo 2009 da amministratore_blog
È malcostume diffuso fra i politici gonfiare a dismisura i risultati delle iniziative umanitarie finanziate dai rispettivi governi. Più raro è che un politico sciorini i risulati di un'iniziativa che ancora non è partita. In Italia si può. Lancio d'agenzia Reuters del 26 Febbraio 2009, ore 12:01:
"È italiana la proposta di grandissimo successo di finanziamento dei vaccini. C'è appena stata una visita del presidente Kofi Annan, la proposta italiana sui vaccini ha salvato 2 milioni di vite. E all'interno del G20 il primo ministro Gordon Brown mi ha messo dentro un comitato che deve studiare meccanismi di quel tipo", ha detto Tremonti in Parlamento. Il progetto per lo sviluppo di vaccini contro le malattie endemiche, lanciato formalmente nel febbraio 2007, prende il nome di Amc, Advanced market committments for vaccines." Ora, sul fatto che l'AMC rappresenti un’iniziativa interessante sono anche d’accordo col signor Ministro. In breve, un Advance Market Commitment (AMC) si propone di creare un mercato di dimensioni tali da stimolare investimenti privati ed accelerare lo sviluppo di vaccini contro malattie che colpiscono principalmente le popolazioni dei paesi in via di sviluppo, e che pertanto non sono solite interessare le grandi multinazionali farmaceutiche. Nel concreto, un gruppo di donatori si impegna formalmente a finanziare un prezzo relativamente alto per una certa quantità di vaccini, qualora questi venissero sviluppati; le multinazionali che partecipano all’accordo si impegnano poi a continuare la vendita del vaccino ad un prezzo sostenibile dai paesi poveri nel lungo periodo. Vabbè, in fondo i milioni, di vite o posti di lavoro che siano, hanno un potere evocativo caro a molti in Italia. E poi si sa, il nostro Ministro dell'Economia, lui sì, è avanti... By NFA |
Post n°76 pubblicato il 25 Febbraio 2009 da amministratore_blog
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Post n°75 pubblicato il 25 Febbraio 2009 da amministratore_blog
Sembrava essersi compiuta un'evoluzione, a sinistra: ora abbiamo davanti un'involuzione della destra.... Nei gorghi della crisi, c'è un sottobosco ideologico che assapora il piacere della rivincita. Sull'ultimo numero di Prospect, rivista chic dell'establishment britannico, Phillip Blond ha lanciato la provocazione di un "red Tory movement". Battitore libero all'interno del think-tank Demos, Blond suggerisce a David Cameron una ricetta ideologica più tremontiana che thatcheriana, nel segno di una discontinuità forte prima ancora che con la sinistra, col sempre incombente fantasma della Lady di ferro. Blond è un teologo, formatosi fra Warwick e Cambridge, e fino a due mesi fa un personaggio di dignitoso secondo piano, nel magmatico universo culturale conservatore. Per balzare all'onore delle cronache, ha raccolto il testimone dell'autore de La paura e la speranza. Solo che mentre Tremonti affondava il coltello nella carne tremula di un liberismo improvvisato e posticcio, vissuto e pensato come un sistema di idee compiuto e coerente da una minoranza risicata nel centro-destra italiano, Blond si intesta ben altro nemico. |
Post n°74 pubblicato il 25 Febbraio 2009 da amministratore_blog
Non si capisce bene perché la proprietà pubblica dovrebbe risolvere i problemi delle banche..... Caro direttore, è davvero possibile dire no al protezionismo, e contemporaneamente contemplare la possibilità di nazionalizzare le banche? Ancora una volta, Silvio Berlusconi sembrerebbe riuscire in una piroetta se non fosse che, a legger bene le sue dichiarazioni, più che da capo di governo egli sembra parlare da osservare informato. Di Alberto Mingardi |
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