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la par condicio vince

Post n°48 pubblicato il 01 Aprile 2008 da eticamedia

Oggi che la par condicio mostra la sua efficacia sospendendo Annozero di Santoro e Ballarò di Floris, vale la pena di fare qualche considerazione sul tema, prendendo spunto dal suo eroe negativo, Emilio Fede, un settantasettenne d’assalto, la cui moglie – presumo coetanea - figlia di Italo De Feo – allora famosissimo oltre che grande intellettuale e responsabile RAI - è oggi in buona posizione per entrare al Parlamento.

 

Lascio perdere ogni giudizio sul personaggio. Concentro l’indignazione su affermazioni riportate qualche giorno fa da Repubblica in un’intervista occasionata da una sua frase sulle “ridicole imposizioni” dell’Agcom, in quanto multato per 100.000 euro per aver dato il 53% delle sue notizie al PDL, tra i tanti partiti che si presentano in queste elezioni. Lui afferma che lo share del suo telegiornale lo salva, che in fondo non vede il problema, vista la diversa rilevanza delle posizioni. E quindi “io non intendo rispettarla. Ovvero, la rispetterò secondo la mia deontologia” – un’affermazione che un avvocato, ad esempio, potrebbe reputare molto interessante per far sospendere quasi tutti i crimini commessi, se giustificabili all’interno di una deontologia riconosciuta – non, ad esempio, la deontologia del ladro o dell’assassino, ma quella del proprietario di case e terreni, o di concessioni di qualche tipo. Interno alla deontologia di settore, infatti, è il principio economico di consentire la massima espansione al proprio commercio, quindi ritocco questa legge – non proprio tanto, quel poco che mi serve per costruire un villino abusivo o altro. Il principio affermato è insomma di una falsità palese.

Si potrebbe dire che si tratta di una intervista, di uno sfogo: ma non è un giudizio retto di un giornalista ai primi posti della carriera in Italia sottovalutare la comunicazione al giornale più letto del paese – a meno di non aver voluto dargli notizie false, così da poter poi creare bagarre, come ultimamente pare si vada cercando con ogni mezzo.

Chiunque abbia visto il tg4 sa bene che le parole sono veritiere, è la linea perseguita con forza, anche se in genere senza offesa alla legge ma solo al buon giornalismo: è sicuro, difatti, che si tratta di un prodotto buono dal punto di vista spettacolare - ma è solo questo il compito di un giornalista TV? Annulla il TV il termine giornalista, sarebbe un ossimoro, come oggi usa dire, una contraddizione in termini? Se il ruolo si diversifica, com’è certo, non annulla il controllo delle notizie e l’equilibrio nelle passioni (almeno formale): altrimenti, è politica pura.

Non chiamiamolo telegiornale, diamogli qualche nome alla Cucuzza, e le cose avranno un peso diverso. L’appartenenza al genere infatti conta molto sulla deontologia professionale, e si deve dire che il lettore nell’apprendere questi commenti può dubitare dei termini in cui questa deontologia professionale consista: un professionismo, di certo, una deontologia no – o almeno non di giornalista.

 
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