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Il regno dell'impossibile

Post n°18 pubblicato il 26 Febbraio 2011 da lemagichefiabe
 
Tag: Fiabe, g1b9

 

 

 

Il regno dell’impossibile


In un paese, ai confini de mondo conosciuto, viveva un popolo felice.
Le persone si alzavano al mattino con la gioia nel cuore, liete di intraprendere una giornata di lavoro , perché sapevano che tutto quello che la loro operosità produceva sarebbe andato a vantaggio di tutti. Cantavano tutto il giorno e la sera nelle loro case regnava un grande serenità.
Nelle giornate di festa si radunavano nelle piazze e si divertivano tutti insieme, tra loro vi era una grande concordia … era veramente un paese invidiabile!
Tutto questo benessere era merito dei sovrani di quel piccolo stato, che godevano per la felicità dei sudditi, ma avevano un cruccio: dopo parecchi anni di matrimonio ancora non avevano un figlio e più passava il tempo più si preoccupavano. Chi avrebbe vegliato sulla felicità dei sudditi, quando , vecchi e stanchi, avrebbero dovuto lasciare questo mondo?
La regina aveva interpellato tutti i santoni, dei quali aveva conoscenza, affinché facessero il miracolo di renderla madre, ma nessuno di loro riuscì in questo miracolo, finché un giorno, mentre triste passeggiava in giardino, vide un rospo che prendeva respiro su un sasso in riva al laghetto.
Si fermò ad osservarlo perché i suoi grandi occhi erano buoni. Anche il rospo la osservava, poi,improvvisamente, con voce gracchiante iniziò a parlare:
- “Vorresti un figlio, vero?”
- “Si, certo” - disse la regina.
- “Allora posso aiutarti” - riprese il rospo
- “ basta che tu mi baci, guardandomi negli occhi ed avrai il figlio che tanto desideri”.
La regina volle credere a quelle parole, vinse il ribrezzo che provava e baciò il rospo. 
Un po’ stordita per quello che era successo tornò alla reggia e raccontò tutto al marito, che rise al solo immaginare sua moglie baciare un rospo.
Tuttavia non passò molto tempo ed il re si rese conto che la profezia si stava avverando … presto avrebbero avuto il sospirato erede, quello che, cresciuto all’amore per il prossimo come era loro desiderio, avrebbe mantenuto la felicità nel piccolo regno.
Quando nacque questo principino ci furono grandi festeggiamenti nel piccolo regno e vennero da ogni parte a portare doni e per augurargli un futuro felice e bellissimo.
L’unico ad essere veramente furioso era un vecchio stregone.
Costui abitava in un castello appollaiato sul cucuzzolo roccioso di un monte, nelle vicinanze del paese, e da lì osservava in basso la gente.
Fino ad allora aveva sperato che nessun erede nascesse in quel paese in modo da poterne prendere possesso alla morte dei sovrani e trasformarlo in un mondo triste e cattivo come era lui stesso.
Vista svanire la sua speranza rapì il giovane principino, portarlo nel suo castello e farlo crescere lassù in modo che non potesse subire l’influenza benefica dei suoi genitori.
Ogni giorno lo istruiva su come diventare un perfetto tiranno, egoista, insensibile al prossimo, incapace di amare. Inoltre gli ordinava di bere ogni giorno un intruglio misterioso, che solo lui sapeva preparare.
Il tempo trascorreva; il principe cresceva nella più totale solitudine poiché non aveva contatti col mondo esterno e poteva parlare solo con lo stregone.
Non era felice, ma non se ne rendeva conto, non conosceva nemmeno il significato della parola felicità. Non aveva svaghi, se non solo quello di guardare il cielo, le stelle, la luna, e gli uccelli che, liberi, potevano librarsi in volo negli spazi infiniti. Avrebbe tanto voluto essere come loro, assaporare le gioie della libertà più piena.
Un giorno, mentre , come sempre, se ne stava sulla torre più alta del castello guardandosi intorno, vide fermarsi sulla balconata un bellissimo piccione.
Si avvicinò, con circospezione per non spaventarlo e, stupito si accorse che, non solo il volatile non si spaventava, ma se ne stava come in attesa.
Infatti, legato con un nastrino azzurro alla sua zampetta, aveva un rotolino di carta ed attendeva che il principe lo prendesse.
Il principe si avvicinò e, scoprendosi capace di accarezzare la testolina dell’animale, slegò il nastrino e prese, incuriosito , quel rotolino di carta. Lo aprì e vide che vi era scritto qualcosa. Si rannicchiò in un angolo, per non essere visto dallo stregone ed iniziò a leggere: - Chiunque leggerà queste parole, desidero che sappia che vengono da un cuore pieno d’amore e desideroso di donarne a chi vorrà far tesoro di quest’amore per tutta la sua vita. Se tu, che leggerai,vorrai questo amore, mandami una risposta attraverso questo colombo, nello stesso modo in cui ho fatto io -
Il giovane rimase attonito, leggeva e rileggeva ,ma non conosceva la parola amore e quindi neanche il suo significato. Decise di farsi coraggio e chiedere al suo carceriere. Lo stregone si stupì del fatto che il principe conoscesse quella parola e ne chiedesse il significato. Tuttavia decise di dargli una qualsiasi spiegazione, poiché era talmente sicuro che mai avrebbe potuto conoscere veramente l’amore.
Il principe , allora, scrisse anche lui il suo biglietto, nel quale spiegava che ben volentieri avrebbe voluto questo amore perché non l’aveva mai provato e ne era molto incuriosito: - Sono un principe e se tu mi darai amore io ti darò un regno, quando lo avrò in eredità. -
Legò il foglio alla zampetta del colombo e poi lo lanciò in alto per fargli prendere il volo. Questo, in breve tempo, tornò dalla sua padrona e si posò dolcemente sulla sua spalla. La fanciulla lo accarezzò, poi prese il foglietto e lo lesse. Stupita dalle parole si chiese come mai un principe, che avrebbe potuto avere tutto quello che desiderava, volesse l’amore da una sconosciuta. Rispose al principe con tutta la sincerità possibile, spiegandogli che lei era una povera ragazza ed il suo stato non le avrebbe mai permesso di diventare regina. Tuttavia non poteva negare amore a chi lo chiedeva ed avrebbe esaudito il suo desiderio ogni giorno tramite il suo colombo.
Cosi iniziò a scrivere al principe raccontandogli della sua povera vita, regalandogli ogni giorno un bacio, una carezza ed un sorriso. Il principe gli rispondeva sempre le stesse parole: - voglio l’amore, non so che farmene di quelle cose che mandi ed io non so nemmeno cosa siano -
Questo scambio di messaggi, ormai, durava da parecchio tempo e in entrambi cresceva lo stupore per questa incomprensione.
Il povero piccione, stanco, stremato da questo andirivieni al quale era costretto,un giorno riuscì a mala pena a tornare dalla sua padrona e cadde morto. La ragazza ormai si era affezionata al suo principe ed ora non avrebbe più potuto comunicare con lui.
Chiuso nel suo castello, il giovane, sempre in attesa di quei messaggi , non riusciva a darsi pace ed ogni giorno s’intristiva sempre più perché pensava che mai avrebbe visto l’amore.
Lo stregone continuava sempre ad educarlo al male e quindi lui non conosceva baci, carezze, sorrisi e soprattutto l’amore. Quando chiedeva spiegazioni otteneva soltanto vaghe risposte.
Lontano, in quella casetta sperduta oltre il grande bosco, che nascondeva al principe prigioniero quello che succedeva nel regno di suo padre, la ragazza si disperava; pensava di continuo al suo amico infelice, avrebbe voluto aiutarlo, ma proprio non sapeva chi fosse né dove abitasse. Inoltre, l’unico che avrebbe potuto guidarla non c’era più.
Ma un giorno decise che avrebbe trovato il principe a tutti i costi!
Preparò un piccolo fagotto con le poche cose di cui avrebbe avuto bisogno e si mise in cammino. Si nutriva di bacche, di frutti di bosco e di qualche uovo di uccello caduto dal nido. Raramente incontrava una persona e quando aveva questa fortuna era una gran festa: quella persona veniva da quel regno di gente buona e felice e spartiva con lei tutto quanto aveva con se.
Venne inoltre a conoscenza della terribile disgrazia che si era abbattuta su quel regno felice a causa del rapimento del principe. Allora la fanciulla capì chi era il suo principe e aumentò in lei il desiderio di trovarlo ed offrirgli il suo aiuto.
Pertanto proseguì il suo cammino.
Viaggiava ormai da parecchi giorni, era un giorno molto caldo e sentì il bisogno di riposare i suoi piedi nell’acqua fresca di un ruscello che, invitante, scorreva lungo il sentiero. Si sedette sul ciglio della via e immerse i suoi piccoli piedi in quella meravigliosa frescura, divertendosi a guardare un piccolo rospo che le saltellava attorno per nulla impaurito, quasi volesse attirare la sua attenzione.
Lo lasciò fare per un po’, poi si chinò e lo prese in mano con una tale facilità che ne rimase stupita: sembrava che il rospo stesse attendendo solo quel momento:
- “Ah, come sarebbe bello se potessi incontrare lui così come ho incontrato te!!!! - disse la ragazza rivolta al rospo, facendo un grande sospiro.
- “Chi sarebbe questo lui che vorresti incontrare?” - rispose una voce gracidante, che la ragazza , al momento, non capì da dove provenisse.
Si guardò intorno, ma non vedendo nessuno si rese conto che a parlare era stato il rospo.
- “Ma tu parli?” - chiese lei -
- “Si, certo, e posso aiutarti se mi dici chi stai cercando” - rispose quell’ esserino verde che aveva sulla sua mano. -
-“ Vorrei donare l’amore al principe, prigioniero dello stregone, e liberarlo dall’incantesimo che lo rende cattivo, ma non so come raggiungerlo.”
- “ Se tu mi darai un bacio guardandomi negli occhi, diventerai una ranocchia ed io ti accompagnerò da lui”.
La fanciulla pensò che mai, nelle vesti di ranocchia, avrebbe potuto aiutare il principe, tuttavia il desiderio di portargli l’amore la spinse ad acconsentire.
Guardò il rospo negli occhi e lo baciò.
In quel preciso istante si ritrovò a saltellare da una sponda all’altra del ruscello insieme al rospo, che la stava conducendo al castello dove abitava il principe con lo stregone.
Saltellarono per parecchio tempo, perché dovevano risalire il ruscello ed arrivare fino alla sorgente che si trovava proprio nel giardino dove spesso gironzolava, annoiato ed incattivito, il principe.
Il bel prigioniero era molto arrabbiato con quella ragazza perché non riceveva più i suoi messaggi: non poteva sapere quale fosse stata la sorte del piccione viaggiatore.
Di tanto in tanto il rospo e la ranocchia si fermavano per riposarsi,mangiare qualcosa e chiacchierare.
Durante una di queste tappe la ranocchia volle sapere il motivo per il quale, per raggiungere il principe, aveva dovuto rinunciare ad essere una bella fanciulla.
Il rospo le spiegò che anche la regina, madre del principe, era riuscita a realizzare il suo sogno di diventar madre baciandolo e che quindi anche lei, che per amore del principe e che con grande coraggio lo aveva fatto, avrebbe avuto la sua ricompensa così com’era stato per la regina. Le due donne, infatti, per amore avevano superato una prova: baciare un rospo, e che questo coraggio sarebbe stato ricompensato con la realizzazione del proprio sogno. La sua ricompensa, inoltre, sarebbe stata maggiore, poiché lei aveva superato una prova più difficile: trasformarsi in rana oltre che baciare il rospo.
- “Io ti sarò sempre vicino e ti guiderò passo passo verso ciò che desideri, abbi fiducia” - disse il rospo concludendo.
Per alcuni giorni continuarono il loro viaggio finché, finalmente, sbucarono in un bel laghetto nel quale guizzavano decine di pesciolini colorati e fiorivano moltissime ninfee coloratissime.
Non c’era un posto più bello per mettersi in attesa della passeggiata giornaliera del principe prigioniero.
Quel giorno, come al solito, lo stregone gli aveva servito la pozione della cattiveria, lo aveva istruito su come diventare un principe tiranno ed ora lo lasciava libero. Allora lui decise di andare in giardino. Camminava guardando in su, con la speranza che dal cielo arrivasse il colombo messaggero.
Era sazio di odio, ma voleva conoscere l’amore e non si dava pace.
Come avrebbe potuto distruggerlo se non lo conosceva?
Ad un tratto sentì un gracidio vicino al laghetto, si avvicinò e vide la ranocchia.
Si fermò a guardarla ed in quel momento la ranocchia gli saltò su una spalla. Infastidito la cacciò via, ma lei tornò e tornò finché lui la prese sulla mano.
Solo allora la ranocchia iniziò a parlare:
- ”Principe, non sei tu che vuoi conoscere l’amore?”
-“ Si, certamente, ma chi mi mandava baci ed abbracci per farmelo conoscere non mi aiuta più. E’ tanto che non mi manda i suoi bigliettini …”
-“ Posso insegnarti io l’amore, ma tu devi avere il coraggio di guardare questi miei occhi e poi darmi un bacio”.
Il principe era un po’ schifato e perplesso, ma il desiderio dell’amore ebbe il sopravvento.
Guardò la ranocchia negli occhi e questi, lentamente si trasformarono in due splendidi occhi color cielo, poi avvicinò le labbra a quelle viscide della ranocchia …
Il tempo del bacio non era finito poiché si trovò ad abbracciare una splendida fanciulla, che continuava a baciarlo mentre lui sentiva il suo cuore battere sempre più forte …
- “Cos’è questa cosa che mi sta accadendo, mai mi sono sentito così?”
-“ Mio bellissimo principe” - rispose la fanciulla - “Volevi l’amore ed io te l’ho portato”.
Il Principe rimase sbalordito, continuava a stringere e a baciare la bellissima ragazza … poi disse un pensiero ad alta voce:
- “Ed io dovrei distruggere tutto questo? No , non lo farò mai , so che l’amore mi renderà molto forte, se tu starai con me, allora ci batteremo con coraggio e distruggeremo l’odio e la cattiveria”.
La fanciulla acconsentì ed insieme affrontarono lo stregone, che , vistosi impotente si dissolse nell’aria. E con lui sparì anche il suo castello ed il mondo cattivo che gli stava intorno.
Nel regno felice la gente lo diventò ancora di più perché era tornato il loro principe e con lui la certezza di un futuro sempre sereno; senza odio; senza invidie e senza prepotenze, dove ognuno godeva di quello che aveva e che faceva perché a guidare tutto questo c’erano due sovrani meravigliosi: Amore e Gioia.
Ebbero molti figli e li chiamarono: Pazienza, Giustizia, Onore,Rispetto, Riconoscenza, Operosità, Merito, Lealtà, Volontà, Forza ed infine Coraggio.
In questo posto meraviglioso c’era proprio tutto il necessario per rendere la vita degna di essere vissuta.
Mancava soltanto una cosa: il Denaro, sparito insieme allo Stregone del male, ma questo nessuno lo rimpiangeva poiché in quel regno dove tutti dividevano tutto, il denaro none era affatto necessario.


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