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Impeachment, come funziona la messa in stato d'accusa del Presidente della Repubblica

Post n°1408 pubblicato il 30 Gennaio 2014 da pasquino_indignato
 

Impeachment, come funziona la messa in stato d'accusa del Presidente della Repubblica

 

Ammissibile solo in casi tassativamente previsti. Analisi preliminare da parte del Parlamento. Decisione finale affidata alla Corte Costituzionale

di MARCELLO GELARDINI

Il Movimento 5 Stelle ha depositato quella che molti chiamano richiesta d'impeachment' ma che, ai sensi della nostra Costituzione, consiste nel procedimento di 'messa in stato d'accusa del Presidente della Repubblica'. Nell'ordinamento italiano, infatti, non esiste la procedura d'impeachment vero e proprio. Questo termine inglese (variazione del francese empêchement, letteralmente 'impedimento') è oggi entrato nel gergo comune per chiamare il processo contro il Capo dello Stato ma, in realtà, indica un istituto tipico del sistema politico americano, la cui Costituzione prevede tale procedura sia per i giudici sia per i componenti dell'esecutivo, ma che è abbastanza diversa dalla nostra. In Italia, come detto, la Costituzione disciplina invece la messa in stato d'accusa del Presidente della Repubblica, articolo 90 della Carta fondamentale, che recita: "Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri".

I presupposti. Una procedura, nei fatti, molto stringente e prevista solo in casi tassativamente indicati. Fatta salva l'assenza di responsabilità per gli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, il Presidente della Repubblica può infatti essere giudicato solo per i reati di 'alto tradimento' (ad esempio la diffusione di segreti di Stato o, in tempi di guerra, l'accordo con Stati esteri nemici) oppure, ed è il caso del documento presentato dai Cinquestelle, per 'attentato alla Costituzione' (quando, cioè, si verifichi una violazione delle norme costituzionali tale da stravolgere i caratteri essenziali dell'ordinamento al fine di sovvertirlo con metodi non consentiti dalla Costituzione stessa). L'ammissibilità di questa messa in stato d'accusa è una prerogativa esclusiva del Parlamento, la sentenza spetta invece alla Corte costituzionale.
 
L'analisi preliminare. Quando viene presentata la richiesta formale, si riunisce d'urgenza un comitato di deputati e senatori scelti tra i componenti delle rispettive giunte di Camera e Senato competenti per le autorizzazioni a procedere. La maxi-commissione (20 membri, scelti d'intesa fra i presidenti delle due assemblee e nominati proporzionalmente al 'peso' dei gruppi parlamentari) svolge un primo esame delle accuse e decide se archiviarle o sottoporre la questione al Parlamento in seduta comune. Qualora prevalga questa seconda ipotesi, per dare corso all'iter serve la maggioranza assoluta dei componenti del Parlamento (i 630 Deputati più i 315 Senatori, cui vanno aggiunti i Senatori a vita). Numeri alla mano, attualmente, servirebbero 477 voti per decidere di procedere con la messa in stato d'accusa per Napolitano.

Il processo. Ma non sarà il Parlamento a giudicare materialmente il capo dello Stato: in caso di voto favorevole della Aule, infatti, la Costituzione (agli articoli 134 e 135) prevede che sia un organo terzo e indipendente ad avere la responsabilità della decisione finale: la Corte Costituzionale, con una composizione differente rispetto alla generalità dei casi. Ai 15 componenti cosiddetti 'togati', che formano la Corte propriamente eletta, si aggiungono altri 16 membri estratti a sorte dallo speciale 'elenco di cittadini aventi i requisiti per l'eleggibilità a Senatore', che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici costituzionali ordinari (in seduta comune e a maggioranza dei 2/3 dei componenti). Ma non è finita, perché ai 31 'giudici' si aggregano i cosiddetti 'Commissari d'accusa' (uno o più di uno) eletti dal Parlamento, tra i propri membri, per sostenere le accuse a carico del Presidente della Repubblica.

La sentenza.  A questo punto parte il processo vero e proprio, che si svolge come un classico procedimento penale (con udienze, testimonianze, interrogatori, dibattimento) al termine del quale la Consulta emette una sentenza con cui dichiara la destituzione del Presidente oppure lo assolve dai capi d'accusa. Una sentenza che sarà inappellabile, come tutte le decisioni della Corte Costituzionale.
 
Un procedimento, dunque, molto articolato che ha l'obiettivo implicito di tutelare il più possibile il capo dello Stato, garante della Costituzione e dell'unità nazionale, da accuse pretestuose e strumentali, riservando un'analisi esauriente solamente a reati davvero gravi. Per questo, nella storia repubblicana, nessun Presidente è mai stato formalmente messo in stato d'accusa né, ovviamente, destituito. Anche se, in un paio di occasioni, ci si è andati vicino: nel 1978, quando Giovanni Leone si dimise dopo l'annuncio del Pci di voler avviare la procedura d'impeachment per lo scandalo Lockheed, e nel 1992, quando il Pds dichiarò di voler chiedere lo stato d'accusa per Francesco Cossiga (per aver snaturato il ruolo di Presidente), il quale però si dimise poche settimane prima della scadenza del mandato.

la repubblica, 30 Gennaio 2014


Dove pensano di trovare i voti in Parlamento, i grillini, per mettere in stato d'accusa il Presidente della Repubblica? Fanno solo propaganda, nulla di serio e costruttivo. Proprio dei BUFFONI.

Pasquino, 30 Gennaio 2014

 
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Commenti al Post:
lo_snorki
lo_snorki il 01/02/14 alle 00:51 via WEB
Finirà con un niente di fatto ...
(Rispondi)
 
pasquino_indignato
pasquino_indignato il 01/02/14 alle 12:28 via WEB
Già, l'unica cosa che sanno fare è alzare polvere. Mi ricordano tanto le armi di distrazioni di massa di Silvio Berlusconi.
(Rispondi)
armanduk100
armanduk100 il 03/02/14 alle 07:53 via WEB
Pasquino è la più celebre statua parlante di Roma, divenuta figura caratteristica della città fra il XVI ed il XIX secolo. Ai piedi della statua, ma più spesso al collo, si appendevano nella notte fogli contenenti satire in versi, dirette a pungere anonimamente i personaggi pubblici più importanti. Erano le cosiddette "pasquinate", dalle quali emergeva, non senza un certo spirito di sfida, il malumore popolare nei confronti del potere e l'avversione alla corruzione ed all'arroganza dei suoi rappresentanti. Alla luce di questo, sarebbe meglio tu cambiassi il tuo nick..propongo pasquino allineato, pasquino renziano, pasquino conformista, che ne dici?
(Rispondi)
 
pasquino_indignato
pasquino_indignato il 03/02/14 alle 11:53 via WEB
Questa è la tua opinione legittima quanto la mia e quella di altri. Peccato che tu non abbia altre argomentazioni, e ne capisco i motivi, se non quella di attaccarmi sul nick. Avete un pensiero povero fondato sull'odio personale, non avete altro da dire ne da dare, siete finiti nel buco nero delle vostre idee.
(Rispondi)
armanduk100
armanduk100 il 05/02/14 alle 06:04 via WEB
Come si fa a qualificare a gran voce come “sgangherata” la costituzionalissima richiesta di messa in stato d’accusa del Capo dello Stato, che a partire dalla nomina di Monti a senatore a vita e poi a primo ministro non avrà attentato alla Costituzione, ma l’ha almeno applicata con molta elasticità e arbitrarietà, sempre ‘nello spirito di un atlantismo addirittura servile (pensiamo alla grazia per il colonnello Romano). Fino all’ultimo decreto che, dopo tanti altri, ha lasciato passare senza battere un colpo, alla faccia della manifesta disomogeneità tra l’Imu e il regalo alle banche, non mitigato nemmeno da un richiamo al dovere di sostenere l’economia con una politica creditizia meno rapinatoria. Quanto all’ostruzionismo, che qualche zelante democratico ha addirittura pensato di perseguire penalmente, sarebbe il caso di capire che mentre si chiude sempre più un blocco renziano-berlusconiano teso a perpetuare il regime delle larghe intese che strangolano la nostra economia, è fin troppo poco ciò che si è visto in Parlamento. La legge elettorale che si progetta è l’anticamera del regime, una sorta di legge truffa costituzionalizzata, come il fiscal compact che minaccia di ridurci alla miseria e forse alla guerriglia urbana. Salviamoci almeno dall’ipocrisia dei tanti democratici di complemento che si stracciano le vesti in nome della dignità di un Parlamento che sembra sempre più avviato a una indecorosa eutanasia. Non lo dico io,lo dice Gianni Vattimo. lo conosci?
(Rispondi)
armanduk100
armanduk100 il 05/02/14 alle 06:05 via WEB
Purtroppo anche tu parli senza conoscere
(Rispondi)
 
pasquino_indignato
pasquino_indignato il 05/02/14 alle 11:12 via WEB
Per dare autorevolezza alle tue tesi devi ricorrere alla retorica di Vattimo, mi sembra un “pensiero debole”, parafrasando il concetto filosofico dello stesso Vattimo e Rovatti. Per quanto mi riguarda non ho altro da aggiungere alla mia risposta precedente.
(Rispondi)
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