Creato da ShamanaInteriore il 25/06/2007

Madre Terra

Appunti sul Mito della Dea Madre

 

 

Al giungere di una nuova vita 

Foto di ShamanaInteriore



“Oh sole, luna e stelle che percorrete i cieli,

vi prego ascoltatemi:
è giunta una nuova vita in mezzo a noi,
accoglietela, vi imploro,
rendete facile la sua strada
perché possa raggiungere
il livello della prima altura!
Oh venti, nubi, pioggia e nebbia,
che vi muovete nell’aria,
vi prego, ascoltatemi:
in mezzo a voi è giunta una nuova vita,
accoglietela, vi imploro,
rendete facile la sua strada
perché possa raggiungere
il livello della terza altura!
Oh uccelli piccoli e grandi,
che abitate nei boschi!
Oh insetti che volate fra le erbe
e vi seppellite nella terra,
ascoltatemi, vi prego:
in mezzo a voi è giunta una nuova vita,
accoglietela, vi imploro,
rendete facile la sua strada
perché possa raggiungere
il livello della quarta altura!
Oh voi tutti in cielo, nell’aria, sulla terra,
ascoltatemi, vi prego:
in mezzo a voi è giunta una nuova vita,
accoglietela, vi imploro,
rendete facile la sua strada, che possa andare
oltre le quattro alture!”

Pueblo Omaha

“Presso le popolazioni native del Nord America, la profonda dimensione spirituale della vita che permeava di sé tutte le manifestazioni umane era testimoniata dalle invocazioni, dalle preghiere, dalle cerimonie sacre che si intrecciavano alla vita quotidiana e ne scandivano il ritmo e le stagioni. Tra le varie occasioni di canto e preghiera la nascita di un bambino era una delle più significative. Presso molti popoli nordamericani si credeva che la vita fosse trasmessa al bambino dal Popolo Soprannaturale e venisse soffiata nel suo corpo dal vento. Questo si stabiliva vicino al cuore e di lì controllava i movimenti della persona come un giudice. Alla nascita di un bambino nella tribù veniva scelto un saggio che, presente al parto, doveva benedire il nuovo nato con una preghiera augurale come quella che qui si legge.
Le quattro alture citate nella preghiera rappresentano le quattro età dell’uomo: infanzia, giovinezza, maturità, vecchiaia.”

(dal web)
 

 
 
 

Canto Navaho 

Foto di ShamanaInteriore

“Stiamo per partire, ragazzo. Le praterie di un tempo non esistono più, ma se verrai con me ti mostrerò il volto fiero degli eredi di queste terre. Terre dell'anima, terre dei ricordi... terre del Grande Spirito, del soffio impetuoso del vento mentre percorrerai le storie dei popoli d'America, aggrappato alla criniera di luna del tuo selvaggio, gentile compagno. Tu cavalca, ragazzo ... cavalca ...”

“Per un europeo è difficile pensare a uno spettacolo più impressionante di un gruppo di Navaho che cantano i loro tradizionali canti sacri imparati e tramandati con la massima cura e precisione. Lo stile monotono e tranquillo dei canti sembra accresciuto dalla concentrazione dei cantori che, a occhi chiusi o con lo sguardo fisso, concentrano ogni loro pensiero sul canto per non sbagliare una parola di una sequenza della litania.
In un’abitazione dove qualcuno è malato si tiene una cerimonia propiziatoria di guarigione. Il ritmo cadenzato delle canzoni vibra per tutta la notte e i gruppi di cantori, ai lati opposti del focolare, gareggiano in una prova di resistenza.
Quando un gruppo crolla, viene subito sostituito da un altro gruppo, fresco, e in questo modo, come la catasta centrale di un mucchio di legna che arde, il canto si prolunga nella notte fino alla scomparsa delle stelle. Allora sopraggiunge una pausa e il canto cambia. Tutte le voci si uniscono e nasce, in misurata cadenza, un canto Hozhonji, un canto della montagna, che segna il termine della cerimonia notturna e saluta l’arrivo del giorno. Intonare un canto Hozhonji è sempre un atto di consacrazione.
Questi canti descrivono un viaggio in un luogo santo oltre le montagne sacre, dove c’è vita eterna e beatitudine. Le Divinità che vivono sulle montagne e al di là di esse hanno composto i canti, che infatti parlano del viaggio come di un ritorno a casa.
Quando questi canti vengono dedicati a un uomo, il suo spirito compie il viaggio descritto nel canto. Trasportato dall’arcobaleno, egli si muove da monte a monte, perché è così che si muove il dio, a cavallo dell’arcobaleno. L’arcobaleno è rapido come il fulmine.”



Canto Hozhonji

Rapido e lontano io viaggio,
rapido sull’arcobaleno.
Rapido e lontano io viaggio,
Guarda, laggiù, il Luogo Santo!
Si, veloce e lontano io viaggio.
Verso Sisnajinni e oltre,
Si, rapido e lontano io viaggio;
Il Capo delle Montagne e oltre.
Si, rapido e lontano io viaggio;
Verso la vita eterna e oltre,
Si, rapido e lontano io viaggio;
Verso la gioia immutabile e oltre,
Si, rapido e lontano io viaggio;

Verso casa ora viaggerò,
Verso casa sopra l’arcobaleno;

Verso casa guardami partire,
Verso casa sopra l’arcobaleno;

Verso casa guardami viaggiare,
Verso casa sopra l’arcobaleno;

Ora guardami, sono arrivato a casa,
Ora, sono arrivato con l’arcobaleno,

Ora guardami, sono arrivato a casa,
Guarda, è qui il Luogo Santo!

Si, ora guardami, sono arrivato a casa.
A Sisnajinni e oltre,
Si, ora guardami, sono arrivato a casa.
Il Capo delle Montagne e oltre;
Si, ora guardami, sono arrivato a casa.
Nella vita eterna e oltre,
Si, ora guardami, sono arrivato a casa.
Nella gioia immutabile e oltre,
Si, ora guardami, sono arrivato a casa.

Seduto a casa, guardami,
Seduto in mezzo all’arcobaleno,
Seduto a casa, guardami,
Guarda, è qui il Luogo Santo!
Si, seduto a casa, guardami.
A Sisnajinni e oltre,
Si, seduto a casa guardami.
Il Capo delle Montagne e oltre,
Si, seduto a casa, guardami.
Nella vita infinita e oltre,
Si, seduto a casa, guardami.
Nella gioia immutabile e oltre,
Si, seduto a casa, guardami.


(dal web)
 

 
 
 

Anima Femminile 

“La donna selvaggia porta tutto ciò di cui una donna ha bisogno per essere e sapere.
Porta il medicamento per tutto. Porta storie e sogni e parole e canzoni e segni e simboli.
Riunirsi alla natura selvaggia significa fissare il territorio, trovare il proprio branco, stare con sicurezza e orgoglio nel proprio corpo, parlare e agire per proprio conto, in prima persona, rifarsi ai poteri femminili innati dell'intuito e della percezione, riprendere i propri cicli.
La donna selvaggia è intuito, veggenza, colei che sa ascoltare. Lei è idee, sentimenti, impulsi, memoria. E' colei da cui andiamo a casa. E' quello che ci fa andare avanti quando pensiamo di essere finite. Lascia impronte ovunque ci sia una donna che è terreno fertile. Vive in un mondo lontano che a forza si apre un varco verso il nostro mondo.”

Clarissa Pinkola Estés, “Donne che corrono coi lupi


 

 
 
 

Per tutte le figlie 

“Per tutte le figlie intelligenti, ignare, erranti, saccenti .. per le figlie che corrono su un rettilineo o procedono a sbalzi .. per quelle che stanno imparando a ridere di gusto .. per quelle che, integre, guarite o meno, di qualsiasi classe, clan, oceano o stella .. per tutte le figlie che hanno ereditato un dono di amore dalle amate ave scomparse, che tuttora fanno loro visita .. per tutte le figlie che hanno udito casualmente parole di saggezza destinate ad altre orecchie, ma quelle “parole giuste al momento giusto” hanno acceso una scintilla che da allora ha illuminato il loro mondo .. per tutte le figlie che hanno sentito la saggezza, non l’hanno compresa, l’hanno riposta per il giorno in cui avrebbero capito .. per le figlie che remano da sole e per necessità hanno dovuto scegliere le loro anziane donne in libri preziosi, in immagini illuminanti create dal cinema, dalla pittura, dalla scultura, dalla musica e dalla danza .. per le figlie che assimilano buon senso e atteggiamenti opportuni da spiriti di saggezza evanescenti e rozzi che compaiono nei sogni della notte .. per le figlie che stanno imparando ad ascoltare la vecchia donna saggia della psiche, l’irreale senso interiore di limpidezza, ascolto, percezione e interpretazione intuitiva .. per le figlie che sanno che questa fonte di saggezza è come la ciotola magica di porridge della favola, che non si esaurisce mai qualunque quantità ne sia versata ..
Per loro .. Benedette siano tutte le loro bellezze, sofferenze e ricerche; possano ricordare sempre che le domande non trovano risposta finché non si esplorano entrambi i modi di vedere: lineare e interiore.”


Clarissa Pinkola Estés, La Danza delle Grandi Madri
 

 
 
 

La Danza delle Grandi Madri 

Foto di ShamanaInteriore

Dalla giovinezza alla maturità - Dalla maturità alla giovinezza

“Il luogo in cui siamo diretti è la terra dove gli esseri umani rimangono pericolosi e divini, dove quel che è abbattuto ricresce e dove i rami degli alberi più vecchi fioriscono più a lungo. La donna nascosta conosce quel posto. Lei sa. E tu anche.”

In tutte le donne, soprattutto quando entrano nell'età matura, alberga una forza sotterranea e invisibile che si esprime attraverso intuizioni improvvise, esplosioni di energia, acute percezioni, slanci appassionati: un impulso travolgente e inesauribile che le spinge ostinatamente verso la salvezza, verso la ricostruzione di qualsiasi integrità spezzata. Come un grande albero che, per quanto minacciato dalle malattie, colpito dalle intemperie, aggredito dalla furia dell'uomo, non muore mai, ma miracolosamente e con pazienza continua a nutrirsi attraverso le proprie radici, si rigenera e rinasce per mantenere il proprio spirito vitale così da poter generare nuovi germogli cui affidare questa eredità inestimabile. Con un linguaggio magico e suggestivo, che attinge alle antiche storie narrate attorno al fuoco, alle leggende, al mito, Clarissa Pinkola Estés riprende e sviluppa i temi che hanno ispirato il suo straordinario saggio d'esordio, Donne che corrono coi lupi, intonando un poeticissimo inno al femminile.

(Note di Copertina )
 

 
 
 

Il Giardiniere dell'Anima 

Foto di ShamanaInteriore

“Protagonista è l’anziano zio ungherese della scrittrice, un contadino profondamente legato alla propria terra e attento ai suoi insegnamenti, sopravvissuto a un campo profughi nell’Europa della Seconda Guerra Mondiale e giunto infine in America con gli occhi e la mente colmi di orribili visioni. Ma con la piccola nipotina l’uomo riesce a trasformarsi in uno straordinario narratore di meravigliose storie capaci di infondere serenità e coraggio. Si intrecciano così, i ricordi della bambina di un tempo e la rielaborazione adulta della studiosa - testimone della sofferenza e della disperazione di molti suoi pazienti - di temi fondamentali dell'esistenza quali la perdita, la sopravvivenza al dolore, la rinascita, legati insieme ad una tenace fiducia nella potenza insopprimibile della vita.
Strutturate come piccole matrioske l’una dentro l’altra, le storie ci regalano frammenti di un’unica verità: la vita si ripete, si rinnova e, per quanto calpestata, sradicata o torturata, essa possiede l’inestinguibile facoltà di rigenerarsi se solo si coltivano la speranza e l’attesa.”

(Dal risvolto di copertina )
 

 
 
 

Donne che corrono coi lupi 

Foto di ShamanaInteriore

“L´autrice mi sta fissando da un ritaglio di giornale che ho conservato con cura per anni: questa signora, "psicoanalista, viaggiatrice curiosa e madre di tre figlie " ha lo sguardo dolce di chi sa penetrare l´animo con autorevole benevolenza e comprensione . Questo è il suo primo libro. Frutto di vent´anni di lavoro, di una documentazione di base di duecento volumi e di una selezione di storie ascoltate di persona in giro per il mondo, questo libro ha costituito, nel 1993 -anno di pubblicazione in Italia - un vero e proprio caso editoriale. Ha saputo imporsi senza i soliti clamori pubblicitari, grazie solamente al "passaparola" delle donne che l´hanno letto, amato e consigliato. La Pinkola ha cercato di colmare un vuoto nella letteratura psicoanalitica classica e lo ha fatto raccontando ed analizzando alcune fiabe -anche le più classiche come Barbablù o La piccola fiammiferaia - e leggende di varia provenienza, legate alle tradizioni dei paesi più diversi. Queste storie sono state rilette in modo da tracciare un percorso di analisi che permetta di diventare "donne selvagge", donne che abbiano riconquistato la parte più istintiva e profonda del proprio essere e, come medicine, sono in grado di guarirci e di far rinascere energie ignorate o dimenticate. Non c´è niente di astratto o di teorico: attraverso questi racconti riusciamo a spiegarci il perché di un rapporto in crisi, il mancato rinascere della nostra vena creativa o le motivazioni di comportamenti che ci procurano sofferenza. Suggerisce di andare orgogliose delle proprie ferite, di non nasconderle, ma di esibirle come segno delle nostre lotte, delle nostre sconfitte e delle nostre vittorie. Ci insegna a ritrovare le nostre radici, a comprendere ed accettare le fasi di vita che dobbiamo attraversare, ad avere coraggio, determinazione e pazienza. In un´intervista le è stato chiesto: "Nei suoi libri parla dello sradicamento dei popoli a causa delle guerre ma anche delle donne a causa della perdita del loro legame con le antenate. Come può una donna rafforzare il legame con le donne che l´hanno preceduta per trarne più forza?" "Scavando nella storia della sua famiglia - è stata la risposta - leggendo le biografie e le autobiografie delle donne contemporanee o del passato che suscitano la sua ammirazione, ascoltando i propri sogni, sedendo sulla tomba o sulla memoria di una cara nonna o di una grande eccentrica zia e parlando loro. Va preso quel che in questo modo si impara e portato nel quotidiano, per supportare la propria vita”.

(Recensione dal web )

Leggi anche: Donne che corrono coi Lupi
 

 
 
 

Ogni donna 



“Ogni donna
è il personaggio principale
nell’intreccio rappresentato
dalla storia della propria vita”

Jean Shinoda Bolen - Le Dee dentro la Donna
 

 
 
 

La Dea Vite 

Foto di ShamanaInteriore

In principio fu una donna, la dea Vite della saga di Gilgamesh. Poi fu la volta di Orotalt e infine del greco Dioniso. Ecco la storia nascosta nel grappolo d’uva ...

A fine pasto noi italiani ci facciamo spesso conquistare dagli acini d’uva, possibilmente accompagnati da un saporito formaggio grana, mentre sorseggiamo uno o più bicchieri di buon vino, bianco o rosso che sia.
Nel bel paese non abbiamo davvero che l’imbarazzo della scelta: tutto merito di Bacco? Non proprio…

Ben prima che il culto del dio prendesse piede presso i Romani, la vite e il suo frutto erano venerati. Certo, direte voi, gli dei romani vengono pari pari da quelli greci: non è quindi una grande scoperta che, a Roma, Bacco abbia preso il posto di Dioniso, il più giovane figlio immortale dell’olimpico Zeus. Ma in realtà questo culto ha origini ben più remote. Già i Sumeri adoravano una dea nota come Dea Vite o Madre Vite. Viene perfino citata nella saga di Gilgamesh: è a questa divinità femminile intenta a mescere il vino che l’eroe si rivolge per chiedere come conquistare l’immortalità. La vite quindi come simbolo di gioventù e vita eterna. Ma la vite è anche albero della conoscenza: nel corpo di leggi ebraiche non scritte, ma tramandate oralmente, questa pianta è il simbolo della scienza del bene e del male. È una sorta di albero cosmico: avvolge i cieli dove le stelle sono i suoi acini.
E sempre rimanendo nella zona della mezza luna fertile, Erodoto ricorda che gli Arabi adoravano un dio dei grappoli chiamato Orotalt. Presso gli Ittiti si chiamava invece Dulukbaba. Ma senz’altro la divinità a noi più nota è il greco Dioniso. Un culto il suo, badate bene, che ha però un origine cretese. Nell’isola sono infatti state rinvenute tracce di un diffuso culto del vino connesso a quello del toro, l'animale che è uno dei simboli di Dioniso che giungeva alle sue fedeli con “impetuoso piede di toro”: le sue baccanti che, durante le cerimonie, invase dal dio, ne invocavano e cantavano la presenza riproducendo il mitico corteo di sileni, satiri e ninfe. E questo avveniva più volte all’anno perché il ciclo delle celebrazioni in onore del Dio aveva tre momenti, che allegoricamente richiamavano la sua nascita, morte e resurrezione. Si iniziava a dicembre con le dionisie rurali in cui si assaggiava e mesceva il vino. Poi a gennaio si svolgeva nell’agorà di Atene la cerimonia della nascita del vino che richiamava la nascita di Dioniso dalla coscia di Zeus. E in primavera si celebravano le Anthesteria, tre giorni in cui si ricordava il suo ritorno dagli inferi: secondo una leggenda Dionisio fu infatti fatto a pezzi e le sue membra bruciate, ma da quelle ceneri crebbe una pianta, la sacra vite appunto. I cui frutti noi ancor oggi gustiamo.

Fonte: Il Piatto Ride

 

 
 
 

Un essere naturale e selvaggio 

“In ogni donna si nasconde un essere naturale e selvaggio, una forza potentissima, formata da istinti, creatività passionale e un sapere ancestrale .. Benché la sua presenza sia innata, secoli di cultura e civiltà l’hanno soffocata, domata, talvolta annullata .. Si dirama attraverso le donne. Se sono represse, lotta per farle risalire. Se sono libere, lei è libera .. anche la più tranquilla e compressa delle donne conserva un posto segreto per la donna selvaggia ..”.

Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi


 
 
 

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Rifiutati di cadere.
Se non puoi rifiutarti di cadere,
rifiutati di restare a terra.
Se non puoi rifiutarti di restare a terra,
leva il tuo cuore verso il cielo,
e come un accattone affamato,
chiedi che venga riempito,
e sara’ riempito.
Puoi essere spinto in giu’.
Ti può essere impedito di risollevarti.
Ma nessuno puo’ impedirti
di levare il tuo cuore
verso il cielo -
soltanto tu.
E’ nel pieno della sofferenza
che tanto si fa chiaro.
Colui che dice che nulla di buono
da cio’ venne,
ancora non ascolta.

Clarissa Pinkola Estés
“Il giardiniere dell’anima”




 

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IL CANTO DEL TEMPO

 

Io fui Guerriero. Il mio braccio era forte, il mio passo veloce, il mio respiro quello del cervo quando lo inseguivo.
Il mio cuore quello del cinghiale quando lo stanavo.
Il mio occhio quello dell'aquila perchè non avevo limiti.
Ora la mia spada è sepolta e il mio sonno tra le pietre ruba al vento il ricordo dei canti e delle battaglie.
Ma profonde radici mi legano.
E io sto - nella terra - con il mio Tempo.

Io fui Druido. La mia mente era forte, la mia fede luminosa, la mia sapienza come pozzo profondo e mai prosciugato.
La mia magia come musica nell'armonia degli elementi.
Ora la mia arpa è sepolta e il mio sonno tra gli alberi ruba al cielo il ricordo delle stelle.
Ma profonde radici mi legano.
E io sto - nell'aria - con il mio Tempo.

Io fui Donna. La mia anima era forte, il mio sorriso l'aurora distesa sul fianco dei monti.
Il mio respiro rugiada sull'erba di Beltane.
I miei fianchi la soglia nella sacra notte di Samhain.
Ora la mia chioma si è fatta vento per cullare il sonno del guerriero, e i miei occhi sono stelle per vegliare il riposo del sapiente.
E io sto - nell'universo - a custodire il Tempo.

(Mariangela Cerrino)

 
 

AREA PERSONALE

 

VIAGGIO



Itaca

Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi o la furia di Nettuno non temere, non sarà questo il genere d'incontri se il pensiero resta alto e il sentimentofermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo né nell'irato Nettuno incapperai se non li porti dentro se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga che i mattini d'estate siano tanti quando nei porti - finalmente e con che gioia - toccherai terra tu per la prima volta: negli empori fenici indugia e acquista madreperle coralli ebano e ambre tutta merce fina, anche aromi penetranti d'ogni sorta, più aromi inebrianti che puoi, va in molte città egizie impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca - raggiungerla sia il pensiero costante. Soprattutto, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo,per anni, e che da vecchio metta piede sull'isola,
tu, ricco
dei tesori accumulati per strada senza aspettarti ricchezze da Itaca.

Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso Già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.


(Costantino Kavafis)

 
 

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