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Messaggi del 13/01/2020

Chapeau (i tortuosi percorsi mentali dei buonisti).

Post n°1107 pubblicato il 13 Gennaio 2020 da fedechiara
 

Chapeau (i tortuosi percorsi mentali dei buonisti). 13 gennaio 2016

Per dare un'idea del dialogo tra sordi tra le opposte fazioni buoniste/cattiviste (si fa per dire e semplificare) su come va il mondo e quali piccolissimi rimedi e inutili impiastri mostriamo nella vetrina della farmacia nostra occidentale che speriamo leniscano le offese e le ferite inferte al vivere civile vi riferisco il 'percorso mentale' di un professore esimio della locale Università degli studi nonché curatore e organizzatore di sondaggi su tutte le questioni del nostro vivere civile: Ilvo Diamanti, - questa settimana lettore delle prime pagine dei giornali su Radiotre.

Riferiva dell'Europa demograficamente sempre più vecchia, l'esimio professore, e dei provvedimenti dei governi europei che, a sentir lui, sono in grande maggioranza orientati a garantire il benessere dei vecchi contro la precarietà e il malessere dei giovani – vecchia polemica e stantia che ha fatto la fortuna del nostro imbonitore nazionale Renzi Matteo: il principe dei rottamatori, oggi in affanno sulla questione delle banche che falliscono una dopo l'altra e i correntisti e i clienti azionisti ridotti al ruolo di pirla che se la sono presa in quel posto e vale l'italica legge del menga e addio a tutti i loro sudati risparmi.
E concludeva, scorato, il bravo Ilvo, commentando da par suo: 'E ci meravigliamo del fatto che i giovani migranti corrono a frotte e barconi per riempire questo vuoto.' 
Come se lo spaventoso fenomeno migratorio e i suoi numeri impazziti e i suoi drammi fossero il naturale fenomeno fisico dei vasi comunicanti: da accettare allargando le braccia, benché questo travaso e riempimento avvenga in clamorosa violazione di norme e trattati e frontiere e leggi e regolamenti degli Stati membri dell'Unione e ci affanni quotidianamente con le cronache di tragedie annunciate e anni orribili che si susseguono uno dopo l'altro.

Come se tutta la cronaca di questi ultimi anni: di clandestini e 'migranti economici' aggregati ai pochi profughi e che rifiutano di dare le generalità e le impronte e vagano indisturbati per lo spazio-Schengen senza arte né parte – come ci ha sempre rimproverato l'Europa rifiutando per questo di avviare la redistribuzione – non contasse un accidente di nulla e i fatti di Charlie Hebdo e i quartieri-ghetto di Parigi e Bruxelles dove la polizia ha paura di mettere piede e che ospitano i covi dei terroristi non significhi nulla - e nessuna politica di contenimento e di nuovo ordine e convivenza pacifica ed efficaci risposte al 'disagio sociale delle periferie' sia possibile.

Dobbiamo, perciò, 'mettercela via', noi europei storici e indigeni da molte generazioni - a detta del pensiero 'buonista' - perché siamo vecchi e 'largo ai giovani' da dovunque provengono e sebbene le loro culture e tradizioni e comportamenti conseguenti (vedi i fatti di Colonia e Zurigo e Helsinki) si mostrino indigeribili e criminali - e indipendentemente dal fatto che lo sviluppo economico del vecchio continente non decolla, malgrado la caotica immissione di tutti quei giovani, e non decollerà prima di molti anni - e intanto paghiamo il prezzo del troppo che stroppia e di un vaso comunicante che si è riempito a dismisura grazie al lassismo delle politiche immigratorie della sinistra di s-governo evidentemente condivise e applaudite dall'esimio professore. Chapeau!

 

Piccoli guerrieri crescono

Un giornale francese ha pensato bene di fare un'inchiesta nelle scuole primarie che raccolgono i figli delle banlieues parigine, in larga parte figli di immigrati o ex immigrati, e il risultato è stato 'inquietante', a detta della commentatrice di 'Primapagina' la trasmissione di radiotre che ci legge i giornali di buon mattino. Da capelli ritti in testa, ho pensato io, invece.
'Se la sono cercata.' ha detto un undicenne mussulmano al prof che lo interrogava, spalleggiato dal coro degli amichetti e i compagni consenzienti. E un altro, sanzionato da un prof per comportamenti incivili, ha dato libero sfogo al suo profondo sentire scrivendo sulla lavagna: 'Vi faremo fuori a colpi di kalashnikov'.

Se esiste un 'islam moderato' temo che avrà il suo bel daffare nel convincerci che, noi confidenti e accoglienti e generosi e miopi europei, non stiamo covando nidi di serpi in seno negli agglomerati urbani che abbiamo concesso loro di abitare. E ci vorrà del bello e del buono per convincerci che il nostro futuro di convivenze 'civili' non sarà connotato dalle rancorose tendenze a imporre le piccole 'sharie' che si covano nelle famiglie - che neanche la seconda e terza generazione di cittadinanza e osservanza e rispetto delle leggi indigene riesce a spazzare via.

E, sempre ieri, negli approfondimenti radiofonici si dava conto di una manifestazione a Reggio Emilia di questo mitico e auspicato 'islam moderato' che - forse per paura di ritorsioni e livore - fa proprie le ragioni della convivenza civile e delle leggi e regolamenti da rispettare sempre e comunque, ma sulla libertà di espressione, che è bandiera nostra di figli dell'Occidente evoluto, gli interrogati nicchiavano, distinguevano, suggerivano (ma forse in famiglia, a tavola, usano termini più forti) che dovremmo auto moderarci e che quelli di Charlie Hebdo hanno sicuramente esagerato.

Osservazione che ci riporta all'undicenne parigino che diceva impavido: 'Se la sono cercata.' e, francamente, io fatico a credere che ci sia una apprezzabile differenza tra quello stolido minorenne di poco senno e i maggiorenni genitori che in quella loro manifestazione provavano a convincerci che la 'sharia' è solo cosa loro e gli basta una moschea piccola piccola dove pregare nel loro quartiere e, per il resto: 'Grazie, Europa, che ci hai accolto così generosamente. Vedrai/ete che non vi daremo più motivo di allarme e i nostri figli riottosi li bacchetteremo sulle unghie perché diventino bravi cittadini europei.'

Dio salvi l'Europa delle fragili e contese libertà civili. Chi vivrà vedrà.

AGORAVOX.IT
Il sociologo francese Gilles Kepel e la sua equipe sono tornati in due banlieue difficili di Parigi – le stesse dei disordini del 2005 – per vedere che ruolo gioca qui l'Islam nella costruzione (...)
Il

 
 
 
 
 

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