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Messaggi del 22/12/2021

Orme di Cesari.

Post n°1882 pubblicato il 22 Dicembre 2021 da fedechiara
 


E sarà per il cesarismo incauto dei coniugi Zara/Pasin, intestatari della villa che ho nei pressi di casa, che hanno finalmente installato il cancello dell'ingresso laterale dopo lunghi anni di incuria e sopra vi hanno apposto la corona dorata dell'Impero e il serto napoleonico, di quando la villa era sede dello stato maggiore nel corso della campagna d'Italia – che mi decido a dire perché considero un filo pazzo quell'Uomo che, in morte, si meritò i noti versi manzoniani:
'Ei fui, siccome immobile / dato il mortal sospiro / stette la spoglia immemore / orba di tanto spiro. Così, percossa, attonita / la Terra al Nunzio sta / muta…'?
La Storia vista dalle radici ha prospettiva fortemente schiacciata, come il Cristo morto del Mantegna coi piedoni in primo piano, ed è per questo che, col senno di poi, mi appare pura follia quel cesarismo del Bonaparte che si fece imperatore dei francesi calcandosi d'imperio in testa l'antica corona degli avi conquistatori e lasciando a muso duro il papa da un canto, chiamato a presenziare obtorto collo alla cerimonia - testimone passivo di un evento per lui altamente indigesto.
Come poteva quell'uomo, pur vincitore di molte battaglie campali nelle frammentate terre di Europa, non avere il senso della caducità degli umani eventi, il suo compreso, e non pensare che la sua statua imperiale che seppelliva la Rivoluzione con ignominia, aveva i piedi d'argilla – come tutti i neo regni satelliti fragilmente dominati dai suoi fratelli e sorelle e dal vario parentado imperiale?
E che dire di quella sua ricerca ossessiva di un erede che lo spinse a ripudiare l'amatissima Josephine e a prendere in moglie dinastica Maria Luisa d'Austria – la figlia di un altro imperatore sconfitto in battaglia- che mai amò il suo obbligato parto francese e lasciò il figlio, il preteso 're di Roma' napoleonico, solo e depresso a Vienna, nell'ostica corte del nonno severo, a considerare tristemente uno zero tondo quei soli ventuno anni di vita concessigli da un destino 'cinico e baro'?
Tutto quell'amabaradan di trionfi - e i quadri di pittori famosi e la colonna celebrativa di place Vendome e i poemi a lui dedicati di poeti servili - tutto confluì, nel breve volgere di un decennio fastoso e inebriante, nella discarica dell'esilio dell'Elba e nella cocente illusione di un ritorno ai fasti imperiali conclusa sul campo di Waterloo fitto di morti e feriti - e quell'espressione scatologica di disappunto di Cambronne, il generale giunto in ritardo all'appuntamento con la Storia.
Ma, forse, la grandezza di quel condottiero che rese definitiva la cesura storica della Rivoluzione che lo aveva lanciato nell'agone della Grande Storia è tutta contenuta proprio nello sfidare impavido che fece la brevità dei decenni, in barba al senso del ridicolo che proviamo noi che lo osserviamo dall'alto degli anni duemila e venti e siamo testimoni della sua riduzione a cenere e polvere e dei guasti che ne seguirono.
E, con Manzoni, riflettiamo sulla caducità da lui bravamente sfidata con la stessa follia che animava Alessandro Magno, Cesare e Annibale Barca il Cartaginese – capace di sconfiggere a morte l'impero di Roma, ma finito, poi, esule in Oriente dopo la definitiva sconfitta di Zama.
Tutto ei provò: la gloria
Maggior dopo il periglio,
La fuga e la vittoria,
La reggia e il tristo esiglio:
Due volte nella polvere,
Due volte sull’altar.
Ei si nomò: due secoli,
L’un contro l’altro armato,
Sommessi a lui si volsero,
Come aspettando il fato;
Ei fe’ silenzio, ed arbitro
S’assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell’ozio
Chiuse in sì breve sponda,
Segno d’immensa invidia
E di pietà profonda,
D’inestinguibil odio
E d’indomato amor.
(...)
Fu vera gloria? Ai posteri
L’ardua sentenza: nui
Chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
Del creator suo spirito
Più vasta orma stampar.
Sono strane davvero le orme del Massimo Fattore.
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Quando arriva arriva.

Post n°1881 pubblicato il 22 Dicembre 2021 da fedechiara
 


Prima o poi arriva. Meglio poi. Ieri accadeva 22 dicembre 2012
Vabbè. Non è venuta. La fine del mondo, intendo. Era una soluzione, dopotutto. Perché, sappiatelo, attizzare una speranza, suscitare un'emozione, illudere di un evento clamoroso e risolutivo è una crudeltà, se, dopo, tutto torna come prima e peggio di prima.
E ci aspettavamo di avere una risposta a tutto l'ambaradan delle nostre vite confuse e caotiche e di sapere dov'era e com'era il Grande Raduno di Giosafatte -con tutta quella gente incredibile riunita che si osserva, stupita di esserci per davvero e risorti dalle antiche tombe e dalla polvere e i vermi.
Contadini dell'anno Mille vestiti dei loro stracci, buffoni e saltimbanchi, monaci e abati sdegnosi e cavalieri e conti e baroni europei mescolati con soldati della dinastia Ming: che paiono quelli delle tombe ipogee della Grande Muraglia messi come spaventapasseri a dissuadere i nemici dall'attaccare - e chissà chi l'ha avuta quell'idea geniale, ché bastava una freccia che scalfisse la pietra e la notizia dei soldati-fantocci messi sugli spalti per sopperire alla carenza sarebbe subito dilagata per tutta la pianura mongolica e 'apriti cielo!' le invasioni.
E pensate alla gente di Pompei, che si scrolla di dosso tutta la cenere e i lapilli e si abbracciano e si salutant, -morituri redivivi di quella po' po' di tragedia- e si chiedono stupiti 'che ci facciamo qui', noi che del Cristianesimo non abbiamo condiviso i miti e i riti – e tu guarda quegli indiani, induisti di vocazione, che non ne vogliono sapere di obbedire ai diktat degli Angeli dell'Apocalisse che ordinano, le spade fiammeggianti in mano: 'Gli Indiani tutti di qua e i Cinesi di là. Ferrara! spostati di là che ci dobbiamo mettere i Cinesi.'
E, a parte 'sta storia di Giosafatte che ci ha sempre lasciato perplessi ogni volta che ce la raccontavano - come quell'altro raduno incredibile degli animali tutti stipati nell'Arca del Diluvio Universale – resta il fatto che alzare gli occhi al cielo stamattina, che doveva essere oscurato dalle polveri di una colossale eruzione o dal botto di un asteroide, ci lascia vuoti dentro perché, in fondo, aveva ragione Majakovski quando scriveva, un filino depresso per via della Rivoluzione Tradita, che: 'In questo mondo non è difficile morire. Vivere è, di gran lunga, più difficile.'
Alla prossima fine del mondo, gente. Tirare su le maniche e lavorare. Mi sa che ne avremo ancora per qualche millennio.
Nessuna descrizione della foto disponibile.

 
 
 
 
 

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